Testimonianza di un'infamia

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kelly70
00domenica 9 settembre 2007 01:07
O, come mio padre mi ha salvato dalle grinfie di un prete cattolico


di Will Swaim
(Traduzione di Stefania Salomone)

Riguardo la bizzarra simultaneità di eventi negativi che esistono lungo la via della tua buona sorte, può succedere che tu prenda una boccata di aria dell’oceano sull’uscio di casa e, nello stesso momento, qualcuno da un’altra parte sfiora la morte respirando il fumo di un incendio che si sprigiona proprio in un angolo del suo salotto. Immagina questa idea quotidiana di terrore che sa di sangue anche se siamo immersi in una bellezza da spezzare il cuore: una macchina che brucia, senza portiere e senza finestrini, col bagagliaio aperto e sullo sfondo delle palme che sfiorano il cielo blu. Considera le morti inutili di bambini senza volto. Ricorda Agostino di Ippona che denunciava l’astrologia come assoluto inganno perché due persone nate nello stesso momento potessero camminare su sentieri paralleli, uno verso l’inferno e l’altro verso quel qualcosa chiamato paradiso. Ritorna con la mente al momento in cui la tua fede tenace nella misericordia di Dio è stata intaccata perché non ti sembrava possibile che amore e odio potessero coesistere sotto lo stesso sacro paramento.
Un momento del genere l’ho vissuto negli anni ’70 nella chiesa di S. Killian alla missione di Viejo poco prima della fine della messa della domenica mattina - in ottobre, mi sembra: grandi nubi oscurarono il cielo ceruleo, raffreddando l’aria come per anticipare l’inverno.
Io e il mio amico Roger avevamo preparato un tavolo fuori della chiesa, la nostra chiesa, dove speravamo di vendere dei dolciumi a tutti quei bravi cattolici. Esponevamo un cartello che diceva - AIUTATECI A SOSTENERE LA SCUOLA MISSIONARIA - e aspettavamo la fine della messa perché uscissero i nostri clienti.
Era autunno, indossavamo i nostri soliti cardigan rossi della vecchia Missione San Juan Capistrano; i capelli pettinati da un lato col gel, le bianche camicette abbottonate fino al collo, le scarpe nere un pò consunte. Lottando contro il freddo, tenevamo le mani in tasca dei pantaloni di velluto.
"Ehi, ragazzi, vi state masturbando?".
Ho alzato gli occhi perplesso e ho guardato dritto negli occhi Bertrand Horvath, Padre Bert. O forse non l’ho guardato proprio direttamente: ma io ricordo i suoi occhi cerchiati di nero che brillavano come quelli di un personaggio dei cartoni animati. E poi sento la coscienza stritolata come in una camicia di forza.
Ricordo di essermi imbarcato in una serie di elucubrazioni, facendo una miriade di calcoli socio-psicologici: Sta scherzando? Se è così, dovrei rispondere a tono? Come posso però scherzare sul peccato con un uomo che è la voce di Dio? O forse: Padre Bert, come uomo di Dio, ha la capacità di vedere chiaramente nei ventricoli e antri del mio cuore? Egli può discernere la presenza di qualcosa di veramente losco e non veniale, ma mortale sulla scala del peccato?
Troppo lento, stetti lì fermo, guardandolo fisso, con gli occhi umidi di pianto.
"Ragazzi, giocate col fondo delle tasche?", domandò. E poi fece una serie di ipotesi: "Vi toccate a vicenda? Vi masturbate a vicenda? O semplicemente ciascuno di voi si tocca?".
Ricordo - o meglio, e questo è significativo: penso di ricordare - che soppesai le possibili risposte, ma me ne vennero talmente tante in testa, in tanti modi che rimasi senza respiro: se rispondevo che non ci toccavamo a vicenda, forse voleva dire che lo facevo da solo? Potevo realmente affermare che io e Roger non ci eravamo mai toccati? Eravamo molto amici, dopo tutto, quindi era possibile che ci fossimo sfiorati, innocentemente.
Balbettai qualcosa di insensato e Padre Bert se ne andò, poco prima della fine della messa delle 8:00.
