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Il Fondamentalismo e la Chiesa Cattolica

Ultimo Aggiornamento: 04/08/2007 07:35
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Il Fondamentalismo e la Chiesa Cattolica (parteII)

Scritto da Alteredo, Anne-Charlotte Lelièvre, Carlotta Mainiero, Elisa Megli

domenica 20 maggio 2007

Continua dal numero precedente l’indagine storica sulle tracce del fondamentalismo religioso – Il fondamentalismo nelle tre grandi religione monoteiste – Cenni introduttivi

a) nel Cattolicesimo

Per i cattolici non è presente alcun elemento fondamentalista nella propria esperienza confessionale. La ragione va ricercata nella diversa impostazione nei confronti dell’approccio al testo sacro del Cristianesimo, la Bibbia, rispetto al Protestantesimo. Nell’idea, cioè, che il Cristianesimo non sia una religione del Libro, ma un’esperienza di fede fondata sulla figura di un Dio vivente, attivo nella storia («Au-delà du fondamentalisme», Revue catholique internazionale, XXVI, 6, n°158, novembre-décembre 2001).
La cultura liberale dell’Età dei diritti, sviluppata nel corso del diciannovesimo secolo, e il percorso storico-politico del Risorgimento – impostato su un forte anticlericalismo in funzione dell’unificazione nazionale – ha portato ad una progressiva riduzione del ruolo e del potere papale sulla sfera civile e politica. Che ha avuto il suo culmine con l’unità d’Italia e la Breccia di Porta Pia, con la conseguente fine dello Stato pontificio nel 1871.
Con il contestuale Concilio Vaticano I, attraverso la costituzione dogmatica Pastor Aeternus, viene proclamato il nuovo dogma dell’infallibilità pontificale (anche se relativo al solo pronunciamento ex cathedra del Pontefice).
Riportiamo qui di seguito parte del testo della Pastor Aeternus, che contiene alcuni interessanti spunti di riflessione proprio in riguardo al problema che stiamo affrontando:

«Richiamandoci dunque fedelmente alla tradizione, come l’abbiamo assunta dalle prime epoche del Cristianesimo, noi insegniamo, ad onore di Dio, nostro Salvatore, per gloria della Religione Cattolica e per la salvezza dei popoli cristiani, con l’approvazione del sacro Concilio, e dichiariamo quale dogma rivelato da Dio: ogni qualvolta il Romano Pontefice parla ex cathedra, vale a dire quando nell’esercizio del Suo Ufficio di pastore e Maestro di tutti i cristiani, con la sua somma Apostolica Autorità dichiara che una dottrina concernente la fede o la vita morale dev’essere considerata vincolante da tutta la Chiesa, allora egli, in forza dell’assistenza divina conferitagli dal beato Pietro, possiede appunto quella infallibilità, della quale il divino Redentore volle munire la sua Chiesa nelle decisioni riguardanti la dottrina della fede e dei costumi. Pertanto, tali decreti e insegnamenti del Romano Pontefice non consentono più modifica alcuna, e precisamente per sé medesimi, e non solo in conseguenza all’approvazione ecclesiastica. Tuttavia, chi dovesse arrogarsi, che Dio ne guardi, di contraddire a questa decisione di fede, sarà oggetto di scomunica. Dato in Roma, in solenne pubblica assemblea nella Basilica Vaticana, nell’anno del Signore 1870, il 18 Luglio, nel venticinquesimo anno del nostro pontificato.»

È proprio a questo dogma di recente introduzione che viene fatto risalire il punto di partenza storico dell’integralismo cattolico, almeno secondo il parere di Martin Geoffroy e Jean-Guy Vaillancourt (“Les groupes catholiques intégristes. Un danger pour les institutions sociales?”, in La peur des sectes, pp. 127-141. Montréal: Les Éditions Fides, 2001). Anche se ne possiamo intravedere alcuni elementi già nel 1864, con il celebre Sillabo di Pio IX e l’elenco degli 85 “principali errori del nostro tempo”. Un documento estremamente rigido sul piano dottrinale ed ecclesiale, che è divenuto in un certo senso il manifesto degli integralisti. Ed è nel 1891, con Papa Leone XIII e la sua enciclica Rerum novarum, che scoppiano, soprattutto in Francia, forti tensioni tra cattolici “liberali”, che fanno appello a Leone XIII e cercano un dialogo e una riconciliazione con la società civile, e i cattolici integralisti, rimasti ancorati agli insegnamenti di Pio IX e dei sui predecessori. Così come riporta Émile Poulat ne «La querelle de l'intégrisme en France» (Social Compass, vol. 32, no 4, 1985, p. 345).

