APOCALISSE Controinformazione su Chiesa e Cattolicesimo

Lo strano caso della morte di Albino Luciani

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    00 17/04/2007 22:52
    Autore: Giuseppe Ardagna (www.disinformazione.it)



    Il 26 Agosto del 1978 Albino Luciani divenne ufficialmente Vescovo di Roma (cioè fu eletto Papa) e successore di Paolo VI. In Vaticano, parecchie persone non erano contente dell’elezione di Luciani al soglio pontificio ma, forse, il più scontento di tutti era monsignor Marcinkus che fino all’ultimo istante aveva sperato nell’elezione del candidato Giuseppe Siri.


    Ma chi era questo Marcinkus? Era una delle pedine fondamentali di quella partita a scacchi che da anni si giocava fra Vaticano e grandi banche e che metteva in palio la possibilità di vedere il proprio capitale aumentare sempre di più.


    Marcinkus era il più alto in grado all’interno dello I.O.R, l’Istituto per le Opere Religiose. Egli intuì immediatamente i pericoli dell’elezione di questo pontefice che, sin dai suoi primi discorsi, aveva lasciato chiaramente intendere di voler far tornare la chiesa cattolica a quegli ideali di carità cristiana propri del primo cattolicesimo, rinunciando alle ricchezze superflue che troppo avevano distolto gli uomini di chiesa dai propri sacri compiti.


    Figuratevi il capo della banca vaticana come avrebbe mai potuto vedere un tipo del genere sul più alto gradino del proprio stato. Marcinkus diceva ai suoi colleghi: «Questo Papa non è come quello di prima, vedrete che le cose cambieranno».


    Su due punti Luciani sembrava irremovibile: l’iscrizione degli ecclesiastici alla massoneria, e l’uso del denaro della chiesa alla stregua di una banca qualunque. E l’irritazione del Papa peggiorava al solo sentire nominare personaggi come Calvi e Sindona dei quali aveva saputo qualcosa facendo discrete indagini.


    In coincidenza con l’elezione di Luciani venne pubblicato un elenco di 131 ecclesiastici iscritti alla massoneria, buona parte dei quali, erano del Vaticano. La lista era stata diffusa da un piccolo periodico «Osservatore Politico» di quel Mino Pecorelli destinato a scomparire un anno dopo l’elezione di Albino Luciani in circostanze mai chiarite.


    Secondo molti, O.P era una sorta di «strumento di comunicazione» adoperato dai servizi segreti italiani per far arrivare messaggi all’ambiente politico. Pecorelli, tra l’altro, era legato a filo doppio con Gelli come lo erano Sindona e Calvi.


    Ma, tornando alla lista ecclesiastico-massonica, questa comprendeva, fra gli altri, i nomi di:


    Jean Villot (Segretario di Stato, matr. 041/3, iniziato a Zurigo il 6/8/66, nome in codice Jeanni)
    Agostino Casaroli (Capo del ministero degli Affari Esteri del Vaticano, matr. 41/076, 28/9/57, Casa)
    Paul Marcinkus (43/649, 21/8/67, Marpa)
    Don Virgilio Levi (Vicedirettore de «L’osservatore Romano», matr. 241/3, 4/7/58, Vile)
    Roberto Tucci (Direttore di Radio Vaticana, 42/58, 21/6/57, Turo)

    Di Albino Luciani cominciò a circolare per la curia l’immagine di uomo poco adatto all’incarico, troppo «puro di cuore», troppo semplice per la complessità dell’apparato che doveva governare.


    La morte subitanea, dopo trentatre giorni di pontificato, suscitò incredulità e stupore, sentimenti accresciuti dalle titubanze del Vaticano nello spiegare il come, il quando ed il perché dell’evento. In questo modo, l’incredulità diventò prima dubbio e poi sospetto. Era morto o l’avevano ucciso?


    Fu detto all’inizio che Luciani era stato trovato morto con in mano il libro «l’imitazione di Cristo», successivamente il libro si trasformò in fogli di appunti, quindi in un discorso da tenere ai gesuiti ed infine, qualche versione ufficiosa volle che tra le sue mani ci fosse l’elenco delle nomine che il Papa intendeva rendere pubbliche il giorno dopo.


    Dapprima, l’ora della morte fu fissata verso le 23 e, quindi, posticipata alle 4 del mattino. Secondo le prime informazioni, il corpo senza vita era stato trovato da uno dei segretari personali del Papa, dopo circolò la voce che a scoprirlo fosse stata una delle suore che lo assistevano.


    C’erano veramente motivi per credere che qualcosa non andasse per il verso giusto. Qualcuno insinuò che forse sarebbe stato il caso di eseguire un’autopsia e questa voce, dapprima sussurrata, arrivò ad essere gridata dalla stampa italiana e da una parte del clero. Naturalmente l’autopsia non venne mai eseguita ed i dubbi permangono ancora oggi.


    Di questo argomento si occuperà approfonditamente l’inglese David Yallop, convinto della morte violenta di Giovanni Paolo I. Il libro dello scrittore inglese passa in rassegna tutti gli elementi di quel fatidico 1978 fino a sospettare sei persone dell’omicidio di Albino Luciani: il Segretario di Stato Jean Villot, il cardinale di Chicago John Cody, il presidente dello I.O.R Marcinkus, il banchiere Michele Sindona, il banchiere Roberto Calvi e Licio Gelli maestro venerabile della Loggia P2.


