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Se anche le maggiorate si lamentano

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    kelly70
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    Madre Badessa
    00 15/07/2012 00:55
    Simona Siri racconta com’è vivere con una quinta di reggiseno
    Cominciamo col dirla subito tutta: sarà pure che Simona detesta le sue grandi tette, ma è anche vero che a quanto pare hanno dato il loro bel contributo a fidanzarsi nel tempo con almeno due maschi molto ambiti – e lascia stare che poi la bolla si è sgonfiata, perché è inevitabile che, se lo frequenti per qualche tempo, anche il più charmant dei principi azzurri si tramuta in rospo. I quali maschi molto ambiti, peraltro, a un certo punto si sono pure menati per lei – e lascia stare che era solo perché uno, il rocker (di provincia) italiano aveva dato all’altro, l’insegnante scozzese che sembrava un rocker, del «fottuto inglese» (voi capite bene...).
    E anche qui: di più gratificante di due uomini che si battono per te ci sono solo due o più uomini (non lasciamo limiti alla provvidenza) che si struggono per te. E magari tu, nella più totale sospensione dell’incredulità, non riesci nemmeno a risolverti a decidere: il biondo azzurro, magnetico e glaciale o il bruno scuro esuberante e con un gran fisico? Questo solo per riportare le cose alla loro giusta prospettiva. Perché saranno pure ingombranti, e in effetti lo sono, ma le grandi tette – e fatevelo dire da una che se le porta appresso da una trentina d’anni – sono una benedizione del cielo. Che è poi l’esatto contrario di quello che scrive, nel godibilissimo e divertito libro Lamento di una maggiorata, Simona Siri, quarta coppa E, ovvero tettona.
    In tempi di trionfale esibizione della tetta, con tutti quei numeri a dire che le donne non pensano ad altro che a farsi e rifarsi un congruo davanzale (tant’è che persino Chavez, in Venezuela, ha dovuto chiarire una volta per tutte che il silicone non è compatibile col socialismo), Simona ha l’animo di scrivere un libro politicamente scorretto, a partire da sé. Che tutto avrebbe desiderato essere tranne che una maggiorata. E del resto, se avresti fortemente voluto diventare un étoile della Scala ma le tue tette te lo hanno impedito, se la tua icona di riferimento non smette di essere la Wallys Simpson del mai troppo interiorizzato Una-donna-non-è-maiabbastanza- ricca-o-abbastanza-magra, se hai il mito dell’eleganza eterea, portarsi dietro per tutta la vita una coppa conformata è un’autentica sventura. Perché è vero, come scrive Simona, che nessun vestito in nessuna epoca è stato concepito per stare bene addosso a una quinta, se non quello di Jessica Rabbit, che sarà pure la categoria kantiana della femminilità ma rimane sempre un fumetto: i vestiti stanno meglio alle piatte, non sussiste dubbio alcuno. E d’accordo, una con grandi tette non sarà mai elegante. O meglio, non sarà mai elegante come Audrey Hepburn, che con quel corpo e quel tubino poteva permettersi di fischiare ai taxi senza smettere di essere blaséé. Però vuoi mettere quanto è sexy? Spiega Simona ciò che una qualsiasi tettona impara appena capisce di esserlo: se ci sono tette nei paraggi, ci sono anche gli occhi degli uomini ad osservarle.
    È una legge della natura. Ma non è mica detto che sia così disdicevole: sono pur sempre occhi di maschi – che, se discreti e non molesti – rimangono comunque un massaggino all’ego per una ragazza (e non fate finta di indignarvi, ragazze: la vanità è femmina). E certo, c’è quel fastidioso inconveniente dell’effetto pornostar che – ammesso tu non voglia emulare Moana – non aiuta la carriera. Perché, come nota la Nostra, l’automatismo dell’associazione tette grosse-aspirante pornoattrice è sempre in agguato. Inutile mentirsi: di una che ha una quinta tutti, anche le donne, li per lì non pensano possa essere un Nobel per la fisica. Sul fatto che la cosa sia superabile il dibattito è aperto. Per scartare, in ogni caso, non si può che sfoderare l’ironia. E una bella dotazione di caschi e parastinchi da usare alla bisogna quando c’è qualcuno, o qualcuna, che prova a evocare l’argomento – sotto metafora, per carità – per farti le scarpe.
    Senza innervosirsi quando questo qualcuno, o qualcuna, dopo averti ben ben guardata ti tocca il nervo definendoti «giunonica», mentre tu vorresti semplicemente essere registrata come strafiga, secondo i canoni Nicole Kidman 2012 e non Anita Ekberg 1959. A ben vedere, però, l’unico autentico inconveniente, segnalato da Simona, che si porta dietro la coppa conformata vien fuori con le amiche. Con loro puoi lamentarti di tutto: di un fidanzato che ti fa le corna, di un uomo che sparisce senza fare un plissé, di un acquisto sbagliato.
    Ma la tetta grossa è un tabù. Se ti parte una qualsiasi anche vaga nota di disappunto loro, proprio loro che ti hanno sempre offerto conforto anche nei casi più estremi di depressione molesta da abbandono, ti dicono di farla finita e ti guardano come se fossi un’ingrata. Ma se sulla lamentazione da tetta esagerata le sorelle di ventura ti bloccano senza se e senza ma, vuol dire che è arrivato il momento di riflettere: evidentemente non c’è proprio alcun motivo di lagnarsi.



    La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno.
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    Padre Guardiano
    00 15/07/2012 06:45

    Belle da vedersi,faticose da portare!!!! [SM=g27828] [SM=g27828] [SM=g27828]



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    Querdenker evangelico anticonvenzionale del 1° secolo. "Maiori forsan cum timore sententiam in me fertis quam ego accipiam!" g.b.--In nece renascor integer ./Satis sunt mihi pauci,satis est unus,satis est nullus. Seneca-Ep.VII,11


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