Per la maggior parte degli studiosi alla base di ogni integralismo c’è un principio di tradizione da difendere e conservare. Secondo Marc Pelchat, autore de «L'intégrisme catholique» (Prêtre et Pasteur, juillet-août 1996, p. 405.), questo atteggiamento genera una violenta torsione degli strumenti di potere contro la secolarizzazione e il pluralismo religioso, al fine di promuovere un modello politico, sociale e dottrinario conforme al fondamento a cui si fa riferimento. Un modello che si rifà a contenuti che si ritengono immutati nel tempo. Altri studiosi, come René Rémond, hanno invece sottolineato la centralità dell’elemento della ripetizione, dal punto di vista dell’ideologia. Fermando il fattore ideologico si cristallizza così in modo sacrale un momento storico, sul quale poi modellarsi e modellare la società attraverso un’operazione di irrigidimento dell’ideologia stessa, al fine della sua preservazione e conservazione nel tempo. Da questo punto di vista l’integralismo è un’ideologia: che fonda il cattolicesimo su un sistema che si pretende capace di rispondere a tutte le istanze e alle esigenze umane, alle domande più profonde, sia sul piano metafisico e fideistico che su quello ben più profano dell’organizzazione e della convivenza civile. Extra ecclesiam, dunque, nulla salus. In quest’ottica – come spiega René Rémond ne «L'intégrisme catholique : portrait intellectuel» (Études, vol- 370, no 1, janvier 1989) – il cattolicesimo si mostra come impermeabile dall’esterno: ad ogni domanda, ad ogni problema, c’è una e una sola risposta, conforme all’ortodossia, e generalmente ricalcata da un’esperienza del passato. Facile intuire come da questa impostazione possano facilmente nascere strategie di esclusione e atteggiamenti aggressivi contro tutto ciò che è visto come esterno ad essa.
I movimenti cattolici integralisti più conosciuti sono la Fraternità sacerdotale di San Pio X del celebre vescovo Marcel Lefebvre e gli Apostoli dell’Amore.


b) nel Protestantesimo

La Riforma protestante che prende corpo in Europa nel Sedicesimo secolo su impulso di Lutero e Calvino ha sviluppato molte diverse facce a seconda delle correnti teologiche e delle esperienze territoriali delle varie chiese. Tutte le correnti protestanti però sono accomunate da alcuni punti fondamentali: l'accentuazione del rilievo della Bibbia nello stabilire la regola della fede, rispetto alla tradizione/mediazione della Chiesa di Roma (Sola Scriptura), l'enfasi sulla dottrina della giustificazione per sola fede, cioè il ritenere che la salvezza del fedele sia derivata da un atto di fede piuttosto che da comportamenti o azioni (Sola Fide), e l'idea che la natura umana sia intrinsecamente malvagia ma che il fedele possa trovare salvezza nel sacrificio espiatorio di Gesù (Sola Gratia).

Come già accennato, l’origine del termine fondamentalismo nel mondo protestante è da ricercarsi nelle correnti cristiane radicali nord-americane che si ponevano in netta contrapposizione con il proliferare delle teorie evoluzionistiche darwiniane. La paternità della parola è da attribuire a Reuben Torrey e A. C. Dixon, autori di alcuni opuscoli divulgativi intitolati, appunto, Fundamentals. Ma già alla fine del secolo Diciannovesimo, con il congresso di Niagara Falls (cascate del Niagara) nel 1895, erano emersi i primi segni di questa radicale torsione culturale e teologico-politica. A Niagara Falls molti teologi protestanti di diversa provenienza confessionale si riconobbero in un documento che sintetizzava in cinque punti essenziali gli elementi fondanti e comuni a tutte le loro diverse esperienze: l’infallibilità della Scrittura, la nascita virginale di Gesù, il suo sacrificio, la sua resurrezione corporea dalla tomba, e l’attesa del suo ritorno. La loro prima significativa vittoria politica fu la condanna di John T. Scopes, un maestro elementare dello stato del Tennessee, colpevole di aver insegnato le teorie di Darwin nella scuola pubblica. Siamo a metà degli anni Venti. Trentacinque anni dopo il regista Stanley Kramer racconterà questo storico processo nel magnifico film “E l’uomo creò Satana” (Inherit the Wind, Usa, 1960) con Spencer Tracy e Gene Kelly.