    Secondo Yallop, Gelli decise l’assassinio, Sindona e Calvi avevano buone ragioni per desiderare la morte del Papa ed avevano le capacità ed i mezzi per organizzarlo, Marcinkus sarebbe stato il catalizzatore dell’operazione mentre Cody (strettamente legato a Marcinkus) era assenziente in quanto Luciani era intenzionato ad esonerarlo dalla sede di Chicago perché per motivi finanziari si era attirato le attenzioni non solo della sua chiesa ma addirittura della giustizia cittadina e della corte federale.


    Villot, infine, avrebbe facilitato materialmente l’operazione. La ricostruzione fatta da Yallop degli affari di Sindona, di Calvi, di Gelli e dello I.O.R, conduce inevitabilmente all’eliminazione del Papa. Tuttavia la ricostruzione dello scrittore inglese pone alcuni problemi, primo fra tutti la netta sensazione che, in alcuni passi della ricostruzione, gli episodi, le date e le circostanze, tendano ad «esser fatte coincidere» troppo forzatamente.


    Tuttavia il lavoro investigativo di Yallop è comunque buono e non si può non tener conto del lavoro dell’inglese soprattutto considerando il fatto che troppi sono i dubbi inerenti le ultime ore di vita del Papa. Perché e soprattutto chi ha fatto sparire dalla camera del Papa i suoi oggetti personali?


    Dalla stanza di Luciani scompariranno gli occhiali, le pantofole, degli appunti ed il flacone del medicinale Efortil. La prima autorità di rango ad entrare nella stanza del defunto fu proprio Villot, accompagnato da suor Vincenza (la stessa che ogni mattina portava una tazzina di caffè al Papa) che verosimilmente fu l’autrice materiale di quella sottrazione.


    Perché la donna si sarebbe adoperata con tanta solerzia per far sparire gli oggetti personali di Luciani? Perché quegli oggetti dovevano sparire? Domande destinate a restare senza risposta anche in considerazione del fatto che la diretta interessata è passata a miglior vita.


    Una curiosità per chiudere l’argomento: sulla scrivania di Luciani fu trovata una copia del settimanale «Il mondo» aperta su di un’inchiesta che il periodico stava conducendo dal titolo: «Santità...è giusto?» che trattava, sotto forma di lettera aperta al pontefice, il tema delle esportazioni e delle operazioni finanziarie della banca Vaticana.


    «E’ giusto...» recita l’articolo «...che il Vaticano operi sui mercati di tutto il mondo come un normale speculatore? E’ giusto che abbia una banca con la quale favorisce di fatto l’esportazione di capitali e l’evasione fiscale di italiani?».






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    00 27/05/2007 22:53
    La vita

    È nato a Forno di Canale (ora Canale D'Agordo), diocesi di Belluno, Italia, il 17 ottobre 1912. I suoi genitori erano Giovanni Luciani e Bortola Tancon.

    I figli del matrimonio erano quattro : Albino, Edoardo e Nina (ed un'altro fratello, Federico, deceduto un anno dopo la nascita). Edoardo, ora, abita a Canale con sua moglie, Antonietta Marinelli, ed hanno nove figli. Nina è vedova di Ettore Petri ed ha due figli.

    La fanciullezza di Albino si è svolta tra la bellezza dei valli e le montagne dei suoi luoghi natalizi, nelle sofferenze della Prima Guerra Mondiale e la povertà. Era un ragazzo svelto e vivace. Ai 10 anni era nata la sua vocazione sacerdotale, per la predicazione di un frate capuccino. Nel 1923, aveva fatto il suo ingresso nel Seminario Minore di Feltre.

    Nel 1928, Albino Luciani ingressò nel Seminario di Belluno. Il 7 luglio 1935 ricevette l'ordinazione sacerdotale.

    Svolse il suo ministero come capellano della parrocchia del suo paese natale e poi in quella di Agordo, dove insegnò religione presso l'Istituto Tecnico Minerario.

    Nel 1937, fu nominato Vicerettore del Seminario di Belluno. Fu professore di Teologia Morale e dogmatica, di Diritto Canonico e Storia del' Arte.

    Nel 1947, ottenne il dottorato in Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma.

    Nel 1949, organizzò il Congresso Eucaristico di Belluno ed è uscito il suo libro " Catechetica in briciole ".

    Nel 1954, fu nominato Vicario Generale della diocesi di Belluno.

    Il 15 dicembre 1958 fu nominato vescovo di Vittorio Veneto. Ricevette la consacrazione episcopale il 27 dicembre 1958, dalle mani di Sua Santità Giovanni XXIII nella Basilica di San Pietro. Per 11 anni svolge il suo ministero in questa diocesi. Nel 1962, iniziò la sua partecipazione al Concilio Vaticano II.

    " Sto pensando in questi giorni che con me il Signore attua il suo vecchio sistema : prende i piccoli dal fango della strada e li mette in alto, prende la gente dai campi, dalle reti del mare, dal lago e ne fa degli apostoli. È il suo vecchio sistema. Certe cose il Signore non le vuole scrivere né sul bronzo, né sul marmo, ma addirittura nella polvere, affinché se la scrittura resta, non scompaginata, non dispersa dal vento, sia ben chiaro, che tutto è opera e tutto merito del solo Signore (...) Su questa polvere il Signore ha scritto la dignità episcopale dell'illustre diocesi di Vittorio Veneto ".

