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Il Sacro Romano Impero

All'epoca in cui Stefano divenne papa, la Chiesa si era completamente convertita all'Impero Romano. Si può ben dire che con la "Donazione" il vescovo di Roma aveva l'apparenza di Costantino, viveva come lui, si vestiva come lui, abitava i suoi palazzi, regnava sulle sue terre ed aveva esattamente lo stesso seguito di cortigiani. Come l'imperatore anche il papa voleva dominare su Stato E Chiesa.


Carlomagno fu tutta un'altra faccenda.

Di robuste dimensioni per l'epoca, testa rotonda , lungo naso e grandi occhi intelligenti, era in grado di conversare agevolmente in latino.

Malgrado abbia fondato diverse università non sapeva leggere e non era in grado di scrivere agevolmente il proprio nome.

Era, questo Re dei Franchi, l'uomo in grado di mettere il piede ( anzi tutto il corpo) nel vuoto di potere che si era creato fra Roma e Costantinopoli, conseguente sia alla distanza sia alle differenze di opinione politico-religiosa.

Nell'anno 782, catturati 4.500 sassoni, li fece decapitare tutti sulla riva dell'Aller (ufficialmente per aver rifiutato il battesimo cattolico). Appariva perfettamente in grado di mettere i Longobardi (Lombardi) al loro posto.

Questo nuovo difensore della chiesa non era più santo di Costantino. Aveva divorziato dalla prima moglie e, dalla seconda, gli erano venuti sei figli. Mollata anche questa ebbe due figlie dalla terza moglie ed un altra figlia da una concubina. La quarta moglie non gli diede eredi, ma, quando essa morì, lui si tenne quattro concubine ed ebbe almeno un figlio da ciascuna. Einhard, suo biografo, ne parla come di un padre gentile ed attento.

Alcuino, monaco inglese considerato uno dei più colti dell'epoca, cercò di spingerlo ad accettare la corona dell'Occidente. C'erano tre grandi uomini al mondo, gli disse, il Papa, l'Imperatore, e Lui, al quale spettava il compito di governare il popolo cristiano.

Leone III, papa in carica, era disperato per la necessità di aiuto, e chiese diverse volte la venuta di Carlo a Roma, bisognoso di protezione dagli assalitori esterni. Tra l'altro, desiderava che la sua posizione morale personale fosse assolta dall'accusa di adulterio, su di lui pendente, al livello più alto.


Poco prima dell'arrivo di Carlo, Leone venne assalito da una folla ostile, che gli cavò via gli occhi e gli tagliò la lingua. Per questo l'incoronazione di Carlo non fu particolarmente lussuosa. Mentre si stava inginocchiando di fronte alla presunta tomba di Pietro, il papa, cieco e semi muto, brancolando per trovargli la testa dove poggiare la corona, balbettò che Carlomagno era "Imperatore ed Augusto" e si inginocchiò per adorarlo.

Carlomagno era incazzatissimo. Disse in seguito che se avesse conosciuto prima i piani del papa, non si sarebbe recato in chiesa quel giorno. Voleva l'onore della nomina , ma non riceverla da un suo vassallo (il papa), che Lui era solo venuto a discolpare da un accusa miserabile. Aveva ottime capacità predittive.

Con un solo colpo maestro Leone III si era appropriato di un potere, quello di creare sovrani, che i suoi successori avrebbero sfruttato pesantemente.

Comunque Carlomagno fu rapido ad agire come capo supremo della Chiesa, emanando leggi, scegliendo vescovi, arcivescovi ed abati tra i suoi nobili. Cercò di far cessare sodomia e fornicazione tra i monaci (allora diffusissima). Condannò a morte ogni Sassone che cercasse di evitare il battesimo finfendosi cristiano.

La cosa era d'altra parte perfettamente logica e normale, visto che il predecessore di Leone III, Adriano I, gli aveva già conferito il privilegio ed il diritto (a Carlomagno) di nominare i pontefici romani.


Con questo evento di straordinaria ambiguità si scrive il futuro destino dell'Europa, quando un papa, nominato direttamente da Carlomagno, si permette a tradimento di incoronarlo imperatore. Quale dei due era il più "grande"? All'epoca sicuramente Carlomagno, ma , per gli anni a venire, Leone aveva , con questo straordinario gioco di prestigio, fornito al Papato le carte con cui giocarsi la supremazia.

Avvenne così che S.Pietro vide l'inizio del Sacro Romano Impero, come sanno tutti gli scolari, che non era nè sacro, nè romano, e men che mai impero. Doveva durare più di mille anni, fino al 1806, quando Napoleone (che addirittura si autoincoronò) rovesciò un sovrano degli Asburgo e dissolse definitivamente l'impero.

Tanto per cambiare discorso (dal potere all'amore, per così dire), mi capita di ricordare che fino al 1139, con Innocenzo II, non si trovano impedimenti formali all'esistenza di preti sposati e con figli, e solo con il Concilio di Trento (1545/63) e con l'introduzione della celebrazione del matrimonio in forma "legale" viene ottenuto il risultato di controllare in maniera definitiva le nozze del clero.

