La formazione del pensiero religioso

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kelly70
00lunedì 28 marzo 2011 22:33

Uomini primitiviVi sono molti storici, archeologi e antropologi che sostengono che la religione sia sorta come un riflesso fantastico della debolezza e sottomissione dell' uomo nei confronti della natura, un riflesso maturato in un cervello relativamente sviluppato. I primi riti religiosi sarebbero basati sul culto delle forze naturali e animali, soprattutto in rapporto alla caccia, quale fonte principale di sussistenza. Gli uomini avrebbero cercato di divinizzare gli oggetti o i fenomeni naturali più temuti per volgerli a loro favore. Tracce evidenti di rituale religioso si trovano nelle sepolture del paleolitico superiore (40.000-18.000 anni fa) e forse anche nell'epoca dell'uomo di Neanderthal (40-50.000 anni fa).

Secondo questi studiosi, il processo, in un certo qual modo, è stato naturale. Esso presupponeva uno sviluppo non indifferente delle capacità intellettuali dell' uomo, non avendo gli animali, come noto, alcuna religione. In tal senso se è esistito un lungo periodo "areligioso" (forse un milione di anni) è stato anche perché l' uomo primitivo (pitecantropo, sinantropo ecc.) non possedeva ancora determinate facoltà di astrazione, pur essendo indubbiamente capace di vita collettiva e di manipolazione strumentale. 
Io penso che questo modo di vedere le cose sia un po' riduttivo. Il fatto che l'uomo ad un certo punto abbia cominciato a inventarsi letteralmente delle motivazioni irreali per giustificare il suo stato di soggezione nei confronti della natura, andrebbe considerato non solo come un segno del suo sviluppo intellettuale, ma anche come un elemento che dovrebbe indurci a riflettere sulla natura sociale e organizzativa del comunismo primitivo. La nascita della religione deve aver trovato infatti un terreno fertile nella crisi del comunismo primitivo come organizzazione sociale.

Pecca di superficialità la tesi secondo cui la nascita della religione (quale pensiero astratto) rientra in quel processo evolutivo naturale che ha fatto uscire l' uomo dal suo stadio animalesco. In realtà la religione non solo riflette rapporti sociali alienati, ma anche un limite all'espressione del pensiero astratto, in quanto lo priva di riferimenti alla realtà. L'uomo primitivo infatti possedeva capacità di astrazione che applicava a espressioni di tipo artistico, che di religioso non avevano nulla.

La stessa pretesa di voler attribuire alle sepolture una funzione religiosa è alquanto discutibile. Un bambino che rompe un giocattolo in modo irrimediabile non lo butta del bidone dell'immondizia, ma lo ripone, in genere, nella cesta dei giocattoli inutilizzabili, che si trova e resterà sempre all'interno della sua stanza, almeno fino a quando non vorrà disfarsene consapevolmente. In particolare, il giocattolo verrà risposto "così com'è" (p.es. una bambola coi suoi vestiti). E' raro vedere un bambino piccolo staccare qualche pezzo dal giocattolo rotto per utilizzarlo con un altro giocattolo (fa questo solo quando il suo cervello è relativamente sviluppato). La rottura impone la "morte" di tutto il giocattolo.

Questo forse può spiegare il motivo per cui nelle sepolture degli uomini primitivi si trovano oggetti di uso domestico, personale, trofei di guerra, di caccia, ecc. Cioè non la religione ha portato a queste sepolture, ma queste ad un certo punto possono aver fatto nascere quella (p.es. la paura dei morti può essere nata dal fatto che i cadaveri putrefatti erano fonte di contagio o malattie; il timore suscitato da una persona quand'era in vita può aver portato a credere nell'aldilà, ecc.). La stessa carenza di cibo ad un certo punto deve aver fatto nascere le credenze totemiche.

