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Chiesa: cattolici che difendono la vita

Ultimo Aggiornamento: 30/01/2008 17:06
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Madre Badessa
30/01/2008 16:07
 
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Difendono VITA e FAMIGLIA i cattolici. Anche Ruini lo ripete in modo ossessivo. Nella trasmissione di Ferrara, ad esempio. Con uno scivolone che forse qualcuno ha notato. Diceva, e come no?, che la 194 è orrenda e che anche l'analisi preimpianto che può far decidere per un aborto lo è. E racconta un aneddoto di una signora di 30 anni che egli conosce e che è una brava madre di famiglia che, alla sua nascita i medici volevano convincere la madre ad abortire perché vi erano motivi medici gravi. E questa donna è ora una b ella e felice donna. Peccato, sig. Ruini che 30 anni fa non vi fosse la 194 e che magari il suo racconto è riferito a persone che frequentavano i medici cattolici obiettori che facevano aborti clandestini.
Poi c'è un devoto di Ruini, il Mastella. Egli è per la famiglia. Quella sua e quella dei pochi che sistema per quello che qualcuno dice essere voto di scambio (o si crede che i favori della famiglia vanno a tutti ?).

A questi cattolici non viene in mente che aiutando 100 famiglie se ne danneggiano 900, quelle che non sono beneficiate dai FAVORi. Ed i cattolici funzionano con FAVORI e non con DIRITTO.
Poi vi è un tal CREA, personaggio prima a me ignoto che è il protagonista principale di un racconto che va al di là della fervidaimmaginazione e degli incubi di Edgar Allan Poe. Anche tal signore è un potente. Era del CCD di Casini (ma come mai è sempre in mezzo ?) ed ora è della DC di Rotondi (cattolici doc e difendsori della VITA soprattutto.
Ebbene, leggetecome i cattolici intendono la difesa della vita. Terribile.

Roberto Renzetti


IL RACCONTO. "Villa Anya" fondata nel 2002 da Crea
Investimento: un miliardo e 195 milioni, "soldi che teneva sotto il materasso"
Cure fantasma, cadaveri spariti
"E' morto? E tu scrivi che è vivo"


di ATTILIO BOLZONI


Francesco Fortugno, ucciso a Locri nel 2005
I MORTI li facevano diventare vivi e i vivi li facevano diventare morti. Urlavano di dolore nelle corsie. E li lasciavano urlare ogni notte. Senza cure. Senza medici. "A questa intanto la facciamo fuori noi", diceva un'infermiera davanti al corpo ormai sfatto di una vecchietta in agonia. Era una clinica degli orrori quella dell'onorevole più mafioso della Calabria, una morgue chiamata Villa Anya.

Era là alla vista di tutti, sulla statale 106 che da Reggio sale verso la Locride. Era là a ingoiare malati e finanziamenti pubblici nella Repubblica autonoma di Melito Porto Salvo, un paese di un'altra Italia che è il regno di Domenico Crea, dottore in medicina specializzato in Igiene, consigliere regionale, 9 mila voti al servizio di chi ha sempre offerto di più a sinistra o a destra, il volto quasi pulito di tre cosche - gli Zavettieri di Roghudi, i Morabito di Africo, i Cordì di Locri - della costa ionica calabrese. La Sanità era lui a Melito Porto Salvo. La Sanità era lui all'Asl 11 di Reggio. La Sanità era lui all'assessorato a Catanzaro. Lui, suo figlio Antonio e gli amici di quelle tre "famiglie". C'era puzza di 'ndrangheta e puzza di cadaveri a Villa Anya.

Mezzanotte del 14 febbraio 2007, in una delle trenta stanze della "casa di ricovero ospedaliero per anziani non autosufficienti" di Melito Porto Salvo è appena morta un'altra anziana donna. Si chiama Grazia T.. Da ventotto ore è in coma, nessuno le presta cure, nessuno la conforta. Muore sola ma a Villa Anya risulta ancora viva. "Scrivi che è in condizioni critiche", ordina a un infermiere Antonio Crea, il figlio del boss e direttore sanitario di Villa Anya. Non volevano "decessi" lì, a casa loro. L'hanno fatta morire ufficialmente in un altro ospedale la povera Grazia.

Pomeriggio di 18 febbraio 2006, muore anche Maria S.. Se n'è andata da tre ore, sull'ambulanza che la trasporta al pronto soccorso del Civico è però ancora "in gravi condizioni". La "recapitano" come un pacco i portantini di Villa Anya. Senza cartella clinica, senza un documento. Una "consegna" con carte false.
"E' con un piede dentro", dice al telefono un dipendente della clinica ancora al figlio di Crea. E' la sera del 6 agosto 2006 e Maria F. "ha la pressione 70 su 45 e respira male". In corsia non c'è un solo medico, nemmeno quello di guardia. La diagnosi la fa qualcuno al telefono: "Mettici choc cardiogeno". Maria F. fortunatamente non muore. La sua cartella i medici di Villa Anya la compilano il giorno dopo.

Mattina del 12 dicembre 2006, Mario B. è in coma. Anche quella volta non ci sono medici. Anche quella volta il direttore sanitario Antonio Crea si rifiuta di andare in ospedale. "Guarda che è proprio fuori...", gli comunica uno dei suoi infermieri. E lo implora: "Dai chiama il 118...". Il capo della clinica fa ancora una volta una diagnosi sulle scarne conoscenze mediche del suo infermiere e poi finalmente telefona al 118: "Abbiamo un paziente che ha un'insufficienza renale e dovremmo trasferirlo perché. .. diciamo è quasi... ".
L'operatore: "Chi l'ha fatta questa diagnosi?". E dall'altra parte del telefono: "Io, il dottore Crea".
Sera del 18 giugno 2007, Aurelia M. muore all'alba ma alle 8,45, a Villa Anya, viene stilato un referto: "La paziente data l'instabilità clinica viene trasferita".