Questi tentativi di imporre il celibato ai preti iniziano con il sinodo spagnolo di Elvira, che prescrive: " vescovi, preti e diaconi, come tutti i chierici che servono all'altare , devono astenersi dai rapporti coniugali con le loro mogli e non devono avere più figli" .

Nel Concilio ecumenico di Nicea (325) l'idea di proibire il matrimonio al clero viene cassata pesantemente, così come nel successivo sinodo di Gangra (340/41).

In considerazione del fatto che affronterò in seguito il problema in maniera più approfondita, dico soltanto che quest'andazzo, del vietare e lasciar perdere andò avanti per un pezzo, con il risultato di porre il clero nella straordinaria condizione di poter fare di tutto ed il contrario di tutto (nello specifico settore del sesso), con la certezza di trovare comunque qualche parere. giuridico e/o religioso, favorevole ma con scarsissimo rispetto per la (o il) partner e le conseguenze dei propri atti.



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Qualche storia macabra e di sesso

Senza eccezioni a tutti è ben nota la storia del Borgia, sia pure a grandi linee, che viene considerato come l'unica mela bacata del gruppo. Ma così non sembra essere.

I "Conti" (di Tuscolo), famiglia dei colli albani, discendenti di Alberico di Tuscolo, che diedero al papato ben sette papi (tra papi ed antipapi), contribuirono piacevolmente a trasformare la città eterna nella "Roma Deplorabilis" , contro la quale si scagliò Lutero.

Se si esamina la lista dei papi dopo l'880 si scopre quanto segue: nei seguenti centocinquant'anni si succedettero 35 papi, regnanti circa quattro anni ciascuno. Anche nelle epoche precedenti esiste, più o meno, lo stesso ritmo e viene spiegato con il fatto che i papi erano normalmente scelti perché vecchi e/o infermi. Ma nel nono e decimo secolo molti dei papi eletti erano sulla trentina, molti erano ventenni. Qualcuno di essi durò due settimane, qualcuno un mese o tre mesi. Sei di essi vennero detronizzati ed un buon numero assassinati. Risulta quasi impossibile stabilire con precisione il reale numero dei papi o degli antipapi, anche perché non erano ben chiari i meccanismi "legali" di nomina o di scelta.


Quando un papa spariva nessuno poteva essere certo di cosa gli era successo. Poteva essere dappertutto e poteva essergli capitata qualsiasi cosa: assassinato, in un bordello, percosso e menomato come Stefano VIII, cui nel 930 tagliarono orecchie e naso, e che non mostrò più in pubblico la sua faccia. Poteva essere scappato con l'intero tesoro di S.Pietro, come Benedetto V nel 964, fuggito a Costantinopoli dopo aver disonorato una ragazzina e riapparso, dopo aver sperperato tutto, alcuni anni dopo provocando ulteriori tumulti.

Lo storico Gerberto definì allora Benedetto "il più iniquo di tutti i mostri di empietà", ma il suo giudizio era quantomeno prematuro perché,subito dopo, il Pontefice venne sgozzato, probabilmente da un marito geloso. Il suo cadavere, accoltellato decine di volte, venne trascinato a lungo per le strade prima di essere sbattuto in una fogna.

Un papa, Stefano VI, era completamente matto. Esumò un suo predecessore corso, Papa Formoso (891-6) ben oltre nove mesi dopo la morte ed in quello che venne chiamato Il "Sinodo Cadaverico" vestì il putrefatto e puzzolente cadavere di Formoso in abiti papali, lo sistemò sul trono e lo interrogò personalmente. L'accusa era di essere diventato papa senza averne il diritto; per la precisione, dato che era vescovo di un altra località non avrebbe potuto essere eletto in Roma. Secondo Stefano la cosa aveva invalidato tutti i suoi atti da pontefice e quindi anche le ordinazioni canoniche.


Giudicato colpevole il cadavere venne condannato come "antipapa", venne spogliato, subì l'amputazione di due dita (quelle con le quali impartiva la sua falsa benedizione) e buttato nel Tevere. La carcassa venne in seguito recuperata da alcuni ammiratori e/o seguaci che gli diedero una quieta sepoltura. Molto dopo il cadavere fu riportato nella sua tomba in San Pietro. Il pazzo Stefano morì strangolato, ma non si bene da chi.

I Papi uccisero e vennero uccisi, storpiarono e furono storpiati. Condussero vite che non avevano nulla in comune, almeno per quello che ci viene insegnato adesso, con il vecchio ed il nuovo testamento. Sembrano essere stati più che altro una specie particolare di hooligans.

Proprio in quest'epoca vive ed opera Marozia dei Teofilatti, figlia di Teodora, l'amante di Papa Giovanni X (914-29), con il quale ebbe anche un'altra figlia. Queste due donne (Marozia e Teodora) in meno di dieci anni crearono e disttrussero a piacere almeno otto papi.