In ogni caso, per comprendere la transizione dall'animale all'uomo, non possiamo considerare l'illusione di poter controllare con la religione i processi naturali un aspetto più significativo di quanto invece non sia stata la capacità di trasformazione della materia attraverso gli strumenti lavorativi.

Questo poi senza considerare che è impossibile che l'uomo primitivo, solo perché "primitivo", non si rendesse conto della differenza tra "finzione" e "realtà". Qui lo sviluppo della conoscenza scientifica non c'entra niente. Fa parte infatti della natura umana chiedersi, ogniqualvolta ci s'imbatte in un atteggiamento che non rientra in quelli comunemente e regolarmente accettati da una comunità, se chi in quel momento lo sta compiendo "finga" o "faccia sul serio".

Tutti si rendono conto che una cosa è accettare, come "comunità", che un dato atteggiamento rientri nella "finzione" e come tale venga considerato; un'altra è convincerci, nonostante le sensazioni, le tradizioni, la memoria... dicano il contrario, che un qualche atteggiamento "insolito" contiene elementi di verità, al pari di altri atteggiamenti già noti. In questo secondo caso la religione è già diventata strumento nelle mani di qualcuno.

Certo, la nascita del sentimento religioso non può di per sé stare ad indicare la presenza di rapporti sociali basati sullo sfruttamento, però può esserne considerata l'anticamera. Cioè il vero problema non è sorto quando gli uomini hanno cercato di dare delle spiegazioni fantastiche ai drammi della loro vita, ma quando la persistenza di tali spiegazioni è diventata un segno della mancata soluzione di quei drammi e quindi la premessa alla nascita di una società in cui facilmente qualcuno avrebbe sfruttato quelle spiegazioni per legittimare degli abusi. Non a caso nel momento stesso in cui è sorta l'intenzione di strumentalizzare il senso di paura verso certi fenomeni naturali o sociali, al fine di assoggettare gli uomini alla volontà di altri uomini, è sorta anche, inevitabilmente, la "critica della religione", all'inizio in forme istintive e poi sempre più razionali.

Da un lato quindi la religione (in questa fase ancora "naturale") è nata come prodotto della debolezza umana; dall'altro il suo uso strumentale non può essere stato che il prodotto della forza umana, la forza di una parte della comunità primitiva contro l'altra. L'interesse che deve aver mosso questo processo è stato indubbiamente quello dello sfruttamento, il cui scopo doveva essere o quello di conservare un benessere materiale acquisito progressivamente, indipendentemente dalla volontà della comunità, o quello di ottenerne uno ancora più grande.

La religione non venne sottoposta a critica serrata nel periodo in cui si formò come religione "naturale" soltanto perché la spontaneità non le dava quel carattere di forte oppressione che invece assumerà quando la società sarà nettamente divisa in classi. Sarà proprio l'opposizione sociale allo sfruttamento che determinerà, a sua volta, la trasformazione della religione da "naturale" a "rivelata". Infatti, la critica ateistica, che è sempre legata a un'istanza di liberazione sociale, ad un certo punto deve aver tolto alla spontaneità delle rappresentazioni fantastiche la loro primitiva ingenuità. Ecco perché le religioni "rivelate" hanno dovuto riconoscere che le forme delle religioni "naturali" altro non erano che "superstizione".

Sotto questo aspetto le religioni "rivelate" non rappresentano che una sorta di mascherata ateizzazione delle religioni "naturali". Hanno fatto uscire l'uomo dall'ingenuità di credere naturale la propria debolezza e l'hanno fatto entrare nell'ipocrisia di credere la propria debolezza come voluta da dio.

Si badi, con questo non si vuole considerare la religione in sé peggiore della scienza. Nelle moderne società è comunissimo il fatto che qualcuno miri a servirsi della conoscenza e della sicurezza offerta dalla tecnologia per assoggettare gli uomini. Non è l'ignoranza in sé o la conoscenza in sé che rende l'uomo libero o schiavo. Oggi sono tantissime le cose che possono surrogare le funzioni della religione e che vengono usate appunto come una religione.

