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L'esilio in Babilonia (Avignone) e la discesa del papato all'inferno

I problemi del papato non finirono con Bonifacio VIII. Filippo IV di Francia (il Bello, come già detto, ma non so bene perché), non soddisfatto di vedere il suo mortale nemico andare al Creatore, era determinato a dissacrarne la memoria. Benedetto XI (che succedette a Bonifacio) cercando di rabbonire il re, lo assolse da ogni accusa o colpa per quanto era successo al suo predecessore (le beffa di Anagni). Quando un anno dopo anche Benedetto XI° mori, uno scandaloso intrigo condusse all'elezione di Bertrand de Grot, Arcivescovo di Bordeaux, come Clemente V.


Finalmente Filippo poteva disporre di un papa francese, malleabile alla sua volontà.

Clemente immediatamente annunciò ai suoi attoniti aiutanti che lo avrebbero accompagnato oltre le Alpi. La giustificazione era che di Anagni ne aveva abbastanza e che desiderava "non addolorare il nostro caro figliolo, il Re di Francia". In Francia si sistemò ad Avignone, sotto l'attento occhio di Filippo. Si trattava di una piccola città provenzale sulla riva orientale del Rodano.
Per evitare che Filippo accusasse (post mortem) Bonifacio di frode e di eresia il papa cedette ad ogni sua volontà. Il Re ricevette lodi per il suo comportamento contro Bonifacio e Celestino V° venne canonizzato come San Pietro da Morrone. Il papato subì da questo esilio un colpo quasi mortale e sul trono pontificale si succedettero una serie di soggetti che, semplicemente, senza essere cattivi o buoni, non erano veri papi. (oddio! se pensiamo a qualche precedente erano ottime persone).

Un esempio classico fu Clemente VI (Pierre Roger de Beaufort, monaco benedettino ed arcivescovo di Rouen), eletto nel 1342. Come i suoi predecessori Giovanni XXII e Benedetto XII, anche lui non aveva mai visto l'Italia, ma , a differenza da Benedetto XII che era un vero rompiballe, Clemente sapeva esattamente come vivere e spendere:"Prima di me - disse - nessuno ha mai saputo fare il papa....Se il Re d'Inghilterra volesse far nominare vescovo il suo culo non dovrebbe far altro che chiederlo.".
In una occasione un'asino si fece strada in pieno concistoro portando un cartello appeso al collo che diceva:"Per favore fai anche me vescovo". Il Papa la prese in ridere come fece quando ricevette una lettera, sempre durante un udienza concistoriale, che diceva:"Dal Diavolo a Suo Fratello Clemente".Lui ed i suoi "diavoletti" (i Cardinali) scoppiarono tutti a ridere. Il suo sistema era di concedere sempre più di quello che gli chiedevano ed il suo unico e principale obiettivo era di far tutti contenti. In Avignone tutti stavano beneisti, orefici, artigiani, banchieri, astrologi, ladruncoli, magnaccia e soprattutto le splendide puttane (ed i bellissimi puttani). Alcuni si lamentavano sostenenendo che in Avignone gli dei più adorati erano Bacco e Venere.


Uno dei pochi critici severi era il Petrarca, avvelenato dal fatto che Benedetto XII a suo tempo aveva voluto sua sorella e se l'era presa corrompendo suo fratello Gerardo. Descrivendo , anonimamente per non essere bruciato, la corte di Avignone come "la vergogna dell'umanità, un covo di vizi, una fogna dove è raccolta tutta la sporcizia del mondo. Lì Dio viene disprezzato, solo il denaro viene adorato e le leggi di Dio vengono calpestate. Tutto quanto in quel luogo respira menzogna: l'aria, la terra. le abitazioni e, soprattutto, i letti. "

Papa Clemente soffriva di una indisposizione, ufficialmente diagnosticata come un disturbo renale, ma che in realtà si era beccato in camera da letto. Non era molto discreto nei suoi amori, ma questo faceva parte del suo atteggiamento verso la vita. Era uno che dava tutto quello che poteva, anche a letto. I suoi incontri privati venivano chiamati "Sessioni di indulgenza plenaria". Però, va detto a suo merito, legittimò tutti i suoi bambini.

Gran parte del suo palazzo era a disposizione dell'Inquisizione, con larghe prigioni e camere di tortura, nelle quali Clemente scendeva ogni tanto per incoraggiare gli inquisitori. Il palazzo papale viene definito da Froissart, diarista francese, "il palazzo più bello e più solido che ci sia al mondo". Il Papa amava le cose belle in tutto. Tapezzerie spagnole e fiamminghe, vestiti dorati di Damasco, seta toscana, abiti di lana da Carcassonne, piatti d'oro e d'argento. Sospettava che Petrarca avesse scritto quelle cattiverie sui finimenti d'oro dei suoi cavalli, ma non si arrabbiava più di tanto perché solo i morsi erano d'oro. D'altra parte anche se aveva trasformato la Curia in una sorprendente macchina da soldi, Clemente era sempre a corto di denaro. Comprare l'intera città, nel 1348, gli era costato 80.000 fiorini. Egli aveva ridotto anche l'intervallo dei Giubilei a 50 anni così da poterne usufruire durante il suo papato (Bonifacio VIII ne aveva deciso uno ogni 100 anni), guadagnando cifre enormi sui pellegrini che passavano da Avignone nel loro viaggio a Roma. Sia la regina Brigitta di Svezia sia Caterina da Siena (poi fatte sante) scrissero molte lettera al papa pregandolo di tornare a Roma, ma senza alcuna risposta. Il 3 dicembre 1352 un fulmine colpì la basilica di San Pietro, colpendola e fondendo le campane. Tutti pensarono che il papa fosse morto e cominciarono a festeggiare:"E' morto, il papa è morto e seppellito all'inferno". I pietosi dissero: beh! ora è finita. I cinici invece: non ce n'è mai abbastanza.

Ci sono state un mucchio di occasioni in cui cattolici hanno detto: il papato ha raggiunto il suo punto più basso, oltre non può scendere. Dante lo disse di Bonifacio VIII, Petrarca del periodo avignonese. Entrambi sbagliavano.

Le pressioni di Caterina da Siena, pallida ed asciutta suora toscana, su Gregorio XI riuscirono a far breccia costringendolo (insieme alle minacce dei romani di eleggere un nuovo papa) a ritornare a Roma , cosa che fece nel 1377. Dei 278 anni trascorsi dal 1100 solo 82 i papi li avevano trascorsi a Roma. E la città eterna ci mise solo pochi mesi a farlo secco.

