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"Ma io per il terremoto non do nemmeno un euro"

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    Madre Badessa
    00 15/04/2009 15:01
    Riporto un brano trovato in rete sul quale vale la pena di meditare

    "MA IO PER IL TERREMOTO NON DO NEMMENO UN EURO..."
    di Giacomo Di Girolamo

    Scusate, ma io non darò neanche un centesimo di euro a favore di chi
    raccoglie fondi per le popolazioni terremotate in Abruzzo. So che la mia
    suona come una bestemmia. E che di solito si sbandiera il contrario,
    senza il pudore che la carità richiede. Ma io ho deciso. Non telefonerò
    a nessun numero che mi sottrarrà due euro dal mio conto telefonico, non
    manderò nessun sms al costo di un euro. Non partiranno bonifici, né
    versamenti alle poste. Non ho posti letto da offrire, case al mare da
    destinare a famigliole bisognose, né vecchi vestiti, peraltro ormai
    passati di moda.

    Ho resistito agli appelli dei vip, ai minuti di silenzio dei calciatori,
    alle testimonianze dei politici, al pianto in diretta del premier. Non
    mi hanno impressionato i palinsesti travolti, le dirette no – stop, le
    scritte in sovrimpressione durante gli show della sera. Non do un euro.
    E credo che questo sia il più grande gesto di civiltà, che in questo
    momento, da italiano, io possa fare.

    Non do un euro perché è la beneficienza che rovina questo Paese, lo
    stereotipo dell’italiano generoso, del popolo pasticcione che ne combina
    di cotte e di crude, e poi però sa farsi perdonare tutto con questi
    slanci nei momenti delle tragedie. Ecco, io sono stanco di questa
    Italia. Non voglio che si perdoni più nulla. La generosità, purtroppo,
    la beneficienza, fa da pretesto. Siamo ancora lì, fermi sull’orlo del
    pozzo di Alfredino, a vedere come va a finire, stringendoci l’uno con
    l’altro. Soffriamo (e offriamo) una compassione autentica. Ma non ci
    siamo mossi di un centimetro.

    Eppure penso che le tragedie, tutte, possono essere prevenute. I pozzi
    coperti.. Le responsabilità accertate. I danni riparati in poco tempo.
    Non do una lira, perché pago già le tasse. E sono tante. E in queste
    tasse ci sono già dentro i soldi per la ricostruzione, per gli aiuti,
    per la protezione civile. Che vengono sempre spesi per fare altro. E
    quindi ogni volta la Protezione Civile chiede soldi agli italiani. E io
    dico no. Si rivolgano invece ai tanti eccellenti evasori che
    attraversano l’economia del nostro Paese. E nelle mie tasse c’è previsto
    anche il pagamento di tribunali che dovrebbero accertare chi specula
    sulla sicurezza degli edifici, e dovrebbero farlo prima che succedano le
    catastrofi. Con le mie tasse pago anche una classe politica, tutta, ad
    ogni livello, che non riesce a fare nulla, ma proprio nulla, che non sia
    passerella.

    C’è andato pure il presidente della Regione Siciliana, Lombardo, a
    visitare i posti terremotati. In un viaggio pagato – come tutti gli
    altri – da noi contribuenti. Ma a fare cosa? Ce n’era proprio bisogno?
    Avrei potuto anche uscirlo, un euro, forse due. Poi Berlusconi ha
    parlato di “new town” e io ho pensato a Milano 2 , al lago dei cigni, e
    al neologismo: “new town”. Dove l’ha preso? Dove l’ha letto? Da quanto
    tempo l’aveva in mente?

    Il tempo del dolore non può essere scandito dal silenzio, ma tutto deve
    essere masticato, riprodotto, ad uso e consumo degli spettatori. Ecco
    come nasce “new town”. E’ un brand. Come la gomma del ponte.

    Avrei potuto scucirlo qualche centesimo. Poi ho visto addirittura
    Schifani, nei posti del terremoto. Il Presidente del Senato dice che “in
    questo momento serve l’unità di tutta la politica”. Evviva. Ma io non
    sto con voi, perché io non sono come voi, io lavoro, non campo di
    politica, alle spalle della comunità. E poi mentre voi, voi tutti, avete
    responsabilità su quello che è successo, perché governate con diverse
    forme - da generazioni - gli italiani e il suolo che calpestano, io non
    ho colpa di nulla. Anzi, io sono per la giustizia. Voi siete per una
    solidarietà che copra le amnesie di una giustizia che non c’è.

    Io non lo do, l’euro. Perché mi sono ricordato che mia madre, che ha
    servito lo Stato 40 anni, prende di pensione in un anno quasi quanto
    Schifani guadagna in un mese. E allora perché io devo uscire questo
    euro? Per compensare cosa? A proposito. Quando ci fu il Belice i miei lo
    sentirono eccome quel terremoto. E diedero un po’ dei loro risparmi alle
    popolazioni terremotate.

    Poi ci fu l’Irpinia. E anche lì i miei fecero il bravo e simbolico
    versamento su conto corrente postale. Per la ricostruzione. E sappiamo
    tutti come è andata. Dopo l’Irpinia ci fu l’Umbria, e San Giuliano, e di
    fronte lo strazio della scuola caduta sui bambini non puoi restare
    indifferente.

