Il famoso dietrofront della Chiesa spagnola

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Claudio Cava
00domenica 17 settembre 2006 19:55

Vecchiotto, del 2005

LA CHIESA SPAGNOLA RITIRA TUTTO

MADRID - Tanto rumore per nulla. Non c'è stata la svolta della Chiesa spagnola sull'uso del preservativo quale strumento nell'ambito della lotta contro l'Aids. I vescovi iberici mantengono il loro no «a un mezzo che la morale cattolica condanna», come ha detto il vescovo Marchite, segretario del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute. Le parole del portavoce e segretario generale della Conferenza episcopale Martinez Camino, che martedì aveva riconosciuto al preservativo «un suo ruolo nella prevenzione integrale e globale dell'Aids», sono state rettificate con un comunicato arrivato in serata, al termine di una giornata segnata dalla confusione e dalle richieste di chiarimenti che arrivavano alla sede della Conferenza episcopale da tutto il mondo cattolico. Nel comunicato si afferma con chiarezza che «non è cambiata la dottrina della Chiesa riguardo il preservativo».

La Chiesa, continua la nota, sostiene che «l'uso del preservativo implica una condotta sessuale immorale» e che «l'astensione dalle relazioni sessuali indebite e la reciproca fedeltà fra i coniugi costituiscono l'unica condotta sicura di fronte al pericolo dell'Aids». È d'accordo Rocco Buttiglione che a Firenze ha dichiarato che «la fedeltà è la prima risposta all'Aids», aggiungendo: «Senza negare che chi non ha uno stile di vita sano tenti di proteggersi in qualche modo». Una posizione vicina, forse, a quella del portavoce Martinez Camino prima della rettifica.

Al termine di un colloquio con il ministro della sanità Elena Salgado, il portavoce aveva citato un articolo della rivista scientifica Lancet in cui si avalla la tesi dell'astinenza e della fedeltà compatibili con l'uso del preservativo. Si afferma, nella nota dei vescovi, che Martinez Camino si era limitato a «commentare» il programma di prevenzione noto con la sigla inglese Abc (Astinenza, Fedeltà, Preservativo), raccomandato dagli scienziati e adottato dall'amministrazione Bush negli Stati Uniti.

Ferma restando l'opposizione all'uso «immorale» del preservativo, non è vero, si legge nella nota, che la Chiesa si ponga «contro le raccomandazioni scientifiche volte ad impedire il contagio dell'Aids». Si sottolinea invece la collaborazione nella lotta all'Aids promuovendo «l'educazione delle persone a un amore coniugale fedele ed aperto alla vita, cercando di evitare in tal modo le relazioni indebite e promiscue che danno luogo a situazioni di rischio sanitario». L'uso del preservativo non è consigliabile. L'unica cosa davvero consigliabile, secondo i vescovi spagnoli, è «l'esercizio responsabile della sessualità, secondo la norma morale». Il dietrofront della Chiesa spagnola è un secchio di acqua gelata per chi aveva salutato con entusiasmo il cambiamento di posizione. È il caso dell'immunologo italiano Fernando Aiuti, presidente di Anlaids, che aveva salutato con gioia «il grande passo avanti» dei vescovi spagnoli augurandosi la stessa apertura anche in Italia.

Per tutta la giornata di ieri si sono accavallate le richieste di chiarimenti alla Conferenza episcopale, provenienti dal mondo intero. Si voleva sapere se la succinta frase del portavoce era stata davvero pronunciata e se rifletteva veramente il suo pensiero e quello della Chiesa spagnola ritenuta fino a martedì sera una Chiesa conservatrice guidata dal cardinale Antonio Maria Rouco Varela, arcivescovo di Madrid e presidente della Conferenza episcopale, noto per le sua rigida dottrina e per le sue forti opinioni, ha detto ieri in una intervista, «contro il pacchetto di misure annunciate dal governo socialista sul matrimonio e la famiglia. Sono chiaramente contrarie alla visione cattolica».

Il governo Zapatero in questi primi mesi ha suscitato le critiche della Chiesa con le sue iniziative legislative sul matrimonio omosessuale, con annesse adozioni, sul divorzio, facilitato e reso express , sulla ricerca sugli embrioni, sull'insegnamento della religione cattolica nelle scuole. E i vescovi temono altri progetti «laicisti», come li chiamano, sull'aborto e sull'eutanasia .

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