    (Dall' omelia pronunciata il 4/1/59)

    Il 15 dicembre 1969 fu nominato Patriarca di Venezia. Papa Paolo VI lo creò Cardinale dal titolo di San Marco il 5 marzo 1973. Per 3 anni (1973-1976) fu vicepresidente della Conferenza Episcopale Italiana. Ha partecipato ai Sinodi dei Vescovi del 1971,1974 e 1977. Nel 1976, è uscito il suo libro " Illustrissimi ", un insieme di lettere scritte ai più svariati personaggi della storia e della fizione letteraria.

    "Personalmente, quando parlo da solo a Dio e alla Madonna, più che adulto, preferisco sentirmi fanciul lo. La mitria, lo zucchetto, l'anello scompaiono; mando in vacanza l' adulto e anche il vescovo (...), per abbandonarmi alla tenerezza spontanea, che ha un bambino davanti a papà e mamma. (...) Il rosario, preghiera semplice e facile, a sua volta, mi aiuta a essere fanciullo, e non me ne vergogno punto ".

    ( Da " Il mio rosario " )

    www.amicipapaluciani.it/La%20vita.htm



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    Papa Nero
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    00 27/05/2007 23:03

    Luís Miguel Rocha

    La morte del Papa
    Tutta la verità sulla fine di Papa Luciani

    "Entra, un piede davanti all'altro, e scorge Albino seduto sul letto, appoggiato alla spalliera, con gli occhiali sul naso, alcuni fogli in mano e la testa reclinata verso destra. L'espressione allegra e il sorriso incantevole con cui Albino aveva abituato Vincenza e chiunque si trovasse intorno a lui sono stati sostituiti da una smorfia agonizzante. Vincenza si avvicina ad Albino con il cuore che le palpita furiosamente. Non è una visione adeguata a una malata di cuore, eppure, con gli occhi lacrimanti, Vincenza, la coraggiosa Vincenza, prende la mano di Albino e gli misura il polso. Uno, due, tre, quattro, cinque secondi, chiude gli occhi in una litania interiore e le lacrime le sgorgano lungo il viso."

    Basta prendere in mano il volume e girare la copertina per incappare in una serie di frasi che possono far correre un brivido lungo la schiena:
    "E quanto a lei signor Patriarca, la corona di Cristo e i giorni di Cristo": frase pronunciata da Suor Lucia di Fatima rivolgendosi ad Albino Luciani a Coimbra l'11 luglio 1977.
    "Gli anni di Cristo saranno i miei giorni. Oggi è il ventiquattresimo giorno del mio pontificato, gli anni di Cristo furono 33": Giovanni Paolo I, dal Diario personale in data 20 settembre 1978.

    Non è certo la prima volta che qualcuno parla di complotti dietro l'improvvisa morte di Papa Luciani, arrivando a ipotizzare un omicidio. E non è certo un mistero che dietro i muri del Vaticano negli anni a cavallo tra i Settanta e gli Ottanta del secolo scorso siano (ma non solo, purtroppo) si siano mossi personaggi che poco avevano a che spartire con la vera fede cattolica e siano accaduti eventi straordinari e terribili.

    Luís Miguel Rocha cerca di ricostruire in parte quel mondo, indagando nei suoi misteri, attraverso la forma del romanzo giallo, un thriller subito venduto in 30 paesi e pubblicato da molte case editrici importanti.
    In Italia è la Cavallo di Ferro, editore particolarmente attento alla letteratura lusofona, a proporlo ai lettori proprio nel momento in cui la Rai presenta un Fiction in due puntate dedicata a Giovanni Paolo I, impersonato sul piccolo schermo da Neri Marcoré.

    Un'immagine di Papa Luciani impersonato da Neri Marcoré
    La fiction, che si intitola Papa Luciani. Il sorriso di Dio - in programma lunedì 23 e martedì 24 ottobre su RaiUno - è incentrata sul suo breve pontificato, e anche qui si fa un diretto riferimento alla profezia di Fatima
    "La chiave del film - spiega Giorgio Capitani - è il dramma della profezia. Papa Luciani ebbe infatti una predizione della Madonna di Fatima che sarebbe diventato Pontefice, ma per poco tempo. Il seme deve morire perché la pianta possa crescere. Vedendo la prima parte della profezia avverarsi, sapeva e aveva un po' paura di quello che lo aspettava. È un Papa durato 33 giorni. Era colto ma ripeteva spesso che sarebbe stato un pavone con le piume alzate se avesse parlato in modo difficile"
    Un tema dunque, quello del dramma di Albino Luciani, tutt'altro che dimenticato, o chiarito definitivamente, e che Rocha, non a caso anch'egli sceneggiatore per le televisioni portoghese e inglese, ha scelto di riproporre in chiave narrativa.

