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Ricerca senza benedizioni

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    Claudio Cava
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    00 20/09/2006 00:33

    Staminali, Berardo: la ricerca vada avanti anche senza benedizioni

    Dichiarazione di Rocco Berardo, vice segretario dell’Associazione Coscioni e membro della direzione nazionale della Rosa nel Pugno

    La benedizione di Papa Ratzinger alla ricerca sulle cellule staminali adulte fa entrare nel campo della ricerca scientifica il dogma religioso di ciò che è peccato e ciò che non lo è. Fare ricerca sulle staminali di origine adulta è lecito e santo, su quelle di origine embrionale no. Una posizione che nulla ha a che fare con la scienza.

    Come Associazione Coscioni ci batteremo perché al più presto si possa aprire nel Paese e in Parlamento un grande dibattito per una riforma radicale in materia.

    E’ una posizione, quella ribadita da Ratzinger, che in Italia, infatti, a fronte della distruzione di centinaia e centinaia di embrioni nelle celle frigorifere, costringe per legge a non poter fare ricerca a tutto campo per tentare di trovare soluzioni e cure a malattie oggi incurabili. Un ragionamento poco altruista, e forse poco cristiano.

    Mai come oggi occorre ricordare le parole di Luca Coscioni che sulle ostruzioni vaticane alla libertà di ricerca scrisse: “Le nostre esistenze hanno bisogno di libertà per la ricerca scientifica. Ma, non possono aspettare. Non possono aspettare le scuse di uno dei prossimi Papi”.

    16 Settembre, 2006 - 19:00
    Associazione Coscioni

    www.lucacoscioni.it/node/7121





    “Non esiste delitto, inganno, trucco, imbroglio e vizio che non vivano della loro segretezza. Portate alla luce del giorno questi segreti, descriveteli, rendeteli ridicoli agli occhi di tutti e prima o poi la pubblica opinione li getterà via. La sola divulgazione di per sè non è forse sufficiente, ma è l'unico mezzo senza il quale falliscono tutti gli altri”.
    Joseph Pulitzer (1847-1911), Fondatore Premio Pulitzer
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    00 20/09/2006 10:18

    di Alberto Bobbio


    BIOETICA
    A TERNI IL CENTRO CHE PRODURRÀ LE STAMINALI ADULTE

    CELLULE DI SPERANZA

    Il professor Angelo Vescovi ha avviato la Banca grazie all’appoggio di monsignor Paglia. Però mancano ancora all’appello due milioni di euro per completare il progetto.



    All’ospedale di Terni è stata inaugurata la prima "Banca delle cellule staminali cerebrali" al mondo. È diretta dal professor Angelo Vescovi, biologo, ed è stata costituita con il contributo determinante del vescovo della città monsignor Vincenzo Paglia. La struttura, emanazione di una fondazione presieduta da Enrico Garaci, presidente dell’Istituto superiore di sanità, e dal vescovo di Terni, da settembre inizierà la produzione di cellule staminali cerebrali da feti di aborti spontanei. La tecnica è stata messa a punto da Vescovi già nel 1999. Si tratta di cellule staminali "adulte", capaci di dare origine a molti tessuti differenti, che possono riparare nei pazienti le cellule rovinate da malattie neurodegenerative incurabili. Sono diverse dalle staminali embrionali, il cui uso non è accettabile dal punto di vista etico. Le embrionali si ricavano dai bastociti, cioè dall’embrione umano al quinto giorno di sviluppo.
    E per ottenerle si distrugge l’embrione, cioè una vita. A Terni tutto ciò non capiterà. Proprio la scorsa settimana il Senato ha approvato una risoluzione che impegna il Governo a sostenere in Europa «ricerche che non implicano la distruzione di embrioni», dopo il ritiro – che aveva provocato molte polemiche – della cosiddetta pregiudiziale etica da parte del ministro della Ricerca Fabio Mussi. La risoluzione, approvata per pochi voti (152 sì, 150 no e un astenuto), frutto di un difficile compromesso nella maggioranza di Governo, non prevede però il divieto assoluto al finanziamento di ricerche che distruggono gli embrioni, come chiesto, per esempio, dal presidente dell’Udc Rocco Buttiglione. La risoluzione, che impegna il Governo a valorizzare "la ricerca sulle staminali adulte", ha diviso il mondo cattolico: le Acli sostengono che «è passato il principio dell’inviolabilità dell’embrione umano»; critici, invece, Carlo Casini, presidente del Movimento per la vita, e il Forum delle associazioni familiari.