Gibbons suggerisce che da loro sia nata la leggenda della Papessa Giovanna, nella quale si credette per secoli, fino alla Riforma, e che racconta come essa sia morta in completo abito pontificale, dando alla luce un figlio, sulla strada che va dal Colosseo alla chiesa di San Clemente.

Voci popolari sostenevano che la sedia papale con un buco sul sedile servisse per permettere un esame ginecologico al fine di impedire che un'altra papessa salisse sul trono papale. I controlli erano accompagnati da preghiere latine. Di fatto questi rituali risultano integralmente descritti i diversi documenti medioevali.

D'altronde non era necessario essere cardinale o prete per diventare papa. Adriano V, un buon papa, non era mai stato ordinato vescovo o prete.

Ma torniamo a Marozia, origine probabile della leggenda della Papessa Giovanna. La sua entrata nella storia la fa unendosi con Sergio III (904-11), che aveva fatto fuori sia Leone V (papa per un mesetto) sia il suo usurpatore, il Cardinal Cristoforo.

Sergio III aveva cominciato la sua carriera pontificale riesumando anche lui papa Formoso, allora morto da appena dieci anni, e condannandolo per eresia , come il già citato Stefano VI.


La differenza era che Sergio era stato direttamente "ordinato" da papa Formoso ed , a sensi di logica, avrebbe dovuto considerare anche se stesso altamente irregolare. Anche lui asportò delle dita a Formoso ed anche lui lo gettò nel Tevere, dopo averlo per buona misura decapitato. Ma Formoso doveva avere delle particolari qualità anche da morto, perché il suo cadavere senza testa venne trovato nella rete da un pescatore ed una volta ancora (la prima di due) riportato in S.Pietro.

Quando Marozia divenne la donna di Sergio aveva 15 anni e lui ne aveva 45. Da lui ebbe un figlio alla cui carriera si dedicò con passione. Bellissima figlia di un senatore di Roma, venne sedotta dal Papa nel palazzo Laterano. Sua madre Teodora, aveva già messo mano ad alcune nomine papali, portando il suo amante, orginariamente vescovo di Bologna, all'Arcivescovado di Ravenna e poi al Papato con il nome di Giovanni X. Marozia aveva allora 22 anni e suo figlio , il figlio di Sergio, era troppo giovane per avere aspirazioni. Papa Giovanni convinse, prudentemente, Marozia a sposare il conte Alberico, che in seguito rimase ucciso nel tentativo di impadronirsi del potere. Il Papa costrinse allora Marozia a prendersi cura del cadavere mutilato del marito, ma Marozia (che sulla vendetta doveva sapere quasi tutto), al momento della morte della madre Teodora (92, fece strangolare o soffocare il pontefice, levandoselo dai piedi.

Dopo due papi pupazzi, che durarono giusto il tempo voluto da Marozia, essa elevò al pontificato suo figlio con il nome di Giovanni XI.

Disporre di un figlio papa costituì una vera fortuna per Marozia, perchè da lui ricevette la dispensa necessaria per sposare il suo fratellastro, Ugo di Provenza, dopo averne fatto uccidere la moglie legale. ll matrimonio fu celebrato personalmente e con grande sfarzo dal Papa (e figlio) nella primavera del 932.

Poi tutto andò a puttane. Il secondogenito di Marozia, Alberico II° il giovane, con un colpo di mano si impadronì del potere in Roma, depose ed imprigionò il fratellastro, papa Giovanni XI, fino alla sua morte, e , cosa ancora più spiacevole, imprigionò per sicurezza anche la sua pericolosa madre nel terribile Mausoleo di Adriano (che sarebbe poi diventato il famoso Castel Sant'Angelo) .

Sessantenne e prigioniera, nel 955, Marozia venne a sapere che il suo pronipote Ottaviano, figlio di suo figlio Alberico (morto nel 954/5), era diventato papa con il nome di Giovanni XII nell'inverno del 955, inaugurando anche la moda di cambiare nome al momento dell'elezione a papa.

Giovanni XII , diventato papa a circa sedici anni, fu un papa così terrificante che si raccontava in giro lui avesse inventato peccati sino ad allora sconosciuti, compreso l'andare a letto con la propria madre e le proprie sorelle.

Nel palazzo Laterano manteneva un harem perenne. Si giocava le offerte dei pellegrini ed aveva una scuderia di duemila cavalli che nutriva a mandorle e fichi conditi nel vino.

Il turismo (allora fonte di grandi guadagni e formato essenzialmente da pellegrini) subì un crollo verticale e persino le donne venivano prudentemente avvisate di non avvicinarsi al papa, che era sempre in tiro ed in cerca di carne fresca. Insomma fece scoppiare un tale casino che , temendo per la sua vita fu costretto a rifugiarsi a Tivoli.