    Attraverso il personaggio di una giornalista portoghese, Sarah Monteiro, spinta a occuparsi della vicenda da una lettera mandata in extremis dal Vaticano da monsignor Firenzi, lo scrittore ripercorre tutte le tappe della storia, partendo dal giorno dell'elezione al soglio pontificio, ma allargando lo sgurdo in direzione della massoneria, della criminalità organizzata, dei servizi segreti, del potere occulto.
    Molti temono un possibile papa riformatore, coraggioso e intelligente, pronto a intervenire nelle delicate faccende finanziarie legate allo IOR, la Banca Vaticana,e a monsignor Marcinkus.

    Così ha dichiarato lo stesso autore:
    "Non ho dubbi sul fatto che se gli avessero lasciato portare avanti il suo lavoro la Chiesa sarebbe stata vista in due modi: prima e dopo Giovanni Paolo I. Tuttavia, trentatré giorni sono bastati per spaventare un gruppo di uomini mossi dal denaro e dal potere. Trentatré giorni sono bastati per spingerli ad eliminarlo senza scrupoli. Albino Luciani è stato ucciso perchè voleva fare pulizia nei Palazzi Vaticani. Stava per prendere decisioni che avrebbero comportato molti cambiamenti non solo nella Santa Sede ma anche nei governi di alcuni paesi. Non posso dire chi furono gli esecutori materiali, ma i mandanti sì: Marcinkus, Calvi e Gelli.

    Ma la mia fonte mi ha convinto a scrivere questo romanzo perchè mi ha dato prove inconfutabili della veridicità di quanto affermato. Mi ha mostrato documenti, che io ho visto e studiato personalmente, di un valore eccezionale. Grazie a questi ho potuto scrivere un testo in cui sotto un plot da romanzo d'azione si nasconde la pura verità."

    E ancora, a proposito dei timori di ripercussioni legali o peggio:
    "Riguardo a querele o procedimenti giudiziari nei miei confronti, non ho timori: il Vaticano ha due opzioni davanti a sè: tacere e non rispondere a quanto affermato nel libro, o contestare, con altre prove, i documenti, che usciranno allo scoperto. Per quanto riguarda l'Italia, se riceverò denunce, sono pronto a mostrare in tribunale le prove per difendere le mie affermazioni, e non credo che ciò convenga a nessuno."

    Il resto della storia è tutta da scoprire in queste pagine, ma se volete saperne di più, leggete l'intervista realizzata da Massimo Villa a Luís Miguel Rocha proprio su questo romanzo.



    Titolo originale: O último Papa
    Traduzione di Daniela Di Pasquale

    Le prime pagine

    CAPITOLO UNO
    ANNO DOMINI MMVI

    Perché un uomo corre? Dato che questo uomo di cui si parla è il rappresentante di tutta la specie, colui che identifica tutti, il tutto, tutti, senza eccezione, per quanto, sia ben chiaro, non esista eccezione in questo caso. Ma la domanda rimane, cosa lo fa correre? Nel senso letterale dell'espressione, una gamba davanti all'altra, il piede destro dietro il piede sinistro e viceversa, non ci sono priorità in materia di corpo umano. Sarà per il piacere della sofferenza in sé, centinaia di muscoli che lavorano in vista di un benessere fisico e psicologico di cui si usufruirà dopo l'esercizio? Alcuni sono spinti dalla gloria, i secondi e i minuti con cui guadagnano terreno regalano vittorie, denaro e notorietà, oppure delusione, sconforto e lamenti. Altri non sono motivati che dall'idea di perdere qualche chilo di troppo con lo scopo finale e unico di piacere all'altro sesso, o al proprio, dipende dai gusti di ciascuno. In ogni modo, l'insieme delle motivazioni si basa su una sola ragione, corrono tutti per la vita, nient'altro li spinge.
    Come quest'uomo che sale le enormi scale interne degli Archivi Segreti del Vaticano a notte così fonda. La sottana nera si perde nella fioca illuminazione del luogo niente affatto segreto che accoglie documenti palesemente segreti. In mano, alcuni fogli ingialliti dal tempo, probabilmente la ragione di tanto precipitoso affaccendarsi. Un rumore in contrasto con il ritmo dei suoi stessi passi lo mette in allarme, è enuto dall'alto, è venuto dal basso, «da dove?» è la domanda che gli attraversa l'espressione del volto. Si ferma, guarda, ascolta, non si sente nulla al di là del suo respiro agitato, il sudore gli scorre sul volto come un torrente di mare salato. Si affretta a ritornare nelle stanze a lui destinate nella Città del Vaticano, o dovremmo dire paese, perché è ciò che è nella realtà, con le sue regole, leggi, credo e sistema politico.

    Monsignor Firenzi è il nome dell'uomo. Lo sappiamo perché è ciò che scarabocchia alla fievole luce della lampada sulla minuta scrivania, qualche sgorbio scritto in fretta su una grande busta, già affrancata, dentro la quale ripone le carte che portava in mano. Certamente è lui il mittente, il destinatario non si riesce a distinguere, per le ragioni d'illuminazione precedentemente riferite e anche perché monsignor Firenzi tiene la testa quasi attaccata alla superficie scritta, forse perché il sudore gli ha appannato gli occhiali e non riesce a distinguere adeguatamente la sua stessa calligrafia. Conclusa questa operazione, chiude il suddetto involucro ed esce dalla stanza.

