Alcune domande x RainBoy

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pcerini
00giovedì 18 ottobre 2007 10:55
1. Se una donna e' portatrice di un gene che causa una malattia o difetto mentre il proprio marito quel gene ce lo ha sano nel processo di selezione genetica durante la fecondazione verrà scelto il gene sano? E' come se la cellula sapesse che tale gene e' malato compensandolo con un gene migliore durante la riproduzione oppure no?. La cellula come fa a sapere che quel gene e' malato scegliendo quello buono ? (selezione genetica)


2. Nelle teoria evolutiva la maggior parte di mutazioni studiate non sono considerate intelligenti ma causali ma nell'ambito della distribuzione di certi caratter in una popolazione c'entra qualcosa la curva gaussiana nella valutazione?

3. La memoria genetica ha piu' a che fare con i meccanismi di replicazione e di regolazione biochimica,quelli di adattamento a circostanza improvvise o mutate non si basano su protocolli di interazione biochimico gia' previsti nel proprio corredo tant'e' vero che se cosi fosse la specie umana per esempio avrebbe gia' trovato in tempi rapidi per cosi' dire una risposta per adattarsi alle mutazioni ambientali molto importanti,e' corretto quello che dico?

Se si',e' forse perchè cambiamenti non significativi non ce ne sono e se ce ne fossero non sara' magari per cause estranee alla selezione naturale?

4. Due gruppi di scimpanze',se uno apprende un determinato comportamento anche l'altro,quando entrano in contatto l'uno con l'altro,apprende il medesimo comportamento pur essendo vissuto in un differente contesto ambientale,come mai? Entrano in gioco questioni genetiche?


Paolo
Rainboy
00giovedì 18 ottobre 2007 14:30

1. Se una donna e' portatrice di un gene che causa una malattia o difetto mentre il proprio marito quel gene ce lo ha sano nel processo di

selezione genetica durante la fecondazione verrà scelto il gene sano? E? come se la cellula sapesse che tale gene e' malato compensandolo con un

gene migliore durante la riproduzione oppure no?. Lla cellula come fa a spere che quel gene e' malato scegliendo quello buono ? (selezione

genetica)


Sarebbe bello se fosse così, vero? Purtroppo la genetica è molto più arzigogolata... [SM=g27834]

Nella maggior parte dei casi, una cellula tende ad esprimere tutti i suoi alleli. Anche quelli recessivi.
Solo che l'effetto di quelli recessivi viene "coperto" da quelli dominanti a livello macroscopico.

La maggior parte delle malattie genetiche che osserviamo oggi sono recessive, per un motivo molto semplice, legato all'evoluzione: se fossero state su alleli dominanti si sarebbero manifestate SEMPRE a livello di fenotipo nell'individuo, dando quindi a lui e i suoi discendenti uno svantaggio competitivo molto forte. Non possiamo sapere quante sindromi di questo genere siano comparse nella storia umana, ma di sicuro è logico pensare che si sarebbero conservate meno di quanto avrebbero fatto sindromi basate su alleli recessivi. Può sembrare paradossale a dirsi ma una malattia per conservarsi nel pool genetico ha "convenienza" ad essere il meno grave possibile... ad esempio transitando il più possibile all'interno di individui portatori ma fenotipicamente sani (eterozigoti) che la portino con sé generazione dopo generazione, senza sapere di essere "malati" a livello genetico.
Malattie che manchino di questa "marcia in più" sono sottoposte alla selezione naturale in modo molto più pesante e quindi tendono più facilmente a scomparire.

Quando al giorno d'oggi riscontriamo che una malattia è su alleli dominanti e che quindi fa mostra di portatori sempre malati, in genere i casi sono due: o i portatori sono sopravvissuti fino a noi perché la malattia non era molto grave, oppure perché la malattia, per quanto grave, aveva un motivo particolare per esistere. Due casi classici di malattie non recessive che rispondono a questa seconda categoria sono:

1) La Corea di Huntington.

2) L'anemia falciforme.