Alla morte del papa gli elettori si divisero in due fazioni, francese e italiana. I francesi erano determinati ad eleggere uno di loro e dato che il Laterano era bruciato il conclave si tenne in aprile al Vaticano. Fuori, 30.000 romani urlavano come matti:"romano lo volemo". E, se non romano, doveva almeno essere italiano. I cardinali presenti, non sapendo bene cosa fare votarono per un outsider, Bartolomeo Prignano, arcivescovo di Bari (quindi non u romano), ma , per paura della torma di gente, vestirono l'ottantenne cardinal Teobaldeschi in abito papale e lo esibirono alla folla. Un corriere corse a Pisa per comunicare l'elezione di Teobaldeschi (era cardinale a Pisa), dove festeggiarono con fuochi d'artificio. Solo tre giorni dopo venne comunicato a Prignano che il papa era lui, che si insediò sulla sedia papale con il nome di Urbano VI. Napoletano di basso ceto Urbano veniva ritenuto persona facile da manovrare da parte degli astuti francesi. Ma avevano fatto male i conti. Lievemente alcolizzato e soggetto ad attacchi d'ira, il papa odiava le smancerie e voleva riformare i "drogati", come li chiamava a tutti i costi. In alcune occasioni cercò materialmente di picchiare i cardinali che lo irritavano, trattenuto da Roberto di Ginevra, mentre sbraitava:"Io faccio tutto, assolutamente tutto quello che mi pare".
Mentre un manipolo di cardinali cercava di trovare un sistema legale di interdirlo, senza riuscirci, scomunicò Re Carlo di Napoli, un vecchio nemico. Poi , imprigionato da Carlo nella fortezza di Nocera, scomunicò, tutti i giorni quattro volte al giorno, tutto l'esercito di Carlo. Liberato dai Genovesi venne visto ubbriaco a Genova, in un giardino, mentre cinque cardinali ribelli venivano torturati in un stanza vicina.


Un gruppo di cardinali francesi, fuggiti ad Anagni, stabilirono che Urbano "non era il papa" e nominaro pontefice Roberto di Ginevra, cugino del Re di Francia, che si fece chiamare Clemente VII. Urbano contrattaccò nominando 26 nuovi cardinali a lui fedeli. Dato che entrambi i papi erano stati nominati più o meno dallo stesso gruppo di cardinali, la situazione era critica. In Inghilterra Wyclif disse:"ho sempre saputo che il papa aveva i piedi biforcuti (allusione al demonio), ora ha anche la testa biforcuta (due papi).". La confusione era al massimo ed ognuno prese posizione: l'Inghilterra per Urbano, la Francia per Clemente, mentre la cristianità era nel casino e pensava: se nessuno sa chi sia il vero papa, a che cosa ci serve il papato?

Clemente, ad Avignone, si comportava peggio di un puttaniere, dimostrando di essere un vero papa avignonese, dopo aver già dimostrato le sue capacità di bugiardo da cardinale.


Nel 1389 Urbano, il papa che nessuno voleva, finalmente morì. I quattrodici cardinali rimasti a Roma scelsero come successore Bonifacio IX, un assassino e probabilmente il più grande simoniaco della storia. Era in grado di vendere tutto e vendeva tutto. Si diceva che nessuno era in grado di spremere soldi da una santificazione o una canonizzazione meglio di lui. Non capitò mai che mettesse la firma su di un documento senza farsi pagare lautamente. Forse l'unica cosa che non fece pagare fu la scomunica di Clemente, che Clemente ricambiò immediatamente. La situazione era incasinatissima. Brigitta di Svezia venne canonizzata tre volte per essere assolutamente sicuri di averla fatta santa. La cosa andò avanti fino al 1409 , quando in un Concilio, convocato a Pisa, vennero deposti entrambi, Gregorio XII (succeduto a Innocenzo VII, che era succeduto a Bonifacio) a Roma e Benedetto XIII (succeduto a Clemente), come eretici e scismatici. Venne nominato il cardinal Filargi di Milano, con il nome di Alessandro V°. Naturalmente ne Gregorio ne Benedetto furono d'accordo e così, invece di due papi, adesso ce n'erano tre.




Qualcuno suggerì di dividere la triplice tiara in tre parti, qualcun altro di cambiare il "credo" come segue: "CREDO IN TRE SANTE CHIESE CATTOLICHE" . L'unica certezza che uscì dal Concilio di Pisa era che il papa nominato non era il vero papa. Comunque ora c'erano TRE infallibiki papi, tutti invocanti la suprema autorità sulla Chiesa, tutti scomunicanti solennemente gli altri due e tutti minacciando di convocare un Concilio in tre posti diversi.

A questo punto (1410 ca.) i personaggi del dramma erano:
Angelo Corrario, Gregorio XII, veneziano di circa novant'anni, scelto dai romani perché "troppo vecchio per essere corrotto": Il papa provvide a smentirli immediatamente impegnando la sua tiara per pagare i debiti di gioco e vendendo tutto quello che poteva. Sia quello che c'era sia quello che non c'era, arrivando a vendere Roma al Re di Napoli.
Pietro di Luna, isterico spagnolo nominato dagli avignonesi. Era quello che contava meno, in quanto abbandonato anche dal Re di Francia. Prestò se ne tornò in Spagna, dove scomunicò tutti, l'intera Chiesa ed i fedeli, sostenendo fino all'ultimo di essere il vero papa.
Baldassarre Cossa, Giovanni XXIII, un soave cardinale che era succeduto ad Alessandro V e rappresentava l' obbedienza pisana .Si riteneva che non si fosse mai confessato e comunicato, che non credesse nell'immortalità dell'anima e nella risurrezione della carne e qualcuno riteneva che non credesse in Dio. Era conosciuto per essere un ex-pirata, un avvelenatore (il povero Filargi), uccisore di massa, fornicatore assoluto con una predilezione per le suore, adultero su scala fino ad allora sconosciuta, simoniaco per eccellenza, ricattatore, magnaccia e maestro di trucchi sporchi.

All'epoca della sua elezione era un diacono. Venne ordinato prete un giorno e fatto papa il giorno dopo.

Quando fu eletto un altro Giovanni XXIII, nel 1958, molte cattedrali cattoliche dovettero rimuovere il Giovanni XXIII del XV secolo dalle loro liste di papi.



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Un concilio, un papa imbarazzante ed il problema del papato

Il vento favorevole della buona sorte di Cossa girò con Sigismondo, l'imperatore di fatto in quel momento (venne nominato solo nel 1433), che lo anticipò convocando un Concilio con il precipuo scopo di ridurre il numero dei papi in circolazione. Il posto era la città fortificata di Costanza, sul lago omonimo, situata in Germania più o meno al confine con la Svizzara e la data era il 1414 (durò fino al 141. Nel giro di pochi mesi il numero degli abitanti della ridente cittadina salì da seimila a sessantamila e poi a centoventimila.

Quando il clero si riuniva era cosa saggia scegliere un posto vicino all'acqua, fosse fiume, lago o mare, anche al fine di potersi liberare facilmente dei cadaveri. Il Lago di Costanza ne ricevette oltre cinquecento mentre il Concilio era in sessione; anche il Reno conserva molti segreti. Un'altra necessaria caratteristica era che il luogo della riunione fosse ampio abbastanza da sistemare il grande numero di prostitute che scoprivano subito come il clero avesse bisogno dei loro servizi assai più dei militari e pagasse molto meglio. All'epoca del Concilio si calcola che in Costanza ce ne fossero 1200 che lavoravano a tempo pieno.

