1. Se una donna e' portatrice di un gene che causa una malattia o difetto mentre il proprio marito quel gene ce lo ha sano nel processo di
selezione genetica durante la fecondazione verrà scelto il gene sano? E? come se la cellula sapesse che tale gene e' malato compensandolo con un
gene migliore durante la riproduzione oppure no?. Lla cellula come fa a spere che quel gene e' malato scegliendo quello buono ? (selezione
genetica)
Sarebbe bello se fosse così, vero? Purtroppo la genetica è molto più arzigogolata...
Nella maggior parte dei casi, una cellula tende ad esprimere tutti i suoi alleli. Anche quelli recessivi.
Solo che l'effetto di quelli recessivi viene "coperto" da quelli dominanti a livello macroscopico.
La maggior parte delle malattie genetiche che osserviamo oggi sono recessive, per un motivo molto semplice, legato all'evoluzione: se fossero state su alleli dominanti si sarebbero manifestate SEMPRE a livello di fenotipo nell'individuo, dando quindi a lui e i suoi discendenti uno svantaggio competitivo molto forte. Non possiamo sapere quante sindromi di questo genere siano comparse nella storia umana, ma di sicuro è logico pensare che si sarebbero conservate meno di quanto avrebbero fatto sindromi basate su alleli recessivi. Può sembrare paradossale a dirsi ma una malattia per conservarsi nel pool genetico ha "convenienza" ad essere il meno grave possibile... ad esempio transitando il più possibile all'interno di individui portatori ma fenotipicamente sani (eterozigoti) che la portino con sé generazione dopo generazione, senza sapere di essere "malati" a livello genetico.
Malattie che manchino di questa "marcia in più" sono sottoposte alla selezione naturale in modo molto più pesante e quindi tendono più facilmente a scomparire.
Quando al giorno d'oggi riscontriamo che una malattia è su alleli dominanti e che quindi fa mostra di portatori sempre malati, in genere i casi sono due: o i portatori sono sopravvissuti fino a noi perché la malattia non era molto grave, oppure perché la malattia, per quanto grave, aveva un motivo particolare per esistere. Due casi classici di malattie non recessive che rispondono a questa seconda categoria sono:
1) La Corea di Huntington.
2) L'anemia falciforme.
La prima ha una "strategia" molto semplice: è dominante, e porta sempre alla morte dell'individuo, ma si manifesta soltanto dopo i 40 anni, quindi DOPO che l'individuo si è riprodotto e l'ha trasmessa ai figli. In questo modo il testimone viene passato e la malattia passa alla generazione successiva.
La seconda invece non è una malattia ascrivibile alle regole mendeliane semplici, in quanto sull'individuo ha un'azione di dominanza incompleta: un malato eterozigote (Aa) è malato, ma in forma meno grave di un malato omozigote (aa). Un eterozigote di solito ha una vita media di 40-50 anni (in assenza di cure mediche avanzate); un omozigote invece di solito muore ancora bambino.
Questa malattia prospera soprattutto nel Terzo Mondo perché, pur essendo così letale nella forma omozigote, garantisce una protezione intrinseca contro il plasmodio della malaria, che in Africa sub-sahariana è la prima causa di morte naturale (miete milioni di morti l'anno). Come risultato la selezione naturale favorisce i portatori eterozigoti della malattia, che hanno un vantaggio riproduttivo non solo sui malati omozigoti (aa), ma perfino sui sani (AA).
In definitiva siccome anche questa malattia, nella sua forma eterozigote (Aa) porta a morire in età post-riproduttiva, la sua continuità nelle generazioni viene garantita dal "fortuito" bisogno che ha la popolazione africana di protezione dalla malaria.
2. Nelle teoria evolutiva la maggior parte di mutazioni studiate non sono considerate intelligenti ma causali ma nell'ambito della
distribuzione di cert caratter in una popolazione c'entra qualcosa la curva gaussiana?
Non sono sicuro di capire la domanda. Puoi riformularla in modo più esteso?
3. La memoria genetica ha piu' a che fare con i meccanismi di replicazione e di regolazione biochimica,quelli di adattamento a circostanza
improvvise o mutate non si basano su protocolli di interazione biochimico gia' previsti nel proprio corredo tant'e' vero che se cosi fosse la specie
umana per esempio avrebbe gia' trovato in tempi rapidi per cosi' dire una risposta per adattarsi alle mutazioni ambientali molto importanti,e'
corretto quello che dico?
Se si',e' forse perchè cambiamenti non significativi non ce ne sono e se ce ne fossero non sara' magari per cause estranee alla selezione naturale?
Anche questa domanda non mi è molto chiara. "Memoria genetica" è un termine molto abusato, perlopiù dai media e dalla fantascienza. Ad oggi il genoma in sé risulta non avere alcuna forma di "memoria" (se con essa intendiamo la capacità di apprendere e conservare in linea generazionale informazioni specifiche), sebbene ci siano ricerche interessantissime sulle capacità di alcuni organismi molto semplici di stivare informazioni su "come usare i geni" all'interno di supporti non genetici, come le proteine istoniche e le metilazioni delle basi azotate. Potremmo rozzamente ribattezzare queste attività con il nome collettivo di "memoria epigenetica"; per ora non esistono evidenze a favore di analoghi procedimenti nell'uomo, solo alcuni indizi degni di attenzione.
Il nostro patrimonio genetico è comunque un contenuto capace di esprimersi in modo molto dinamico. L'homo sapiens è una specie molto complessa, non può essere paragonata a un batterio parassita; le informazioni delle cellule eucarioti come le nostre sembrano codificare per qualcosa di molto più simile a un programma interattivo che non a una serie di stringhe di istruzioni; pertanto la nostra capacità di adattamento a livello fisiologico può essere concepita come il risultato di una serie di interazioni adattative.
4. Due gruppi di scimape',se uno apprende un determinato comportamento anche l'altro,quando entrano in contatto l'uno con l'altro,apprende il
medesimo comportamento pur essendo vissuto in un differente contesto ambientale,come mai? Entrano in gioco questioni genetiche?
Che io sappia, no.