La prima ha una "strategia" molto semplice: è dominante, e porta sempre alla morte dell'individuo, ma si manifesta soltanto dopo i 40 anni, quindi DOPO che l'individuo si è riprodotto e l'ha trasmessa ai figli. In questo modo il testimone viene passato e la malattia passa alla generazione successiva.

La seconda invece non è una malattia ascrivibile alle regole mendeliane semplici, in quanto sull'individuo ha un'azione di dominanza incompleta: un malato eterozigote (Aa) è malato, ma in forma meno grave di un malato omozigote (aa). Un eterozigote di solito ha una vita media di 40-50 anni (in assenza di cure mediche avanzate); un omozigote invece di solito muore ancora bambino.
Questa malattia prospera soprattutto nel Terzo Mondo perché, pur essendo così letale nella forma omozigote, garantisce una protezione intrinseca contro il plasmodio della malaria, che in Africa sub-sahariana è la prima causa di morte naturale (miete milioni di morti l'anno). Come risultato la selezione naturale favorisce i portatori eterozigoti della malattia, che hanno un vantaggio riproduttivo non solo sui malati omozigoti (aa), ma perfino sui sani (AA).
In definitiva siccome anche questa malattia, nella sua forma eterozigote (Aa) porta a morire in età post-riproduttiva, la sua continuità nelle generazioni viene garantita dal "fortuito" bisogno che ha la popolazione africana di protezione dalla malaria.



2. Nelle teoria evolutiva la maggior parte di mutazioni studiate non sono considerate intelligenti ma causali ma nell'ambito della

distribuzione di cert caratter in una popolazione c'entra qualcosa la curva gaussiana?


Non sono sicuro di capire la domanda. Puoi riformularla in modo più esteso?



3. La memoria genetica ha piu' a che fare con i meccanismi di replicazione e di regolazione biochimica,quelli di adattamento a circostanza

improvvise o mutate non si basano su protocolli di interazione biochimico gia' previsti nel proprio corredo tant'e' vero che se cosi fosse la specie

umana per esempio avrebbe gia' trovato in tempi rapidi per cosi' dire una risposta per adattarsi alle mutazioni ambientali molto importanti,e'

corretto quello che dico?

Se si',e' forse perchè cambiamenti non significativi non ce ne sono e se ce ne fossero non sara' magari per cause estranee alla selezione naturale?




Anche questa domanda non mi è molto chiara. "Memoria genetica" è un termine molto abusato, perlopiù dai media e dalla fantascienza. Ad oggi il genoma in sé risulta non avere alcuna forma di "memoria" (se con essa intendiamo la capacità di apprendere e conservare in linea generazionale informazioni specifiche), sebbene ci siano ricerche interessantissime sulle capacità di alcuni organismi molto semplici di stivare informazioni su "come usare i geni" all'interno di supporti non genetici, come le proteine istoniche e le metilazioni delle basi azotate. Potremmo rozzamente ribattezzare queste attività con il nome collettivo di "memoria epigenetica"; per ora non esistono evidenze a favore di analoghi procedimenti nell'uomo, solo alcuni indizi degni di attenzione.
Il nostro patrimonio genetico è comunque un contenuto capace di esprimersi in modo molto dinamico. L'homo sapiens è una specie molto complessa, non può essere paragonata a un batterio parassita; le informazioni delle cellule eucarioti come le nostre sembrano codificare per qualcosa di molto più simile a un programma interattivo che non a una serie di stringhe di istruzioni; pertanto la nostra capacità di adattamento a livello fisiologico può essere concepita come il risultato di una serie di interazioni adattative.



4. Due gruppi di scimape',se uno apprende un determinato comportamento anche l'altro,quando entrano in contatto l'uno con l'altro,apprende il

medesimo comportamento pur essendo vissuto in un differente contesto ambientale,come mai? Entrano in gioco questioni genetiche?



Che io sappia, no.
pcerini
00giovedì 18 ottobre 2007 16:05
Caro Rain,ma volevi scrivere qualcosa? Il tuo post e' vuoto!