Il giorno di Tutti i Santi del 1414 Giovanni XXIII, quarantottenne pirata rivestito d'abiti dorati, celebrò messa e pregò aprendo ufficialmente il Concilio. Erano presenti trecento vescovi, circa trecento teologi ed un gran numero di cardinali.

Il rettore dell'università di Praga, Huss, a cui Sigismondo aveva garantito un salvacondotto, venne immediatamente arrestato su ordine di Cossa e regolarmente imprigionato. Era una lezione per tutti, specialmente per Papa Benedetto (soprannominato "benefictus", ossia falso) e Papa Gregorio (chiamato "errorius", cioè sbaglio).

Giovanni XXIII aveva preso un rischio nel traversare le Alpi ed entrare nel territorio controllato dall'imperatore, ma aveva in tasca abbastanza voti da sentirsi sicuro. C'erano più vescovi italiani che tutti gli stranieri messi insieme. Quello che lo rovinò fu il fatto che il Concilio decise di votare per nazione invece che per "testa". La sua maggioranza venne immediatamente spazzata via e Sigismondo, arrivato a Costanza il giorno di Natale, gli ordinò di dare le dimissioni.

Cossa prese visione dell'atto di accusa rivoltogli che conteneva un ricco campionario delle sue "colpe" (dovevano aver raccolto la testimonianza di tutte le Maitresses d'Europa) e, sentite le richieste inglesi di bruciarlo per eresia, decise di mollare, a patto che gli altri due papi facessero lo stesso. Travestito da sposa lasciò Costanza di notte, pensando che senza papa non si potesse tenere il Concilio. Nel gruppetto di cardinali che lo seguirono e raggiunsero nel suo nascondiglio a Schaffausen c'era anche Oddo Colonna, che poi sarebbe diventato papa, a cui fecero subito seguito le guardie imperiali che lo catturarono e ricondussero indietro a far fronte alle accuse.

Il Concilio assunse piena autorità e fece quell'unanime dichiarazione che condizionò la Chiesa sin d'allora:"Il Santo Concilio di Costanza...dichiara, primo, che è riunito nel nome dello Spirito Santo, che costituisce un Concilio Generale rappresentante la Chiesa cattolica e che, di conseguenza, trae la sua autorità direttamente da Cristo; che tutti gli uomini di ogni rango e condizione, compreso il papa stesso, sono tenuti ad obbedirgli in materia di fede, di conclusione di uno scisma e di riforma della chiesa di Dio sia nel suo capo, sia nei suoi membri."

Enea Silvio Piccolomini , Pio II, scrisse:"Nessuno può in alcun modo dubitare del fatto che un Concilio sia superiore ad un papa". Perché qualcuno dovrebbe dubitarne? L'insegnamento più antico della Chiesa afferma che un Concilio Generale è supremo in fede e disciplina. Sulla base di questo più di un papa è stato condannato per eresia.

Il Concilio cominciò con il deporre Benedetto, che era già scappato a Peñiscola. Giovanni XXIII fu il prossimo. Egli si rifiutò di cedere, ma i Padri Conciliari, pur ammettendo che lui era il vero papa stabilirono che la chiesa era più importante del papa, e, riducendo le accuse da 54 a cinque, lo condannarono.
Gibbon in The Decline and Fall rileva:"Le accuse più scandalose furono soppresse; il Vicario di Cristo venne accusato solo di PIRATERIA, ASSASSINIO, VIOLENZA CARNALE, SODOMIA ED INCESTO". Era ben noto che l'unica forma di esercizio fisico che il papa faceva era quella a letto. L'assoluzione dal crimine di eresia deriva probabilmente dal fatto che Cossa non aveva mai mostrato abbastanza interesse per la religione da poter essere classificato come eterodosso.

Il 29 marzo 1415 i sigilli del papa vennero frantumati con un martello ed a lui, in considerazione del rispetto dovuto ad un ex-papa, vennero comminati solo tre anni di prigionia.

Il povero Huss, innocente, serio, casto, incorruttibile venne invece ingiustamente bruciato sul rogo da stupidi domenicani che non avevano nemmeno mai letto le sue opere.

Infine il novantenne Gregorio XII, dopo aver ufficialmente convocato un Concilio che era già riunito da molti mesi, diede le dimissioni.
Ora tutti i tre papi erano stati sistemati per le feste.
Non essendoci accordo tra Sigismondo, che voleva riformare la Chiesa prima di nominare un papa (pensava che nussun papa poteva farlo), Enrico V d'Inghilterra ed il re di Francia, venne nominato papa Oddo Colonna, che assunse il nome di Martino V. Il Colonna , che aveva la carica di diacono, ricevette i voti sacerdotali due giorni dopo essere diventato papa.
Martino, che non aveva nessuna voglia di riformare qualcosa, fece di tutto per andarsene prima possibile da Costanza e tornare a Roma. Di fatto , non appena Cossa venne rilasciato dalla sua confortevole prigione ad Heidelberg e ritornò a Firenze, Martino provvide subito a farlo vescovo di Frascati e ardinale di Tuscolo, riinsediando nel clero questo assassino e violentatore confesso.

Il desiderio di Martino di ritornare a Roma, sciogliendo il Concilio, era anche determinato dal cercare a tutti i costi di evitare che il Concilio assumesse decisioni che in qualche maniera sminuissero la sua autorità.
La questione sarebbe rimasta irrisolta e sospesa, almeno per quanto attiene ai papi, fino al Primo Concilio Vaticano, quattrocentocinquanta anni dopo, che sostenne che credere nella supremazia e nell'infallibilità papali è indispensabile per la salvezza dell'anima.
C'è da chiedersi cosa sarebbe successo se questo dogma dell'infallibilità e della supremazia papale fosse esistito prima del Concilio di Costanza. Probabilmente l'assenza di questo "principio", attualmente centrale per il cattolicesimo romano, salvò la Chiesa dal papato in quel momento cruciale.

In realtà Costanza non salvò la Chiesa. Si concluse senza una singola seria riforma e nel giro di poche settimane dal ritorno a Roma, Martino aveva già rimesso in moto il normale andazzo curiale.
L'intera cristianità era preoccupata. Nel decimo secolo, malgrado tutti quei papi adolescenti, adulteri, traditori ed assassini, il papato era un fenomeno locale. Il capo di una potente famiglia romana metteva sul trono papale il suo amato figliolo, che durava giorni, mesi o anni, per essere poi eliminato da una famiglia rivale.
Ma dall'undicesimo secolo, con Gregorio VII, il papato aveva imposto il suo marchio sulla cristianità e predisposto un controllo quasi completo sull'intera chiesa. La corruzione raggiunse livelli mai visti. Lo storico T.A.Trollope, nel suo libro "I Conclavi Papali", afferma: "Poche elezioni papali, se pure ce n'è qualcuna, sono state men che simoniache...L'invenzione del Sacro Collegio è stata, assolutamente, forse la più feconda sorgente di corruzione della Chiesa." Molti cardinali si recavano ai conclavi in Roma con i loro banchieri e portando i loro oggetti di maggior valore. Se venivano eletti papa la torma romana invariabilmente saccheggiava le loro abitazioni portandosi via tutto.

