00 17/10/2012 13:53

"Peccato originale" è un concetto cattolico, non è biblico.
La Bibbia riporta il racconto dellala ribellione a Dio della prima coppia umana, coppia che essendo corrotta nella propria natura, in conseguenza alla suddetta ribellione, non poteva trasmettere più quella "PERFEZIONE" originale che non possedeva ormai più. La discendenza della prima coppia umana ereditò la tendenza dei propri genitori al "peccato", ovvero, a compiere il male.

Riporto di seguito uno studio "sistematico" sull'argomento perchè è stato richiesto.
Non si pretende di condividerlo, naturalmente, è il modo di intendere il "PECCATO", o meglio l' "origine del male" da parte di molti credenti non cattolici. Si può non condividere questo modo di intendere l'origine del male, ma non è obbligatorio deriderlo. Chi dissente esercita il libero arbitrio esattamente come fa chi lo condivide.
Grazie per gli educati interventi sull'argomento.


1. Origine del male
La Bibbia non spiega l’origine del male, ne constata la presenza. Il male è inspiegabile, irrazionale e ingiustificato, se lo si spiega diventa comprensibile alla ragione.
Da vari passi biblici si può ricavare che il male è stato introdotto nell’universo da Satana e dai suoi accoliti. Alcuni potranno sorprendersi nell’udir parlare di Satana come di un essere e non di un principio. Ma la Scrittura non lascia dubbi circa la concreta esistenza del maligno. Gesù stesso lo ha chiaramente affermato:

«Io vedevo Satana cadere dal cielo come folgore» (Luca 10:18); «egli è stato omicida fin dal principio e non si è attenuto alla verità, perché non c’è verità in lui. Quando dice il falso, parla di quel che è suo perché è bugiardo e padre della menzogna» (Giovanni 8:44).

Altrove Satana è descritto come un angelo, decaduto, diventato «il nemico di ogni giustizia», «l’ingannatore», «colui che seduce tutto il mondo», «il tentatore», «colui che esercita la potenza delle tenebre», in breve il nemico di Dio e degli uomini.

Però la Scrittura, pur soffermandosi sull’esistenza e sull’azione nefasta di Satana, non dice chiaramente in che modo egli sia decaduto dalla sua eccelsa condizione primitiva. Quello che essa ribadisce con sicurezza è che il maligno ha iniziato un tempo la sua offensiva contro Dio; un conflitto che ha proseguito e prosegue anche contro l’uomo, con grande spiegamento di forze.
Ma la sua azione avrà un termine: la sua fine, insieme con quella degli altri angeli ribelli, è segnata, come afferma Giuda:

«Egli ha pure custodito nelle tenebre e in catene eterne, per il gran giorno del giudizio, gli angeli che non conservarono la loro dignità e abbandonarono la loro dimora» (v. 6).

2. L’uomo nell’Eden
Vediamo ora com’ è avvenuto, secondo la Bibbia, il primo contatto tra l’uomo e il male. L’uomo era il capolavoro della creazione. Ne era anche il re, sebbene non in senso assoluto. Egli era libero nella sua volontà, ma se si fosse servito della sua libertà per agire contrariamente al volere del Creatore sarebbe caduto nel male, perché tutto ciò che non è conforme alla volontà di Dio è male. La felicità presente e futura dell’uomo dipendeva, dunque, dall’armonia della sua volontà con quella di Dio. Questi l’aveva creato appunto per la felicità e perciò l’aveva avvertito di non gustare dell’albero della conoscenza del bene e del male, gli aveva cioè detto di non violare le prescrizioni che egli, suo Creatore, gli aveva date per il bene suo e dei suoi discendenti.
Adamo ed Eva si trovavano così, proprio perché liberi, dinanzi a due vie: la via del bene o dell’armonia con Dio, e quella del male o dell’opposizione a Dio: garanzia di felicità e di vita la prima, certezza di dolore e di morte la seconda.

3. Tentazione e caduta
Purtroppo i nostri progenitori non vollero seguire la via del bene, e agirono contrariamente al volere di Dio. L’occasione della caduta fu offerta da Satana. Questi, presentandosi in veste innocua, abilmente tentò di confondere la donna mescolando parole di Dio e parole sue, sino a giungere ad affermare esattamente il contrario di quello che Dio aveva detto! Infatti, mentre il Signore aveva avvertito la prima coppia umana che la conseguenza inevitabile della violazione del suo divieto sarebbe stata la morte, Satana pretese che non sarebbe stato così. E la trasgressione fu da lui presentata nella veste più seducente: nella mistificazione del maligno, la conoscenza del bene e del male veniva mostrata come degna di essere ambita e sperimentata e tale da rendere intelligenti, anzi pari alla divinità.

«... Sarete come Dio, avendo la conoscenza del bene e del male» (Genesi 3:5)

fu la conclusione del diabolico discorso. La donna, e poi l’uomo, credendo non più a Dio ma a Satana, dettero ascolto alle insinuazioni di questo e vollero sperimentare tale conoscenza. Così il male, che Dio intendeva fosse ignorato dagli uomini, entrò in questo mondo, attraverso una breccia che andò sempre più allargandosi. L’umanità stava per essere lasciata in balia di Satana, dell’usurpatore, che poteva ormai fregiarsi del titolo di «Principe di questo mondo».