Paolo
Rainboy
00venerdì 19 ottobre 2007 08:28
Ora dovrebbe essere comparso il post, almeno io riesco a vederlo.
pcerini
00venerdì 19 ottobre 2007 09:19
Ho capito bene le tue risposte,e provo a riformulare la domanda numero 2 che non avevo espresso bene.



In sostanza,si ricorre a modelli come la curva gaussiana per misurare o prevedere un determinato fenomeno come per esempio l'aumento delle dimensioni e del numero di individui a seguito di una mutazione genetica vantaggiosa?


Un grazie grande come un palazzo per il tempo che hai dedicato alle altre risposte!

Ciao

Paolo
Rainboy
00venerdì 19 ottobre 2007 18:27

In sostanza,si ricorre a modelli come la curva gaussiana per misurare o prevedere un determinato fenomeno come per esempio l'aumento delle dimensioni e del numero di individui a seguito di una mutazione genetica vantaggiosa?


Fino ad ora nei miei studi di genetica non ho mai incontrato la curva gaussiana. Nell'eventualità che in futuro la incontrassi, ti farò sapere.



Un grazie grande come un palazzo per il tempo che hai dedicato alle altre risposte!


Dovere. [SM=g27822]
Rainboy
00mercoledì 31 ottobre 2007 18:55

In sostanza,si ricorre a modelli come la curva gaussiana per misurare o prevedere un determinato fenomeno come per esempio l'aumento delle dimensioni e del numero di individui a seguito di una mutazione genetica vantaggiosa?


Fino ad ora nei miei studi di genetica non ho mai incontrato la curva gaussiana. Nell'eventualità che in futuro la incontrassi, ti farò sapere.



In realtà devo fare una precisazione. Anche se non l'ho mai incontrata direttamente (perché la genetica che se ne serve, ovvero quella delle popolazioni, non è il tema primario dei nostri esercizi di genetica) intuivo da tempo, e proprio oggi ho appurato che molti dei modelli di distribuzione usati dalla genetica di popolazione per il genotipo (se mendeliano) includono una distribuzione a curva gaussiana del genotipo eterozigote.
Stamattina mi è capitato di vederla per la prima volta in un grafico, e ho pensato a te. Il fatto è che della genetica di popolazioni conosco soltanto la logica di base e le formule più elementari, quindi non sono in grado di addentrarmi oltre un certo limite... per ora, almeno.
pcerini
00mercoledì 31 ottobre 2007 21:36
Grazie,amico,in aggiunta a quanto detto da te,ho letto che la curva gaussiana viene applicata alla variabilita' genetica di tipo continuo mentre non viene applicata (cioe' e' inapplicabile) nella variabilita' genetica di tipo discontinuo.

Paolo
Rainboy
00giovedì 1 novembre 2007 13:01

la curva gaussiana viene applicata alla variabilita' genetica di tipo continuo mentre non viene applicata (cioe' e' inapplicabile) nella variabilita' genetica di tipo discontinuo


Se per variabilità genetica di tipo discontinuo intendi quello che ho capito io, cioè i geni ad effetto soglia, allora la curva è applicabile, ma in modo del tutto teorico: nella pratica tu studi i fenotipi e se sei di fronte a un caso di variabilità genetica discontinua non hai una curva gaussiana ma soltanto un pezzettino o più pezzettini di "qualcosa", che ipotizzi essere una gaussiana nel genotipo.
pcerini
00giovedì 1 novembre 2007 13:53
Si,verissimo,e' proprio come dici tu.

Un caro saluto

Paolo

pcerini
00martedì 13 novembre 2007 16:43
Caro Rain,un'altra domanda sulla differenziazione genetica-embrionale:

all'atto della fecondazione inizia la vita,ma che tipo di vita,vita specificamente umana che si differenzia da altre forme o un tipo di vita che ancora non si differenzia dalle altre specie?

Poi,si parla di "vita umana" ma non ancora di persona,ovviamente,in ambito scientifico,giusto?

Paolo



Rainboy
00martedì 13 novembre 2007 21:04

all'atto della fecondazione inizia la vita, ma che tipo di vita, vita specificamente umana che si differenzia da altre forme o un tipo di vita che ancora non si differenzia dalle altre specie?



