Lettera di Francesca Ribeiro per don Luigi Lorenzetti e pervenuta a ultimissime
Gentile don Luigi, non si preoccupi del ritardo. Lei ha una maniera di dialogare davvero singolare. Per sostenere la sua tesi si serve delle mie argomentazioni, e se ne serve in maniera sbagliata.
Vediamo un po’. Afferma che «Procurare la morte a un essere umano che ha davanti a sé una vita fisica e psichica insopportabile e che vuole morire (oppure si è certissimi vorrebbe morire)», è contro la volontà di Dio ed è un male.
E come argomento laico e religioso a sostegno porta il mio: rispetto della persona. Però aggiunge: “Rispettare la persona significa trovare efffettivamente e concretamente una risposta di vita anche se l’interessato chiede una risposta di morte”.
E questo significato chi lo ha stabilito? Secondo lei allungare la vita di un neonato portatore di gravissime anomalie, di una settimana o anche di un giorno, sarebbe una risposta di vita? Non lo è per moltissimi laici, e non lo è soprattutto per un credente, giacché mediante l’eutanasia al neonato viene data con un po’ di anticipo la vita vera, vale a dire quella eterna. E chi le dice che andare contro la volontà di un malato che soffre, fargli in qualche modo violenza, significhi rispetto della persona? E che cosa le fa credere che Dio voglia che una sua creatura viva sino a che la morte (non Dio, perdio!) non si decida a porre termine alle sue sofferenze? Non significa forse offendere Dio?
Come argomenti religiosi ugualmente porta i miei; vale a dire: “Quanto dunque desiderate che gli uomini vi facciano, fatelo anche voi ad essi. Questa infatti è la Legge e i Profeti” (Mt 7, 12). “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi” (Gv 15, 12); però aggiunge: “questi conducono a una soluzione opposta a quella che intende provare”.
E perché?
Che cosa le fa credere che andare contro la volontà di una persona, costringerla in qualche modo a vivere soffrendo, significhi amarla? E se io desidero che in casi particolarmente gravi mi sia praticata l’eutanasia, perché non dovrei praticare l’eutanasia a chi lo desidera?
Vede, gentile professore, gli argomenti religiosi da me portati, a sostegno dell’eutanasia, sono in perfetta armonia col concetto di un Dio padre misericordioso; portati da lei contro l’eutanasia, contrastano con questo concetto. Capisce la differenza? E’ contraddittorio concepire un Dio che ama le sue creature, e allo stesso tempo non desideri che una sua creatura soffra qualche giorno, o qualche settimana, o qualche mese, di meno.
Parlare in genere della vita, ed affermare che è un bene prezioso, può avere senso; parlare della vita del mio gentile interlocutore, anche può avere senso; ma parlare ad esempio della vita di un paio di settimane, o di qualche giorno, o di qualche ora, di un neonato portatore di malattia terribile ed incurabile, non ha davvero alcun senso. Anzi: è un non senso. Ce lo ricorda Giovanni Paolo II, nella Evangelium vitae (n.7), quando afferma che la morte è entrata nel mondo, gettando “l’ombra del non senso sull’intera esistenza dell’uomo”. La vita, in certe circostanze, può diventare un non senso. Rimediare a questo “non senso” per amore e solo per amore, non può andare contro la volontà di Dio, semplicemente perché il “non senso” non è voluto da Dio.
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