Avvisato della faccenda Otto di Sassonia (incoronato imperatore nel 961), preoccupato per gli affari dell'impero, impose al giovanotto di ritornare subito a Roma a fare il suo dovere.

Il vescovo di Cremona, in un sinodo appositamente convocato, ci lasciò un preciso elenco delle accuse portate al papa: il papa diceva messa senza comunione; ordinava i diaconi nelle stalle; faceva pagare le nomine religiose (simonia); faceva sesso con un lungo elenco di signore, compresa l'amante di suo padre e sua nipote; aveva accecato il suo consigliere spirituale e castrato un cardinale , provocandone la morte.

Otto scrisse al papa una lettera che rappresenta, per l'epoca, una vera curiosità: Tutti quanti, religiosi e laici, accusano Voi, Santità, di omicidio, spergiuro, sacrilegio, incesto con le vostre parenti, comprese due vostre sorelle, e di aver invocato, come un pagano, Giove, Venere ed altri demoni.


Giovanni rispose dettando una lettera (non aveva grande familiarità con le lettere) nella quale avvisava i vescovi che, se loro lo spodestavano, li avrebbe scomunicati tutti, impedendo Loro di impartire sacramenti, etc.etc., poi saltò a cavallo e se ne andò a caccia.

Ritornato Otto in Sassonia (si era stufato di attendere i comodi del pontefice, peraltro sino ad allora stabilmente richiuso a Tivoli), Papa Giovanni rientrò, con un armata fornitagli dai parenti, in Roma e si riprese il pontificato. A Roma procedette subito a far storpiare o uccidere tutti coloro che avevano contribuito al suo breve esilio.

Morì ad appena 24 anni, ucciso da un marito geloso che lo aveva colto sul fatto con sua moglie ("in flagrante delicto"). I Romani, sempre spiritosi, dissero che almeno era stato fortunato a morire in un letto, anche se si trattava del letto di qualcun altro.

Bellarmino (il cardinale) disse di lui "Fuerit fieri omnium deterrimus" (il peggiore di tutti (i papi)).



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Altri affari che seguirono

Con il mostruoso Giovanni XII fuori gioco i Romani scelsero come successore Benedetto V (a quell'epoca erano popolo e clero a fare la scelta del papa).

Otto (Ottone di Germania) però s'incazzò moltissimo. "Nessuno può essere papa senza il consenso dell'imperatore" disse "questo è come è sempre stato."

La sua scelta cadde su tale Leone VIII.

Il cardinal Baronio, nella sua storia della Chiesa, sostiene che il vero papa era Benedetto e che Leone non era altro che un antipapa, ma quello che è certo è che Benedetto si prostrò alle ginocchia di Leone, strappandosi di dosso le insegne del papato e spergiurando che Leone era il vero successore di Pietro.

Non è ben chiaro se una genuina asserzione di un papa che dichiara che lui non è il papa costituisca un'esercizio di infallibilità, ma le cose erano di certo assai confuse dal punto di vista della verità religiosa.

Morti sia Benedetto sia Leone, Otto (Ottone) mise sul trono papale Giovanni XIII. La scelta non sembrò essere buonissima, perché i Romani gli fecero fare le valigie in quattro e quattr'otto. Ottone, di nuovo incazzato, lo riportò, accompagnato dall'esercito, a Roma, però solo per rendersi conto che i Romani non avevano tutti i torti.

Il nuovo papa era di mostruosa crudeltà. Secondo quanto raccontato da Liutprando faceva strappare via gli occhi ai suoi avversari e passare a fil di spada chiunque lo guardasse storto (da ricordare la condanna a morte nel 965 di 24 "ribelli" romani che gli si erano opposti).

A Giovanni XIII seguì Benedetto VII, morto anche lui poco dopo per mano di un marito geloso.

Nelle cronache sincere del Cardinal Baronio si notano frequenti tracce di imbarazzo relative a questo periodo. Riferendosi a questi papi li chiama "non apostolicos sed apostaticos" e ancora "sullo scanno di Pietro siedono non uomini ma mostri con l'aspetto di uomini.....vanagloriose Messaline piene di brame carnali ed esperte in ogni forma di orrore governano Roma e prostituiscono lo Scanno di San Pietro per i loro favoriti o le loro puttane" .

Tenendo conto di quanto stabilirà in futuro il Concilio Vaticano I, le sue conclusioni sono stupefacenti: "La principale lezione di questi tempi è che la Chiesa può andare avanti benissimo senza i papi. Ciò che è vitale per la Chiesa non è il papa ma Gesù Cristo. Gesù è il capo della Chiesa e non il papa." Se l'avesse sostenuto pochi secoli dopo, Baronio sarebbe stato condannato per eresia.

Ai nostri giorni il papa è il capo della Chiesa sulla terra, vicario di Cristo e su di lui si fonda tutto l'apparato, ma a quell'epoca sia Baronio sia i Romani avrebbero riso di questa interpretazione. La sola questione che li poteva incuriosire non era "Come può il papa salvare la Chiesa?" ma "Come può il papa salvare la sua anima?"