Se ho capito correttamente la domanda, ci stiamo riferendo a una mera questione di convenzioni, Paolo.
Durante la fecondazione si forma un patrimonio genetico umano diploide, pertanto la cellula risultante è uno zigote umano. Noi lo chiamiamo "zigote umano" perché appunto, avendo DNA umano, se lo prendiamo in provetta ed estraiamo gli acidi nucleici per fare un DNA profiling, ricaviamo dati che lo qualificano inconfondibilmente come umano.
Se invece guardiamo il suo comportamento, vale a dire i "protocolli" di espressione genica che inizia ad eseguire non appena si forma, questo zigote è pressoché indistinguibile per molti giorni da un qualsiasi zigote mammifero eutero. Si sviluppa con la classica forma a morula-blastula-blastocisti, costruisce il sincizio trofoblasto, realizza la divisione sacco amniotico/sacco vitellino/polo embrionale, si impianta in utero, sviluppa i tre foglietti embrionali, etc etc.
La famosa osservazione secondo cui il nostro retaggio è da ex-anfibi, con la coda da girini e quant'altro, è rozza ma sostanzialmente corretta. Non vale infatti soltanto a livello anatomico, guardando un embrione di due settimane con la lente d'ingrandimento; vale anche a livello istologico e citologico, per esempio se osserviamo le popolazioni delle sue cellule con un microscopio ottico.
Soltanto più in là nel tempo avremo uno sviluppo architetturale e istologico riconoscibile come umano, perché avremo raggiunto una base di sviluppo tale da permettere ai geni che determinano il progetto proprio della nostra specie, di attivarsi e iniziare ad influenzare l'embriogenesi.
Già a 8 settimane sono distinguibili dei caratteri umanoidi, seppur molto basilari, nella sua anatomia (per dirti quanto siano basilari, nella futura mano non sono ancora riconoscibili le dita).



Poi,si parla di "vita umana" ma non ancora di persona,ovviamente,in ambito scientifico,giusto?



"Vita umana" è un po' troppo generico a fini scientifici. E' un termine buono per l'etica, ma in embriologia le definizioni devono essere funzionali allo scopo di descrivere l'oggetto. "Persona" poi in questo contesto è un termine che non ha proprio ragione d'essere.
Il prodotto del concepimento si chiama zigote/morula/blastula/blastocisti prima dell'impianto, embrione dopo l'impianto, feto dal termine dell'ottava settimana fino al completamento della gravidanza. Non ci sono altri termini universali.

pcerini
00giovedì 15 novembre 2007 14:24
Mi sa che il termine "vita umana" e' abusato in embriologia,vero?
Rainboy
00giovedì 15 novembre 2007 17:31
Dipende, dove l'hai sentito?
pcerini
00giovedì 15 novembre 2007 17:59
Ho trovato un link dove per esempio sembra che il concetto di "vita umana" preceda quello di "persona" e che entrambi i concetti siano differenti.
In tale link si parla anche di totipotenzialita' e c'e' anche un parere di Norberto Bobbio.
Non ho idea di come trattare questi argomenti,in quanto dovrei avere la preparazione necessaria per valutare se gli argomenti esposti siano corretti o errati.

---> www.liceomonti.it/idirittidelledonne/solaro/FLOPPYGIALLO/ABORTO/5_ARGOMENTI%20FILOSOFICI%20E%20ETICI/1_AB_FIL...
Rainboy
00giovedì 15 novembre 2007 19:14
Mi sembra molto approssimativo. Omette le più recenti scoperte e dà una descrizione molto discutibile di vari eventi chiave dell'embriogenesi. Sembra anche contenere alcuni errori grossolani sotto il profilo scientifico, non saprei dire se volontari o dettati dal mero tentativo di semplificare la questione per chi è privo di un determinato background.
A prescindere dalle considerazioni ideologiche, non è certo il testo che farei leggere a un mio amico per dargli una panoramica del problema. Figuriamoci poi per spiegargli le argomentazioni di chi ha una visione come la mia.

pcerini
00giovedì 22 novembre 2007 11:27
Secondo alcuni,parlando di embrione dell'essere umano,non si parla quindi di qualcosa che si 'puo'' trasformare in essere umano ma di qualcosa che lo e' gia' e che diventerà un adulto senza alternative.