Riuscii a vendere alcuni dolci, riflettendo sul fatto che essi si erano sporcati passando attraverso le mani sporche di un ragazzo peccaminoso. Ero terrorizzato all’idea che padre Bert potesse vedere tutto il mio futuro attraverso la mia divisa.
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Roger ed io caricammo il tavolino nella El Dorado di suo padre e io salii nella macchina di mio padre, una Mustang del 1966.
"Non è andata bene?", mi chiese mio padre.
Lo guardai negli occhi, attraverso lo specchietto.
"Non avete venduto abbastanza dolci?", mi chiese di nuovo.
Gli dissi di padre Bert e immediatamente me ne pentii. Lui accostò la macchina sul ciglio della strada. Ma non si girò verso di me, semplicemente mi guardava intensamente nello specchietto retrovisore.
Pensai che la mia vita era finita. Mio padre era cresciuto negli anni della depressione da un padre molto violento che quando morì, mia nonna comprese la gravità della situazione provocata da quell’uomo e mandò mio padre in collegio e fuggì da Inglewood, rifugiandosi in un convento a Bay Area. Mio padre finì in collegio e poi partì militare, mancando per un pelo la guerra di Corea. Costruì la sua famiglia su quattro pilastri fondamentali: cattolicesimo, disciplina, rispetto dell’autorità e l’etichetta. Non esisteva calore, amore e perdono; il nostro Dio era più un marziano che simile a Gesù.
Ma ora, con le quattro frecce accese sul ciglio della strada, mio papà orfano fece qualcosa di strano.
Cioè non fece nulla.
Mi ascoltò pazientemente, senza battere ciglio. Infine mi chiese: "Padre Bert ha detto proprio questo?". Anuii e aspettai che mi scaraventasse fuori dall’auto come si fa con un pesce strappato al mare, per quello che probabilmente avevo commesso, non ultimo il fatto che avessi messo in dubbio l’integrità di un membro della chiesa.
Invece, rimise in moto l’auto e guidò verso casa in silenzio. Davanti casa, scese dalla macchina, mi aprì lo sportello e mi fece scendere dicendo di avvisare la mamma che sarebbe tornato subito. Mise in moto e se ne andò.
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Anni dopo, quale editore di OC Weekly, collaborai col reporter Gustavo Arellano per un evento così strano che vi prego di astenervi dalla vostra naturale incredulità. Arellano aveva le prove di un prete dell’arcidiocesi di Los Angeles e nella Contea di Orange, che aveva molestato schiere di bambini. E un giorno venne nel mio ufficio, mise un file sulla mia scrivania e disse: "Penso che questo ti possa interessare".
Dentro la cartella c’era un rapporto su Padre Bertrand Horvath. I documenti ufficiali ecclesiastici, sembravano provare che le autorità fossero a conoscenza delle accuse di molestie sessuali su minori che Horvath aveva perpetuato a St. Killian. Arellano sintetizzò il documento in questo modo:
"I dati ufficiali della chiesa dimostrano che Horvath era conosciuto alla Missione Viejo di St. Killian fin dai primi anni ’70 per aver fatto spogliare dei chierichetti, consegnando loro ciò che il documento descrive come "groviglio di tette". Sembra che Horvath si toccasse mentre chiedeva ai ragazzi se si masturbavano. Horvath lasciò St. Killian per una parrocchia di Los Angeles e fu spostato nel paese fino al 2000, quando le autorità diocesane finalmente misero in guardia la diocesi di Amarillo sui trascorsi di Horvath. Dopo di che, Horvath fu mandato a riflettere".
Chiamai i miei genitori per dar loro la notizia. Loro stanno ancora a St. Killian, ancora fervidi cattolici. Non ero sicuro di cosa avrebbero fatto con quei documenti.
Fu allora che mio padre mi disse il resto della storia. O meglio la sua storia, perché adesso comincio a capire il senso della sua paternità.
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Dopo che mi aveva scaricato a casa, era andato in chiesa e aveva chiamato il padre di Roger.