    Dove andrà monsignor Firenzi a quest'ora della notte, quando la campana della Basilica di San Pietro suona ormai l'una del mattino? Dopo il rintocco, dilaga nuovamente il silenzio. Fa freddo, ma la cosa non sembra infastidire questo servo di Dio che continua ad avanzare e in fretta raggiunge l'esterno, i marciapiedi che portano a Piazza San Pietro, la meraviglia ellittica del Beraini, con tutta la simbologia cristiana e pagana, poiché gli artisti non sono persone da arrendersi a una sola arte o fede, a queste possono aggiungere il lascito di altri. Un rumore sfiora l'orecchio del monsignore. Si ferma, questa volta un sudore freddo gli attraversa il corpo, il respiro è affannato. Non c'è dubbio, sono passi, forse una guardia svizzera di ronda notturna, forse sarà meglio non restare in attesa. Affretta il passo il monsignore, chissà verso quale destinazione, con una busta in mano all'una del mattino, l'ora in cui si dorme con gli angeli, se questa fosse una notte normale. Ma a quanto pare non lo è, non lo è a giudicare dallo sguardo impresso sul volto del monsignore. Mani incollate al corpo a proteggere la busta. Quasi a metà della piazza, azzarda un'occhiata dietro di sé. C'è un volto scuro, giù in fondo, non sembra una guardia svizzera, per lo meno non è vestita come tale, forse non è in servizio, e non ha accelerato il passo, come invece fa monsignor Firenzi che adesso procede di corsa. Il volto nero continua con lo stesso passo sicuro e cadenzato, né veloce né lento, ma non corre, chi corre è monsignor Firenzi che osa voltarsi indietro. A guardarlo sembrerebbe impazzito, ma a quest'ora nessuno si aggira da quelle parti, solo lui e il volto nero, l'uno camminando, l'altro correndo, apparentemente senza alcuna relazione, ma chi potrebbe dirlo.

    Il monsignore lascia la piazza e prosegue per Via della Conciliazione. Roma dorme il sonno dei giusti, degli ingiusti, delle persone perbene, dei poveri, dei ricchi e degli agiati, dei peccatori e dei santi, stanotte si sono tutti ricordati di non uscire per strada, per lo meno lì, in quella via, delle altre non importa in questo momento. Il monsignore rallenta la corsa, opta per un passo sostenuto, quasi di corsa ma, si badi bene, senza correre, il volto segue lo stesso percorso e sembra guadagnare qualche distanza, sebbene non corra. Un bagliore lucente traspare da una mano. Corre con tutta la velocità che l'età e i fluidi nervosi consentono a un monsignore. Corre per la vita monsignor Firenzi, dalla corsa dipendono la vita e la morte. Un tonfo sordo gli rimbomba nelle orecchie e subito si aggrappa alla prima cosa che vede. È stato rapido, è già passato, un suono strano, smorzato e dopo nulla, più nulla. Il volto ancora lontano si avvicina, ma quel tonfo si trasforma ora in un dolore lancinante che gli attraversa la schiena. Porta la mano dove fa più male, vicino alla spalla, sangue, il sangue della nuova ed eterna alleanza tra la vita e la morte, l'equilibrio o meno delle membra e degli organi. Torna il rumore dei passi, il volto nero è vicino, il dolore si fa strada sempre di più all'interno del corpo.

    - Monsignor Firenzi.
    - Cosa vuole da me? - domanda quasi venendo meno.
    - Voglio proprio lei, - prende il telefonino e parla in una lingua non italiana, forse dell'est. Monsignor Firenzi nota il tatuaggio di un serpente spuntare dal polso. Qualche secondo dopo un furgoncino nero compare accanto a due uomini, anche i vetri sono neri e non lasciano intravedere se all'interno ci sia qualcun altro oltre al conducente. L'uomo afferra il monsignore dolorante e lo sistema dentro il furgoncino, senza brutalità, ma come se si trattasse di un sacco leggero. - Non si preoccupi. Non sta andando a morire.
    Prima di entrare nel veicolo, l'uomo pulisce la superficie a cui il monsignore si è aggrappato dopo avere incassato il colpo preciso alla spalla. Monsignor Firenzi lo fissa, il dolore gli attraversa il corpo, «È questo che si sente quando si è colpiti da una pallottola», pensa. L'uomo cancella le prove di ciò che è accaduto pochi secondi prima, ironia, cancellare le prove, ironia, dopo aver guardato l'oggetto con cui si è protetto pochi secondi prima, un minuto forse, poco importa, il dolore che gli tormenta il corpo e il portoghese fluente che gli affiora alle labbra. È a casa che si pensa in questi momenti.
    - Che Dio mi perdoni.
    Tutto pronto, l'uomo entra nel furgoncino, partono, né troppo in fretta né troppo lentamente per non attirare sospetti, sono professionisti, sanno ciò che fanno e come lo devono fare, ma non sono infallibili, solo Dio lo è e solo quando vuole. La strada torna alla quiete originaria, nulla di irregolare, la pulizia è stata eseguita bene, nessuna traccia di sangue sulla cassetta delle lettere a cui il monsignore si è aggrappato.

