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Ratzinger e Putindi Kate Connolly -
Per il teologo Hans Küng è necessaria una rivoluzione della Chiesa dal basso per scuotere il Vaticano-Cremlino. Tratto dal quotidiano inglese The guardian (5 ottobre 2012). Titolo originale: Catholic theologian preaches revolution to end church's 'authoritarian' rule.

Uno dei più importanti teologi cattolici del mondo ha chiesto una rivoluzione dal basso per spodestare il papa e forzare una riforma radicale in Vaticano.
Hans Küng ha lanciato ai sacerdoti e ai fedeli un appello ad affrontare la gerarchia cattolica, che, dice, è corrotta, priva di credibilità e apatica rispetto alle preoccupazioni reali dei membri della Chiesa.
In un'intervista esclusiva al Guardian, Küng, che ha avuto stretti contatti con il papa, avendolavorato con lui da giovane teologo, ha descritto la Chiesa come «sistema autoritario», istituendo un parallelo con la dittatura nazista della Germania.

«L' obbedienza incondizionata richiesta ai vescovi che giurano fedeltà al papa è quasi estrema, come quella dei generali tedeschi che sono stati costretti a prestare giuramento di fedeltà a Hitler», ha detto.

Il Vaticano si è impegnato a schiacciare qualsiasi forma di dissenso clericale, ha aggiunto. «Le regole per la scelta dei vescovi sono così rigide che, non appena emergono candidati che, per esempio, difendono la pillola, o l'ordinazione delle donne, sono esclusi dalla lista». Il risultato è stato una chiesa di "yes men", la quasi totalità dei quali non ha mai messo in discussione la linea. «L'unica via è la riforma dal basso verso l'alto», ha detto Küng, 84 anni, che è prete. «I sacerdoti e gli altri in posizioni di responsabilità devono smettere di essere così servili, devono organizzarsi e dire che ci sono alcune cose alle quali semplicemente non daranno più il loro assenso».

Küng, autore di circa 30 libri di teologia cattolica, cristianesimo e etica, che hanno venduto milioni di copie in tutto il mondo, ha detto che l'ispirazione per il cambiamento globale risiede nella sua nativa Svizzera e in Austria, dove centinaia di preti cattolici hanno formato movimenti che sostengono politiche che apertamente sfidano le attuali pratiche del Vaticano. Le rivolte sono state descritte come senza precedenti da parte di osservatori del Vaticano, secondo i quali esse sono suscettibili di provocare scissioni profonde nella Chiesa.

«Ho sempre detto che se si alza un sacerdote in una diocesi, non conta nulla. Cinque creeranno scalpore, cinquanta sono praticamente invincibili. In Austria, la cifra è di oltre 300, forse anche 400 sacerdoti, in Svizzera sono circa 150 ad essersi mossi e il loro numero aumenterà».

Il teologo ha detto che i recenti tentativi da parte dell'arcivescovo di Vienna, Christoph Schönborn, di cercare di reprimere la rivolta, minacciando di punire coloro che sono coinvolti nella "Pfarrer-initiative" austriaci  sono falliti a causa della forza del sentimento. «Si è fermato subito quando ha capito che tanta gente comune è favorevole a loro e correva il pericolo di metterseli tutti contro», ha detto Küng.

Le iniziative sostengono richieste apparentemente modeste come permettere che i divorziati risposati ricevano la comunione, che persone non ordinate guidino funzioni liturgiche e che le donne assumano posizioni di rilievo nella gerarchia. Tuttavia, poiché vanno contro l'insegnamento cattolico tradizionale, le richieste sono state categoricamente respinte dal Vaticano. Küng, che è stato privato della facoltà di insegnare teologia cattolica da papa Giovanni Paolo II nel 1979 perché aveva messo in discussione il concetto di infallibilità papale, ha offerto all'attuale papa, allora solo Joseph Ratzinger, un ruolo all’interno della gerarchia dell’Università cattolica avendolo chiamato a Tubinga nel sud-ovest della Germania, come professore di teologia dogmatica nel 1966.

