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E’ il 30 gennaio del 1710 quando nasce Raimondo di Sangro, rampollo di una famiglia che si vanta di discendere addirittura da Carlo Magno, fondatore del Sacro Romano Impero. Orfano di madre ad appena un anno ed abbandonato dal padre che prende la strada del convento senza curarsi troppo di lui, il giovane Principe cresce con i nonni, prima di partire per Roma alla volta di un collegio di Gesuiti. Torna a Napoli, ormai una delle grandi capitali d'Europa, a vent'anni, dopo aver dato prova di una spiccata intelligenza come di uno spirito indomabile. E non passa molto tempo che comincia a far parlare di sé.
Raimondo di Sangro è colto, amante dell'arte, gran mecenate e personaggio di rilievo nella vita culturale napoletana.
Un personaggio pieno di estro, naturalista e filosofo, appassionato di alchimia, di meccanica e delle scienze in genere. Insomma, all'apparenza un perfetto intellettuale illuminista.
Il palazzo dei misteri
Ma cosa avviene la notte all'interno del suo palazzo? E quello che si chiedono i napoletani sentendo rumori insoliti, strani odori, bagliori inquietanti e movimenti sospetti.
Il suo laboratorio diventa presto il luogo più leggendario della città, e la fantasia popolare gli attribuisce invenzioni incredibili come il "lume eterno", una fiamma che arde senza fine consumando minime quantità di un combustibile di sua invenzione, ottenuto, si diceva, anche tritando le ossa di un teschio umano, oppure una macchina idraulica capace di far salire l'acqua a qualunque altezza, ed una carrozza "anfibia" in grado di andare per terra e mare, con la quale attraversa il golfo di Napoli. Ma il suo vero capolavoro si trova in un vicolo stretto e buio, uno dei luoghi più misteriosi della città.
La leggendaria Cappella di famiglia
Nel 700 la Cappella dei principi di Sansevero si arricchisce notevolmente per merito proprio di Raimondo di Sangro, che chiama attorno a sé i più grandi artisti dell'epoca.
Il Principe amava molto gli esperimenti di laboratorio e preparava da solo anche le misture e i solventi per dare ai colori resistenza e vivacità. Una prova è l'affresco della cappella, La Gloria del Paradiso: i colori sono rimasti intatti per quasi tre secoli, senza bisogno di alcun restauro grazie, pare, alle sostanze usate dal Principe e ancora oggi sconosciute. Da alchimista, esercitava spesso l'arte di "sciogliere e coagulare" la materia, tanto da ottenere un particolare mastice per cornicioni, capitelli e statue, capace di restituire notevoli effetti plastici. Le stesse statue simboliche a grandezza naturale della Cappella si dice siano state ottenute grazie ad una tecnica ancora sconosciuta.
Le macchine anatomiche
Misteriose per alcuni, volgari manichini per altri: delle due figure che si trovano nel sotterraneo annesso alla Cappella, si parla ormai da secoli. Scendendo per la piccola scala di ferro, si accede ad una stanza nella quale campeggiano due grandi teche. Qui sono conservate le cosiddette "macchine anatomiche", due scheletri rivestiti con una intera rete di vene e arterie, solidificate, pare, con un processo di metallizzazione inventato dal Principe e di cui si è perso il segreto. Avrebbe, si dice, iniettato una sostanza alchemica nei corpi ancora in vita di due servitori, distruggendo l'involucro corporeo e disegnando le vene, le arterie e perfino i capillari. Ma c'è chi sostiene siano solo due scheletri, di un uomo e di una donna incinta, rivestiti da fili e cera di diversi colori. Quello che è certo è che il Principe privilegiava lo studio dell'alchimia e dell'anatomia umana, c'è chi dice per raggiungere l'immortalità. Una ricerca che potrebbe averlo portato alla morte.
Esperimenti mortali
Secondo il racconto di Benedetto Croce, pare che egli avesse scoperto un elisir prodigioso, capace di dar vita ai cadaveri, e che lo volesse sperimentare su di sé. Così diede ordine ad un servitore di tagliare il suo corpo a pezzi e di chiuderlo in un baule, in attesa della sua rinascita. Qualcuno, però, aprì prima del tempo il baule: il corpo del Principe si sollevò semivivo, urlò e ricadde subito dopo, definitivamente morto.


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