    © 2006, Cavallo di Ferro

    Rocha Luis Miguel - La morte del Papa
    430 pag., 18,50 € - Edizioni Cavallo di Ferro 2006
    ISBN 9788879070140

    L'autore

    Luís Miguel Rocha è nato a Porto. Lavora per le televisioni portoghese e inglese come sceneggiatore. Il suo primo romanzo Um País Encantado è stato pubblicato in Portogallo e all’estero con grande successo.
    L'intervista di Wuz.


    19 ottobre 2006



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    Claudio Cava
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    Papa
    00 01/06/2007 21:05
    Ipotesi sulla morte di Giovanni Paolo I

    Le spiegazioni del Vaticano

    La spiegazione ufficiale della morte del pontefice sono le cause naturali (infarto del miocardio), anche in considerazione del fatto che vi sono malori che possono sopraggiungere improvvisamente anche ad una persona sana, quali un'embolia polmonare oppure un infarto. Di ritorno in aereo dal Brasile nel 1975, l'allora cardinale Luciani fu colpito da un embolo ad un occhio e nella sua famiglia alcuni parenti, con una situazione medica normale, erano deceduti improvvisamente, segno di una possibile predisposizione genetica.


    L'ipotesi emotiva

    Il cardinal Siri
    La causa naturale della morte fu spiegata in privato[1] dal cardinale Giuseppe Siri, arcivescovo di Genova: il nuovo Papa, persona di estrema semplicità evangelica, aveva una spiccata emotività, come risulta dal fatto che arrossiva al trovarsi in situazioni che potevano essere motivo di vergogna[2].

    Papa Luciani, a detta del cardinal Siri, avrebbe confermato sine die le cariche curiali occupate dai cardinali nelle congregazioni romane; ciò l'avrebbe portato a ritrovarsi contornato di persone che non godevano della sua piena stima e fiducia, e il cuore non avrebbe retto a questa angosciosa situazione.


    Lo psicanalista Cesare Musatti

    Cesare Musatti nella sua celebre rievocazione[citazione necessaria] - a transazione psicanalitica - della morte di papa Luciani, parla di una sorta di sublime fuga mistica, la cui simbologia è rappresentata dalla presenza sul suo comodino dell'Imitazione di Cristo, e soprattutto da quel fatale numero trentatré[3] che rappresenta la sintesi di una identificazione totale con il Cristo, unico vero porto di salvezza, in questo caso dalle fauci di una corte che non risparmiava occasioni, ritiene il Musatti, per fargli presente la sua inadeguatezza.

    Musatti ritiene che Luciani fosse una persona umile e semplice, ma non un sempliciotto e neanche uno sprovveduto; tuttavia, al di fuori della dimensione pastorale, l'unica nella quale si sentiva a suo agio, da vero sacerdote, non era particolarmente brillante nei rapporti umani. C'è chi conclude[citazione necessaria] che effettivamente sarebbe stato lasciato solo, persino dai suoi segretari[4]. In questa visione, l'"uscita" di papa Luciani è interpretata come drammaticamente coerente e misteriosa al tempo stesso, non nel significato romanzesco dato da Yallop ed altri, quanto in quello di trovare "nella profezia che si avvera" l'unico rimedio di salvezza, mediante un olocausto che Musatti ritiene non sia stato vano nella vita della chiesa. Le debolezze fisiche (cuore, polmoni, ecc.) di Luciani e la probabile caduta, in una situazione di estremo stress, delle difese immunitarie, non sarebbero state altro che un facile veicolo di realizzazione di questo inconscio sacrificio.


    Le ipotesi del delitto

    Altre ipotesi e speculazioni giornalistiche avanzarono anche il sospetto di un presunto delitto a sfondo politico.

    Fu detto che[citazione necessaria], pochi giorni prima di morire, il Papa avrebbe convocato i principali responsabili delle finanze vaticane per verificare come venivano gestiti gli ingenti capitali curiali, ma non fece in tempo ad approfondire l'argomento.

    Fin dai primi giorni del pontificato, il Papa espresse la necessità di un ritorno ad una povertà evangelica della Chiesa, affermando di voler procedere ad una profonda revisione della presenza del Vaticano nei mercati finanziari mondiali, gestione in quegli anni affidata all'arcivescovo statunitense Paul Marcinkus.


    Il libro-inchiesta di David Yallop
    Su questa base, il giornalista investigativo britannico David Yallop espose nel suo best-seller In nome di Dio la tesi secondo la quale la morte sarebbe da attribuirsi ad avvelenamento, probabilmente ad azione cardiaca (del tipo della Digitale), e il delitto sarebbe riconducibile ad ambienti massonici deviati, legati alla P2 di Licio Gelli.

    L'elezione di Luciani avrebbe scontentato parecchi esponenti[citazione necessaria]della gerarchia e degli ambienti vaticani[5]. Tra questi, monsignor Marcinkus, che fino all'ultimo istante sperò nell'elezione di un altro candidato, Giuseppe Siri, esponente dell'ala tradizionalista e delfino di Pio XII.