c) nell’Ebraismo

Le principali correnti fondamentaliste del mondo ebraico sono l’Haredismo e l’Hassidismo. Gli Haredi, o ultra-ortodossi, dalla fine dell’Ottocento sono impegnati a dar battaglia alla modernità, intesa in senso occidentale, all’evoluzione dei costumi e delle ideologie. Caratterizzati da una forte tensione separatista sul piano sociale (con scuole e negozi specifici), ma anche in una dimensione strettamente spaziale (con la creazione di quartieri ad hoc), oltre che dal punto di vista dell’abbigliamento (vestono rigorosamente in nero). Il loro fondamentalismo è particolarmente sensibile sul fronte del controllo della sfera sessuale (specialmente femminile), particolarmente rigido, e su quello della vita pubblica.

L’Hassidismo nasce dall’Haredismo, nell’Europa orientale del diciottesimo secolo. A differenza del modo di interpretare la religione degli Haredi, in questa seconda coniugazione dell’ebraismo il rapporto con la divinità è vissuto con meno sofferenza e meno rinunce, attraverso rituali più gioiosi come la danza.


d) nell’Islam

Nell’esperienza islamica i concetti antitetici di unicità e pluralità si fondono in modo interessante. All’unicità del culto, dei precetti fondamentali, e delle regole essenziali si somma una pluralità di analisi, di interpretazione e di applicazioni.
Esistono differenti forme di fondamentalismo nella storia dell’Islam. C’è il fondamentalismo tradizionalistico sunnita che si rifà ad un modello ideale e alla “comunità originaria dei credenti”. La corrente sciita invece, nasce dalla principale scissione dei musulmani, a seguito della morte del profeta Maometto, che vede protagonista Alì, genero del Profeta, del quale gli sciiti si considerano discendenti. Nata in una dimensione prettamente politica, la corrente sciita ha in seguito messo a punto una propria teologia.
All’interno del Sunnismo esistono quattro scuole giuridiche tra cui l’Hanbalismo, la più rigorosa, improntata ad un netto rifiuto di qualsiasi intromissione di carattere razionale nell’interpretazione coranica. Sempre all’interno del Sunnismo troviamo lo Wahabismo, oggi spesso considerato sinonimo di integralismo islamico. Indubbiamente lo Wahabismo si fonda su un particolare rigore, su un puritanesimo accentuato e radicale, in rifiuto a tutte le innovazioni e modificazioni prodotte dalla storia in seno all’Islam stesso. Rifacendosi all'origine e ai fondamenti dell'Islam – commentano Abderrahim Lamchichi ne «L’islamisme politique» e Oliver Roy in «Geneaologia dell’Islamismo» – questa corrente servirà d'ispirazione al movimento fondamentalista di Al Afghani e Abdouh del Diciannovesimo secolo.



Il fondamentalismo nella Chiesa Cattolica

Abbiamo ricordato come il concetto di fondamentalismo sia nato proprio in seno al Cristianesimo, all’inizio del secolo scorso, nell’esperienza protestante nord-americana.
Ma la volontà di consolidare un’interpretazione tradizionale della Bibbia, opponendo l’infallibilità dei Testi Sacri al crescente modernismo, non è stato estraneo alla storia del Cattolicesimo. Il fondamentalismo cattolico, come ogni forma di fondamentalismo religioso, si caratterizza per la rigida interpretazione testuale e fedelmente letterale delle Sacre Scritture: il ritorno ai fondamenti e alle basi dell’identità cattolica si manifesta dunque in antitesi allo svilupparsi, dalla Rivoluzione Francese in poi, delle ideologie e delle pratiche politiche improntate ai principi del liberalismo e alle innovazioni scientifiche: la libertà come diritto individuale fondamentale, lo sviluppo delle scienze esatte, il progresso culturale e l’autonomia della ragione.

