Ancora sull’eutanasia

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Mata Hari
00martedì 2 ottobre 2007 22:31


Lettera di Francesca Ribeiro per don Luigi Lorenzetti e pervenuta a ultimissime

Gentile don Luigi, non si preoccupi del ritardo. Lei ha una maniera di dialogare davvero singolare. Per sostenere la sua tesi si serve delle mie argomentazioni, e se ne serve in maniera sbagliata.

Vediamo un po’. Afferma che «Procurare la morte a un essere umano che ha davanti a sé una vita fisica e psichica insopportabile e che vuole morire (oppure si è certissimi vorrebbe morire)», è contro la volontà di Dio ed è un male.
E come argomento laico e religioso a sostegno porta il mio: rispetto della persona. Però aggiunge: “Rispettare la persona significa trovare efffettivamente e concretamente una risposta di vita anche se l’interessato chiede una risposta di morte”.
E questo significato chi lo ha stabilito? Secondo lei allungare la vita di un neonato portatore di gravissime anomalie, di una settimana o anche di un giorno, sarebbe una risposta di vita? Non lo è per moltissimi laici, e non lo è soprattutto per un credente, giacché mediante l’eutanasia al neonato viene data con un po’ di anticipo la vita vera, vale a dire quella eterna. E chi le dice che andare contro la volontà di un malato che soffre, fargli in qualche modo violenza, significhi rispetto della persona? E che cosa le fa credere che Dio voglia che una sua creatura viva sino a che la morte (non Dio, perdio!) non si decida a porre termine alle sue sofferenze? Non significa forse offendere Dio?

Come argomenti religiosi ugualmente porta i miei; vale a dire: “Quanto dunque desiderate che gli uomini vi facciano, fatelo anche voi ad essi. Questa infatti è la Legge e i Profeti” (Mt 7, 12). “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi” (Gv 15, 12); però aggiunge: “questi conducono a una soluzione opposta a quella che intende provare”.
E perché?
Che cosa le fa credere che andare contro la volontà di una persona, costringerla in qualche modo a vivere soffrendo, significhi amarla? E se io desidero che in casi particolarmente gravi mi sia praticata l’eutanasia, perché non dovrei praticare l’eutanasia a chi lo desidera?

Vede, gentile professore, gli argomenti religiosi da me portati, a sostegno dell’eutanasia, sono in perfetta armonia col concetto di un Dio padre misericordioso; portati da lei contro l’eutanasia, contrastano con questo concetto. Capisce la differenza? E’ contraddittorio concepire un Dio che ama le sue creature, e allo stesso tempo non desideri che una sua creatura soffra qualche giorno, o qualche settimana, o qualche mese, di meno.

Parlare in genere della vita, ed affermare che è un bene prezioso, può avere senso; parlare della vita del mio gentile interlocutore, anche può avere senso; ma parlare ad esempio della vita di un paio di settimane, o di qualche giorno, o di qualche ora, di un neonato portatore di malattia terribile ed incurabile, non ha davvero alcun senso. Anzi: è un non senso. Ce lo ricorda Giovanni Paolo II, nella Evangelium vitae (n.7), quando afferma che la morte è entrata nel mondo, gettando “l’ombra del non senso sull’intera esistenza dell’uomo”. La vita, in certe circostanze, può diventare un non senso. Rimediare a questo “non senso” per amore e solo per amore, non può andare contro la volontà di Dio, semplicemente perché il “non senso” non è voluto da Dio.



www.uaar.it/news/
Rainboy
00mercoledì 3 ottobre 2007 04:18
Io parlo del mio dio, tu del tuo, lui del suo. Andando avanti così non si otterrà niente. Le divinità di cui parlano i don e i professori in civilissimi dibattiti come questi, sono soltanto l'esteriorizzazione del proprio concetto di morale, arricchita di tante belle citazioni sacre che significano tutto e il contrario di tutto.

Il segreto è semplicemente dare più valore alla vita in questo mondo che a quella nel prossimo.
Chi conosce le ingiustizie della vita e non è stato educato masochisticamente a GODERNE in prospettiva di una non meglio precisata vita eterna, ha più possibilità di raggiungere un punto di vista illuminato sulla questione. A prescindere dalle sue convinzioni personali.
Chi invece manca di uno di quei due requisiti, spesso manca anche dell'umiltà necessaria a stare zitto in materia. D'altronde, gli sciocchi non sarebbero così sciocchi se sapessero di esserlo...
pcerini
00mercoledì 3 ottobre 2007 10:22
Quoto in pieno il post di Rain.

Poi,se uno non ha prove o certezze matematiche di cosa vi sia dopo la morte,ma chi glielo fa fare ad accettare sofferenze oltre il dovuto?

Mi pare sensato rifiutare imposizioni di altri che si basano su "ipotesi" e non su certezze matematiche,percio',e' meglio che si decida autonomamente piuttosto che menare per il can per l'aia divina!

Se si insegnassero alle future generazioni di dare piu' valore a questa vita senza peraltro impedire che si abbiano delle proprie convinzioni e senza che si abbia la presunzione di imporle agli altri,sono sicuro che su questo "zozzo monno" le cose migliorerebbero nel giro di pochi decenni.

Le religioni sono proprio un cappio quando esulano dal messaggio diretto al cuore dell'uomo,alla valorizzazione della vita umana e a realizzare il bene umano piuttosto che il suo "dolore"!



Paolo
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