    Determinato e polemico. Anzi qualcosa di più. Angelo Vescovi, biologo, docente universitario con ampie esperienze all’estero nel campo della ricerca sulle cellule staminali adulte, è il direttore della "Banca delle cellule staminali cerebrali" di Terni, tratte da feti abortiti spontaneamente. Lavora da anni, senza compenso e fuori orario, a un campo di ricerca avanzatissimo e promettente, sfidando tutti, anche le critiche di molti colleghi, che continuano a chiedergli chi glielo fa fare. Dovrebbe essere un vanto per l’Italia un professore come Vescovi. Invece ha rischiato di cambiare mestiere.

    Perché, professore?

    «Soldi. Che non ci sono, che non ci danno, che non ci hanno mai dato. Se non avessimo incontrato monsignor Paglia avremmo chiuso già da un pezzo».

    Di quanto avete bisogno?

    «Due milioni di euro. Praticamente tre lire. Se arriva un mecenate e stacca un assegno, tra un anno possiamo cominciare a fare la sperimentazione sui pazienti. Ma vedo che è molto più facile tirar fuor il denaro per un giocatore di calcio. Io la chiamo schizofrenia sociale. E non è un bene per l’Italia».


    Un laboratorio di ricerca biomedica (Ansa/La Presse).

    Però adesso il Centro c’è...

    «Sì, ma avrebbe dovuto essere fatto anni fa».

    È vero che è l’unico al mondo?

    «È il primo al mondo, ma la tecnica di produzione delle cellule staminali umane cerebrali l’abbiamo messa a punto nel ’99. Adesso intendiamo produrle in un regime controllato, in un ambiente purissimo, secondo standard unici al mondo, che non esistono nemmeno negli Stati Uniti».

    Cioè sarebbero le cellule più pure al mondo?

    «Esattamente. Cellule pulitissime, non alterate, non contaminate, che non sviluppano tumori. Quando usciranno dai laboratori di Terni potranno subito essere utilizzate sul paziente».

    E le cellule embrionali?

    «Al momento con le cellule embrionali, gli scienziati non sono in grado di produrre cellule staminali cerebrali. Noi, partendo dai feti, invece, lo possiamo fare. Ma occorre una struttura come quella di Terni, che è una specie di bunker nucleare, sterile e sigillato in modo straordinario. Ma nessuno, nessuno, capisce, ha mai finanziato finora questa iniziativa. Io dico che quando si parla di queste cose bisogna mettersi una mano sul cuore. Oggi, anche gran parte della comunità dei ricercatori ignora le opportunità date da queste cellule».

    A che cosa servono?

    «Per ora non servono per l’Alzheimer. Ma non lo escludo in futuro, se va avanti la sperimentazione. Da tre anni sappiamo che servono per curare la sclerosi multipla, la sclerosi laterale amiotrofica e una grande categoria di malattie metaboliche rare, come il morbo di Caravan e il morbo di Tay Sachs. Dagli Stati Uniti diversi ospedali universitari ce le hanno chieste e stiamo definendo i protocolli».

    Quanto tempo ci vuole a produrle?

    «Un anno per poterle sperimentare su un numero significativo di pazienti affetti da gravi malattie degenerative».

    Perché lo fate solo voi al mondo?

    «A Palo Alto, negli Stati Uniti, c’è un altro centro di produzione, ma il livello di purezza richiesto negli Stati Uniti è più basso del nostro».

    Quanto costa la struttura?

    «Non più di 2 milioni di euro. Adesso abbiamo inaugurato un piccolo centro per far vedere i primi risultati».

    E chi li certifica?

    «È il problema maggiore. Non esistono al mondo i parametri per dire che va bene, perché nessuno conosce queste cellule. Siamo i primi e dunque dobbiamo anche scrivere i protocolli di certificazione sotto la direzione dell’Istituto superiore di sanità».