Tratto da: http://www.homolaicus.com/teoria/ateismo/ateismo9.htm



 

kelly70
00lunedì 28 marzo 2011 22:34
Sul destino della religione

ReligioniEsiste un processo "in avanti" che costringe le varie religioni mondiali a laicizzarsi progressivamente. Ciò è dovuto alle pressioni del secolarismo, che si esprime nelle varie forme del laicismo, ateismo, agnosticismo, materialismo, ecc.
Il fatto che oggi si riconosca ampia libertà a tutte le religioni non significa che il mondo si stia indirizzando verso la religione, ma, al contrario, significa ch'esso è così sicuro delle proprie conquiste laico-scientifiche da non avere più alcun timore nei confronti di nessuna religione.
In questi ultimi tempi, il mondo laico può anche aver aperto alla religione più porte di quante avrebbe dovuto, ma ciò è dipeso dal fatto che gli errori commessi nel passato (oppressione, anticlericalismo, fanatismo ideologico...) sono stati considerevoli, e la storia insegna che gli errori prima o poi si pagano, in misura proporzionale al danno arrecato.
Tuttavia, sui fondamenti teorici più significativi è assai dubbio che il laicismo tornerà indietro. Oggi anzi esso sta registrando un altro punto a suo favore laddove si assiste a un processo di autorecupero, interno alle religioni, delle loro proprie radici ideali. Un processo del genere porterà sicuramente la religione ad accettare più facilmente le verità laiche, per quanto ciò presupponga la fine della stessa religione.
Infatti la verità originaria di ogni religione è sempre di carattere laico-umanistico, del tutto immanente. La religione è subentrata in seguito, come un corpo estraneo, sovrapponendosi alla verità originaria, cioè falsificandola con un'interpretazione fantastica, arbitraria, infondata.

Oggi il laicismo sprona le religioni ad accettare le verità umanistiche, ma il processo esse lo subiscono come una pressione dall'esterno. Normalmente le religioni accettano di convivere con queste verità, sentendosi delle assediate, comunicando pochissimo e solo su cose marginali rispetto ai loro contenuti tradizionali. Proprio a causa del razionalismo e laicismo occidentale, la religione è costretta a parlare più che altro di aborto, divorzio, eutanasia, bioetica, ecc., omettendo volutamente di confrontarsi su cose più pertinenti alla sua ideologia. In questo senso è difficile sapere fino a che punto la religione accetterà spontaneamente la necessità, la naturalità, di questo processo laicistico. In realtà non poche di esse sperano in una colossale rivincita contro lo spirito laico, umanistico e razionale del mondo contemporaneo. Sembrano essere lì lì per approfittare di ogni errore che si commette, di ogni dramma e tragedia, di ogni clamoroso insuccesso scientifico, tecnologico, economico.

L'ideale sarebbe che la religione, dall'interno, come per uno sviluppo progressivo, automoventesi, arrivasse a comprendere l' originalità di se stessa, ovvero la propria negatività. Tuttavia, questo percorso a ritroso, se avverrà, non sarà indolore, poiché esso porta a negare l'essenza stessa della religione, la quale è sì disposta a tornare indietro, ma sino a un certo punto. Anzi, ogniqualvolta la religione vuol recuperare la propria idealità originaria, si scatenano fanatismi a non finire.

Ciò che il credente, non la religione, deve scoprire è che le idee umanistiche moderne non sono in contraddizione con quelle che la religione ha tradito. Il credente cioè dovrebbe essere messo in grado di capire (ovviamente dall'ateismo-scientifico) che l'origine della sua religione è stata il frutto di un tradimento di idee sostanzialmente umanistiche, che per il loro carattere umanistico restano universali.

