L'aldilà secondo il neurochirurgo in coma: niente di nuovo nelle schiere celesti

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kelly70
00martedì 16 ottobre 2012 15:05
Eben Alexander, per sette giorni sospeso tra la vita e la morte, afferma di aver sperimentato "il paradiso". Un onore un tempo riservato ai defunti
La storia del neurochirurgo statunitense Eben Alexander sembra costruita ad hoc per un film cattostrappalacrime del medesimo filone delle apparizioni mariane, ma con una decisa virata al più attuale mondo new age. E invece è vera: o almeno così afferma lo stesso Alexander, ritornato alla vita dopo una settimana di coma con tanta voglia di raccontare quello che ha visto in quei giorni. Da scettico accademico di Harvard qual è, o meglio qual era, Alexander ha sempre brutalizzato - filosoficamente, s'intende - i racconti dei suoi pazienti, convinti di aver avuto quelle esperienze extracorporee note con l'acronimo di Nde, Near Death Experience: un avvicinamento ai foschi reami dell'aldilà insomma. Cose che farebbero scuotere la testa a qualsiasi neurochirurgo, Alexander compreso. Almeno fino a quando, nel 2008, il medico si sveglia con un apocalittico mal di testa, causato da una fulminante meningite batterica. Ricoverato d'urgenza in uno degli ospedali dove aveva lavorato, Alexander entra in un coma dal quale esce solo sette giorni dopo. Profondamente mutato. E racconta quello che ha visto mentre i dottori intorno a lui registravano la totale inattività della sua neocorteccia, ossia quella corposa parte del cervello - circa il 90 per cento - dove si pensa risiedano le funzioni di apprendimento, linguaggio e memoria. E qui non manca l'ingrediente "incredulo punito": lo scettico professore è smentito dai fatti. O meglio: dalle visioni (che manco a dirlo racconta in un libro in uscita a fine ottobre. Ma questa è ben altra faccenda).

Cos'ha visto Alexander? Chi si aspetta qualcosa di straordinario è sulla cattiva strada. Alexander ha visto quello che immaginano e forse anche vedono mistici, scrittori, poeti e profeti di tutto l'orbe terracqueo da millenni a questa parte: una bella ragazza bionda con gli occhi azzurri che lo guida nell'aldilà, un giardino meraviglioso pieno di farfalle variopinte, una schiera di creature soprannaturali che intonano sublimi canti, una sinestesia di percezioni da fare invidia a Baudelaire. Ma con un salto nell'attualità e nelle tematiche della società contemporanea.
Il mondo dell'aldilà, afferma Alexander che al suo universo ha affibbiato il fantasioso nome di "paradiso", gli è sembrato «un gigantesco utero cosmico». E in definitiva, asserisce convinto il neurochirurgo, «ciò che mi è capitato è reale quanto e più dei fatti più importanti della mia vita, come il mio matrimonio o la nascita dei miei due figli». Ecco l'altro ingrediente fondamentale: la solita storia di uteri e famiglie, l'antico accostamento, che forse un neurochirurgo non coglie altrettanto bene di uno psicoterapeuta, tra ciò che interessa ad Alexander e ciò che egli crede di vedere, proiettando la sua personale sacralizzazione del grembo materno in una dimensione assoluta. Con buona pace di Freud che sull'argomento onirico ha scritto, si spera non invano, un volumone di casi e relative possibili interpretazioni, Alexander non aggiunge niente al repertorio. Specie a quello dei visionari cattolici. Mai che un veggente, ad esempio, esperisca un aldilà nel quale un Dio finalmente benevolo sorrida all'autodeterminazione, alle nozze per tutti, alla sofferenza di chi deve abortire. Già: perché peccatrici e peccatori semmai sono all'inferno. Che cosa invece ci faccia un uomo vivo, in coma, in paradiso, questa è invece una questione che lo scaltro Alexander sorvola. D'altra parte è cosa nota: nessun feuilleton che si rispetti fa vanto di coerenza.

Belinda Malaspina

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