00 20/05/2007 14:17

n tal caso, io non parleri di "non normalità", ma di "minoranza".
Gli omosessuali sono in quantità minore degli eterosessuali, e questo li rende una minoraza, stop. Dire che sono "non normali" può dar luogo a fraintendimenti morali, che nulla hanno di oggettivo.


Lo so che il termine è fraintendibile, ma da un punto di vista divulgativo, è quello più utile per far capire l'aspetto biologico della questione. Dire che l'omosessualità è SOLO una minoranza è una semplificazione non corretta: si tratta anche di una condizione mutata rispetto al comportamento "normale"; questo perché l'evoluzione ha selezionato fin dalle origini solo i comportamenti vincenti per la propagazione della specie, adattando tutto in funzione di questi. In una situazione del tutto ipotetica dove una specie, bizzarramente forzata da qualche particolare stimolo evolutivo, commettesse l'errore di sviluppare un comportamento omosessuale fortemente maggioritario, essa:
1) O si estingerebbe, nell'ipotesi che TUTTI gli individui adottino quel comportamento.
2) O sarebbe costretta a procreare andando contro i propri istinti, cosa impossibile per qualsiasi animale a parte l'homo sapiens.
3) O infine (come ipotizzabile, dato che un comportamento non è quasi mai totalitario in una specie) sopravvivrebbe grazie alla minoranza di individui soggetti al comportamento eterosessuale, che prosperando a grande velocità nel pool genico causerebbero una rapida diffusione dei propri geni, mettendo in minoranza nell'arco di poche generazioni i geni omo.
In altre parole, l'eterosessualità non è solo la tendenza "maggioritaria": è anche quella che oggettivamente "funziona", per l'ovvio motivo che permette la filiazione; l'omosessualità, al contrario, è un tipo di mutazione che può esistere e prosperare entro certi margini, ma soltanto DENTRO una specie a carattere eterosessuale. La differenza fondamentale è quindi che il comportamento etero è condizione necessaria e sufficente per la propagazione della specie (proprio sulla base di una visione distorta di questo fatto i moralisti direbbero, impropriamente, che è "naturale") mentre il comportamento omo è una aggiunta possibile e integrabile ma:
1) Non è necessaria alla propagazione della specie né conferisce vantaggi evolutivi diretti*.
2) Se presente, è obbligatoriamente limitata ad una fascia di popolazione minoritaria**.
Non è quindi un caso se la riproduzione sessuata è praticata da infinite specie animali con canoni di comportamento eterosessuale, mentre soltanto una ristretta quantità di specie, in genere molto evolute (mammiferi superiori come i primati, o anche alcuni uccelli) possono, all'interno delle loro complesse dinamiche sociali, "permettersi il lusso" di una sporadica omosessualità.
Come dato di fatto, l'eterosessualità è descrivibile come una condizione non solo maggioritaria, ma "normale", e l'omosessualità come una condizione non solo minoritaria ma "particolare".
Ripetendo, per l'ultima volta (a prova di imbecille, come si suol dire [SM=g27828] ), che quelle virgolette che metto davanti ai termini, non sono casuali. Tutto questo non ha nulla a che vedere con dei giudizi di tipo morale su una persona omosessuale.

Mi sono espresso in modo abbastanza chiaro? [SM=g27817]


* esistono suggestive ipotesi, in merito alla sola specie umana: alcuni antropologi hanno relazionato delle statistiche, osservando che i geni omosessuali potrebbero avere qualche collegamento con l'espressione di alcune facoltà intellettive del cervello; e che quindi potrebbero dare statisticamente un numero più alto di persone "geniali". Si tratta comunque di ipotesi del tutto speculative per ora. Le tesi scientifiche che invece hanno permesso di individuare l'esistenza della componente genetica dell'omosessualità e di capire come essa si propaghi, saranno argomento di una trattazione più approfondita.


** bisogna sempre ricordarsi che quando parliamo di "comportamento eterosessuale" e "comportamento omosessuale" stiamo semplificando. Non è assolutamente lecito pensare che chi si comporta in modo etero sia obbligatoriamente privo di predisposizioni omo, o viceversa; noi non stiamo parlando di un carattere mendeliano, non si può disegnare una tabellina ereditaria con "il genotipo gay" e "il genotipo eterosessuale" rappresentabili come caselline bianche e nere per fare il calcolo delle probabilità di avere un figlio omosessuale. Queste sono predisposizioni genetiche comportamentali, non malattie ereditarie come l'emofilia. La trasmissione di simili fattori è un fenomeno visibile solamente da un punto di vista statistico e soltanto su larga scala; non c'è scritto da nessuna parte che chi ha i geni che lo predispongono, "debba" infallibilmente diventare omosessuale... e anche chi lo diventa può esprimere tale caratteristica secondo innumerevoli gradi, compresa la bisessualità. Quindi per fare un esempio, gli omosessuali praticanti magari potrebbero essere diciamo il 2% della popolazione, quelli effettivi (che sperimentano gli effetti dell'espressione del gene, ma non necessariamente li mostrano a livello comportamentale) potrebbero essere il 7% della popolazione, mentre le persone che annoverano inconsapevolmente questo gene nel proprio genoma, lasciato allo stato silente o poco espresso e che non ne risentono comportamentalmente, potrebbero essere molte di più.

[Modificato da Rainboy 24/05/2007 8.14]

[Modificato da Rainboy 19/10/2009 11:18]