VERSO L' ATEISMO PASSANDO PER IL MONOTEISMO

Le religioni monoteistiche sono una forma di cripto-ateismo nell'ambito della superstizione. Considerando che per milioni di anni pitecantropi, sinantropi ecc. non hanno avuto alcuna religione e che per alcuni millenni le primi cosiddette "civiltà" hanno avuto varie forme di politeismo, le religioni monoteistiche, nel loro antipoliteismo, possono essere considerate una sorta di cripto-ateismo (tant'è che i cristiani venivano considerati "atei" dai pagani).

Questo significa che con le religioni monoteistiche l'umanità ha fatto un passo avanti in direzione dell'ateismo, cioè in direzione del recupero di quel proto-ateismo che ha caratterizzato la nascita del genere umano. Almeno sino al paleolitico superiore sappiamo con certezza che gli esseri umani non avevano alcuna credenza religiosa.

Ponendosi come superamento di tutti i monoteismi, l'umanesimo laico è riuscito a fare un altro passo avanti. Il successivo sarà quello di collegare strettamente umanesimo laico a socialismo democratico.

Resta però da chiarire se il passaggio dall'animismo al politeismo può essere considerato una forma di progresso intellettuale. Personalmente ritengo di no, poiché mentre nell'animismo era chiara la subordinazione dell'uomo dalla natura, nel politeismo invece si è cominciato ad affermare il contrario, e questo perché il politeismo rifletteva determinati conflitti di classe.

L'animismo (di cui il totemismo, il feticismo ecc. non sono che varianti) esprimeva soltanto una forma di debolezza delle forze sociali nei confronti di quelle naturali, ma non esprimeva (come non lo esprime oggi nelle ultime tribù rimaste) la presenza di conflitti sociali entro una medesima tribù.

Anche se non è affatto da escludere che ad un certo punto parte della tribù abbia iniziato a dare risposte sociali conflittuali alla debolezza della stessa tribù nei confronti della natura.

E' probabile infatti che le prime forme di politeismo siano nate dalla volontà di una parte (minoritaria) della tribù contro la maggioranza animista e che dall'impossibilità di ricomporre il conflitto sociale la tribù abbia deciso di dividersi.

Un processo del genere può addirittura essere stato all'origine del passaggio dall'ateismo primordiale alle prime forme di animismo. In fondo l'atteggiamento di Adamo appare più ateistico di quello di Eva, che immagina invece poteri particolari in una determinata pianta. E' normale che la parte più debole di una determinata tribù attribuisca, in un momento di difficoltà, poteri superiori a una realtà ad essa esterna.

In questa attribuzione ingenua di poteri si può vedere il passaggio dall'ateismo all'animismo, e nella giustificazione soggettiva del passaggio ("il demonio mi ha ingannata"), si può vedere il passaggio, eticamente più grave, dall'animismo al politeismo.

L'animismo non suppone una casta sacerdotale, una gerarchia di ruoli, una stratificazione sociale basata sullo sfruttamento dei non abbienti.

Viceversa nel politeismo ogni clan, inizialmente, ha i propri dèi, ma poi, all'interno della tribù, i clan iniziano a riconoscere alcune divinità comuni, che poi col tempo diventano dominanti, fino al punto da imporsi come divinità uniche. Il passaggio dagli Elohim a Javhè deve essere avvenuto così.

Gli ebrei sono stati i primi a capire che i limiti sociopolitici del politeismo potevano essere ovviati col monoteismo, anche se poi s'illusero di poter risolvere i conflitti sociali unicamente col monoteismo.

La figura di Cristo ha ripristinato l' originario ateismo, ma i suoi seguaci, tradendo il suo messaggio, hanno soltanto trasformato il monoteismo politico-nazionalistico degli ebrei in un monoteismo spiritualistico-cosmopolita, che tale è rimasto sino alla rottura cattolico-romana, con cui si è voluto affermare un monoteismo politico-internazionale.

Tratto da: http://www.homolaicus.com/teoria/ateismo/ateismo9.htm

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