Rarissimamente erano scelti per le loro opere religiose e, quasi tutti, dovevano l'elezione ad intrighi e scambi di favori. In epoca rinascimentale tutti quanti avevano le loro "compagne" e amanti. Una volta eletti papi cercavano solo di arricchire se stessi e la propria famiglia. Uno di loro, Clemente IV, un vedovo, nel 13° secolo vendette migliaia di italiani del sud a Carlo d'Angiò in cambio di un tributo di 800 oncie d'oro.
La Curia era composta da uomini che avevano pagato per avere il posto e assolutamente dovevano recuperare i loro soldi, cosa che facevano con tutti i mezzi possibili, scomunica compresa. Era la Curia che stabiliva le tariffe della simonia e c'era un prezzo per tutto, parrocchia, abbazia, indulgenza, etc. Nel sedicesimo secolo intere diocesi erano vendute dai vescovi per recuperare soldi e di alcune si conoscono persino gli acquirenti (in genere banchieri, come i Fuggers in Germania). Le dispense papali erano un'altra fonte di denaro: dispense per la quaresima, dispense per sposarsi tra consanguinei,dispense per non andare a messa. Nel periodo rinascimentale il clero era incredibilmente corrotto, ignorante e puttaniere. Sembra che il peggior insulto per un erudito laico fosse di essere chiamato "prete".

Nel 1432, malgrado gli sforzi disperati della Curia per evitarlo, un Concilio di vescovi si tenne a Basilea che decise quanto segue:
Da ora in avanti tutte le nomine ecclesiastiche devono essere eseguite secondo i canoni della Chiesa; tutte le simonie devono cessare. Da ora in avanti tutti i preti, di qualsiasi rango, devono liberarsi delle loro concubine e chiunque non lo faccia entro due mesi, fosse pure il vescovo di Roma (il papa), verrà privato del suo ufficio....l'amministrazione ecclesiastica dovrà cessare di dipendere dal capriccio palale...gli abusi di bandi e scomuniche da parte dei papi dovranno cessare...la curia romana, e cioè i papi, dovranno cessare di chiedere compensi per gli incarichi religiosi...il papa non dovrà pensare alle ricchezze mondane a solo a quelle del mondo che verrà.
Si trattava di roba forte...troppo forte. Il papa regnante, Eugenio IV, convocò un proprio Concilio a Firenze, che stabilì che :"Basilea era un covo di mendicanti,....apostati, ribelli blasfemi, uomini colpevoli di sacrilegio e che, senza eccezione, meritavano di essere cacciati indietro all'inferno al quale appartenevano."
Occorre ricordare che questo è anche il secolo di Sisto IV e di Rodrigo Borgia (Alessandro VI).



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L'approssimarsi della tempesta

Nel quindicesimo secolo non una voce si levava in difesa del papato e, con uomini come Francesco della Rovere sul trono, non è difficile immaginare perché.
Francesco divenne Sisto IV nel 1471. Aveva diversi figli, chiamati, secondo il costume dell'epoca, "i nipoti del papa". Sisto concesse a tre nipoti ed ad altri sei parenti il cappello cardinalizio. Tra i vari beneficiari c'era anche Giuliano della Rovere, futuro Giulio II.

Il favorito di Sisto era Pietro Riario, che lo storico Theodor Griesinger ritiene fosse figlio suo e della sorella. Di sicuro il neo papa dimostrava un'allarmante affetto per il ragazzo. Tanto da nominarlo vescovo di Treviso, cardinale arcivescovo di Siviglia, patriarca di Costantinopoli, arcivescovo di Valencia e, da ultimo, arcivescovo di Firenze (dove risiedevano i suoi mortali nemici: I de Medici)

Fino a quel momento Pietro, che era stato un semplice francescano, ogni anno cuoceva il proprio unico saio per eliminare i parassiti.
Diventato cardinale cambiò radicalmente. Si trasformò in uno spendaccione su larga scala, in un donnaiolo, che manteneva amanti nella ricchezza più sfrenata, tanto da far preoccupare persino i diaristi dell'epoca. Morì giovane completamente scoppiato dai vizi.

Opera di Sisto fu la cappella che porta il suo nome (Cappella Sistina), nella quale attualmente avvengono tutte le elezioni papali. Da ricordare il fatto che la predetta Cappella Sistina ne ha viste di tutti i colori: dai cardinali che bivaccavano, si pestavano e si intrattenevano sino ai cavalli di Napoleone, che la utilizzò come stalla.

Sisto fu anche il primo papa a concedere una licenza "legale" ai bordelli di Roma, che gli portavano trentamila ducati all'anno in imposte, ed a concedere ai preti di tenersi una compagna contro pagamento di un'apposita tassa. Un'altra fonte di guadagno era quella rinveniente dai permessi concessi ai ricchi di consolare certe signore in assenza dei mariti. Ma era nel campo delle indulgenze che Sisto mostrò tutto il suo genio: egli fu infatti il primo che pensò di poterle liberamente applicare ai morti. Questo costituì una illimitata fonte di guadagno alla quale nessuno dei suoi predecessori, neanche i più avidi, aveva mai pensato.
La cosa aveva implicazioni teologiche straordinarie perché il papa, creatura di carne e sangue, affermava di avere potere nella regione della morte. Anime tormentate per il loro peccaminoso comportamento da viventi, potevano ora essere liberate dai tormenti del Purgatorio sulla sola parola del papa, posto che i loro affezionati e religiosi familiari pagassero la giusta mercede. Chi si sarebbe rifiutato di compiere un atto di carità cristiana verso le persone amate? Padri, mariti, amanti, parenti, tutti cercavano di tirare fuori dal purgatorio i loro cari spendendo quanto necessario.

Con la minaccia e la descrizione di luoghi orribili (il purgatorio era rappresentato come luogo di sofferenza) tutti erano indotti a credere che il perdono papale avrebbe condotto i loro cari in paradiso. Il potenziale di corruzione era enorme. In precedenza buona parte del reddito della Curia e del papato proveniva dal commercio di reliquie, che, peraltro, non erano inesauribili anche se facilmente falsificabili. La grandezza di Sisto risiede nel suo essere riuscito a scovare un bene assolutamente illimitato e non consumabile, il cui prezzo poteva essere adattato a tutte le borse e che non costava assolutamente nulla. Ai fedeli non era richiesto pentimento, preghiera o altro, solo il pagamento del controvalore (adattabile alle possibilità di ciascuno).