La coppia aveva lavorato a stretto contatto per quattro anni come consulenti teologici  - i più giovani - al Concilio Vaticano II. Ma il rapporto tra i due non è mai stato semplice, e le loro differenze “politiche” alla fine hanno portato ad una distanza tra di loro. Il focoso e fiammeggiante Hans Küng, secondo vari racconti, ha spesso rubato la scena al più serio e posato Joseph Ratzinger.

Küng fa poi riferimento al "mucchio di leggende" che abbondano su di lui e Ratzinger nei loro "giorni di Tubinga", non da ultimo i racconti apocrifi sui passaggi che ha dato con la sua "macchina sportiva rossa" a Ratzinger, che andava in bicicletta.

«Spesso gli ho dato un passaggio, in particolare su per le ripide colline di Tubinga, sì, ma si è parlato troppo di questo», ha detto. «Non avevo una vettura sportiva, ma un’Alfa Romeo Giulia. Ratzinger stesso ha ammesso che non aveva alcun interesse per la tecnologia e non aveva la patente. Ma questo è spesso stato trasformato in una sorta di pseudo-profonda metafora che idealizzava il 'ciclista' e demonizzava chi era alla guida dell'Alfa Romeo».

Infatti, secondo Küng,.la "modesta'' e prudente immagine di ciclista che il futuro papa, che ha 85 anni, ha promosso da anni è quasi del tutto evaporata dopo la sua elezione, nel 2005.

«Ha sviluppato una particolare pomposità che non si adatta all'uomo che io e gli altri conoscevamo, che una volta girava con un basco ed era relativamente modesto. Ora lo si vede spesso avvolto in splendenti vesti dorate. Per sua volontà indossa la corona di un papa del XIX secolo, e si è fatto anche rifare gli abiti del papa Medici, Leone X».

Quella "pomposità", ha detto, si è manifestata più pienamente nelle udienze pubbliche in Piazza San Pietro a Roma. «Quello che accade ha le dimensioni del villaggio Potemkin», ha detto. «I fanatici vi si recano per celebrare il papa, e dirgli quanto è bello, mentre nel frattempo a casa loro le parrocchie sono in uno stato deplorevole, con mancanza di sacerdoti, un numero di persone che lasciano di gran lunga superiore rispetto al passato di quelle che vengono battezzate; e ora Vatileaks, che indica proprio il cattivo stato in cui si trova il Vaticano», ha detto, riferendosi allo scandalo su documenti trapelati scoprendo lotte di potere all'interno del Vaticano che ha portato l’ex maggiordomo del papa in tribunale.

È stato a Tubinga che i percorsi dei due teologi si sono incrociati per diversi anni prima di divergere nettamente dopo le rivolte studentesche del 1968. Ratzinger fu sconvolto dagli eventi e fuggì verso la relativa sicurezza della sua nativa Baviera, dove approfondì il suo coinvolgimento nella gerarchia cattolica. Küng soggiornò a Tubinga e sempre più assunse il ruolo di enfant terrible della Chiesa cattolica.

«Le rivolte studentesche furono uno shock decisivo per Ratzinger che poi diventò sempre più conservatore e integrato nella gerarchia della Chiesa», ha detto Küng.

Definendo il papato di Benedetto XVI un «pontificato di occasioni mancate» - ha rinunciato alla possibilità di riconciliarsi con le confessioni protestanti, con gli ebrei, gli ortodossi e i musulmani, così come non è riuscito a contribuire alla lotta africana contro l'Aids, non consentendo il controllo delle nascite - Küng ha detto che il suo «più grave scandalo» è stato il modo in cui ha "coperto" in tutto il mondo i casi di crimini sessuali contro i minori commessi da ecclesiastici durante il periodo in cui, come cardinale, era a capo della Congregazione romana per la Dottrina della Fede.

«Il Vaticano non è diverso dal Cremlino», ha detto Küng. «Proprio come Putin, agente dei servizi segreti, è diventato il capo della Russia, così Ratzinger, in qualità di capo dei servizi segreti della Chiesa cattolica, è diventato capo del Vaticano. Non ha mai chiesto scusa per il fatto che molti casi di abuso siano stati sigillati sotto il Secretum Pontificium (segreto papale), o mai ha riconosciuto che si sia trattato di un disastro per la Chiesa cattolica». Küng ha dedefinito come processo di "putinizzazione" quello che ha avuto luogo in Vaticano.