4. Conseguenze di una scelta sbagliata
Disastrose furono le conseguenze della caduta e noi, purtroppo,continuiamo a risentirne gli effetti dolorosi. Adamo e Eva, vendutisi al loro nuovo padrone, ne erano ormai gli schiavi, e non avevano più il diritto di rimanere nel giardino dell’Eden. Abbandonarono quel luogo di delizie sotto il peso della condanna divina. Dio disse ad Adamo:

«Poiché hai dato ascolto alla voce di tua moglie e hai mangiato del frutto dall’albero circa il quale io ti avevo ordinato di non mangiarne, il suolo sarà maledetto per causa tua; ne mangerai il frutto con affanno, tutti i giorni della tua vita. Esso ti produrrà spine e rovi, e tu mangerai l’erba dei campi; mangerai il pane con il sudore del tuo volto, finché tu ritorni nella terra da cui fosti tratto; perché sei polvere e in polvere ritornerai» (Genesi 3:17-19).

Prima gli aveva detto: «Perché nel giorno che tu ne mangerai, certamente morirai» (Genesi 2:17). Infatti, è come se Adamo ed Eva siano morti virtualmente il giorno funesto in cui sostituirono le forze positive di Dio con quelle negative di Satana, e l’armonia con il disordine. Adamo sarebbe stato ben presto il testimone impotente della dissoluzione del suo organismo. A lungo lottò coraggiosamente contro la disgregazione del suo corpo, dopo aver pianto sul gelido cadavere del figlio Abele, e dovette, alla fine, cedere alla morte e ritornare alla terra dalla quale era stato tratto e alla quale ormai apparteneva.
Il male si estese gradatamente diminuendo la longevità umana, assoggettando gli uomini a ogni tipo di malattie, indebolendo le loro facoltà intellettuali e morali e finendo con il minare la natura stessa, la cui bellezza primitiva è progressivamente scemata.

5. Universalità del peccato
Nell’epistola ai Romani l’apostolo Paolo dichiara:

«Perciò, come per mezzo di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo, e per mezzo del peccato la morte, e così la morte è passata su tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato... Non c’è nessun giusto, neppure uno. Non c’è nessuno che capisca, non c’è nessuno che cerchi Dio. Tutti si sono sviati, tutti quanti si sono corrotti. Non c’è nessuno che pratichi la bontà, no, neppure uno... tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio» (Romani 5:12; 3:10-12,23).

Tra Adamo e i suoi discendenti non si può pensare a una separazione netta. Egli, in qualità di unico antenato dell’umanità, la conteneva interamente in potenza: tutti gli uomini hanno il suo sangue, la sua essenza, la sua immagine divina e la sua vita. Santo, avrebbe trasmesso loro la sua natura santificata. Decaduto, essi hanno ereditato da lui una natura corrotta. Ma eredità non è responsabilità. La colpa di Adamo non può esserci né imputata né trasmessa. Ciò che egli ci ha trasmesso, la deviazione morale e l’inclinazione al male, sono il risultato del suo atto colpevole. Noi nasciamo tutti peccatori, non nel senso che abbiamo già peccato, ma in quanto portiamo in noi il germe del male, che si svilupperà immancabilmente. E questo germe è già una contaminazione e una causa sufficiente di separazione tra Dio e noi.

6. Promessa di redenzione
Da quanto sopra detto emerge la tragedia della nostra volontà che, pur essendo attratta dal bene, è più facilmente incline al male, che pure non vorrebbe fare: tragedia espressa dall’apostolo Paolo come segue:

«Sappiamo infatti che la legge è spirituale; ma io sono carnale, venduto schiavo al peccato. Poiché, ciò che faccio, io non lo capisco: infatti non faccio quello che voglio, ma faccio quello che odio. Difatti, io so che in me, cioè nella mia carne, non abita alcun bene; poiché in me si trova il volere, ma il modo di compiere il bene, no. Infatti il bene che voglio, non lo faccio; ma il male che non voglio, quello faccio... Mi trovo dunque sotto questa legge: quando voglio fare il bene, il male si trova in me. Infatti io mi compiaccio della legge di Dio, secondo l’uomo interiore, ma vedo un’altra legge nelle mie membra, che combatte contro la legge della mia mente e mi rende prigioniero della legge del peccato che è nelle mie membra. Me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte?»
(Romani 7:14,15,18,19,21-24).

Per uscire da questa angosciosa contraddizione, da cui umanamente non c’è via d’uscita, è necessaria la grazia, il soccorso divino.
La promessa del Redentore brilla già sin dalle prime pagine della Genesi, nell’oscura notte della prova dell’uomo. I nostri progenitori non furono lasciati nella disperazione. Prima ancora che lasciassero l’Eden, risuonò per loro una promessa nelle parole rivolte dal Signore a Satana:

«Io porrò inimicizia fra te e la donna, e fra la tua progenie e la progenie di lei; questa progenie ti schiaccerà il capo e tu le ferirai il calcagno» (Genesi 3:15).
Come vedremo nel prossimo capitolo, la «progenie della donna» che schiaccerà il capo al serpente, cioè che sconfiggerà Satana liberando l’umanità dalla schiavitù del male, si materializzerà nella persona di Gesù Cristo.


[Modificato da Agabo 17/10/2012 14:01]



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