L’ Olanda, il Pontefice e i dissidenti

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Claudio Cava
00mercoledì 13 settembre 2006 20:10

di Nicola Dell'Arciprete

Prima dell’arrivo di Karol Wojtyla la chiesa olandese era largamente considerata come il centro e l’avanguardia delle spinte riformatrici interne al cattolicesimo e le relazioni tra Vaticano e Chiesa olandese erano già pessime quando il Papa polacco salì sul soglio di Pietro.
All’indomani del Concilio, il Vaticano si mostrò particolarmente sensibile alle accuse lanciate dal priore dei frati agostiniani di Eindhoven padre Robert Adolfs, che accusava l’establishment vaticano di trasformare la Chiesa in una struttura destinata a perseguire “ruoli funzionali ad un ordine sociale sostanzialmente legato ad una ideologia non cristiana” ed invitava Paolo VI a lasciare i palazzi vaticani ed a vivere sull’altra sponda del Tevere.

Ma la vera sfida riformatrice al Vaticano fu lanciata alcuni anni dopo dal Cardinale Arcivescovo Alfrink, che insieme a 150 esperti pubblicò un nuovo catechismo portatore di grandi aperture su temi scottanti come omosessualità, aborto, pratiche anticoncezionali, sacerdozio delle donne, il celibato dei preti, divorzio e rapporti con la dottrina calvinista ed il marxismo. Ovviamente già sotto Paolo VI il cardinale Alfrink venne dimissionato, ma non bastò la testa del cardinale progressista per calmare gli animi di una Chiesa olandese incapace di restare forza viva, se stretta tra le posizioni reazionarie del Vaticano ed una società olandese che cambiava radicalmente.

Giovanni Paolo II nel 1980 chiamò a Roma i vescovi olandesi per un Sinodo nel quale ricordare a tutti che quella del Vaticano era e restava l’unica ed incontestabile retta via. Wojtyla impose al nuovo primate d’Olanda il cardinal Simonis, già vescovo di Rotterdam, noto per le sue posizioni fortemente reazionarie ed al suo fianco pose il cardinal Gijsen. Due cardinali con una sola missione: restaurare l’ortodossia romana ormai palesemente smarrita. Date le premesse il viaggio di Giovanni Paolo II in Olanda del 1985 non poteva che trasformarsi in una totale debacle. A Den Bosch le strade rimasero deserte, a Utrecht dovette intervenire la polizia per tenere a bada i manifestanti. E - al di là delle contestazioni da sinistra - fu preoccupante l’incontro con la comunità dei cattolici dei Paesi Bassi che chiedeva piena accoglienza nella Chiesa per conviventi, divorziati, omosessuali, preti sposati e donne.

E le cose non vanno certo meglio nei rapporti tra gerarchie vaticane e potere politico olandese, in un paese che ha già approvato leggi sull’eutanasia, sulla legalizzazione della prostituzione e sul matrimonio tra persone dello stesso sesso.
Ventisette anni di Giovanni Paolo II e di stretta conservatrice sui temi della sessualità e della morale hanno drasticamente ridotto l’importanza e ed il peso della Chiesa cattolica nella società olandese. Oggi non sono pochi i cattolici olandesi che piangono il pontefice defunto. Ma saranno in pochi a rendergli omaggio a San Pietro. In Olanda tutti vogliono celebrare il funerale del diktat Vaticano e sperano di poter tornare a parlare liberamente - dentro la Chiesa - del loro modo tutto olandese di vivere la fede.


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