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Dieci secoli di rapporti tra il gioco e la religione, con la condanna del 1061

 

Scacchi
Dall’embargo alla riabilitazione con Leone X, fino al «giallo» di Karol Wojtyla.
Sono stati tre, fondamentalmente, i momenti topici di incontro-scontro tra la Chiesa e gli scacchi, avvenuti più o meno a 450anni di distanza l’uno dell’altro: 1061, la condanna del gioco ad opera di San Pier Damiani; 1513, l’ascesa al soglio pontificio di Leone X, che portò alla revoca della condanna; 1987, le false composizioni scacchistiche di papa Wojtyla.

Una delle prime testimonianze sul gioco degli scacchi in Italia è costituita da una lettera che San Pier Damiani, il santo anacoreta che Dante incontrerà in Paradiso, scrisse nell'ottobre del 1061 a papa Alessandro II (Anselmo da Baggio, 1061-1073), scagliandosi violentemente contro il gioco, del quale chiese e ottenne la condanna e la messa al bando.

Pier Damiani informava il papa di aver scoperto il vescovo di Firenze che a causa degli scacchi aveva totalmente trascurato i propri doveri religiosi.

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La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno.
Apocalisse Laica
Le religioni dividono. L'ateismo unisce


Il sonno della ragione genera mostri (Goya)