Come il mio, il padre di Roger era un cattolico della vecchia guardia. Immagino che non abbia gradito la chiamata. Immagino che sia sceso da Pill Hill - quella che noi chiamavamo la città blindata della Missione di Viejo dove i professionisti abitavano in case accoglienti - a El Dorado lui si lanciò a 120 miglia all’ora sulla L5. Immagino i cittadini di El Dorado strillare quando ha svoltato nel parcheggio della chiesa per incontrare mio padre.
I due chiesero al pastore padre Michael hughes, un irlandese con la faccia da mastino, un incontro con Horvath. Hughes non accolse la richiesta e quella decisione probabilmente mi salvò dal diventare orfano, come mio padre: mio padre ammise che sia lui che il padre di Roger avrebbero fatto giustizia sommaria. Ma Hughes lasciò i due genutori con l’impressione di aver già ricevuto simili lamentele.
Tre o quattro mesi dopo, Horvath se ne andò.
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La scorsa settimana l’Arcidiocesi di Los Angeles ha offerto 660 milioni di dollari per risarcire le accuse di molestie rivolte ai suoi preti, incluso Horvath, che ha molestato più di 508 bambini in alcuni decenni. Non fui sorpreso che la chiesa avesse cercato di coprire i suoi misfatti, fino a cambiare il corso delle cose, chiedendo scusa ed offrendo il risarcimento. Guardo la televisione. Non è così che fanno le perpetue?
No. Volevo scoprire perché la polizia locale ha fatto così poco. Ho chiamato John Manly, un amico avvocato che rappresenta 50 vittime nel caso della diocesi di Los Angeles.
Manly mi ha chiesto di raggiungerlo nel suo ufficio di Newport Beach per parlare e per incontrare qualcuno molto interessante per me.
L’ufficio di Manly è come un maniero di campagna relegato in un ambiente residenziale. Immagini di velieri campeggiavano sui mobili di legno. Un luogo silenzioso.
Mangly aveva invitato anche uno dei suoi clienti che chiameremo Brian. Un uomo sui 50 anni, cresciuto anche lui a St. Killian. Manly mi ha chiesto di raccontargli la mia storia.
Avevo quasi terminato il racconto che gli occhi di Brian si riempirono di lacrime. Ho scoperto che Padre Bert lo aveva approcciato in una maniera simile.
"Le chiamiamo strigliate", disse Manly, e, benché gli approcci potevano essere differenti, l’obiettivo era lo stesso: i molestatori ti ispezionano, verificando la tua risposta, cercando di coglierti in fallo".
Come me, Brian aveva detto a suo padre della strigliata di Horvath. Ma suo padre si era comportato diversamente dal mio: "Mi disse, forse sei tu che cerchi tutto questo".
Padre Bert chiamò i suoi genitori dopo una settimana, chiedendo di far andare il figlio da lui per aiutarlo a strappare le erbacce. Brian non voleva. I suoi genitori, fieri che un prete avesse attenzioni personali per il figlio, lo convinsero.
Brian disse che in canonica Padre Bert Horvath lo aveva molestato ripetutamente.
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Raccontai ad un amico questa storia, gli ho detto che la biografia di Brian - che si contorceva per evitare le mani insistenti di Horvath, vergognose e false - mi faceva sentire un personaggio di un film muto, quello che cammina allegramente sotto il pianoforte che cade, negli interstizi di una parete che crolla o fra due auto prima dell’incrocio - e una volta passato, si volta indietro contento di essere salvo.
"Avrei potuto essere Brian" ho detto al mio amico. "Quel prete avrebbe potuto catturarmi, ma per grazia di Dio non è accaduto".
"Non Dio, fratello" mi ha detto l’amico "ma tuo padre. Mettiti in ginocchio e ringrazialo. Qualunque cosa tuo padre abbia fatto di sbagliato, ha fatto bene la cosa più importante."




(Traduzione di Stefania Salomone)

Martedì, 31 luglio 2007

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