L'eutanasia

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lupetta821
00martedì 26 settembre 2006 16:29
Non capisco perchè la chiesa sia contro l'eutanasia. Innanzi tutto la morte per i cattolici dovrebbe essere un momento magnifico, ci si incontra con il signore, si avrà la giustizia meritata, noi anticlericali all'infermo e i cattolici in paradiso, incontreremo i nostri cari..I macchinari tipo i respiratori e simili che tengono in vita ARTIFICIALMENTE una persona non fanno il volere di dio.se il signore vuole in cielo quella persona è giusto non infierire e lasciarla morire.
@Ljuba@
00martedì 26 settembre 2006 16:48
Ciao lupetta [SM=g27817]

in parole povere..., molto povere

se per eutanasia, si intende la morte provocata, mediante l'iniezione di una sostanza, è omicidio.

Non stiamo a guardare la motivazione, intendo l'atto in sè , ossia provocare la morte.(sulla motivazione non mi pronuncio, mi fa troppo male parlarne,scusa [SM=g27819] )

Se invece si sospende una terapia perfettamente inutile, e ci si accanisce a curare una patologia , allungando così la vita di un mese, è meglio sospendere tale terapia.

Tutto qua.

Piccolo tocco personale.

Ho conosciuto persone che hanno sperimentato varie vie...e sono riuscite a combattere il dolore, ma questo i medici non lo dicono.
[SM=g27826]
(Upuaut)
00venerdì 17 novembre 2006 21:24
IL DIRITTO DI MORIRE
"L'eutanasia non può che essere il diritto di morire, il quale, come tutti i diritti della persona, fa capo unicamente al soggetto. È di questo diritto che voglio parlare, è questo diritto che voglio difendere, il diritto cioè di ogni uomo all'autodeterminazione: il diritto alla libertà." Con queste parole Umberto Veronesi, oncologo e scienziato conosciuto in tutto il mondo, esprime il suo pensiero intorno all'eutanasia, al "diritto di morire", cioè, senza sofferenza quando è in atto una malattia incurabile e irreversibile. Naturalmente l'eutanasia dev'essere sempre e soltanto una richiesta di eutanasia, dev'essere la persona stessa, cioè, ad averla decisa quale estremo esercizio di un diritto alla libertà che consiste nel poter fare tutto ciò che non nuoce agli altri. Veronesi affronta con grande rispetto ma senza falsi pudori un tema spinoso, sul quale la società, in cui le tecniche di terapia intensiva possono prolungare la vita vegetativa per un tempo indefinito, è chiamata a confrontarsi. Spiega perché "curare" i pazienti talvolta diventa un modo per non "prendersi cura" di loro, e racconta come sempre più spesso il malato terminale, considerato una "vergogna" da nascondere, sia relegato in un letto d'ospedale e affidato a estranei per i quali in fondo è soltanto un caso di routine. Chiarisce perché è ipocrita distinguere fra eutanasia attiva e passiva e per quale motivo è urgente giungere a una normativa che anche in Italia dia valore giuridico al cosiddetto testamento biologico. Delinea la posizione intorno a questo tema dei vari Stati europei, dove, con l'eccezione di Olanda e Belgio, l'eutanasia è equiparata all'omicidio. Illustra infine il problema della difficoltà di accedere alle cure palliative nel nostro paese, dove esistono ostacoli legislativi all'uso farmacologico degli oppiacei. E pone una questione etica: è lecito impedire a un individuo di disporre della propria vita, anche quando è diventata invivibile?
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