    L'arcivescovo statunitense, una delle figure fondamentali nel panorama della finanza vaticana, protagonista delle relazioni dello IOR (Istituto per le Opere di Religione, la Banca Vaticana) con le grandi banche straniere per l'accrescimento dei capitali gestiti dall'Istituto, intuì immediatamente il pericolo (a lui è stata attribuita la frase "Questo Papa non è come quello di prima, vedrete che le cose cambieranno") dell'elezione di Luciani che, sin dai suoi primi discorsi, aveva lasciato chiaramente trasparire l'intenzione di ricondurre la chiesa cattolica agli ideali di carità cristiana del primo cattolicesimo, rifiutando l'ingerenza della Chiesa negli affari economici e respingendo ogni gestione speculativa dei suoi beni, alla stregua di una banca qualunque, nonché di contrastare fermamente l'appartenenza di ecclesiastici alla massoneria. Di personaggi come Calvi e Sindona, Luciani aveva approfondito la propria conoscenza disponendo apposite indagini; dopo la sua elezione, il periodico O.P. Osservatore Politico (secondo molti[citazione necessaria] "strumento di comunicazione" dei servizi segreti italiani per veicolare messaggi all’ambiente politico) pubblicò un ampio servizio riportando un elenco di 131 ecclesiastici iscritti alla massoneria, in buona parte componenti l'entourage papale.[citazione necessaria][6], morto in circostanze mai chiarite un anno dopo l'elezione di Luciani.

    Yallop evidenziò il susseguirsi, subito dopo la morte, di particolari contrastanti:

    Luciani, come già affermato in precedenza, sarebbe stato trovato morto con in mano il testo medievale «L'Imitazione di Cristo», poi si parlò di fogli di appunti, quindi di un discorso per i gesuiti e, infine, di un elenco di eccellenti nomine e rimozioni che sarebbero state rese note l'indomani.
    L'ora della morte fu inizialmente fissata verso le 23, poi posticipata alle 4.
    Il corpo senza vita del Papa sarebbe stato scoperto dal secondo segretario, John Magee, poi, si disse, da una delle suore che gli prestavano assistenza.
    Al crescere dei sospetti e degli interrogativi sulla morte di Luciani, la stampa italiana e una parte del clero, arrivarono a chiedere l'autopsia della salma del Pontefice, ipotesi respinta a gran voce dal collegio cardinalizio.

    L'inchiesta di Yallop evidenziò, inoltre, numerose incongruenze e circostanze mai chiarite, come la scomparsa di tutti gli oggetti personali dalla camera del Papa (occhiali, pantofole, appunti, il flacone di Effortil, un farmaco per l'ipotensione): la prima autorità a poter entrare nella stanza del defunto fu il Segretario di Stato, Jean Villot, accompagnato da suor Vincenza Taffarel, indicata quale autrice materiale delle sottrazioni.

    Sulla scrivania di Luciani fu trovata una copia del settimanale «Il Mondo» aperta su un articolo titolato «Santità...è giusto?», relativa ad un'inchiesta sulla Banca Vaticana.

    Secondo Yallop, Luciani fu assassinato per volontà di Licio Gelli, con il supporto diretto o indiretto di:

    Sindona e Calvi, che avevano buone ragioni per desiderarne la morte, nonché capacità e mezzi per organizzarla;
    Paul Marcinkus, indicato quale "regista" dell’intera operazione;
    John Patrick Cody, perché passibile di esonero dalla sede di Chicago per motivi legati ad una discutibile gestione finanziaria, di cui la corte federale iniziava ad interessarsi;
    Jean Villot, che avrebbe appoggiato e permesso il compimento dell'operazione.
    Anche a seguito delle rivelazioni di Yallop, nel 1997 e negli anni seguenti, un gruppo di deputati e senatori italiani presentarono in Parlamento alcuni atti di sindacato ispettivo (quali interrogazioni parlamentari, interpellanze ecc.) richiedendo delucidazioni in merito al misterioso decesso di Papa Luciani.[citazione necessaria]


    Le motivazioni del presunto omicidio

    Secondo Yallop, erano due i temi scottanti sui quali Luciani era in contrasto con il gruppo di potere vaticano e gli ambienti massonici: questione demografica (controllo delle nascite) e gestioni finanziarie.

    "Villot e pochissimi altri sapevano del dialogo in corso tra il nuovo Papa e il Dipartimento di Stato americano sulla questione demografica e dell'udienza privata che era stata fissata tra Papa Luciani e una delegazione di parlamentari americani, appunto per discutere il tema del controllo delle nascite. Le discussioni con Luciani avevano dissipato in Villot ogni dubbio sulle posizioni innovative del nuovo Papa su questo tema. Era certo che ci sarebbe stata una drammatica inversione di marcia[7]. Alcuni, come Villot ed altri conservatori, ritenevano che questa svolta sarebbe stata un tradimento del pensiero di Paolo VI. Molti, invece, l'avrebbero acclamata come il maggior contributo della Chiesa al superamento del più drammatico tra i problemi del XX secolo".

    "Il nuovo papa aveva deciso un generale repulisti degli uomini più vicini alla Banca Vaticana, lo IOR. E il 20 settembre 1978 era ormai chiaro che 5 uomini - Marcinkus, Villot, Cody, Sindona e Gelli - avevano moltissimo da temere se Giovanni Paolo I fosse vissuto e moltissimo da guadagnare se fosse morto improvvisamente[8]. E Papa Luciani morì improvvisamente, la notte del 28, a un'ora e per una causa rimaste per sempre sconosciute".