In tutto questo tempo Marozia era rimasta chiusa in prigione così, nel 986 papa Gregorio V, venticinquenne, e suo cugino l'imperatore Ottone III, quindicenne, decisero che la povera donna ne aveva avuto abbastanza. Mandarono un vescovo ad esorcizzarla e le tolsero la scomunica. Venne assolta di tutti i suoi peccati e quindi regolarmente giustiziata.


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Cinquant'anni dopo, nel 1032, morì Giovanni XIX, della casa di Tuscolo. Il Conte Alberico III pagò una fortuna per conservare il posto in famiglia e chi meglio di suo figlio Teofillatto poteva occuparlo. Sua Santità Benedetto IX aveva undici anni quando, secondo Raoul Glaber, monaco di Cluny, divenne papa nel 1032.


Ancora prima di aver compiuto quattordici anni questo pontefice aveva superato tutti i predecessori in stranezze e follie.

I commenti degli osservatori dell'epoca ne parlano come di un demone o di un mostro di immoralità.

Spesso fu costretto a lasciare Roma in fretta per tema di essere ammazzato. Nel 1033 un eclisse di sole sembrò ragione sufficiente per scacciarlo, ma l'imperatore Corrado lo rimise sul seggio. Durante una sua successiva assenza, nel 1036, i romani nominarono papa Silvestro III, ma dopo cinquanta giorni il papa-bambino venne rimesso sul trono dalla sua famiglia, persuadendo Silvestro a levarsi dalle scatole.

Per amore di una donna Benedetto decise di abdicare, lasciando il papato al suo padrino Giovanni Graziano,arciprete di San Giovanni alle Porte completamente illetterato, in cambio di 700 chili d'oro, nel 1045.

Giovanni Graziano era ormai Gregorio VI quando Benedetto, ora chiamato solo Teofilatto di Tuscolo, mollato dall'amata, decise di riprendersi il papato. Così , con Silvestro ancora in giro, in quel momento c'erano tre pretendenti alla carica di papa: Silvestro in San Pietro, Benedetto sui colli Albani e Gregorio in Laterano.

Intervenne allora Enrico di Germania, convocando un sinodo a Sutria. Dietro sue istruzioni Silvestro venne giudicato un impostore, condannato allo stato laico ed a trascorrere il resto della vita in un eremo. Benedetto aveva rinunciato al suo incarico e doveva essere considerato fuori gioco, mentre a Gregorio VI° andarono molti ringraziamenti per aver liberato tutti da Silvestro e da Benedetto, ma , avendo peccato di simonia per acquistare il papato, doveva dare le dimissioni.


Così, saggiamente, nel 1046 Gregorio si adeguò al desiderio di Enrico (altrimenti ci avrebbe lasciato la pelle) e, con una pubblica confessione dei propri peccati, abdicò all'incarico papale.

Enrico nominò subito papa un certo Clemente II, dal quale si fece subito incoronare imperatore e se ne tornò in Germanio con Gregorio VI, per impedirgli di rompere ulteriormente le balle in futuro.

Quando poco dopo Clemente II morì, con anche Gregorio deceduto in Germania, Benedetto cercò di occupare di nuovo l'"incarico", ma Enrico ordinò al Conte Bonifacio di Tuscolo di farlo restare al suo posto.

Damaso II, altro successore nominato da Enrico, spirò in breve tempo, forse avvelenato da Benedetto, che però rinunciò definitivamente ad ulteriori pretese, ritirandosi nel Monastero di Grotta Ferrata, dove spirò "nella grazia di Dio".

Insomma, nel complesso, Benedetto IX diventò papa tre volte: dal 1032 al 1034 la prima, nel 1045 la seconda e dal 1047 al 1048 la terza.

Non male per un papa bambino.



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La rivincita

E' stato l'unico papa a canonizzare se stesso, ma sarebbe meglio ricordarlo come un uomo disperatamente perseguitato da un ricordo. Ildebrando era presente, giovane monaco, quando Gregorio VI venne deposto ed umiliato da Enrico III nel 1046. Enrico che pose sul trono papale un altro burattino pronto ai suoi comandi.

Ildebrando accompagnò Gregorio VI nell'esilio in Germania ed il ricordo del papa deposto non lo lasciò mai più.


Ritornato in Italia fu consigliere e poi Cancelliere di quattro pontefici ed alla morte di Alessandro II (1073), fu eletto pontefice a furor di popolo con il nome di Gregorio VII.

Non gli deve essere piaciuta questo genere di elezione, visto che proprio lui aveva sostenuto che la scelta del pontefice doveva ricadere soltanto sui cardinali, ma l'accettò comunque di buon grado e, immediatamente, richiese al giovane Enrico IV, l'imperatore, il consenso formale.