    Perché siamo in questa situazione?

    «Quasi tutte le risorse vengono investite sulle cellule embrionali, finora senza veri risultati, e ci si è dimenticati di quei 2 o 3 ricercatori che lavorano a queste cellule. Così rischia di scomparire un filone di ricerca».

    Quanti soldi si spendono per le embrionali?

    «Moltissimi, almeno negli Stati Uniti. In Europa la situazione è più fluida. Le embrionali, al di là dei problemi etici, hanno sicuramente un potenziale in futuro. Ma chiedo alla comunità scientifica quanto è lungo questo futuro. Oggi la ricerca sulle cellule embrionali deve fare ancora molta strada per arrivare a sperimentazioni sicure sul paziente. Le nostre invece sono già pronte. Ma non abbiamo nemmeno le briciole dei finanziamenti».



    Alberto Bobbio

    da un'intervista su Famiglia Cristiana del del 30 luglio 2006 (numero 31)
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    00 20/09/2006 19:06

    Non per cattiveria e neanche per malafede, ma avendo visto da dove viene quell' articolo, e conoscendo i miei clienti ...

    Famiglia Cristiana compresa.

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    L'inganno delle staminali embrionali
    Inviato da PLACST il 2 April, 2005 - 10:58.

    di Marina Corradi

    Il professor Angelo Vescovi, ricercatore di fama internazionale nel campo delle cellule staminali, in un discorso all’Accademia dei Lincei ha definito "infondato" il "dubbio dilaniante" che i proponenti del referendum pongono ai cittadini: lasciare morire milioni di malati, o permettere la ricerca sugli embrioni. Non è vero, afferma Vescovi, che le staminali embrionali rappresentino l’unica o la migliore via per la guarigione di molte malattie incurabili: «A oggi non esistono terapie, nemmeno sperimentali, che implichino l’impiego di staminali embrionali, né si può attualmente prevedere se e quando questo diventerà possibile, data la scarsa conoscenza dei meccanismi che regolano l’attività di queste cellule, e la loro intrinseca tendenza a produrre tumori».
    Molto più avanzate invece le linee di ricerca sulle staminali adulte, in numerosi casi già applicate alla terapia. Inoltre, la stessa produzione di staminali embrionali può avvenire senza passare attraverso gli embrioni, "deprogrammando" cellule adulte.

    Professor Vescovi, lei ha spiegato l’equivoco indotto circa le staminali embrionali. Tuttavia appena pochi giorni fa in Gran Bretagna Ian Wilmut, il creatore della pecora Dolly, ha ottenuto l’autorizzazione alla clonazione terapeutica dell’embrione umano. Il fine è la produzione di staminali nell’ambito della ricerca su una malattia dei motoneuroni, cioè delle cellule nervose deputate al movimento del corpo. Perché Wilmut prosegue sulla strada delle staminali embrionali?

    «La richiesta di Wilmut – ci spiega Vescovi nel suo studio all’Istituto San Raffaele di Milano – non è una sperimentazione con fini terapeutici, ma ricerca di base: è il tentativo di studiare lo sviluppo di una patologia. Wilmut evidentemente è convinto di ottenere il miglior modello di malattia dei motoneuroni. Questa sperimentazione naturalmente ha un senso se la patologia studiata è genetica. Quando il ricercatore ha ottenuto le cellule staminali embrionali così clonate – e le possibilità di successo della clonazione, sottolineo, sono di una sola su 200 – deve riuscire a generare quel tipo di cellule che vuole studiare. Se riesce a generare il tipo di cellula che muore, non è detto però che la causa della malattia sia in quella cellula, e non nelle cellule adiacenti. Quindi è necessario ricreare l’intero tessuto che degenera. L’unico modo per fare questo sarebbe portare l’embrione allo stadio di sviluppo di un sistema nervoso centrale».

    E a quante settimane si sviluppa il sistema nervoso centrale?
    «Intorno alle sette-otto settimane, e naturalmente un simile esperimento non sarebbe ammissibile. Dunque, nella realtà del tentativo di individuare la cellula degenerante, c’è una concatenazione di se, di ma e di forse che rendono molto poco probabile la riuscita della sperimentazione. Si tratta di incognite concatenate fra loro, che moltiplicano la incertezza fino a creare un livello vicino alla impossibilità».