La dottrina della Chiesa sul terreno del fondamentalismo appare però assai contraddittoria. La contraddizione nasce dalla continua tensione tra due opposti poli magnetici: il radicamento dell’identità da una parte, e i principi di tolleranza e libertà religiosa dall’altro. È la stessa Chiesa Cattolica a dichiararsi preoccupata dei pericoli derivanti dall’intolleranza religiosa che nasce dal fondamentalismo. Come è la stessa Chiesa Cattolica a sottolineare gli aspetti di indisponibilità e assolutezza dei valori e dei fondamenti sui quali basa la propria identità.
Papa Giovanni Paolo II si è soffermato su questo problema nel messaggio per la Giornata mondiale per la Pace del 1 gennaio 1991 affermando:

«La verità assoluta si trova in Dio: la garanzia dell’esistenza della verità obbiettiva risiede in Dio; non si può negare che malgrado il costante insegnamento della Chiesa Cattolica secondo il quale nessuno deve essere costretto a credere, nel corso dei secoli non poche difficoltà e persino conflitti sono sorti tra i cristiani e i membri di altre religioni. […]
Siamo purtroppo testimoni di tentativi per imporre ad altri una particolare idea religiosa sia direttamente grazie ad un proselitismo che fa ricorso a mezzi di vera e propria coercizione, sia indirettamente, mediante la negazione di certi diritti civili e politici. Assai delicate sono le situazioni in cui la norma specificamente religiosa diventa, o tende a diventare legge dello Stato, senza che si tenga in debito conto la distinzione tra le competenze della religione e quelle della società politica. […] Il fondamentalismo può portare in campo religioso a misure coercitive di “conversione”. »

La tolleranza dunque. Giovanni Paolo II affronta di petto i temi dell’intolleranza e della coercizione sottolineando come esse siano una costante minaccia per la pace e riconoscendo che in passato vi sia stata anche una responsabilità del mondo cristiano.
Fondamentalismo, intolleranza. Strettamente connesso a questi concetti è il ricorso alla violenza. Sempre Giovanni Paolo II nel medesimo messaggio avverte:

«Il ricorso alla violenza in nome del proprio credo religioso costituisce una deformazione degli insegnamenti stessi delle maggiori religioni. Come tante volte vari esponenti religiosi hanno ripetuto, anch’io ribadisco che l’uso della violenza non può trovare fondate giustificazioni religiose né promuovere la crescita dell’autentico sentimento religioso. »

Già, la violenza. È a un teologo, Francois Houtart, che dobbiamo una celebre definizione, forse la sintesi più lucida del rapporto tra violenza, fondamentalismo e religione: “La lotta tra Bene e Male è una forma di violenza tipicamente legata alla religione”. Ma non c’è solo questo aspetto. C’è un evidente elemento violento nel culto della sofferenza tipico della tradizione, e dei fondamenti, della Chiesa. Il culto del sacrificio, del martirio, dell’auto-immolazione. Tramandato e glorificato attraverso la testimonianza dei Santi. E c’è un altrettanto evidente elemento di violenza nella vocazione all’evangelizzazione – spesso forzata – e alla conversione degli infedeli.
E in un certo senso si può dire che la violenza sia strettamente legata alla sopravvivenza delle religioni stesse. E al fondamentalismo. Il sangue che ha colorato la Storia ne è la testimonianza più importante: conflitto dopo conflitto, la contrapposizione tra diverse Verità ognuna delle quali è sempre l’unica e la sola, è una delle poche costanti di tutte le epoche e di tutte le confessioni. Cattolicesimo compreso.

