Genova, "Il mio aborto? Un segreto da 500 euro"
A Rapallo non si parla d’altro. Elisabetta, che gestisce un negozio proprio davanti al «grattacielo» dove aveva lo studio Ermanno Rossi è sconcertata. «Ero una sua paziente e lo ricordo come una persona molto competente, di una precisione quasi maniacale». Anche le otto donne che hanno abortito da lui ne parlano bene e forse qualcuna si è mimetizzata tra la piccola folla che ha seguito il feretro a Zoagli, dove ieri don Federico ha dato l’ultimo saluto a Ermanno Rossi. «Bisogna perdonare - dice il sacerdote - il suo è stato un gesto disperato». Un gesto che ha distrutto una famiglia e avviato un’inchiesta giudiziaria che coinvolge otto donne spaventate. Nel gruppetto delle signore, tutte sui trent’anni, benestanti, ne abbiamo sentita una, Angela. Con una storia triste e banale: un tradimento per distrarsi dalla noia di una routine matrimoniale e la gravidanza inaspettata che lei non voleva assolutamente portare avanti. Da qui l’aborto e il coinvolgimento nell’indagine in corso. Che si è insinuata nella serenità della sua casa dopo una telefonata dei carabinieri. La chiamata è stata presa, per puro caso, da Angela, mentre suo marito ignaro gironzolava in casa. Lei, trentenne del Levante ligure, ha incassato il colpo e poi si è annotata la data dell’udienza in tribunale. In silenzio.
Angela ha pagato caro il suo errore.
«Nessuno immagina quanto. Ho fatto una bravata e sono rimasta incinta. E ora mi ritrovo indagata senza sapere perché».
Non conosceva le regole della legge 194?
«Io sapevo solo che è vietato abortire dopo la dodicesima settimana ma non che fosse un reato penale farlo in una struttura privata. Non mi sono proprio posta il problema, volevo fare in fretta e non pensarci più».
Lei a che punto era?
«Solo alla quinta settimana. Mi sono accorta subito di essere incinta ed ero terrorizzata che mio marito lo scoprisse».
Lui era all’oscuro della sua relazione extraconiugale?
«Sì e siccome ho due figli non volevo compromettere la mia situazione familiare. Sarebbe stata una catastrofe».
Così ha deciso di abortire.
«Senza dubbio. Interrompere una gravidanza non è mai una passeggiata per una donna, ma un figlio dev’essere una scelta consapevole non il frutto di un errore imperdonabile».
Così si è rivolta al suo ginecologo.
«Esatto. Era una persona squisita, molto disponibile e competente. Quando ha confermato il mio stato di gravidanza, mi sono sentita morire».
Perché?
«Avrei dovuto recarmi nell’ospedale di Lavagna, quello di mia competenza. Lì, il reparto per le interruzioni di gravidanza è accanto a quello di ginecologia, un ambiente molto rischioso».
Rischioso?
«Avrei potuto incrociare gente che conoscevo e nel Levante ligure un pettegolezzo gira in fretta».
Così ha chiesto aiuto al dottor Rossi.
«Era il mio ginecologo e dopo avermi visitato mi ha detto che se avessi voluto abortire avrei potuto fare tutto nel suo studio di Rapallo».
Com’è andata?
«Benissimo sotto quel punto di vista. Ero a uno stadio iniziale ed è stato un intervento ambulatoriale molto semplice».
Quanto le è costato?
«Ho speso solo 500 euro, meno di una visita specialistica».
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