    Un enorme sforzo con scarsissime probabilità di riuscita?
    «La speranza che una simile sperimentazione vada a buon fine è tragicamente bassa. Se poi pensiamo che la malattia genetica studiata è solo un sotto-sotto gruppo nel grande ambito delle malattie neuronali, e che per ottenere un clone da un embrione bisogna fare 200 tentativi; e che da questo clone bisogna riuscire a isolare le cellule staminali embrionali, cosa che non sempre riesce, e da qui produrre i motoneuroni... E quando tutto ciò è fatto, le cellule fabbricate sono comunque alterate – questo è noto – per via del processo stesso di clonazione. Infine, che il sistema ottenuto approssimi la malattia è molto improbabile, e che vi si possa studiare la degenerazione lo è anche di più».

    E il senso, allora, di una simile impresa qual è, la pura sfida scientifica?

    «La sfida della ricerca pura, sì, ma con il background etico di uno scienziato per il quale tutti quegli embrioni utilizzati non sono vita. Vorrei mettere l’accento su questo punto: Wilmut fa una clonazione che non è per fini di terapia, ma per una ricerca dagli esiti estremamente incerti. Per una terapia con le staminali embrionali, se e quando se ne farà, occorrerà davvero tanto tempo».

    Lei ha affermato recentemente che dietro al sostegno alla ricerca sulle staminali stanno spesso l’ideologia, e anche «interessi economici rilevantissimi».

    «Ci sono coloro che in piena libertà di spirito sostengono che l’embrione ai primi stadi del suo sviluppo non è vita. Non condivido, ma li rispetto. La maggioranza ha invece una posizione preconcetta, e quando si dimostra loro che da un punto di vista biologico la vita comincia con la fecondazione, rispondono: sì però non c’è il cervello, sì però l’embrione non comunica, e tu gli smonti le obiezioni una a una, e quelli si rifugiano dietro a una posizione che è evidentemente ostinatamente ideologica».

    E gli interessi economici?

    «Dietro a tutto ciò, sapientemente manipolata, c’è un tipo di comunicazione che probabilmente riceve sponsorizzazioni da quanti possono avere interessi economici in queste attività. Niente di mostruoso in tutto questo, la nostra società funziona così. Ciò che però si discosta dalla norma è che qui non parliamo di un qualunque business, ma di vita umana. Questo per me segna il grado di maturazione di una società: se il profitto viene anteposto al benessere dell’individuo, e l’embrione è individuo a tutti gli effetti, la qualità della vita decade».

    Parlando di interessi economici, che rilevanza hanno i brevetti, nell’ambito della ricerca sulle staminali embrionali?

    «La stragrande maggioranza delle applicazioni di queste cellule e delle tecniche per riprodurle sono ormai state depositate. Si deposita il brevetto con la copertura di un determinato punto di applicazione, e poi lo si estende a mille o duemila applicazioni dello stesso punto. Già chi arriva oggi si trova la strada sbarrata».

    Quanto vale un brevetto?

    «Non è valutabile. Può valere un euro, come mille miliardi. Dipende da quale applicazione ne verrà tratta. La questione è un’altra: se nascono metodi per produrre staminali embrionali che non passino attraverso la clonazione, senza bisogno dunque di produrre l’embrione ma invece con la tecnica del "de-differenziamento", molti dei brevetti esistenti crollano. E questo crea una pressione a livello anche di pubblicazioni scientifiche, perché chi valuta i lavori da pubblicare può avere anche un interesse diretto. Le persone oneste che hanno interessi diretti su quello stesso argomento in genere rifiutano di valutare un lavoro».

    Potrebbe esserci però un muro, a livello di letteratura scientifica internazionale, che fa resistenza nel divulgare lavori alternativi alla produzione di staminali da embrioni umani, lavori anche molto interessanti, ma scomodi?
    «Certamente. Peraltro questo fenomeno c’è sempre stato nella divulgazione e nella ricerca scientifica».