Eppure, nonostante le loro differenze, i due sono rimasti in contatto. Küng ha visitato il Santo Padre nella sua residenza estiva di Castel Gandolfo, nel 2005: in quell’occasione i due ebbero un intenso colloquio di quattro ore.

«Mi sentivo come se fossimo su un piano di parità, dopo tutto siamo stati colleghi per anni. Abbiamo camminato per il parco e ci sono stati momenti in cui ho pensato che avrebbe potuto dare una svolta a talune questioni, ma non è mai successo. Da allora abbiamo continuato uno scambio di lettere, ma non ci siamo più incontrati».

Küng ha viaggiato molto nella sua vita, ha fatto amicizia con tutti, dai leader iraniani a John F. Kennedy e Tony Blair, con il quale ha forgiato stretti legami dieci anni fa, diventando una sorta di guru spirituale per l’allora premier britannico prima della sua decisione di convertirsi al cattolicesimo. «Sono rimasto impressionato dal modo in cui ha affrontato il conflitto dell'Irlanda del Nord. Ma poi è arrivata la guerra in Iraq e sono rimasto estremamente turbato dal modo in cui ha collaborato con Bush. Gli ho scritto definendo tale collaborazione un fallimento storico di prim’ordine. Mi ha risposto con una lettera scritta a mano, dicendo che rispettava le mie opinioni, mi ringraziava, ma avrei dovuto sapere che agiva secondo la sua coscienza e non cercava di compiacere gli statunitensi. Ero stupito dal fatto che un primo ministro britannico potesse fare un errore così catastrofico, e rimane per me una figura tragica». Ha descritto la conversione di Blair al cattolicesimo come un errore, insistendo invece sul fatto che avrebbe dovuto utilizzare il suo ruolo di personaggio pubblico per conciliare le differenze tra le Chiese anglicane e cattoliche nel Regno Unito.

Dal suo studio pieno di libri, in cui campeggia un ritratto di Sir Thomas More, martire cattolico inglese del XVI secolo, Küng si affaccia sul suo giardino dove si trova una statua che lo raffigura di due metri di altezza. I critici l’hanno giudicata sintomatica della percezione gonfiata che Küng ha della propria importanza. È imbarazzato mentre tenta di spiegare che è stato un dono della sua Fondazione per un’Etica Globale, creata vent’anni fa, che opera da casa sua e così continuerà a fare dopo la sua morte. Lungi dal mettere un freno alla sua prolifica produzione teologica, Küng ha recentemente distillato le idee di un'etica globale - che mira a creare un codice globale di comportamento, o una globalizzazione dell'etica - in un libretto musicale. Mescolando racconti con estratti dagli insegnamenti di confucianesimo, induismo, buddhismo, ebraismo, islam e cristianesimo, gli scritti di Küng sono stati incorporati in una grande opera sinfonica del compositore inglese Jonathan Harvey, presentato in anteprima a Londra South Bank Center. Küng dice che l'opera musicale, come la fondazione, è un tentativo di sottolineare ciò che le religioni del mondo hanno in comune, piuttosto che ciò che le divide.

La Fondazione per l’Etica globale è stata fondata nei primi anni ‘90 come tentativo di avvicinare le religioni del mondo. Ha redatto un codice di regole di comportamento che si spera un giorno sarà universalmente accettato quanto lo sono le Nazioni Unite. L'obiettivo del lavoro è senza dubbio elevato - Harvey ha definito l'impegnativo compito di scrivere una partitura per il testo come una "responsabilità enorme". Ma Küng, che ha ottenuto il sostegno di figure di spicco tra cui Henry Kissinger, Kofi Annan, Jacques Rogge, Desmond Tutu, Mary Robinson e Shirin Ebadi, ha insistito sul fatto che i suoi obiettivi sono radicati in necessità basilari. «In un momento di cambiamento di paradigma nel mondo, abbiamo bisogno di una serie comune di principi, i più evidenti tra i quali sono la Regola d'Oro, in cui Confucio insegnò a non imporre agli altri ciò che non desideri per te stesso».
 
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