    Ma ora basta. A che servono gli aiuti se poi si continua a fare sempre
    come prima? Hanno scoperto, dei bravi giornalisti (ecco come spendere
    bene un euro: comprando un giornale scritto da bravi giornalisti) che
    una delle scuole crollate a L’Aquila in realtà era un albergo, che un
    tratto di penna di un funzionario compiacente aveva trasformato in
    edificio scolastico, nonostante non ci fossero assolutamente i minimi
    requisiti di sicurezza per farlo.

    Ecco, nella nostra città, Marsala, c’è una scuola, la più popolosa,
    l’Istituto Tecnico Commerciale, che da 30 anni sta in un edificio che è
    un albergo trasformato in scuola. Nessun criterio di sicurezza
    rispettato, un edificio di cartapesta, 600 alunni. La Provincia ha speso
    quasi 7 milioni di euro d’affitto fino ad ora, per quella scuola, dove –
    per dirne una – nella palestra lo scorso Ottobre è caduto con lo
    scirocco (lo scirocco!! Non il terremoto! Lo scirocco! C’è una scala
    Mercalli per lo scirocco? O ce la dobbiamo inventare?) il controsoffitto
    in amianto.


    Ecco, in quei milioni di euro c’è, annegato, con gli altri, anche l’euro
    della mia vergogna per una classe politica che non sa decidere nulla, se
    non come arricchirsi senza ritegno e fare arricchire per tornaconto.
    Stavo per digitarlo, l’sms della coscienza a posto, poi al Tg1 hanno
    sottolineato gli eccezionali ascolti del giorno prima durante la diretta
    sul terremoto. E siccome quel servizio pubblico lo pago io, con il
    canone, ho capito che già era qualcosa se non chiedevo il rimborso del
    canone per quella bestialità che avevano detto.

    Io non do una lira per i paesi terremotati. E non ne voglio se qualcosa
    succede a me. Voglio solo uno Stato efficiente, dove non comandino i
    furbi. E siccome so già che così non sarà, penso anche che il terremoto
    è il gratta e vinci di chi fa politica. Ora tutti hanno l’alibi per non
    parlare d’altro, ora nessuno potrà criticare il governo o la maggioranza
    (tutta, anche quella che sta all’opposizione) perché c’è il terremoto.
    Come l’11 Settembre, il terremoto e l’Abruzzo saranno il paravento per
    giustificare tutto.

    Ci sono migliaia di sprechi di risorse in questo paese, ogni giorno. Se
    solo volesse davvero, lo Stato saprebbe come risparmiare per aiutare gli
    sfollati: congelando gli stipendi dei politici per un anno, o quelli dei
    super manager, accorpando le prossime elezioni europee al referendum.
    Sono le prime cose che mi vengono in mente. E ogni nuova cosa che penso mi monta sempre più rabbia.

    Io non do una lira. E do il più grande aiuto possibile. La mia rabbia, il mio sdegno. Perché rivendico in questi giorni difficili il mio diritto di italiano di avere una casa sicura. E mi nasce unrabbia
    dentro che diventa pianto, quando sento dire “in Giappone non sarebbe
    successo”, come se i giapponesi hanno scoperto una cosa nuova, come se il know – how del Sol Levante fosse solo un’ esclusiva loro. Ogni
    studente di ingegneria fresco di laurea sa come si fanno le costruzioni.
    Glielo fanno dimenticare all’atto pratico.

    E io piango di rabbia perché a morire sono sempre i poveracci, e nel
    frastuono della televisione non c’è neanche un poeta grande come
    Pasolini a dirci come stanno le cose, a raccogliere il dolore degli
    ultimi. Li hanno uccisi tutti, i poeti, in questo paese, o li hanno
    fatti morire di noia. Ma io, qui, oggi, mi sento italiano, povero tra i poveri, e rivendico il diritto di dire quello che penso. Come la natura quando muove la terra, d’altronde.

    Giacomo Di Girolamo




    La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno.
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    un@ltrame
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    Città: BOLOGNANO
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    Utente Veteran
    00 15/04/2009 20:51
    alcuni dei ragazzi che fanno volontariato con me sono andati in abruzzo e io ho dato colori e carta...
    ma questo articolo è bellissimo e terribilmente vero.
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    =omegabible=
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    Città: PISA
    Età: 84
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    Utente Gold
    Padre Guardiano
    00 15/04/2009 22:35
    Re:
    un@ltrame, 15/04/2009 20.51:

    alcuni dei ragazzi che fanno volontariato con me sono andati in abruzzo e io ho dato colori e carta...
    ma questo articolo è bellissimo e terribilmente vero.





    anch io ho mandato diversa roba da mangiare, però comprendo lo sdegno del promotore dell'articolo!!!!


    omega [SM=x1468240] [SM=x789069]




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    Querdenker evangelico anticonvenzionale del 1° secolo. "Maiori forsan cum timore sententiam in me fertis quam ego accipiam!" g.b.--In nece renascor integer ./Satis sunt mihi pauci,satis est unus,satis est nullus. Seneca-Ep.VII,11


    Vivo fra lo Stato Sovrano della Fica e la Repubblica Popolare del Cazzo