    Qual è un’alternativa promettente alla clonazione per ottenere staminali embrionali?

    «Il professor Alan Trounson, a Richmond Victoria in Australia, ha trapiantato una cellula embrionale staminale nel nucleo di una cellula adulta e ha clonato milioni di staminali. Se passasse un brevetto del genere, tutti coloro che basano il valore dei loro brevetti su staminali ottenute da embrioni crollerebbero. E non è la sola ipotesi promettente. Tre settimane fa un gruppo giapponese ha dimostrato che ci sono cellule multipotenti nel testicolo postnatale del topo. Se questo fosse vero noi avremmo nei nostri organi, anche dopo la nascita, una banca di staminali embrionali, utilizzabili nel totale rispetto della vita umana».

    Lei, che si definisce agnostico, non manca di ripetere come l’embrione sia fin dall’inizio vita. Ci spieghi le basi di questa sua convinzione.

    «Sono basi perfettamente scientifiche. La biologia non è scienza esatta, ma la fisica sì, ed esiste una branca della fisica che è la termodinamica. Qualunque fisico esperto di termodinamica può dire che all’atto della fecondazione c’è una transizione repentina e mostruosa, in termini di quantità d’informazione. Una transizione di quantità e qualità di informazione senza paragoni, che rappresenta l’inizio della vita: si passa da uno stato di totale disordine alla costituzione della prima entità biologica. Che contiene tutta l’informazione che rappresenta il primo stadio della vita umana, concatenato al successivo, e al successivo, e al successivo, in un continuum assolutamente non scindibile, se non in modo arbitrario. Ciò che diceva l’ex presidente della Commissione di bioetica, Giovanni Berlinguer –

    "In 1400 anni non si è arrivati a definire quando comincia la vita – non è vero. Piuttosto in 1400 anni non si è riusciti a trovare un parametro obiettivo che determini, all’interno del continuum che biologia e fisica descrivono come "vita", una soluzione nella continuità: non si è trovato un modo di "tagliare". Io rispetto eticisti e filosofi, ma non è possibile fare etica o filosofia prescindendo dalla biologia e dalla fisica. Perché filosofia ed etica devono applicarsi alla realtà, e non a un’astrazione».

    www.lucacoscioni.it/node/2486





    “Non esiste delitto, inganno, trucco, imbroglio e vizio che non vivano della loro segretezza. Portate alla luce del giorno questi segreti, descriveteli, rendeteli ridicoli agli occhi di tutti e prima o poi la pubblica opinione li getterà via. La sola divulgazione di per sè non è forse sufficiente, ma è l'unico mezzo senza il quale falliscono tutti gli altri”.
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  • @Ljuba@
    00 20/09/2006 19:30

    Non per cattiveria e neanche per malafede, ma avendo visto da dove viene quell' articolo, e conoscendo i miei clienti ...


    [SM=x789048]

    Bè, appunto l'ho postato, sennò, dove sta il confronto?


    Il cuore del problema, del dibattito, però...è nel definire l'embrione
    Ho aperto un post, ma tutto tace [SM=g27828]
    [SM=x789057]

    [Modificato da @Ljuba@ 20/09/2006 19.32]

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    Claudio Cava
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    00 20/09/2006 19:41
    Re:

    Scritto da: @Ljuba@ 20/09/2006 19.30
    Il cuore del problema, del dibattito, però...è nel definire l'embrione



    Secondo me vale come nel caso della tutta fideista definizione di "omicidio" assegnata alla distruzione di uno spermatozoo APPENA entrato in un ovulo e dello stesso ovulo.

    Semplice insulto all' intelligenza umana, a mio avviso.

    [SM=x789059] [SM=x789062]

    [Modificato da Claudio Cava 20/09/2006 19.42]






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    .ljuba.
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    Utente Junior
    00 20/09/2006 20:46
    Si, ma lì, nel post...la domanda è ben specifica [SM=g27822]

    Trovata scritta su un muro: "Dio è morto" - Nietzsche. E subito sotto: "Per ora è morto solo Nietzsche" - Dio. [SM=g27828]

    [Modificato da .ljuba. 20/09/2006 20.46]

    [Modificato da .ljuba. 20/09/2006 21.00]