    La "visione" di Suor Erika

    È inoltre documentato[9] che una religiosa tedesca, suor Erika Holzach, già segretaria del professor Feiner, teologo e perito al Concilio, affermasse di essere stata scelta da Dio, negli ultimi anni della sua vita, per ricevere "visioni" riguardanti eventi ecclesiali importanti. Giovanni Paolo I sarebbe apparso più volte nelle visioni di Suor Erika.

    La religiosa, morta nel 1987, "vide" la morte di Papa Luciani, senza essere a conoscenza del libro di Yallop:

    «Vedevo Papa Luciani» - scrive la Holzach - «era presente, sicuro e reale... Ieri sera, quasi alla fine della preghiera... mi è stato dato di conoscere qualcosa in modo molto chiaro: nella notte in cui fu ucciso, due uomini entrarono nella stanza da letto del Papa. Il primo aveva una siringa, l'altro doveva solo fare la guardia. Ma il Santo Padre si è svegliato e ha capito subito che volevano ucciderlo. Ha visto anche il secondo uomo, non poteva e non voleva difendersi. Ha accettato volontariamente di morire per amore. Tutto è successo molto velocemente. La cara Madre di Dio mi ha rivelato che il Santo Padre si è consegnato totalmente nell'ultimo istante, raccomandando a Lei la Chiesa e il futuro Papa».


    Interpretazioni numerologiche

    C'è anche chi, compreso Musatti, ha voluto sottolineare la coincidenza numerica tra la durata in giorni del pontificato del Papa (33) e gli anni di vita di Gesù (sempre 33), giungendo a conclusioni addirittura opposte: c'è chi l'ha bollata come una sorta di "segno divino" e chi invece come un oscuro messaggio dei complottisti, legati ad un ambiente massonico notoriamente sensibile al significato dei numeri.

    A riprova che si tratta soltanto di pura coincidenza è la constatazione accertata che Cristo non visse trentatré anni, ipotesi accreditata da considerazioni simboliche e non storiche, ma 36 o 37, essendo nato nel 6 o 7 avanti Cristo e morto nel 30 dopo Cristo.


    Contro la tesi dell'omicidio

    Albino Luciani, Papa Giovanni Paolo ILa Chiesa Cattolica ha sempre respinto con forza ogni ipotesi dell'omicidio, che viene sposata, seppure in maniera velata, anche dalla criticata fiction sul Papa prodotta da RaiUno nel 2006.

    «La stampa inglese non va mai per il sottile quando è in ballo la Chiesa Cattolica». Questa battuta, pronunciata dal protagonista Neri Marcorè-Albino Luciani nel corso dello sceneggiato, bene si sposa con la posizione della Chiesa nei riguardi di chi ha sostenuto ogni ipotesi di complotto, a cominciare da Yallop, al quale il bestseller In nome di Dio ha prodotto fama e denaro.

    Anche in ambienti laici l'opera del giornalista inglese è stata bollata come poco attendibile, per il suo taglio più al limite del romanzo che dell'inchiesta giornalistica, per l'immagine distorta che mostra della personalità del pontefice e per alcune incongruenze fra le affermazioni in esso contenute e la realtà dei fatti[10].

    Per le numerose persone vicine a Luciani, primo tra tutti il fratello Edoardo, ogni ipotesi di complotto è da liquidare come "sciocca e infondata".

    A tal proposito, è da ricordare che, per esempio, Papa Luciani respinse le dimissioni di Marcinkus, uno dei presunti complottisti, nonostante l'operato di gestione delle finanze vaticane operata dal monsignore americano fosse ben lontano dall'idea di banca etica del pontefice bellunese.

    I presunti cardinali complottisti, inoltre, erano coloro che soltanto un mese prima lo avevano eletto a larghissima maggioranza, ovvero gli stessi che alcune settimane dopo avrebbero eletto pontefice Karol Wojtyla, il quale avrebbe poi agito in continuità con il predecessore.


    Note

    ? Nel seminario di Genova, durante un dialogo con un gruppo di seminaristi, nel 1987.
    ? Si veda, a proposito, il celebre episodio della Visita Pastorale di Paolo VI a Venezia del 1972.
    ? Secondo la tradizione Cristo morì a trentatré anni, mentre in realtà si sa per certo che visse più a lungo, ovvero dal 6 a.C. circa al 30 d.C.. Vedi anche Interpretazioni numerologiche
    ? Don Germano Pattaro, presbitero veneziano di altissima preparazione culturale, che il patriarca Luciani avrebbe avversato e costretto ad andarsene a Roma per le sua impostazione teologica "progressista", raccontò in privato a un'altra persona di essere stato un giorno inopinatamente chiamato da papa Luciani, e di averlo visto letteralmente disperato, al punto di chiedergli di fargli spesso visita e persino di dargli una mano per mettere a posto le carte dello studio.

    it.wikipedia.org/wiki/Ipotesi_sulla_morte_di_Giovanni_Paolo_I





    “Non esiste delitto, inganno, trucco, imbroglio e vizio che non vivano della loro segretezza. Portate alla luce del giorno questi segreti, descriveteli, rendeteli ridicoli agli occhi di tutti e prima o poi la pubblica opinione li getterà via. La sola divulgazione di per sè non è forse sufficiente, ma è l'unico mezzo senza il quale falliscono tutti gli altri”.
    Joseph Pulitzer (1847-1911), Fondatore Premio Pulitzer