Ernesto Buonaiuti ovvero l'ennesima persecuzione
Compagno di seminario di Angelo Roncalli (il futuro Papa Giovanni), Ernesto Buonaiuti venne ordinato sacerdote nel 1903. Fu un grande studioso di Storia del Cristianesimo e nel 1925 venne scomunicato con l’accusa di modernismo (la corrente di pensiero che insisteva sul significato morale del Cristianesimo, ritenendo sostanzialmente irrilevante la fondatezza o meno delle Scritture).
Ovviamente, gli scritti di Buonaiuti vennero messi all’Indice, quell’elenco di opere che la Chiesa proibiva ai fedeli di leggere. Molto democratico e liberale, non c’è che dire.
Fin qui, però, la persecuzione contro don Ernesto Buonaiuti si limitò all’ambito canonico, nel quale la Chiesa è sovrana. Ma si andò oltre.
Professore di Storia del Cristianesimo dal 1925 all’Universitù di Roma, venne escluso dalle attività didattiche e assegnato a compiti non accademici in seguito al Concordato del 1929, che dava alla Chiesa il “diritto” di tappare la bocca ai docenti non graditi di atenei statali. Nel 1931 l’opera venne completata: a Buonaiuti venne definitivamente tolta la cattedra, per il suo rifiuto di prestare giuramento al fascismo.
Vi chiederete: “A Liberazione avvenuta, Buonaiuti venne reintegrato all’Università di Roma?”. Qui viene il brutto.
In un clima di ritrovata libertà e democrazia, nel 1945 Ernesto Buonaiuti venne sì reintegrato nel ruoli di docente universitario ma gli fu impedito di tenere delle lezioni, in quanto il Concordato faceva sì che a un sacerdote scomunicato fosse vietato di occupare una cattedra e di insegnare in una università statale.
In sostanza la Chiesa, con un editto bulgaro ante litteram, si intromise nelle faccende dello Stato italiano decidendo chi potesse lavorare nelle università pubbliche e chi no.
Non mi pare proprio il caso di definire questa situazione: “Libera Chiesa in libero Stato”.
Ecco, se Benedetto XVI fosse andato alla Sapienza, una cosa avrebbe dovuto fare: chiedere scusa per il trattamento a suo tempo riservato dalla Chiesa a don Ernesto Buonaiuti.
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“Non esiste delitto, inganno, trucco, imbroglio e vizio che non vivano della loro segretezza. Portate alla luce del giorno questi segreti, descriveteli, rendeteli ridicoli agli occhi di tutti e prima o poi la pubblica opinione li getterà via. La sola divulgazione di per sè non è forse sufficiente, ma è l'unico mezzo senza il quale falliscono tutti gli altri”.
Joseph Pulitzer (1847-1911), Fondatore Premio Pulitzer