E non è nemmeno necessario arrivare al Cinquecento della Riforma e alle conseguenti guerre di religione per trovare all’interno della natura stessa della Chiesa di Roma quegli elementi di fondamentalismo che ne costituiscono i caratteri portanti. Possiamo addirittura risalire ai primordi del Cristianesimo, tornando indietro fino a San Cipriano, ovvero Tascio Cecilio Cipriano da Cartagine, vissuto nella prima metà del terzo secolo dopo Cristo. Alla sua Epistula 73, 21, 2 dobbiamo la celebre frase Salus extra ecclesiam non est, tramandata poi come principio generale della dottrina ecclesiastica nella formula Extra ecclesiam nulla salus.
In questa frase è inscritto uno degli elementi fondanti il dna della confessione cattolica: non esiste salvezza al di fuori del materno ventre della Chiesa di Roma. E dove non c’è salvezza, c’è l’inferno, il male, la dannazione. Qualcosa dunque, degno di essere combattuto. A maggior ragione oltre la fede, o in seno ad altre fedi, il Bene non ha cittadinanza. A maggior ragione, dunque, San Cipriano torna ad essere fondante ed estremamente attuale, con lo Scisma d’Oriente e con la Riforma protestante.

Ecco, dunque, il fondamentalismo come colonna vertebrale anche della Chiesa cattolica: la centralità del precetto di San Cipriano annulla qualsiasi presupposto di dialogo interreligioso, o al di fuori della religione, annienta qualsiasi possibilità di mediazione, compromesso, scesa a patti con la Storia. E rimangono soltanto i fondamenti della fede. Veri, autentici, perché “rivelati”.

Il concetto di Rivelazione è quindi emblematico: se esiste una via – e una soltanto – per la salvezza, quella rivelata (ad Abramo e poi a Mosè, a Gesù Cristo o a Maometto/Muhammad) la diffusione del Verbo e quindi della via per la salvezza diventa un dovere. L'attribuzione di santità o liceità della guerra assolve dunque alla funzione di nobilitarne la motivazione e di garantire preventivamente al soldato la liceità di quanto sta per compiere. Analoga alla non imputabilità giuridica del militare che uccide, sorge dunque la discriminante religiosa, per la quale nemmeno la Legge di Dio è stata violata se la guerra risponde all'interesse della religione.
Questa attribuzione viene appunto rilasciata dall'autorità religiosa a seguito di specifiche interpretazioni dei rispettivi riferimenti teologici e scritturali, cioè quelli esplicitamente rintracciabili nel libro sacro. In genere, l’esegesi a ciò finalizzata produce il risultato che "a talune condizioni" la guerra sarebbe un "male minore", un "necessario sacrificio" e un doveroso intervento comunque ben gradito al Signore.

Gli ebrei, che inaugurano la prima religione monoteista rivelata, per primi sperimentano anche tutto ciò che ad esso si accompagna: il diritto divino, l'esaltazione del popolo eletto, la sconfitta dell'ateismo, delle religioni avversarie e di chi le professa, invocando anche l'aiuto divino per le azioni armate necessarie ad ottenere tali obiettivi.
Nel cristianesimo con Gesù, che espressamente introduce l'apostolato e la diffusione della Buona novella, non si fornisce un così esplicito consenso alla violenza come mezzo di diffusione della sua parola. E tuttavia l'invito a rendere a Cesare quel ch'è di Cesare (Mt 22, 21) e l'affermazione categorica di Paolo secondo cui "Non c'è autorità se non da Dio" (Rm 13, 1) rientrano tra i tanti passi della Scrittura utilizzati per affermare che i detentori del potere sono innanzitutto ministri di Dio, per costruire nel tempo le sante alleanze tra potere temporale e potere spirituale, per giustificare nei secoli milioni di morti ammazzati in nome di Dio.

