I Radicali davanti al Gaslini:«Più medici non obiettori negli ospedali»

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kelly70
00domenica 16 marzo 2008 13:05


Aborti clandestini a Genova: nuovi accertamenti dei Nas, slitta la fine dell’inchiesta
«La Regione deve assumersi la responsabilità di decidere in quali ospedali si fanno aborti e lì garantire una percentuale sufficiente, almeno il 50%, di ginecologi non obiettori per assicurare un minimo di servizio e non ghettizzare chi pratica gli aborti»: è l’attacco di Silvio Viale, ginecologo all’Ospedale Sant’Anna di Torino e primo medico a sperimentare in Italia la pillola abortiva RU486.

Questa mattina Viale, membro del Comitato Nazionale di Radicali Italiani e della direzione nazionale dell’Associazione Luca Coscioni, ha preso parte insieme ad alcuni aderenti al partito al presidio di “risposta radicale a Ferrara e Burlando” organizzato a Genova davanti all’ingresso dell’Ospedale Pediatrico Giannina Gaslini.

Con bandiere e uno striscione, i manifestanti hanno ribadito la necessità di una revisione della legge 194 nella direzione contenuta nella proposta di legge già presentata alla Camera dei Deputati il 26 ottobre 2006. «Da tempo noi diciamo che la 194 non funziona, che c’è una connivenza nel non parlarne dovuta al fatto che le istituzioni hanno posto l’aborto ai margini del sistema sanitario nazionale - continua Viale -. Qui in Liguria l’esempio è lampante: gli ultimi dati nella relazione del ministro sono del 1999 ed è il segnale di come ci sia una scarsa attenzione».

Tra le denunce fatte dal dottor Viale, secondo il quale in Liguria si tratterebbe di garantire 15 aborti al giorno, la scarsa comunicazione e informazione sull’argomento, il fatto che una donna che voglia abortire, nell’iter che va dai consultori alle strutture sanitarie, incontri almeno venti persone sconosciute al quale sottoporre il suo caso, e la facilità di ottenere un aborto semplicemente varcando il confine con la Francia.

«Con cinque o seicento euro, in Francia si può abortire con la RU 486 oppure chirurgicamente e sono molte le donne che lo fanno - conclude il ginecologo -. Per questo occorre non fare cadere l’argomento, affrontarlo senza drammatizzazioni e dargli la stessa dignità di qualunque altro settore della medicina».

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