L'invenzione del Purgatorio, del quale non esiste citazione alcuna nelle scritture sacre, era elemento sostanziale di questo fruttuosissimo commercio papale. La semplice riflessione che se il papa può liberare un anima per denaro, la può ben liberare anche senza denaro, se ne può liberare una , le può anche liberare tutte e , se non lo fa, è un mostro tiranno - come giustamente rilevò Simon Fish (A Supplicacyion for the Beggars- 1529) , pareva non venire eseguita da alcuno.

Tanto per peggiorare le cose,come già detto, nel 1478 Sisto pubblicò anche la Bolla che istituiva l'Inquisizione nella Castiglia. Nel 1482 duemila eretici furono bruciati nella sola Andalusia.

Sisto morì nel 1484 e qualcuno disse, dato il temperamento guerrafondaio dimostrato dal papa, che era stato ucciso dalla pace.

Il suo successore, Innocenzo VIII, provvide ad emettere la Bolla Spagnola contro gli ebrei, che , secondo quanto detto da "Il Dizionario Cattolico" provvide a fornire lavoro all'Inquisizione per secoli. Malgrado le richieste crescenti decise di non fare nulla contro il concubinaggio del clero, tanto che qualcuno, ironizzando, scrisse:"Sua Santità si alza la mattina dal suo letto di puttane per aprire e chiudere i cancelli del Purgatorio e del Paradiso". In punto di morte sembra abbia fatto sperimentare su di sè (dal suo medico ebreo, che lui credeva avesse magici poteri) la trasfusione del sangue di tre giovani (tutti morti inutilmente, anche se lautamente pagati "da vivi", perchè appena morti Burchard, suo segretario, si riprese i denari). Ma non eravamo ancora arrivati in fondo all'abisso.


Si ritiene che il catalano Rogrigo Borgia abbia commesso il suo primo omicidio quando aveva dodici anni, uccidendo a pugnalate un coetaneo. Non sembra avesse alcuna riservatezza nemmeno per quanto riguarda le faccende amorose, ma, sfortunatissimo, suo zio era il pontefice Callisto III, che provvide, nel 1456, a nominarlo arcivescovo di Valencia, la più importante diocesi spagnola.
Rodrigo era già famoso per fare sesso indifferentemente con una signora e le sue due bellissime figlie (una delle quali era la sua amata Vanozza Cattanei)

Richiamato a Roma per diventare cardinale, a ventisei anni, e vice cancelliere della Chiesa un anno dopo, non potendo sostenere il dispiacere dalla lontananza dalle sue amanti le sistemò a Venezia.
Alla morte dello zio il nuovo papa, Pio II, gli ruppe un poco le balle ironizzando sul fatto che "gli si addiceva non aver altro in testa che piaceri voluttuosi", ma , nel complesso, Rodrigo superò il regno di ben quattro papi, riuscendo a farsi eleggere nel 1492 con il nome di Alessandro VI, dimenticandosi tra l'altro che Alessandro V era stato inserito tra gli antipapi e quindi ufficialmente "non esisteva".

Nella lotta per l'elezione venne spesa una vera fortuna. Sul della Rovere erano stati impegnati 200.000 ducati dalla Francia e 100.000 da Genova, ma il Borgia , pur spendendo fino all'ultimo quattrino riuscì a prevalere.
Si dice che dopo l'elezione, Giovanni de Medici abbia detto al Cardinal Cibo:"Ora siamo nelle grinfie del lupo più selvaggio che il mondo abbia mai visto. O scappiamo o lui, senza dubbio alcuno, ci divorerà.". Il cardinal della Rovere fuggì immediatamente, per ritornare solo dieci anni dopo, quando il Borgia era già morto.


Del Borgia si sa quasi tutto, delle sue amanti, dei suoi molti figli (quasi tutti regolarmente riconosciuti, bisogna dirlo), della sospettata relazione con sua figlia Lucrezia e del feroce e crudelissimo Cesare, modello del Machiavelli per "il Principe"

Sembra che Alessandro avesse intenzione di condurre Cesare fino al papato, con le varie nomine a vescovo, a cardinale e con le ripetute Bolle emanate al fine di regolarizzarne la posizione pubblica.

Ma Cesare doveva essere troppo anche per il padre, tanto che sembra che anche la morte di Alessandro conseguisse ad un erroneo tentativo di avvelenamento (erroneo perché non diretto al padre) che Cesare sbagliò.


Gli anni del papato del Borgia, a rileggerne la sequenza e gli eventi che si verificarono nel loro corso, hanno un qualcosa di estremo, di "off limits" , del genere di quell'orologio che pubblicizzano in tv. Tutto era portato all'eccesso: gli omicidi, gli avvelenamenti, le orgie, i rapporti incestuosi, la sifilide e le malattie veneree, i mariti ammazzati perché inutili o fastidiosi. Insomma un mondo di viziosi violenti dei quali Rodrigo non era certamente il peggiore.
Le questioni politiche di potere condizionavano poi anche la pubblica verità, come quando per poter far risposare Lucrezia (per ragioni politiche) Alessandro cercò di far annullare il precedente matrimonio con Giovanni Sforza per "matrimonio non consumato per impotenza del marito". Tutta Roma ne rise per mesi dato che lo Sforza rifiutò di cooperare, affermando la consumazione abbondante, la sua virilità ed offrendo anche pubbliche dimostrazioni, mentre Lucrezia era conosciuta come "la più gran puttana che Roma abbia mai conosciuto". La morte di Alessandro per avvelenamento fu orrenda ed il cadavere fu descritto dall'ambasciatore Giustiniani, veneziano, "come il più orribile, mostruoso e brutto corpo morto che si sia mai visto, senza ogni forma o apparenza di umanità". Qualche ora dopo la morte il corpo esplose vapori sulfurei da tutti gli orifizi ed era tanto puzzolente che fu difficile trovare qualcuno che lo mettesse nella bara e lo trasportasse in San Pietro, da dove, peraltro, fu espulso nel 1610 (ora è deposto nella Chiesa Spagnola di Via di Monserrato).



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L'inevitabile Riforma

Poco dopo il Borgia (nell'intervallo ci fu Pio III) salì sul trono papale Giulio II, uno degli uomini più rimarcabili della storia. Era un francescano genovese, alto, di bella presenza e sifilitico. Pagò per essere eletto centinaia di migliaia di ducati e, subito dopo, decretò che chiunque corrompesse nel corso di un Conclave doveva essere deposto.
Uomo atletico, egli portava sempre con se un bastone con il quale colpiva chiunque gli rompesse le scatole. La religione per lui non era neanche un hobby e la sua quaresima consisteva in pranzi con trote, lamprede, tonno ed il miglior caviale.
Viene ricordato anche come un patrono delle arti e l'essere riuscito a convincere Michelangelo a produrre le decorazioni della Cappella Sistina va sicuramente a suo merito (Michelangelo rifiutò il primo incarico e, dopo essere fuggito a Firenze, accettò solo nel 1508, due anni dopo e soltanto perché Giulio II lo costrinse).
Probabilmente Michelangelo non amava particolarmente dipingere e , ritenendosi uno scultore, pensava che in un opera del genere non avrebbe potuto esprimersi al meglio. Persino dalle "ricevute" da lui redatte traspare questa sua opinione: "Io, Michelangelo Buonarroti, scultore , ho ricevuto 500 ducati in acconto....per dipingere la volta della Cappella Sistina" In quattro anni l'artista riempì quasi 500 metri quadri di volta con oltre 300 figure.Lo stare sempre disteso gli fece venire il gozzo, gli irrigidì la spina dorsale e la sua barba si fuse con i peli del torace.
La sua opera creò un nuovo Vaticano.

