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Voglio essere buona, ecco l'articolo completo.
di Massimo Piattelli Palmarini in “La Lettura” del 29 aprile 2012
Senza anticipare ancora la ragione per cui chiedo quello che sto per chiedere, invito il lettore o la lettrice a rispondere alle tre domandine seguenti. Prima domandina. Una racchetta e una pallina da ping-pong costano, insieme, un euro e 10 centesimi. La racchetta costa 1 euro in più della pallina.
Quanto costa la pallina? Seconda domandina. Ci sono cinque macchine che producono cinque congegni in cinque minuti. Quanto tempo occorrerà a cento di quelle macchine per produrre cento di quei congegni? Terza e ultima. In un lago ci sono delle ninfee che raddoppiano la loro superficie ogni giorno. Le ninfee impiegheranno quarantotto giorni a coprire tutto il lago. Quanti giorni impiegheranno a coprire metà del lago?


Scagli la prima pietra chi non ha risposto 10 centesimi alla prima domanda, cento minuti alla
seconda e ventiquattro giorni alla terza. Possiamo essere certi che, anche coloro (una minoranza)
che hanno poi trovato la risposta giusta, hanno di getto, sulle prime, pensato proprio a queste
risposte, sbagliate ma molto invitanti. La stragrande maggioranza dei molti soggetti cui sono state
poste queste domande, escogitate dal cognitivista americano Shane Frederick, hanno proprio
risposto così. E lo hanno fatto di getto, in pochi secondi. Meno del 20 per cento in media degli
studenti delle migliori università americane hanno risposto diversamente, dando cioè le risposte
giuste. Le quali sono, nell'ordine: 5 centesimi alla prima domanda, cinque minuti alla seconda e 47
giorni alla terza.

Prese in blocco, queste domande sono diventate famose, io stesso le ho presentate sul «Corriere
della Sera» quando vennero pubblicate, qualche anno fa. Vanno sotto il nome di «Test di riflessione
cognitiva» (Cognitive Reflection Tests in inglese, Crt in sigla nel gergo della professione) e se ne è
fatto un gran parlare dal 2005 ad oggi. La parola chiave qui è «riflessione», che ben si sposa a
quello che gli psicologi chiamano «stile analitico di pensiero».
Nell'ultimo numero della rivista specializzata «Cognition», cinque psicologi canadesi
dell'Università di Waterloo, Gordon Pennycook, James Allan Cheyne, Paul Seli, Derek J. Koehler e
Jonathan A. Fugelsang, riportano una stretta correlazione che sussiste, a detta loro, tra le credenze
religiose e la tendenza a dare le risposte impulsive, ma errate, a queste tre domande. Cifre alla mano
e con una batteria imponente di verifiche statistiche, questi psicologi sostengono che i1 55 per cento
di coloro che danno le tre risposte rapide, intuitive ed errate, credono all'esistenza di un Dio come
persona, mentre solo il 15 per cento di coloro che danno le tre risposte giuste (sempre dopo un po'
di riflessione) sono credenti.

Oltre alle tre domandine, questi psicologi hanno somministrato ai loro soggetti (circa cinquecento,
metà donne e metà uomini) anche altri test, tutti volti a sondare la predisposizione a uno stile di
ragionamento analitico. Detto molto semplicemente, coloro che hanno una spontanea tendenza a
verificare sempre tutto prima di credere e a vagliare bene quanto viene affermato, sono restii ad
abbracciare una religione, a credere a fenomeni sovrannaturali, ad essere incuriositi dalle
manifestazioni cosiddette paranormali.
L'articolo dei cinque studiosi, fresco di stampa, prolunga una nutrita serie di ricerche psicologiche e
cognitive sulle radici delle credenze religiose. Per esempio, lo psicologo e antropologo francoamericano
Scott Atran, in un suo saggio del 2004, significativamente intitolato In God We Trust
(«Crediamo in Dio»), ha sondato le radici evoluzionistiche delle credenze religiose, allineandole, in
sostanza, ai processi di base della cognizione umana.
Altri psicologi sono della stessa opinione. Paul Bloom dell'Università di Yale, ha cercato queste
radici nell'innocuo animismo spontaneo dei bimbi, i quali attribuiscono serenamente intenzioni,
desideri e volontà ai pupazzi, alle marionette e perfino al vento e alle nuvole. Il sociologo
californiano Phil Zuckerman, invece, è tra coloro che hanno dato colpi sia al cerchio (condannando
le perversioni alle quali possono portare le religioni) sia alla botte (strigliando gli atei per la loro
ingiustificata arroganza).

Vi sono, poi, le semplici, neutrali statistiche. Stando ai suoi accurati calcoli, Zuckerman conclude
che, nel vasto mondo, circa il 90 per cento delle persone nutre credenze di tipo religioso. Un attento
sondaggio del 2002 di un ente federale americano, la National Science Foundation, aveva rivelato
che il 40 per cento degli americani crede ai fantasmi, alle guarigioni mediante spiritualità e alla
percezione extra-corporea. Un dato, questo, poco rassicurante.
Le conclusioni dei cinque psicologi canadesi sono per un certo verso baldanzose e forse irritanti.
Affermano che coloro che sono più colti e pensano forte e dritto tendono a non essere religiosi. (Ma
consideriamo che si tratta di una maggioranza di solo un 55 per cento). Per un altro, sono prudenti,
in quanto sottolineano, testualmente «l'idea semplice, ma possente, che due persone in tutto simili
per sesso, età, abilità cognitive, livello di scolarità, ideologia politica, e livello di impegno religioso
possono benissimo sviluppare credenze molto diverse sul mondo, se queste due persone sono molto
diverse nella loro tendenza a pensare in modo analitico».
Nello studio appena pubblicato e in studi precedenti sono anche emerse interessanti differenze tra
gli uomini e le donne (si noti, nella media). Le donne sono più intuitive, più religiose e più inclini a
credere a fenomeni sovrannaturali, anche quando sono brave in matematica, ma gli uomini sono più
propensi ad improvvisare delle risposte errate. Errate e, si noti bene, non intuitive. Emerge a chiare
lettere da questa ricerca e da altre simili che la credenza religiosa è una tela di fondo, una tendenza
primaria, dalla quale si esce solo in un secondo tempo, attraverso la posata riflessione e una dose di
scetticismo. Se questo sia o meno un «sano» scetticismo, checché ne dicano questi psicologi, va
lasciato giudicare a ciascuno di noi.

http://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/Stampa201204/120429piattellipalmarini.pdf




La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno.
Apocalisse Laica
Le religioni dividono. L'ateismo unisce


Il sonno della ragione genera mostri (Goya)