Da San Cipriano alle Crociate il passo è breve. Se non cronologicamente, lo sono senza dubbio logicamente. Con le Crociate non facciamo riferimento soltanto alle campagne per la riconquista della Terra Santa in mano all’Islam, dall’undicesimo al tredicesimo secolo, volute e pianificate direttamente dal papato, ma anche a quelle campagne militari mosse internamente alla cristianità, come la quarta crociata contro Costantinopoli o la Crociata albigese, contro i Catari della Francia meridionale. Alcuni studiosi hanno rintracciato direttamente nel Vangelo di Luca 14, 23-24 parole di giustificazione delle Crociate: “Esci per le strade e lungo le siepi, spingili a entrare, perché la mia casa si riempia”.
Come scrive il giudice Luigi Tosti, salito agli onori della cronaca per la sua opposizione all’esposizione del crocifisso nei tribunali, in un articolo del marzo 2005 e pubblicato su questo giornale:

Con il termine "Sante Crociate", ci riferiamo al genocidio perpetrato cristianamente dai Cattolici attraverso "guerre Sante" - al grido di "Dio lo vuole!"- per conquistare la Terra Santa e "liberarla", così, dagli "infedeli", cioè da coloro che - apprendiamo oggi da qualcuno - credevano nello stesso identico Dio venerato dai Cattolici. Gli stermini degli infedeli (ma non solo di essi) che sono stati perpetrati in nome della "Croce" - quella che oggi campeggia nelle aule giudiziarie italiane come augusto "simbolo di civiltà" - sono oramai arcinoti, anche se su di essi è calato un accurato "silenzio stampa" per occultare all'opinione pubblica (e cancellare dalla memoria) un'imbarazzante pagina della storia di Santa Romana Chiesa (il "giorno della memoria", infatti, viene sollecitato dai Cattolici solo per i genocidi perpetrati da altri regimi, come quello nazista).
Citiamo la "Crociata dei Pezzenti" del 1096, che causò la strage di 4 mila persone (tutti cristiani!) nella città ungherese di Zemun, saccheggiata dai bravi cattolici solo per scopi di "approvigionamento", nonché feroci saccheggi, nel corso dei quali vennero arrostiti, sugli spiedi, dei bambini. Citiamo la Crociata dell'Oca Santa (si credeva che l'animale fosse direttamente ispirato da Dio) guidata da Emich di Leinsingen il quale, dopo essersi fatto venire le stigmate (evento miracoloso di cui verrà beneficiato da Dio anche Padre Pio da Pietrelcina), sterminò migliaia di ebrei a Worms, a Magonza e a Colonia, trucidando e stuprando coloro che non abiuravano dalla loro fede, i quali erano notoriamente accusati (e perseguitati) dai Cattolici perché ritenuti responsabili della morte del Figlio di Dio. Altre crociate antisemite, con relativi massacri di ebrei a Praga e Ratisbona, furono guidate da Volkmar. La Crociata dei Principi si distinse per la strage dei Peceneghi a Costantinopoli, per la strage dei Turchi ad Antiochia, per la strage di Maarat an-Numan (donne e bambini superstiti venduti come schiavi), per la strage di Gerusalemme del 14 e 15 luglio 1099, nel corso della quale 60 mila persone, tra le quali anche gli ebrei, vennero trucidati. Si stima che solo la prima Crociata costò la vita ad oltre un milione di persone.

Il fondamentalismo religioso ha avuto le sue conseguenze peggiori sui soggetti più deboli, come sulle donne, e sulle popolazioni che professavano religioni storicamente non dominanti, come nel caso degli ebrei.
Nel corso della storia fino ai nostri giorni, le donne sono state e sono una delle principali vittime dei fondamentalismi di qualsiasi religione, e proprio delle donne parla San Paolo nelle sue lettere, più volte additate dalla Chiesa come “inficiate dal fondamentalismo” in alcuni versetti, qualora vengano prese alla lettera. A tal proposito ricordiamo la prima lettera di San Paolo ai Corinti 14, 34-36:

«Come tutte le comunità dei fedeli, le donne nelle assemblee tacciano perché non è loro permesso di parlare; stiano invece sottomesse, come dice anche la legge.Se vogliono imparare qualche cosa, interroghino a casa i loro mariti, perché è sconveniente per una donna parlare in assemblea”»

la lettera agli Efesini 5, 22-24:

«Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore;il marito è infatti capo della moglie, come anche Cristo è capo della Chiesa, lui che è il salvatore del suo corpo. E come la Chiesa sta sottomessa a Cristo, così anche le mogli siano soggette ai loro mariti in tutto»

oppure la lettera ai Colossei 3, 18

«Voi mogli, state sottomesse ai mariti, come si conviene nel Signore».