Neanche questo gli deve essere piaciuto visto che riteneva che fosse indegno chiedere il permesso ad un inferiore (l'imperatore) da parte di colui che era il "superiore" a tutti in quanto vicario di Cristo.

Giustificò in seguito la cosa, sostenendo di non voler creare eventuali presupposti giuridici di una possibile futura deposizione. Avrebbe avuto presto la sua rivalsa, con una svolta epocale nei rapporti tra potere religioso e potere temporale.


Enrico IV, benché saggiamente prevenuto ed avvisato dai suoi consiglieri, ritenne che come suo padre aveva fatto e disfatto quattro papi altrettanto poteva fare lui e, malgrado le caratteristiche di ascetismo e di durezza del nuovo papa, gli concesse il suo assenso.

Sin da ragazzo Ildebrando, figlio di un carpentiere, aveva avuto un adorazione per San Pietro. Pietro "Il Capo Pastore", colui che poteva fare e disfare in cielo e sulla terra con pieni poteri. Quando divenne papa dettò ventisette tesi, il suo "dictatus" , che specificavano capacità e poteri del vicario di Pietro. Vediamone alcune:
-Il papa non può essere giudicato da alcuno sulla terra.
-La Chiesa di Roma non ha mai errato e non errerà mai sino alla fine dei tempi.
-Solo il papa può deporre i vescovi.
-Solo il papa può portare le insegne imperiali.
-Il Papa può detronizzare imperatori e re e liberare i loro sudditi dagli obblighi di obbedienza verso i sovrani.
-Tutti i sovrani (principi) gli devono baciare i piedi.
-I suoi ambasciatori, anche non preti, hanno la precedenza su tutti i vescovi.
-Un papa eletto regolarmente è senza alcun dubbio un santo, in ragione dei meriti di Pietro.

Della propria santità ebbe sicurezza e certezza assoluta al momento della sua elezione, anche se l'idea venne prontamente lasciata cadere da tutti i suoi successori, probabilmente meno maniaci o meno mitomani.

Non è chiaro se sapesse che tutte queste sue affermazioni erano basate su documenti falsi, anche se non ci sono veri dubbi in proposito. Per sette secoli i Greci avevano chiamato Roma "la casa dei falsi". (si veda in proposito l'ironia del patriarca Pietro di Antiochia nel 1054: quando in occidente venne imposto il celibato ai preti:"I latini hanno di certo perduto i documenti originali del concilio di Nicea durante l'occupazione dei Vandali". In Oriente i sacerdoti possono ancor oggi sposarsi, secondo quanto prescritto a Nicea) e sotto Gregorio VII si forma una vera e propria scuola di "falso", diretta da Anselmo da Lucca, che forniva e fornirà documenti falsificati appropriati per ogni futura azione intrapresa dai pontefici.

Molti antichi ed originali documenti vennero ritoccati per far loro dire l'esatto opposto di quanto sostenuto dall'originale. Ed un gran numero di documenti antichi sono integralmente falsi. La "scuola dei falsari" falsificava imparzialmente tutto, storia e documenti, e questo metodo di reinventare la storia costituì un successo istantaneo, permettendo anche immediate modifiche dei "canoni religiosi".

Si esaminino per esempio i Decreti dello Pseudo-Isidoro, complessivamente 240 documenti, dei quali sicuramente almeno 125 sono falsi palesi, e che servirono a Gregorio per estendere la proibizione del commercio normalmente irrogata agli scomunicati, anche ai re, agli Imperatori ed ai principi. Scomuniche di questo genere emesse contro l'imperatore Greco e contro Boleslao, re polacco, provocarono ribellioni , repressioni e morti senza nessuna seria giustificazione religiosa.

Dell'opera di riordino del monaco benedettino Graziano (1150 ca.), utilizzata in seguito da Tommaso d'Aquino (che non sapeva un cazzo di greco, aramaico, o altre lingue) per la sua Summa Teologica , sappiamo per certo che su 324 citazioni di affermazioni di papi dei primi quattro secoli soltanto 11 sono autentiche.

La conseguente equiparazione tra scomunicati ed eretici (decretata da Urbano II°, 1088-99, che, tra l'altro fu anche il papa che diede inizio alla prima crociata nel 1095 e stiamo parlando di un affare che in quattro anni[1095-1098] produsse un milione di morti certi, anche cristiani [vedasi le stragi di Wieselburg e Semlin, in Ungheria], che meriterebbero un discorso a parte) condusse alla tortura ed alla morte degli scomunicati, che in precedenza sarebbero state viste come inutili atti di crudeltà, non rispondenti all'insegnamento di Cristo


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Scusandomi della digressione, che non centra affatto, Vi ricordo l'esistenza dei libri "penitenziali" (Capitula Martini; Cesario; Reginone di Prüm; Burcardo di Worms; Hubertense;Teodoro, etc.etc.), prodotti dal 200 al 1500 ca. nei quali, quasi senza eccezioni (strana curiosità) ai rapporti sessuali anali od orali venivano imposte penitenze assai più pesanti di quelle previste per aborto, stupro, omicidio premeditato ed assassinio. Se volete chiarimenti ulteriori posso precisare che venivano sanzionati e puniti anche i rapporti tra marito e moglie quando l'uomo stava sotto o quando faceva l'amore "come fanno i cani (citazione)", e non erano penitenze da nulla.