Ovviamente,questa opinione lascia il tempo che trova,tu,Rai,come valuti questa opinione che secondo me e' appunto solo opinione e non certezza scientifica dimostrata?
Rainboy
00giovedì 22 novembre 2007 14:21
Ma sai, non c'è molto da valutare, è una sciocchezza da qualsiasi angolazione la si osservi. "Diventerà adulto senza alternative" si può interpretare correttamente soltanto se pensiamo che il prodotto di una fecondazione o diventa adulto, o muore. Sappiamo con certezza che è molto più probabile la seconda opzione.

L'embrione, ovvero la blastocisti già impiantata in utero, ha una probabilità statistica del 15% di morire durante il periodo embrionale per motivi legati alla sua inadeguatezza genetica a sopravvivere (in pratica, vengono fuori in questa fase tutti i pasticci e i danni che potevano essere accaduti durante la gametogenesi e la fecondazione).
Naturalmente parliamo di embrioni, non di pre-embrioni. Le probabilità che la blastocisti arrivi ad impiantarsi in utero e diventi embrione (7° giorno) sono molto basse, non superano il 20%, ovvero 1 su 5. In tutti gli altri casi non c'è sopravvivenza. In questa prima fase tra l'altro parlare di aborto è soltanto una convenzione, visto che in realtà il corpo della madre non si era mai reso conto di essere gravido. La gravidanza in senso fisiologico inizia al settimo giorno dalla fecondazione.

pcerini
00giovedì 15 maggio 2008 10:58
Che ne pensi del farmaco anti-tumorale NAMI-A? Ho trovato questo documento ---> www.callerio.org/projects/FonTS00.doc , al farmaco sono risalito grazie agli studi della dottoressa Bruna Tadolini.

Su quel documento non ci ho capito un'acca, ma secondo te questi nuovi farmaci anti-tumorali potranno agire a livello genetico?


Un caro saluto

Paolo
Rainboy
00giovedì 15 maggio 2008 17:37
Ciao Paolo.

Dunque, ho letto l'articolo. Per carità, interessante, ma mi ha colpito la sua genericità: non solo non sembra chiaro agli sperimentatori il modo esatto in cui il farmaco agisca a livello chimico, ma anche le ipotesi sul funzionamento generale restano ad uno stadio ancora molto incompleto e speculativo; tra l'altro hanno osservato eventi inconsueti come la reazione chemiotattica del sistema immunitario a questo principio chimico, e non hanno provato a spiegarla né hanno cercato di raccogliere dati significativi in merito.
Non è che queste cose siano reato, anzi, se uno non sa il perché di determinati eventi e non può o non desidera ricercarlo, è legittimo che si limiti ad esporli e poi rimanga in dignitoso silenzio... ma un articolo di solito viene steso apposta per esporre le conclusioni del team in merito a tutti gli aspetti della ricerca che hanno compiuto, e quindi mostrare le prove che hanno raccolto a sostegno; qui non mancano solo ultime, ma anche gran parte delle prime.
Il che mi fa pensare che questa pubblicazione sia poco più che uno "spot" per stimolare l'interesse verso il farmaco e attirare fondi, o qualcosa di simile.
Io di certo non ho la più pallida idea di come possa funzionare questa molecola medicinale, che per forma, elementi chimici e valenze sembra a dir poco insolita.

Per la tua domanda conclusiva, che introduce un argomento interessante, ti devo chiedere un chiarimento: tu che cosa intendi esattamente per un farmaco che "agisca a livello genetico"?
pcerini
00giovedì 15 maggio 2008 17:54
Re:
Rainboy, 15/05/2008 17.37:

Ciao Paolo.

