00 13/09/2006 20:18


A partire dalla fine del XII secolo, Beghine erano chiamate quelle donne che, senza appartenere a un ordine ecclesiastico autorizzato e sen­za prendere i voti, spinte dall’ideale della vita apostolica, povertà volontaria e comunitaria, si dedicavano a una vita umile di lavoro manuale, spesso filando la lana o tessendo, e di preghiera. Simili a converse, cioè delle suore laiche, vivevano in castità e si dedicavano a opere caritatevoli e potevano tornare alla vita normale in qualsiasi momento. L’etimologia del nome beghina non è chiara: probabilmente deriva dalla parola fiamminga beghen, che significava pregare. Altri ritengono, invece, che sia da collegare al nome del sacerdote fiammingo Lambert le Bègue, fondatore a Liegi, nel 1170 circa, di una comunità per vedove e orfani dei crociati caduti in Terrasanta. Testimonianze storiche attestano, comunque, che le prime comunità, denominate beghinaggi, si diffusero nella Francia settentrionale, nelle Fian­dre e nel basso Reno, in particolare le città di Colonia e Strasburgo. È probabile che le prime comunità femminili beghine del nord, le mulieres religiosae, siano state una risposta alle comunità catare della Francia meridionale (le mulieres bonae). La prima donna ad essere riconosciuta come beghina fu la mistica Maria di Oignies, protetta dal cardinale Jacques di Vitry (1160-1240), che riuscì ad ottenere un primo riconoscimento informale da Papa Onorio III (1216-1227) nel 1216. Il movimento delle Beghine venne approvato da Papa Gregorio IX (1227-1241) con la bolla Gloriam virginalem del 1233. Il ramo maschile portava il nome di Be­gardi, ma ebbe una diffusione minore rispetto a quello femminile. In Italia vennero denominati anche bizzocchi o pinzocheri o Beghini. Spesso condussero una vita da predicatori erranti (piuttosto diffusa nel Medioevo) e si impegnarono nella denuncia della corruzione della Chiesa, propendendo un modello di vita apostolica e povera, come quella di Gesù e dei primi Apostoli. Ebbero molti punti in comune con i Fraticelli, in particolare l’avversione contro il nemico comune Giovanni XXII.

Le comunità beghine, una parte non affatto esi­gua della popolazione urbana, erano organizzate in raggruppamenti simili a conventi, senza una regola fissa e con una plura­lità di forme: Beghine che vivevano presso le loro famiglie, altre organizzate in piccoli gruppi con alcuni possedimenti, che si sostenevano tramite il lavoro manuale, il servizio negli ospe­dali e con la questua. Condizione comune era il loro abbigliamento sem­plice, quasi monacale, che le distingueva dal resto della popolazio­ne. Molto presto le comunità beghine avvertirono la necessità di avere guide spiritua­li qualificate, carenti nel clero e nelle parrocchie. Dalla prima metà del XIII secolo, furono soprat­tutto gli ordini mendicanti a dedicarsi a questo compito, con non pochi conflitti con il clero secolare. Molte furono le Beghine che aderirono agli ordini terzia­ri dei Domenicani o dei Francescani. Non mancarono, però, casi di de­viazioni dogmatiche, rivolti essenzialmente verso il movimen­to del Libero Spirito, che portarono in molti luoghi a condanne e a esecuzioni capitali. Famoso fu il caso della beghina Margherita Porete, arsa a Parigi nel 1310 che ebbe un’importante influenza sui decreti del Concilio di Vienne, promulgati più tardi da Giovanni XXII. Nonostante l’approvazione papale del 1233, le gerarchie ecclesiastiche, in particolare quelle vescovili, guardarono sempre con sospetto le Beghine, perché di difficile inquadramento negli ordinamenti consue­ti. Arrivarono le condanne contro di loro nei sinodi di Fritzlar (1259) e Mainz (1261), concilio di Lione (1274), al sinodo di Béziers (1299), ed infine al Concilio di Vienne (1311-12), dove vennero definitivamente condannate come eretiche.

Appoggiata da Giovanni XXII, cominciò la persecuzione nei confronti dei Begardi e delle Beghine, nonostante la stragrande maggioranza di loro fosse cattolica ortodossa. Sfruttando la frequentazione e i contatti con i francescani Spirituali e i Fratelli del libero spirito, l’inquisizione, guidata da Bernard Gui, potè colpire il movimento che soppresse duramente, con un lungo elenco di processi e condanne a morte, soprattutto in Francia meridionale. Giovanni XXII cercò in qualche modo di distinguere in Beghini buoni e cattivi, e tracciò una linea di demarcazione immaginaria e grossolana, definendo “cattivi” quelli che vivevano in Italia e nella Francia meridionale (in particolare Provenza e Linguadoca) e “buoni” quelli che stavano in Germania, Paesi Bassi e Francia settentrionale.

I Beghini di Provenza

Il movimento dei Beghini in Provenza nacque dopo la morte di Pietro Olivi e, nei due decenni successivi, conobbe una vasta diffusione nella Francia me­ridionale. La città principalmente coinvolta fu Narbonne, il luogo di sepoltura dello stesso Olivi. A questo movimento appartennero laici, provenienti dai vari ceti della popolazione ur­bana, anche dalle file del clero, che aspiravano alla per­fezione cristiana e si rifacevano apertamente al profondo sentimento religioso della corrente francescana degli Spirituali di Olivi. Vennero coinvolti nella disputa sulla povertà, e presero posizione contro le tesi sostenute da Giovanni XXII e dalla curia avignonese. Con gli altri Be­ghini, diffusi nella Catalogna e in Italia, oltre al nome, non ebbero niente in comune. Già nel 1299, nel capitolo generale di Lione, venne condannata la povertà rigorosa sostenuta da Olivi, a un anno dopo la sua morte. Alcuni anni dopo Clemente V istituì un’apposita commissione per appianare il conflitto che divideva l’Ordine francescano tra Conventuali e Spirituali il cui esito, sostanzialmente, fu favorevole a quest’ultimi, come pure l’esame degli scritti di Olivi al Concilio di Vienne.

Con Giovanni XXII, successore di Clemente V, le cose peggiorarono e, poco dopo l’inizio del suo pontificato, gli Spirituali furono citati a comparire ad Avi­gnone, per esser sottoposti ad interrogatori durissimi e ostili: gli esponenti più prestigio­si degli Spirituali italiani, Ubertino da Casale e Angelo Cla­reno, si distin­sero per la loro difesa coraggiosa. Ma il desti­no degli Spirituali e dei loro sostenitori in Provenza era segna­to. Per Giovanni XXII, infatti, era intollerabile che si mettesse in dubbio il diritto del papa per la modificazione della Regola francescana; per questo egli diede mandato all’Inquisizione di reprimere duramente gli Spirituali accusandoli di eresia, con la condanna al rogo di quattro Spirituali nel maggio 1318 a Marsiglia. Questo fu l’inizio di una pesante persecuzione nei confronti dei Beghini, di quei laici, cioè, che si rifacevano apertamente alle posizioni di Olivi.


www.storiamedievale2.net/Medioevoereticale/dissidenti.htm





“Non esiste delitto, inganno, trucco, imbroglio e vizio che non vivano della loro segretezza. Portate alla luce del giorno questi segreti, descriveteli, rendeteli ridicoli agli occhi di tutti e prima o poi la pubblica opinione li getterà via. La sola divulgazione di per sè non è forse sufficiente, ma è l'unico mezzo senza il quale falliscono tutti gli altri”.
Joseph Pulitzer (1847-1911), Fondatore Premio Pulitzer