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BIGFOOT

Ultimo Aggiornamento: 26/02/2012 15:00
26/02/2012 12:38
 
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È convinta che lo yeti sia un uomo di Neanderthal sopravvissuto. La sua ipotesi viene condivisa in pieno dalla Tchernine, sulla scorta del suo attento studio dei molti casi sovietici. Come sappiamo, l'uomo di Neanderthal è il predecessore dell'attuale umanità. Le prime tracce della sua comparsa vengono fatte risalire a circa 100.000 anni or sono. Era più piccolo e più simile a una scimmia che non l'uomo d'oggi, dotato di una fronte sfuggente e di una mandibola prognata. Viveva in caverne e i mucchi di ossa di animali commestibili rintracciate in questi rifugi attestano che le donne erano delle casalinghe poco ordinate e pulite. Probabilmente era anche dedito al cannibalismo, tuttavia non si può dire avesse soltanto tratti animaleschi. Il ritrovamento di alcuni pigmenti colorati all'interno delle grotte abitate, dimostra, per esempio, che amava i colori e certamente apprezzava la bellezza dei fiori. Inoltre, poiché aveva l'usanza di seppellire i morti, è presumibile immaginare che credesse nell'aldilà. Alcune misteriose pietre arrotondate e graffiate, inducono ad attribuirgli anche una qualche forma di religiosità, forse un culto solare. Il nostro antenato più diretto, il cosiddetto uomo di CroMagnon, si affacciò sulla Terra soltanto 50.000 mila or sono ed è a lui che dobbiamo le celebri raffigurazioni rupestri. Col suo arrivo, l'uomo di Neanderthal scompare all'improvviso, secondo una dinamica che ancora oggi la scienza non è in grado di spiegare. L'idea generale è che sia stato completamente annientato e sostituito dal CroMagnon. Nella sua opera dal titolo The Neanderthal Question, lo psicologo Stan Gooch avanza una tesi sconcertante: questo nostro antichissimo antenato non si sarebbe estinto del tutto e le femmine congiunte con i maschi dei nuovi arrivati CroMagnon avrebbero dato origine a una sottorazza diversa, i cui discendenti sarebbero stati il ceppo originario della razza ebrea. (È bene sottolineare che lo stesso Gooch è un ebreo). Secondo lui l'uomo di Neanderthal vantava doti psichiche superiori a quello di CroMagnon e quelle possedute dall'uomo moderno deriverebbero proprio da questa razza antica. Che si condivida o meno la teoria di Gooch, non è comunque impossibile immaginare che l'uomo di Neanderthal non ce l'abbia fatta a sopravvivere, scacciato in qualche enclave segreta e solitaria dalla nuova razza di uomini che si stava impossessando del pianeta. La già citata Myra Shackley ha setacciato i monti Aitai spingendosi fino alla Mongolia ed è convinta che l'Alma esista davvero: «Vivono all'interno di caverne, cacciano per procurarsi il cibo, utilizzano attrezzi in pietra e vestono con pelli di animali lavorate». Fra i tanti casi, la Sheckley ricorda quello di un dottore russo che nel 1972 ebbe in ventura di incontrare un'intera famiglia di Alma. Anche Odette Tchernine riporta molti episodi simili e lo stesso fa il professor Porshnev, il quale ha portato alla luce un gran numero di tradizioni popolari legate alla presenza dell'uomo selvatico e di queste misteriose creature. Presso gli Abzachiani, per esempio, sono ancora oggi vivissime le leggende di Alma catturati e condotti nel mondo civile e addomesticati. La Tchernine parla di loro chiamandoli pre ominidi. Porshnev ha investigato di persona su un caso di estremo interesse riguardante un esemplare femmina di Alma catturato a metà del XIX secolo nella regione dell'Ochamchir. Alcuni cacciatori della zona, imbattutisi in un Alma femmina, l'avevano catturata e portata al villaggio. Aveva un aspetto scimmiesco, con lunghi capelli scuri e pelo sul corpo. Violenta e cattiva, per anni non c'era stato verso di addolcirne il carattere ed era vissuta in una gabbia, dentro la quale i custodi gettavano il cibo. Le era stato assegnato il nome di Zana. Porshnev riuscì ancora a intervistare alcune persone che l'aveva vista e la ricordavano, fra cui un uomo di oltre centocinque anni. Poi, finalmente, si era calmata e aveva incominciato a socializzare. Poco alla volta aveva imparato a compiere qualche piccolo lavoro, come per esempio sgranare le pannocchie di granturco. Aveva un grande seno, gambe e braccia muscolose, dita sottili e lunghe; odiava il caldo e preferiva stare al freddo. Andava pazza per l'uva, che divorava a grappoli, amava bere il vino: beveva parecchio per addormentarsi di colpo riposando profondamente per ore e ore di fila. Era divenuta madre in più di un'occasione con padri diversi, ma i figli erano tutti morti, per quella sua mania animalesca di trattarli troppo rigidamente, per esempio andandoli a lavare nel fiume ghiacciato (poiché i neonati potevano ormai considerarsi esseri quasi umani, non avevano ereditato la straordinaria resistenza al freddo della genitrice). Alla fine, i paesani decisero di sottrarle l'ultima, chiamiamola così, cucciolata. I bambini erano stati allevati nel villaggio ed erano cresciuti sani e molto simili a normali esseri umani. Avevano imparato a parlare e ragionavano in modo logico. Il più giovane è morto in tempi relativamente recenti, nel 1954 (Zana se n'era andata nel 1890). Porshnev ha avuto modo di incontrare due pronipoti di Zana, constatandone la pelle scura e le fattezze di tipo negroide. Uno dei nipoti, un certo Shalikula, possedeva una mascella così potente da essere in grado di reggere fra i denti una sedia con un uomo seduto sopra. Al di là di qualsiasi altro discorso, ci sembra che questa sia una prova quanto mai evidente che l'esistenza dell’abominevole uomo delle nevi, potrebbe non essere affatto frutto di immaginazione.

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