Giulio però amava la guerra ancora più dell'arte e gli piaceva condurla personalmente. Era un ottimo stratega e, malgrado fosse così consumato dalla sifilide da non poter offrire il piede da baciare "quia totus erat ex morbo gallico ulcerosus", andava a cavallo in armatura guidando il suo esercito una volta tanto non per la famiglia ma per il papato. Sembra fosse sua l'espressione, nel corso dell'assedio di Morandola, allora in mani francesi, "Vediamo chi ha le balle più grosse, se il re di Francia o il papa". E non si riferiva alle palle di cannone.
Era, peraltro, anche un donnaiolo impenitente (ancora da cardinale aveva già avuto tre figlie)

La sua irritazione per non ricevere il richiesto supporto nelle campagne militari lo condusse a preparare una Bolla contro Luigi XII di Francia, nella quale lo privava del regno sostituendolo con il pio Enrico VIII (allora soprannominato "defensor fidei", ma cambiò completamente parere quando gli proibirono di divorziare) d'Inghilterra, che fortunatamente la morte gli impedì di pubblicare.
Probabilmente la sua Bolla avrebbe reso protestante anche la Francia, come poi avvenne con l'inghilterra.
Giulio II, alias Giuliano della Rovere, morì nel 1513.

Alla nuova elezione il cardinal Farnese corse fuori dal conclave urlando a squarciagola:"Palle! Palle!". Era il riferimento ai "palli" dello stemma de'Medici. Sembra che fossero tutti stupefatti, perché era una scelta imprevista.
Giovanni de Medici aveva solo 38 anni ed essere figlio di Lorenzo il magnifico e di una Orsini doveva essere stato un vantaggio non da poco.
A sette anni, epoca della sua prima comunione, venne fatto abate. A otto il Re di Francia lo volle arcivescovo di Aix en Provence; fortunatamente qualcuno controllò e riscontrò che c'era già un arcivescovo ad Aix. Per compensazione il Re lo fece priore di Chartres. A undici diventò abate di Monte Cassino. A tredici anni divenne il più giovane cardinale di ogni epoca, pur non eguagliando il primato di Benedetto IX, che diventò papa ad undici anni.

Persino Innocenzo VIII, che non era di mentalità ristretta, ebbe degli scrupoli a portarlo nel Sacro Collegio prima dei vent'anni e pretese che trascorresse tre anni di prova apprendendo teologia e canone ecclesiastico.

All'epoca della sua elezione Giovanni "faccia di pasta" era grasso, miope con gli occhi a palla e, per ragioni all'inizio non ben chiare, casto. Non aveva ne amanti ne "nipoti" ( o bastardi). La ragione era probabilmente la sua omosessualità. Guicciardini afferma che il papa era eccessivamente dedito ai piaceri della carne, specialmente a quelli che, per decenza, non possono essere menzionati.

Quando il Concilio iniziò Giovanni era malato e dovette esserVi trasportato in barella, cosa che portò alle stelle le sue possibilità di nomina. Gli elettori avevano anche altre ragioni per votarlo: egli soffriva di ulcere croniche sulla schiena ed i frequenti interventi chirurgici (per la loro capacità infettiva) avrebbero dovuto mandarlo all'altro mondo quanto prima. Malgrado tutto ciò, Leone era davvero un carattere brillante e vivace. Le sue prime parole come papa furono dirette a Giulio de Medici, suo cugino illegittimo:"Ora posso veramente divertirmi."Toltosi il cappello cardinalizio lo passò al cugino con le parole:"Per te, cugino mio" e si mise la tiara papale (Tra l'altro Giulio ne fece buon uso diventando papa con il nome di Clemente VII, uno dei papi più disastrosi).

Invece di dar via tutto per seguire Cristo, Leone prese per se tutto ciò che poteva in nome di Cristo. Giocatore incallito e spendaccione si diceva obbedisse a Gesù in una cosa sola: nel non darsi pensiero del domani. Era l'unico tipo di papa con cui i romani si sentivano a proprio agio. Spendeva tutto con loro, invece di spremerli come limoni per fare stupide guerre, come quel maniaco di Giulio II.

Era un epoca di sfarzo senza paragone. Il Cardinal Cornero dava pranzi di 65 portate , ciascuna delle quali era composta da tre differenti piatti. Durante il Carnevale si trascorrevano giornate intere gozzovigliando, assistendo a spettacoli e facendo balli mascherati.
Leone stipendiava direttamente 683 cortigiani, molti giullari, un orchestra, un teatro permanente (specializzato in Rabelais) e pagava il mantenimento di un gran numero di animali selvaggi, dei quali il suo preferito era un elefante bianco, donatogli da Re Emanuele del Portogallo.
Leone manteneva alla Magliana una residenza di caccia che non aveva nulla da invidiare a Castel Gandolfo e spendeva cifre tali (prendendole spesso in prestito da banchieri ad interessi usurari del 40%) che tutti i bordelli di Roma (c'erano 7.000 prostitute registrate su di una popolazione di 50.000 persone) non riuscivano a rendergli abbastanza da andare in pari. La sifilide , come disse appunto il sifilitico Benvenuto Cellini, "era frequentissima tra i preti".
Per fare più soldi Leone si inventò nuove cariche da vendere, quadruplicandole rispetto a quelle esistenti con Sisto IV. Era sua consuetudine metterle all'asta per ricavarne di più. Ci furono anche tentativi di assassinio da parte di alcuni cardinali che lo volevano morto (v. Cardinal Petrucci di Siena, attraverso l'opera del medico Battista de Vercelli), andati regolarmente a monte. Nel 1517 arrivò al punto di formalizzare la vendita delle indulgenze, divulgando addirittura un apposito tariffario, la TAXA CAMARAE , che sembrano concedere indulto e perdono per quasi ogni immaginabile crimine.