Dunque, ho letto l'articolo. Per carità, interessante, ma mi ha colpito la sua genericità: non solo non sembra chiaro agli sperimentatori il modo esatto in cui il farmaco agisca a livello chimico, ma anche le ipotesi sul funzionamento generale restano ad uno stadio ancora molto incompleto e speculativo; tra l'altro hanno osservato eventi inconsueti come la reazione chemiotattica del sistema immunitario a questo principio chimico, e non hanno provato a spiegarla né hanno cercato di raccogliere dati significativi in merito.
Non è che queste cose siano reato, anzi, se uno non sa il perché di determinati eventi e non può o non desidera ricercarlo, è legittimo che si limiti ad esporli e poi rimanga in dignitoso silenzio... ma un articolo di solito viene steso apposta per esporre le conclusioni del team in merito a tutti gli aspetti della ricerca che hanno compiuto, e quindi mostrare le prove che hanno raccolto a sostegno; qui non mancano solo ultime, ma anche gran parte delle prime.
Il che mi fa pensare che questa pubblicazione sia poco più che uno "spot" per stimolare l'interesse verso il farmaco e attirare fondi, o qualcosa di simile.
Io di certo non ho la più pallida idea di come possa funzionare questa molecola medicinale, che per forma, elementi chimici e valenze sembra a dir poco insolita.

Per la tua domanda conclusiva, che introduce un argomento interessante, ti devo chiedere un chiarimento: tu che cosa intendi esattamente per un farmaco che "agisca a livello genetico"?




Ti sono grato per la tua disponibilita',in merito alla tua richiesta di chiarimento,intendevo dire un tipo di farmaco che abbia come effetto delle inibizioni permanenti se non addirittura delle modifiche permanenti genetiche scatenate magari da una qualche reazione chimica,in grado di correggere errori che sono alla base per esempio dei tumori.

Ritengo che tu abbia ragione a sospettare della natura "spottistica" del documento, pero', a quanto pare, hanno cominciato a muoversi nel senso delle ricerche atte a produrre farmaci che agiscono a livello genetico,vero? Potrebbe essere un buon segnale,o credi che anche queste ricerche verranno irrimediabilmente monopolizzate dai grandi interessi?

Un abbraccio

Rainboy
00giovedì 15 maggio 2008 19:42

Ti sono grato per la tua disponibilita',in merito alla tua richiesta di chiarimento,intendevo dire un tipo di farmaco che abbia come effetto delle inibizioni permanenti se non addirittura delle modifiche permanenti genetiche scatenate magari da una qualche reazione chimica,in grado di correggere errori che sono alla base per esempio dei tumori.



Ad oggi, nessun farmaco in nostro possesso è in grado di modificare la reale struttura del DNA di un individuo umano. Non in modo terapeutico, intendo! Perché a fare modifiche a casaccio siamo bravi tutti, gli agenti mutageni li abbiamo eccome. Il problema è che non possiamo scegliere un punto a piacimento e modificarlo come ci pare... semplicemente, non ne siamo capaci.
Si sono sviluppate tecnologie che lavorano su questo ambiziosissimo obiettivo, è la cosiddetta "terapia genica", che si serve di vettori virali transgenici (in sostanza, delle versioni molto modificate di virus) e di alcuni complessi enzimi per "iniettare" materiale genetico utile nelle cellule bersaglio e indurle ad accettarlo.
Ma i nostri limiti tecnologici e scientifici sono ancora tali da rendere marginali i campi di applicazione. Si è visto che i risultati non valgono davvero la candela, perlomeno con le tecniche attuali; l'unica malattia che si è riusciti a curare in modo significativamente efficace, è la SCID.