Nei confronti dell’ebraismo la Chiesa Cattolica ha avuto da sempre una politica di odio e discriminazione. Accusati di deicidio, i discendenti di Abramo sono stati oggetto a partire dall’anno 1000 dell’appellativo di perfidi nella preghiera del Venerdì Santo. Il passo Oremus et pro perfidis Judaeis (letteralmente Preghiamo anche per i perfidi ebrei) è stato presente nella liturgia cattolica fino al 1959, anno in cui fu abolito ad opera di Papa Giovanni XXIII.
Sul Messale Romano del Concilio di Trento era presente il seguente testo che si recitava nella grande preghiera universale che seguiva la lettura del Vangelo della Passione di Gesù. Il testo è composto da un invito alla preghiera e dalla preghiera vera e propria:

«Oremus et pro perfidis Judaeis ut Deus et Dominus noster auferat velamen de cordibus eorum; ut et ipsi agnoscant Jesum Christum, Dominum nostrum.
Omnipotens sempiterne Deus, qui etiam judaicam perfidiam a tua misericordia non repellis: exaudi preces nostras, quas pro illius populi obcaecatione deferimus; ut, agnita veritatis tuae luce, quae Christus est, a suis tenebris eruantur.»<7i>

Che tradotta diviene:

«Preghiamo anche per gli Ebrei perfidi, affinché il Signore Dio nostro tolga il velo dai loro cuori ed anche essi (ri)conoscano il Signore nostro Gesù Cristo.
Dio onnipotente ed eterno, che non allontani dalla tua misericordia neppure la perfidia degli Ebrei, esaudisci le nostre preghiere, che ti presentiamo per la cecità di quel popolo, affinché (ri)conosciuto Cristo, luce della tua verità, siano liberati dalle loro tenebre.»

Ma la lista delle attività poco edificanti di cui la Chiesa (fondamentalista?) ha saputo fregiarsi nella Storia è molto più lunga. Riprendiamo il discorso di Luigi Tosti:

…che dire, poi, della persecuzione, delle torture, degli assassini e degli stermini operati dai Cristiani -sempre all'ombra della Santa Croce, Sacro "simbolo di civiltà"- ai danni degli eretici, degli ebrei, delle streghe, degli omosessuali, degli scienziati, cioè dei "diversi"?
Certo, non deve essere stato gradevole per i Catari, per i Valdesi, per i Patarini, gli Albigesi, i Dolciniani, le Beghine, i Fraticelli, e via dicendo, essere perseguitati, sterminati, arsi sui roghi e trucidati in nome del "Cristo sulla Croce" di Santa Romana Chiesa Cattolica: la storia della Chiesa è costellata da una serie di attività criminali - tutte ispirate dall'intolleranza, dalla superstizione e dal fanatismo - a cospetto delle quali le attuali associazioni per delinquere ci appaiono, oggi, come "gentili educande". […]
Ci permettiamo una piccola cernita degli episodi più esaltanti della Chiesa. Nel 782, 4.550 sassoni vengono "cristianamente" decapitati su ordine di Carlo Magno per....aver rifiutato il battesimo cattolico! Nel 1096, 800 ebrei vengono massacrati dai cattolici a Worms, in Germania. Nello stesso anno 700 ebrei vengono massacrati a Magonza dai cattolici. Nel 1145 120 ebrei sono massacrati dai Cattolici a Colonia e Spira in Germania. Nel 1191 2.700 progionieri di guerra musulmani sono cristianamente decapitati dai Crociati in Palestina. Nel 1208 20.000 catari vengono massacrati dai Crociati a Beziers: nel 1219 altri 5.000 catari sono massacrati a Marmande. Il 16 marzo 1244 250 catari sono arsi vivi per ordine della Santa Inquisizione. 267 ebrei vengono impiccati a Londra in seguito a false accuse di omicidio "rituale" ai danni di cattolici. 200 catari e valdesi ardono cristianamente sui roghi nell'Arena di Verona, il 13.2.1278, per ordine della Santa Inquisizione. Nel 1370 20 ebrei sono arsi vivi dai cattolici a Bruxelles. 2.500 abitanti di Cesena sono massacrati, il 3.2.1377, perché ribelli del Papa. Nel 1391 4.000 ebrei sono massacrati dai cattolici a Siviglia. 100 valdesi sono impiccati e bruciati a Graz per ordine dell'Inquisizione, nel 1397. Nel 1416 300 donne, accusate di "stregoneria", sono cristianamente arse sui roghi nel comasco per ordine dell'Inquisizione. Nel 1485 eguale sorte a 41 "streghe" a Bormio. Nel 1505 14 altre streghe vengono uccise a Cavalese: 30 persone, accusate di stregoneria, ardono vive a Logrono, in Spagna, nel 1507. Nell'aprile del 1545 2.740 valdesi sono massacrati dai cattolici in Provenza. Nel 1561 2.000 valdesi sono massacrati dai cattolici in Calabria. Nel 1562 300 persone sono arse per stregoneria a Oppenau: 63 donne subiscono eguale sorte a Wiesensteig. 17.000 protestanti sono massacrati dai cattolici spagnoli nelle Fiandre, nel 1567. 5000 servi della gleba croati sono massacrati per ordine del vescono Jurai Draskovic, nel 1573, 222 ebrei arsi sul rogo, nel 1580, per ordine dell'Inquisizione, in Portogallo. Il 29.7.1620 600 protestanti sono trucidati dai cattolici in Valtellina. Nel 1680 20 ebrei bruciano vivi per ordine della Santa Inquisizione. 2.000 valdesi sono massacrati dai cattolici, nel maggio 1686, dai cattolici. 37 ebrei bruciano sui roghi a Maiorca, nel 1691, per ordine dell'Inquisizione. Svizzera, 1.782: viene bruciata sul rogo l'ultima strega. Polonia, 1.783: viene bruciata sul rogo l'ultima strega.
Ma i peccati della Santa Romana Chiesa non finiscono qui, perché in realtà essi spaziano in tutti i campi…