Nel corso del suo papato, e sempre per ragioni di soldi, scoppiò il "casino tedesco". La vendita al Principe Alberto di Hohenzollern, già vescovo di Magdeburgo e Halbertstadt, delle diocesi di Mainz e della Primazia Tedesca, contro un fortissimo prestito da parte dei banchieri Fuggers, portò Leone ad elaborare un piano di rientro per il debito contratto da Alberto con lui, mediante un'ulteriore vendita di indulgenze. L'incarico venne materialmente affidato al domenicano Tetzel (che ne traeva il suo personale guadagno) che , venditore abilissimo, riusciva a smerciare indulgenze per tutto (pare che qualcuno abbia venduto anche un'indulgenza così potente da rimettere i peccati persino a chi avesse violentato la Vergine Maria).

L'eccesso vergognoso portò Lutero a reagire inchiodando le sue "Novantacinque Tesi sulle Indulgenze" sulle grandi porte del castello di Alberto a Wittenberg.
Martin Lutero, d'altra parte, non era certo il primo a criticare il papato. A parte tutti gli episodi precedenti è da ricordare il rifiuto inglese di ospitare Innocenzo IV (1243-54, allora in fuga da Federico II), giustificato dagli Inglesi "perché la dolce inghilterra non avrebbe potuto sopportare il tanfo della Corte papale." e l'icredibile lettera di ringraziamento di Innocenzo (materialmente scritta dal cardinal Hugo) al popolo di Lione (che lo aveva invece ospitato) : Durante il nostro soggiorno nella vostra città, noi (la Curia Romana), siamo stati di caritevole assistenza per voi. Al nostro arrivo c'erano soltanto tre o quattro sorelle dell'amore, mentre alla nostra partenza vi abbiamo lasciato , per così dire, un bordello che si estende da una parte all'altra della città (dalla porta occidentale alla porta orientale)."

Nello stesso secolo (milleduecento) San Bonaventura, cardinale e generale dei francescani, paragonò Roma alla meretrice dell'Apocalisse, anticipando Lutero di trecento anni. Questa Puttana, egli disse, rende i Re e le nazioni ubbriache con la sua puttanaggine. Dichiarò anche di non aver trovato in Roma altro che lussuria e simonia, persino nei gradi più alti della Chiesa. Roma corrompe i prelati, che corrompono i preti, che corrompono il popolo.
Dante spedì all'inferno papa dopo papa e torme di prelati.
Il vescovo Alvaro Pelayo, aiuto papale ad Avignone, suggerì che la Santa Sede avesse infettato con il veleno dell'avarizia l'intera chiesa:"Se il papa si comporta così, dice il popolo, perché noi dobbiamo fare diversamente?"
In un giorno normale Giovanni XXII, capo di Pelayo, scomunicò un patriarca,cinque arcivescovi, trenta vescovi e quarantacinque abati. Il loro crimine era di essere in ritardo sulle tasse da pagare al papa. Il Machiavelli scrisse (più o meno, è una citazione a memoria) :"Gli Italiani hanno un gran debito verso la Chiesa Romana ed il suo Clero. Attraverso il loro esempio, noi abbiamo perso la vera religione e siamo diventati completi atei. Prendetela come una regola, più vicina una nazione è a Roma, meno religione c'è."
Caterina da Siena disse a Gregorio XI che non aveva bisogno di visitare la Corte papale per sentirne l'odore: "La puzza della Curia, Santità, ha da lungo tempo raggiunto la mia città."
Una delle probabili ragioni dell'enorme numero di prostitute in Roma era che in nessun altra città c'era un maggior numero di celibi. I conventi erano spesso anche bordelli e le donne portavano con se un coltello, quando andavano a confessarsi, per proteggersi dal confessore. Erasmo (sedicesimo secolo) scrisse una storiella nella quale Giulio II cerca di entrare in paradiso ed incontra San Pietro, che non lo riconosce. Giulio si leva l'elmetto e mostra la tiara, ma San Pietro è sempre più sospettoso. Finalmente Giulio alza le chiavi papali sotto il naso di San Pietro. L'apostolo le esamina e scuote la testa dicendo:"mi spiace , ma qui in paradiso non vanno bene per nessuna porta."

Nel 1520 Lutero viene scomunicato da papa Leone. Lutero si appella al Concilio Generale che per venticinque critici anni sia il papa sia la Curia si rifiutano di convocare.
Solo nel 1545 Paolo III (soprannominato "il cardinal sottana"), su pressione del Contarini e di altri uomini di fede, convocherà il Concilio di Trento, che pur salvando la Chiesa , facendo emergere individualità di spicco nella fede e trasformandone i criteri etici, concretizzò lo scisma in atto.

Trento confermò l'enorme potere papale, a scapito dell'indipendenza dei vescovi, e divise definitivamente cattolici e protestanti. Una delle conseguenze fu che per trecento anni non si tennero altri Concili.
La cosa curiosa è che Lutero non aveva inizialmente l'intenzione di uscire dalla Chiesa, ma quando un papa cretino come Leone X lo scomunicò anche per aver detto:"bruciare gli eretici è contro la volontà dello Spirito Santo", non aveva altre alternative ragionevoli, essendo quello che era. Calvino seguì poco dopo, introducendo la riforma in Ginevra nel 1541. Il protestantesimo si difuse a macchia d'olio senza che la Curia Romana si rendesse chiaramente conto delle conseguenze del proprio atteggiamento.

Nel 1555 apparve un nuovo pontefice, in un Cristianesimo che stava virtualmente esplodendo, più cieco e più sordo dei precedenti e con l'idiota convinzione di essere Gregorio VII redivivo.

Era quel coglione di Paolo IV.



25


Il crepuscolo del potere

Di lui i romani dicevano che se sua madre avesse previsto il suo futuro lo avrebbe strangolato nella culla. L'uomo era Gian Pietro Carafa, la collera di Dio incarnata, che diventò Paolo IV (1555-9). L'ambasciatore fiorentino lo descrisse come un uomo d'acciaio che sprizzava scintille anche dalla dura pietra su cui camminava. L'obbedienza che richiedeva a tutti era assoluta ed immediata e persino gli storici cattolici trovano difficile dire qualcosa di caritatevole su di lui.
Tormentato dai reumatismi, ma elastico nei gesti, Paolo era alto, dalla testa grossa e conica, dall'aspetto selvaggio e con la voce crepitante e catarrosa che induceva rispetto e paura.
Spesso, nella foga che lo invadeva, gli capitava di colpire involontariamente quelli che gli stavano accanto.

Nella sua Bolla "Cum apostolato officio" stabilì inequivocabilmente di essere il "Pontifex Maximus" depositario dell'assoluto potere di deporre qualsiasi monarca, di disporre di ogni nazione e di privare chiunque dei suoi possessi senza processo. Chiunque avesse offerto aiuto a persona da lui "deposta" sarebbe stato scomunicato.
Nel 1559 l'ambasciatore inglese Edward Carne si presentò davanti al papa per informarlo che Elisabetta Tudor, figlia di Enrico VIII (il pio) e di Anna Bolena, aveva seguito Maria sul trono d'Inghilterra.
Paolo odiava per principio tutte le donne, seguendo le orme dell'Aquinate (Tommaso), che riteneva che le donne fossero uomini "abortiti", ma aveva avuto un debole per Maria, visto come aveva trattato i resti del padre Enrico (li aveva disinterrati e bruciati come eretici), proseguendo quindi con il far bruciare oltre duecento protestanti.