Venivano proibiti i rapporti con le mogli incinte, tra coniugi sterili o anziani, con la moglie mestruata, etc. etc. Insomma una vera serie di stupidaggini, delle quali resta pesante traccia anche nella "Evangelium Vitae" di Giovanni Paolo II, non certo il più umano e pregressista dei papi, anche se, certamente, uno dei politici più abili e sensibili al girare del vento.

D'altra parte, anche se la Chiesa è sempre in ritardo sui progressi della scienza e della politica sociale, ora si tratta di sopravvivere o di rinchiudere se stessa ed i propri fedeli in un ghetto di meschina repressione. Solo l'idea di una politica della famiglia "cattolica" in India o in Cina costituirebbe un pericolo mortale per l'umana "civile" sopravvivenza, e civile in questo caso vuol solo dire senza sanguinosi scontri per il cibo.


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Ma torniamo a Gregorio.

La sua scatenata legislazione cominciò trasformando in prostitute migliaia di stupefatte ed innocenti mogli di meravigliati uomini di chiesa, che fino ad allora avevano contratto e contraevano regolarmente matrimonio ed avevano figli. Un buon numero di queste giovani donne, sole ed abbandonate da tutti, si suicidarono eliminando ulteriori seccature al pontefice

In quest'occasione la Chiesa tedesca, con certa ironia, chiese al papa se avrebbe provveduto lui personalmente a far sostituire le moglie abbandonate da appositi angeli. Un gruppo di vescovi italiani, riunitisi a Pavia nel 1076, scomunicò il papa, senza grande successo.

Il celibato, normativamente regolato, garantì comunque la futura perpetua separazione tra clero (cui spettavano tutti i diritti) e laici.

Il prossimo bersaglio fu la simonia, che perseguitò selvaggiamente e con ragione, ritenendo che lui fosse il solo soggetto al quale si dovesse eventualmente pagare qualcosa.




Ora non restava che sferrare il colpo che aveva aspettato per trent'anni. Accusò l'imperatore Enrico IV di interferire negli affari della Chiesa e di essere simoniaco. Enrico ne fu stupefatto. Stava solo facendo quello che tutti gli altri imperatori avevano già fatto. Aveva consentito lui all'elezione di Gregorio, come faceva il papa a credere di potergli imporre cosa fare. Enrico convocò un concilio a Worms e decretò nulla la nomina papale.

Gregorio rispose con un anatema:
Su ordine dell'Onnipotente, io proibisco ad Enrico di governare i regni d'Italia e di Germania. Assolvo tutti i suoi sudditi da ogni promessa e/o giuramento che essi gli abbiano fatto o ricevuto; e scomunico chiunque gli presti servigi in qualità di re.


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L'estrema rivincita

La notizia della scomunica di Enrico IV esplose come una bomba nell'Europa dell'epoca. Gli imperatori avevano fatto e disfatto papi a loro piacimento ed ora uno di questi scalzacani si rivoltava contro di loro. Come diavolo sarebbe finito il mondo?


Gregorio aveva tutto a suo favore. La madre di Enrico, Agnese, era dalla sua parte così come la formidabile Matilde, contessa di Toscana. I Feudatari e Principi tedeschi colsero la palla al balzo e Gregorio , mettendosi al vento, spalleggiò Rodolfo, Duca di Svevia, come legittimo successore/sostituto all'imperatore.

Insomma aveva messo Enrico, allora ventunenne, con le spalle al muro.

Nell'inverno del 1077 Enrico passò le Alpi, perdendo anche cavalli e muli nel corso della traversata, e si recò nel rifugio superfortificato di Gregorio, la fortezza di Canossa (di proprietà della sunnominata Matilde), cinta da una triplice cerchia di mura.

Qui, adeguandosi alle condizioni dettate dal papa, l'imperatore attese nella neve fino alla vita per tre giorni, spogliato delle insegne imperiali e vestito con una tunica di lana, i porci comodi del pontefice. Alla fine persino Matilde, mossa a commozione per le disgraziate condizioni del cugino, pregò il papa di dare licenza e perdono ad Enrico, cosa che finalmente il papa si decise a fare.


In una lettera ai principi tedeschi lo stesso Gregorio, con una notevole dose di autocompiacimento, così afferma:
Le persone che hanno interceduto per Enrico mormoravano per la durezza di cuore del papa. Qualcuna ha persino detto che un tale comportamento era più degno di una crudeltà barbara o di un tiranno che la giusta severità di un giudice ecclesiastico.