Chiudiamo questo capitolo riportando un’affermazione di Enzo Pace, direttore del Dipartimento di Sociologia dell’Università di Padova, tratta da una sua intervista relativa al libro “Il regime della verità”. Forse una delle più lucide analisi di cosa sia il fondamentalismo.

«Guardando in modo comparativo quello che è stato prodotto dal mondo protestante fondamentalista, dai movimenti radicali nell'Islam, dai movimenti neo-nazionalisti induisti, dalle prime ideologie neo-integriste in campo cattolico, si vede che tutti hanno come una specie di tentazione mortale di ragionare in questi termini: noi abbiamo la verità. Questa verità è contenuta in un testo sacro oppure in un magistero autorevole, da questa verità possiamo ricavare un modello integrale di società e dunque la nostra utopia di andare al potere usando i mezzi della lotta politica e dal potere costruire una società fondata sulla legge di Dio. L'idea insomma è quella di una verità che diventa regime e facendosi regime si impone. […]
Certamente nella Chiesa cattolica c'è questa utopia di poter costruire o dei partiti politici che potessero andare al potere per realizzare le strutture portanti di una "societas" cristiana nel mondo moderno, oppure, più semplicemente c'è stato il tentativo di condizionare i governi amici per imporre punti di vista sull'aborto, sul divorzio o su altro. Quando negli Stati Uniti non solo la Chiesa cattolica ma anche quelle evangeliche protestanti hanno cercato di fare questo si sono scontrate con una società moderna di tipo pluralista convinta che non si potesse tornare indietro nel tempo e quindi che la separazione fra Chiesa e Stato fosse un bene, non un male per la democrazia.»

www.alteredo.org/index.php?option=com_content&task=view&id=721&I...





“Non esiste delitto, inganno, trucco, imbroglio e vizio che non vivano della loro segretezza. Portate alla luce del giorno questi segreti, descriveteli, rendeteli ridicoli agli occhi di tutti e prima o poi la pubblica opinione li getterà via. La sola divulgazione di per sè non è forse sufficiente, ma è l'unico mezzo senza il quale falliscono tutti gli altri”.
Joseph Pulitzer (1847-1911), Fondatore Premio Pulitzer
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