Terapie a distanza. Approssimative diagnosi sui resoconti degli infermieri. Cartelle contraffate. Timbri fasulli. Trasporto di cadaveri. Le indagini hanno accertato 11 episodi di omissione di soccorso in un anno e mezzo. In cinque casi il paziente è morto. Una clinica con il grande cuore della 'ndrangheta calabrese.
Era stata inaugurata in pompa magna nel 2002. Con tutti i "pezzi grossi" dell'Asl 11 di Reggio. Con quegli altri della Regione.

Un anno prima l'onorevole Domenico Crea - allora consigliere regionale del Ccd - aveva versato sul conto di suo padre - alla filiale del Banco di Napoli di Melito Porto Salvo - un miliardo 195 milioni di vecchie lire. Così è nata Villa Anya. "Mio padre non aveva mai avuto conti né nelle banche né agli uffici postali, erano i suoi risparmi che aveva conservato dentro un materasso", ha risposto l'onorevole Crea a un ufficiale della Finanza che all'inizio di questa indagine su Villa Anya chiedeva spiegazioni sulla provenienza di quel denaro. Poi l'onorevole aveva intestato la clinica a sua moglie Angela, aveva nominato suo figlio Antonio direttore sanitario e la figlia Annunziata amministratore delegato e la nuora Laura direttrice amministrativa.

E poi ancora ci sono state le elezioni regionali del 2005, quelle dove Francesco Fortugno è diventato consigliere al posto di Domenico Crea. Elezioni incerte fino all'ultima settimana con spostamento di voti, "pacchetti" dirottati dai boss da un candidato all'altro. Domenico Crea riceveva mille telefonate al giorno. "Dopo tutto questo bordello, se arriva prima Modugno ti sdirrupa la clinica", lo avvertiva il reggino Luigi Meduri della Margherita, quello che un anno dopo sarà sottosegretario alle Infrastrutture nel governo Prodi.

Sfottevano un galantuomo come Fortugno e lo chiamavano Modugno, lo sapevano tutti in Calabria che se per azzardo quel mite medico fosse diventato assessore regionale alla Sanità avrebbe fatto di tutto per portare un po' di pulizia nelle Asl. Se sale ti sdirrupa, ti fa a pezzi la clinica, gli diceva il futuro sottosegretario. Qualche mese dopo - in ottobre - hanno fatto a pezzi lui. E intanto Villa Anya - con tanti imbrogli e con tanti nuovi sponsor fra Reggio e Catanzaro - aveva finalmente avuto l'"accreditamento" della Regione per succhiare soldi, farsi pagare posti letto, per stipulare contratti con il sistema sanitario regionale e nazionale.

Tutto con carte truccate da funzionari del Dipartimento della Sanità della Regione, dell'Asl 11.
"La Sanità è prima, l'Agricoltura e Forestazione seconda, le Attività produttive è terza", spiegava Domenico Crea al suo uomo di fiducia Antonio Iacopino. Erano in auto e una microspia registrava: "Dai Antonio... come budget 7 mila miliardi di vecchie lire, la Sanità ha 3 miliardi 360 milioni di euro ogni anno.. cioè uno fa una cosa uno fa un'altra, va nelle Asl e gestisce le Asl, tu hai bisogno almeno di quattro o cinque che siano con te, cinque o sei braccia in questo settore.. sempre sugli inidirizzi che do io". E ancora: "Mi segui Antò? Oppure parlo arabo io?".
Si sentiva il padrone della Sanità l'onorevole Domenico Crea.

Anche se non ce l'aveva fatta a diventare consigliere subito.
Anche se non ce l'aveva fatta a diventare assessore poi. E però rassicurava sempre il suo amico Antonio: "Ma che te ne fotte a te cretino dello stipendio di consigliere..10 mila euro al mese.. e che cazzo sono? Quando io a quello storto di B... gli ho detto vieni a farmi il direttore generale che gli volevo dire? Gli volevo dire che di miliardi ne abbiamo 3 mila, 4 mila, 7 mila.. con me, Pino, Bruno, Sandro sono diventati tutti miliardari... il più fesso di loro è miliardario".
E poi c'era sempre la sua clinica, la "creatura" dell'onorevole, la morgue di Villa Anya.


(29 gennaio 2008)

www.repubblica.it/2008/01/sezioni/cronaca/arresti-ndrangheta/villa-anya/villa-a...

www.fisicamente.net/portale/modules/news2/article.php?s...



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Padre Guardiano
30/01/2008 16:44
 
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Difronte a queste cose inneggio alle "squadre della morte brasiliane".
Non lo volevo dire ma ci voleva!!!! [SM=g27816] [SM=g27816] [SM=g27816]



omega [SM=x1468240]



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Vivo fra lo Stato Sovrano della Fica e la Repubblica Popolare del Cazzo
30/01/2008 17:06
 
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Le squadre della morte brasiliane erano quelle che andavano a caccia dei delinquenti piu' comuni per tagliare loro la gola a mo' di colletto e i cadaveri venivano immancabilmente ritrovati il giorno dopo,fu un fenomeno degli anni 70 in cui vigeva all'epoca in Brasile una dittatura militare.

Questo fenomeno venne per la prima volta documentato dal film "Lucio Flavio" del regista Hector Babenco.

Per fortuna che oggi non esistono piu',fu un fenomeno vergognoso figlio della dittatura militare.

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