Per la precisione ne riporto le parole precise: Per triduum, ante portam Castri, deposito omni regio cultu, miserabiliter, ut pote discalceatus, et laneis indutus, persistens, non prius cum multo fletu apostolicae miserationis auxilium et consolationem implorari destitit, quam omnes, qui ibi aderant, et ad quos rumor ille pervenit, ad tantam pietatem, et compassionis, misericordiam movit, ut pro eo multis precibus et lacrymis intercedentes, omnes quidem insolitam nostrae mentis duritiem mirarentur; nonnulli vero in nobis non Apostolicae sedis gravitatem, sed quasi tyrannicae feritatis crudelitatem esse clamarent. (Ep.Greg.ap.Memorie della Contessa Matilda,da Fr.Mar.Fiorentini Lucca, 1756. vol.1 pag.174)

Enrico si limitò a domandare al papa solamente di levargli la scomunica e se ne tornò a casa, dopo aver imparato la lezione, che, anche lui, non dimenticò per il futuro.

Egli fu comunque il primo (recordman) a sentire materialmente il morso degli "spirituali" strali papali.

Nel giro di pochi mesi era di nuovo scomunicato per aver sistemato per le feste Rodolfo di Svevia, ma questa volta si era preparato meglio.

Convocato un concilio fece deporre il papa e nominò quale sostituto Guilberto di Ravenna, con il nome di Clemente III.


Gregorio, furente, profetizzò che Enrico sarebbe morto entro un anno, cosa che , regolarmente, non successe. Anzi Enrico vinse tutte le sue battaglie, marciò con il suo esercito su Roma e mise sul trono papale Clemente, mentre Gregorio , abbandonato dai cardinali, scappava a Salerno, dove impartì una solenne benedizione alla razza umana "escluso Enrico, il cosiddetto Re". Persino un pontefice con poteri divini non poteva redimerlo.

Poco prima di morire, nel regno di Napoli il 24 maggio 1085, sembra dicesse:"Ho amato la giustizia ed odiato l'iniquità, eppure muoio in esilio". Allla sua mancanza di logica rispose il suo aiuto episcopale:" Come in esilio , Santità, quanto il mondo intero è tuo".

Gregorio è tenuto in grande considerazione presso i cattolici, malgrado le falsificazioni e la legislazione repressiva di cui è responsabile, ma anche i più praticanti devono ammettere che le sue responsabilità sono enormi. Prima di lui Altare e Trono erano alleati e se si fosse limitato a mettere a posto un imperatore, le cose potevano finire lì senza gran danno. Al contrario Gregorio introdusse la falsa ed ambigua dottrina che poneva lui, il papa, al posto sino ad allora occupato dall'imperatore. In nome di Gesù Cristo, pover'uomo di Nazareth, che rinunciò , tentato dal Demonio, a tutti i regni della Terra, il Papa divenne il Diavolo stesso non limitandosi ad essere il Vescovo dei vescovi ma pretendendo di essere il Re dei re.

Molti cardinali di elevata statura morale lo ritennero responsabile non solo di avere distorto storia e realtà religiosa, ma di avere distrutto l'unità della chiesa, di avere sparso i semi da cui sarebbe esplosa la Riforma e di aver impedito ogni futura possibilità di riunione delle varie confessioni, imponendo un prevaricante "romanesimo" nella normativa ecclesiastica.

Questo maniaco del potere stabilì un precedente che permise ai successori di scomunicare almeno altri otto imperatori, deponendone diversi e provocando ogni volta terribili guasti e dolori in tutta la Cristianità.

L'ultimo paradosso di Gregorio è di aver preparato la strada a papi come il Borgia ed altri, contro i quali non esisteva quasi più protezione alcuna (in precedenza Imperatore e Concilio, rappresentavano armi legali plausibili, ora rese dubbie dalle azioni e dalle statuizioni di Gregorio). Anche se sulla sedia papale si fosse insediato Satana, chi avrebbe osato avanzare dei dubbi sul Vicario di Cristo?

Gregorio VII° dovette attendere altri cinque secoli prima di essere santificato da un pontefice che non fosse lui medesimo e questi era Pio V°, anche lui con la tendenza a deporre Reali e con gli stessi pessimi risultati.

Il più grande complimento glielo fece Napoleone quando disse:" se io non fossi io, mi sarebbe piaciuto essere Gregorio VII",e la scelta tra Gregorio ed Innocenzo III fu dettata probabilmente dal lancio di una monetina.






“Non esiste delitto, inganno, trucco, imbroglio e vizio che non vivano della loro segretezza. Portate alla luce del giorno questi segreti, descriveteli, rendeteli ridicoli agli occhi di tutti e prima o poi la pubblica opinione li getterà via. La sola divulgazione di per sè non è forse sufficiente, ma è l'unico mezzo senza il quale falliscono tutti gli altri”.
Joseph Pulitzer (1847-1911), Fondatore Premio Pulitzer