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“Camorra, la chiesa tace”.

Ultimo Aggiornamento: 01/05/2008 13:12
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30/04/2008 11:30
 
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Una lettera-appello di mons. Raffaele Nogaro, vescovo di Caserta


La camorra, in Campania, impedisce le riforme strutturali, indispensabili per organizzare la speranza del futuro. Procura le dimissioni di ogni imprenditoria intelligente e produttiva.
Una politica che crei progetti, stabilisca obiettivi, dia la spinta alla soluzione dei problemi è impensabile. E le dirigenze di ogni tipo confondono facilmente il bene comune con l’interesse privato.
Il degrado, il sottosviluppo e la disoccupazione fanno sì che l’emigrazione dei giovani volenterosi sia enorme. I talenti migliori salgono al Nord, privando le nostre terre di quella propulsività, fatta di promozione e di progresso.

Ritengo che, in particolare nel meridione, la chiesa deve esercitare la sua forza istitutrice di etica e di civiltà.
Purtroppo, l’esempio fulgido di un don Peppe Diana, che viene ucciso dopo quel documento salutare: “Per amore del mio popolo non tacerò”, rimane ancora controllato e isolato.
Le gerarchie ecclesiastiche sono molto preoccupate di difendersi dai nemici “ideologici”, massoni, comunisti, laicisti di ogni genere, e sottovalutano l’inquinamento morale e civile causato dai poteri illegali.

I camorristi, che pure sradicano il Vangelo dal cuore della nostra gente, negando ogni forma di amore del prossimo, diventano facilmente i promotori delle iniziative della ritualità religiose e della collettività. Proteggono un certo ordine stabilito, e quindi vengono corteggiati dalle istituzioni.
E per un falso amore di pace, la chiesa tace.
La chiesa non è mai autoreferenziale. E’ eminentemente servizio del popolo di Dio. E deve anteporre i bisogni della gente alla propria affermazione.

Ora, se si mettono da parte le possibili, contrastanti valutazioni personali, un dato si impone comunque nella sua oggettività: la storia della Campania, come la sua cronaca contemporanea, non si spiega senza tenere nel debito conto l’influenza della chiesa.
Si osserva quindi che le espressioni religiose, soprattutto quelle enfatiche, e la camorra non sono due fenomeni indipendenti.
Fortunatamente non si arriva mai alla complicità.
Non si può tuttavia rimanere in disparte, scaricando la realtà criminale alla competenza dello Stato.
L’esercizio del potere nel mondo della camorra si prefigge l’infiltrazione nelle istituzioni per gestirle in maniera privatistica e clientelare.
E se la camorra diventa mentalità di popolo, il messaggio d’amore di Cristo non può avere vita.

Per cominciare, nelle parrocchie si devono superare supporti che possono configurarsi come camorristi: gli atteggiamenti autoritari, la violenza di un potere costituito, la precettistica morale imposta come inquisizione delle coscienze, la mancanza di democrazia nella gestione comunitaria, gli accordi unidirezionali che producono i gruppi fra loro conflittuali.
La chiesa, è di tutti, ed è essenziale che si mantenga libera dal potere politico e di casta, e lasci trasparire lo stile di un servizio incondizionato all’uomo, “senza preferenza di persone” o di categorie sociali.

Raffaele Nogaro, vescovo di Caserta. Sito Micromega

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01/05/2008 13:12
 
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bè, in parte ha profondamente ragione^^^

la chiesa attacca tutti tranne i mafiosi ed i potenti...

Non ha sconfessato cuffaro giù in sicilia e non ha detto nulla della cina che stermina i tibetani mentre fa affari con lei(il giorno dello scoppio degli scandali ci stavano delegati cinesi in vaticano... e il papa non parlò che quando se ne andarono... guardacaso)


Il don diana di cui parla nell'articolo era uno con le palle. Disse a tutti i preti e vescovi della sua zona di accogliere in malo modo i mafiosi nelle chiese, magari dicendo durante il sermone chi erano ed i reati che avevano commesso^^

infatti è finito ammazzato e dimenticato dal vaticano^^^ touchè^^
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