Anche questo farmaco che hai portato alla mia attenzione, come molti altri farmaci moderni, cerca di risalire il più possibile alla fonte, modificando (se quello che c'è scritto ha un fondamento reale, s'intende) i fattori trascrizionali che decidono quando e quanto dovrà essere trascritta una serie di geni tumorali. In altre parole, interagisce con i prodotti proteici di alcuni geni per modulare, tramite questa interazione, l'azione che poi quei prodotti avranno sull'espressione di altri geni.
La teoria alla base è semplice: tenendo presente che le modifiche subite dal genoma della cellula tumorale sono "strategiche" ma fisicamente molto piccole, e coinvolgono di solito una manciata di geni chiave, da tempo si spera di riuscire a correggere in modo artificiale queste disfunzioni che causano il comportamento tumorale della cellula, usando composti chimici che siano capaci di "mimare" l'azione correttiva di quei fattori di controllo, adesso disattivi nella cellula, che erano destinati a controbilanciare i fattori di crescita neoplastica; insomma, si vorrebbe sostituire ad interim per via farmacologica quei "blocchi di sicurezza" che ora nel tumore sono stati disattivati.
Tutte le cellule umane sono equipaggiate con dei dispositivi di autocontrollo e di autodistruzione molto sofisticati; a una cellula normale può capitare di compiere errori che risultano poi in un danno genetico potenzialmente cancerogeno, ma se tutto funziona bene, la cellula è equipaggiata per identificare l'errore, cercare di correggerlo e, se entro un certo limite di tempo non ci riesce, effettuare l'apoptosi (il suicidio cellulare programmato).
Inoltre anche il corpo, o per meglio dire il tessuto a cui la cellula danneggiata appartiene, è in grado di fare un'autodiagnosi collettiva e di ordinare il suicidio di quelle parti che dovessero risultare sospette.
Le cellule tumorali hanno pervertito o disattivato queste funzioni, cosicché il nostro corpo ne perde il controllo demografico. Questo farmaco si inserisce nella categoria degli inibitori della crescita tumorale, farmaci che cercano di ripristinare almeno parzialmente le catene di comando di quei sistemi di controllo demografico che erano stati bloccate nelle cellule neoplastiche; e a sentire i ricercatori, sembrerebbe promettente.
Comunque per definizione esso non può agire cambiando fisicamente il contenuto informativo del DNA, al limite nel caso della più stretta fra le interazioni, potrebbe interagire direttamente con le molecole proteiche che lo legano e ne stimolano la trascrizione (ma che a loro volta non modificano il contenuto informativo il DNA).

Quindi più che farmaco ad "azione genetica", che è una definizione po' facile a fraintendimenti, sarebbe meglio dire farmaco "inibitore della crescita tumorale" o qualcosa di simile. Non è che tu abbia detto qualcosa di sbagliato, però... fidati, è pericoloso usare termini come "genetico", di questi tempi: non sai mai dall'altra parte chi ti ascolta, cosa sa (o cosa crede di sapere) sul DNA. E spesso ti capitano delle brutte sorprese [SM=x789055]

Ricambio il tuo abbraccio! [SM=x789060]
pcerini
00giovedì 15 maggio 2008 20:20
Mamma mia,per me questa e' fantascienza,ma sono riuscito a capire benissimo il concetto dei fattori trascrizionali e dei prodotti proteici,devo dire che tutto cio' e' incredibilmente affascinante,il viaggio nella scienza e' un viaggio ai limiti dell'immaginario umano.

Un caro saluto

Paolo
=omegabible=
00giovedì 15 maggio 2008 20:40
RE

Non ho parole!!!! Sono strabiliato!!!! Mi immagino fra 100 anni il progresso scientifico a che livello sarà?????

omega [SM=g27811]
pcerini
00domenica 17 agosto 2008 03:49
Rimetto in evidenza questo bel thread.

[SM=g27811]

pcerini
00lunedì 2 febbraio 2009 11:39
Carissimo,mi e' capitato di scovare un sito medico che affermerebbe di poter curare con le staminali adulte.

---> www.xcell-center.it/index-2.html

Qual'e' il tuo parere?

pcerini
00mercoledì 18 febbraio 2009 10:48
La NED e' la stessa tecnica usata con Eluana?

---> w3.uniroma1.it/step/nad/ned/index.html


Rainboy
00mercoledì 18 febbraio 2009 13:14

La NED e' la stessa tecnica usata con Eluana?




Da quanto leggo, è un concetto di alimentazione artificiale più ampio; l'alimentazione tramite sondino nasogastrico è solo un approccio fra quelli considerati lì.
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