"Ridacci il nostro parroco"

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kelly70
00lunedì 24 settembre 2007 23:29
Una parrocchia svizzera porta il vescovo in tribunale


34020. RÖSCHENZ-ADISTA. Nuovi sviluppi nel caso di Franz Sabo, il parroco di Röschenz, in Svizzera (cantone di Basilea-Campagna), che era stato dimissionato nell'ottobre del 2005 dal suo vescovo, mons. Kurt Koch, ma che, con un gesto per molti versi unico e clamoroso, si era opposto alla decisione, ottenendo il sostegno unanime di tutta la comunità parrocchiale.

Ora il conflitto tra il parroco ed il suo vescovo è arrivato davanti al tribunale cantonale di Basilea-Campagna.

La comunità parrocchiale di Röschenz, infatti, ritenendo un oltraggio all'autonomia comunale la decisione di mons. Koch, ha impugnato la richiesta di licenziamento che - su richiesta del vescovo - il sinodo cantonale aveva formalizzato il 7 giugno 2006.

In Svizzera ogni realtà territoriale gestisce in autonomia il proprio rapporto con le diverse confessioni religiose. Nel cantone di Basilea-Campagna, in particolare, il parroco viene nominato direttamente dall'Assemblea parrocchiale, pur potendo assumere la direzione della parrocchia solo con l'approvazione del vescovo.

Ma poiché l'ordinamento cantonale non dice nulla di preciso in merito alla eventuale sospensione o licenziamento del parroco, il consiglio parrocchiale di Röschenz ha deciso di continuare a pagare lo stipendio a Sabo, nonostante da ormai quasi due anni mons. Koch gli abbia revocato la missio canonica, ossia possibilità di esercitare il ministero in quel territorio.

E nonostante il fatto che anche la struttura cantonale della Chiesa cattolica si fosse espressa a favore del vescovo. E alla fine, senza retrocedere di un millimetro dalle sue posizioni, la parrocchia di Röschenz ha portato la questione nelle aule giudiziarie.

Il processo si apre il 5 settembre a Liestal (capitale del Cantone di Basilea-Campagna). La corte dovrà decidere se il licenziamento del parroco sia da considerare fondato o meno.

Per il vescovo Koch ed il Sinodo cantonale il ritiro della missio canonica costituisce un motivo sufficiente per l’allontanamento di Sabo, mentre per l’Assemblea parrocchiale di Röschenz tale misura è del tutto sproporzionata al comportamento del parroco, che si era limitato ad esprimere pubblicamente le sue critiche nei confronti di alcune scelte della gerarchia (in particolare, nell'agosto 2003, Sabo, durante una messa e poi sul quotidiano svizzero Basler Zeitung, aveva apertamente contestato il divieto posto ai sacerdoti che non osservano la legge del celibato ecclesiastico di amministrare una chiesa).

Prima di revocargli definitivamente la missio canonica, Koch aveva sospeso Sabo per alcuni mesi, nel tentativo - rivelatosi poi vano - di ridurlo a più miti consigli. Sabo aveva continuato ad esprimere il suo dissenso, arrivando anche ad attaccare direttamente il suo stesso vescovo, definito "un funzionario" incapace di sentire "il polso del tempo".

Nella primavera scorsa, il tribunale cantonale di Basilea-Campagna aveva proposto alle parti un tentativo di conciliazione, respinto però da mons. Koch.

Ma il caso di Sabo è solo la punta dell’iceberg di un rapporto tra gerarchia (su cui pesa sempre di più l’influenza di Roma) e clero locale, in un contesto - quello svizzero - assai secolarizzato ed in cui a livello ecclesiale è forte la spinta al superamento del celibato ecclesiastico (nel 1995, il predecessore di Koch, mons. Hansjörg Vogel, allora 44enne, si dimise dopo aver rivelato di essere in procinto di diventare padre), all’introduzione del sacramento dell’ordine anche per le donne, al riconoscimento della liceità dei rapporti tra omosessuali.

Anche la questione dei cosiddetti "viri probati", ossia l’ordinazione - in casi di necessità - di uomini di provata virtù anche sposati o con figli, suscita in Svizzera grande dibattito.

A questo fermento il Vaticano ha risposto negli ultimi anni con un atteggiamento sempre più repressivo e con un intervento sempre più diretto nella scelta dei vescovi, minando così la ormai secolare autonomia riconosciuta dal Vaticano ai Cantoni.

Il caso più eclatante resta la nomina di mons. Wolfgang Haas alla guida della diocesi di Coira, che nel 1990 aveva suscitato un'ondata di proteste contro il vescovo ultra-conservatore, costretto dalla contestazione popolare dopo 7 anni ad andarsene, ottenendo però dal papa addirittura la creazione di una apposita diocesi (quella di Vaduz, in Liechtenstein), scorporandone il territorio da quella di Coira, nella cui giurisdizione ricadeva.

Così recentemente, Lukas Niederberger, che qualche anno fa ha lasciato l'ordine gesuita e le sue funzioni di parroco, in occasione della nomina del nuovo vescovo di Coira ha dichiarato che i vertici ecclesiastici potevano soltanto scegliere, nell’ambito dei candidati, "tra la peste, il colera e l'Aids".

Valerio Gigante

Da: Adista Notizie n. 59 - 8 settembre 2007 - www.adistaonline.it



Pubblicato da don Franco Barbero

donfrancobarbero.blogspot.com
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