Elisabetta era un affare differente. Il pontefice chiese a Carne se Elisabetta si rendeva conto che l'Inghilterra era una proprietà della Santa Sede fino dall'epoca di Re Giovanni? Sapeva che un illegittima non può ereditare? Non aveva letto la sua ultima Bolla? Capiva che era pura audacia la sua di pretendere di governare l'Inghilterra, che apparteneva di diritto al papa? No, non poteva permetterle di continuare. Forse se la bastarda, l'usurpatrice, l'eretica avesse rinunciato alle sue ridicole pretese e si fosse presentata immediatamente a lui per chiedere perdono.... La logica conseguenza fu che in un paio di mesi Elisabetta ruppe le relazioni diplomatiche con Roma.

Lo sciovinista ed arrogante inquilino del Vaticano non poteva capire con chi stava trattando.
Le esperienze di vita di Elisabetta avevano forgiato uno speciale tipo di donna, per la quale gli aspetti politici e pratici del (suo) potere sull'Inghilterra erano più importanti persino dei fatti personali (o magari era tutto un fatto personale).

Persino la scelta del protestantesimo non era probabilmente rinveniente da una reale convinzione interiore (quando Maria, la sua sorellastra era diventata Regina, Elisabetta aveva fatto subito dire messa, giustificandosi con il dire:"la vita val bene una messa"), ma l'atteggiamento papale suggellò per sempre il destino dell'Inghilterra.
Inoltre Paolo IV era veramente quello che era e, a parte la "questione inglese", la fissazione dell'Inquisizione e i roghi degli eretici erano l'unica cosa che sembrava veramente stargli a cuore. Persino nei periodi di malattia non rinunciava agli incontri settimanali con gli inquisitori. Un monomaniaco omicida. Quando morì, nel 1559, i romani bruciarono la prigione dell'Inquisizione in Via Ripetta, una folla abbattè la sua statua sul Campidoglio e gli ebrei, che lui perseguitò selvaggiamente, gli misero sul capo un cappello giallo.

Chi lo seguì non sarebbe stato amato di più ed avrebbe peggiorato i suoi errori.

Infatti Paolo IV sapeva quello che faceva quando nominò il domenicano Michele Ghisleri suo Grande Inquisitore e questi, nel 1566, lo sostituì sul trono con il nome di Pio V.
Pio era monastico in tutto, minacciava scomuniche persino per le spezie nel cibo. Si diceva parlasse solo con Dio ed ascoltasse solo Dio. Il suo primo atto come pontefice fu quello di cercare di espellere da Roma tutte le prostitute, decisione a cui la Curia resistette tenacemente con la giustificazione del probabile crollo degli affitti e dell'aumentato rischio per le donne oneste in una città di celibi. Pio allora proibì ai residenti di entrare nelle taverne ed arrivò ad un pelo dal trasformare l'adulterio in un peccato capitale (che non vuol solo dire "un peccato grave" ma anche un peccato che ti fa perdere la testa). Nella sua frenesia di reprimere promulgò anche quella che la Chiesa inglese chiamò "The last Bull" (gioco di parole tra bolla (Bull) e toro(bull)), che proibiva il combattimento dei tori (la corrida) in tutta la Cristianità. La Chiesa spagnola se ne fregò allegramente e non pubblicò mai la bolla papale, con la scusa di voler evitare pericolosi tumulti.

Per quanto riguarda l'Inghilterra, Pio continuò a fomentare ribellioni nei confronti di Elisabetta, promulgando nel 1570 la sua "Regnans in Excelsis", nella quale stabiliva:"...La stessa donna, acquistato ed usurpato in proprio favore il posto di supremo capo della Chiesa in Inghilterra, deve essere punita...Noi dichiariamo che la predetta Elisabetta è un eretica e produttrice e sostenitrice di eretici...che lei ed i suoi sostenitori sono incorsi nella sentenza di scomunica...la dichiariamo privata di ogni diritto e potere, dignità e privilegio. Dichiariamo tutti i Nobili, soggetti e popolo e tutti gli altri che le obbediscono, sciolti da ogni vincolo di fedeltà ed obbedienza verso di lei....proibiamo a chiunque di obbedirle...e scomunichiamo chiunque farà il contrario."

Il papa fissato con gli eretici/ebrei morì un paio d'anni dopo, ma gli effetti della sua Bolla no.

Per oltre dodici anni, prima della Regnans in Excelsis , i cattolici inglesi avevano vissuto sotto Elisabetta tollerando solo qualche multa per non partecipare alle cerimonie della chiesa anglicana. Nessuno di loro era stato giustiziato. Gli effetti della Bolla papale furono di trasformare i cattolici inglesi in traditori. Tra il 1577 ed il 1603 furono messi a morte 120 preti e 60 laici. Questi coraggiosi fedeli dovettero attendere 250 anni più di Pio V per essere canonizzati. Cercare di minare il patriottismo inglese fu una azione crudele e pericolosa, che ridusse i cattolici a cittadini di second'ordine. Come scrisse Trevelyan:"Until the Roman Church throughout the world ceased to use the methods of the Inquisition, the Massacre of St. Bartholomew, the deposition and assassination of Princes, the States which she placed under her formidable ban did not dare to grant toleration to her missionaries."

Nel sedicesimo secolo il protestantesimo era ormai un fatto accertato e consolidato in diverse nazioni e, per riuscire a sopravvivere, Papato e Chiesa cattolica scelsero di diventare settari come sembravano essere luteranesimo e calvinismo (a dire il vero la Contro Riforma cattolica rappresentò un record di estremismo nel settore della limitazione del pensiero che poteva essere difficilmente migliorato da qualcuno).
Lo spirito della rivoluzione francese del 1789 danneggiò ulteriormente la tranquillità della Chiesa, che vide solo l'opera del Diavolo nella distruzione degli anciens régimes e nel nuovo spirito di libertà, reiteratamente condannando l'eguaglianza fra gli uomini, la libertà e la stessa fraternità. Gli Stati Pontifici furono in questo periodo tra i più retrivi d'Europa, non eguagliati nemmeno dalla Russia Zarista.
Napoleone sembrò finire l'opera umiliando in rapida successione due papi, Pio VI (1775-1799) , morto in esilio in Valence (il suo epitaffio sul registro comunale fu:"Nome:cittadino Giovanni Braschi. professione:pontefice"), e Pio VII (1800-1823), costretto da Napoleone anche ad assistere alla sua autoincoronazione (insieme a Giuseppina) in Notre-Dame, prima di annettersi gli Stati Pontifici (poi restituiti al papa dal Congresso di Vienna del 1814-15.

Di Pio IX (1846-187 e dell'ultimo colpo al potere temporale del papato (veramente esiste ancora adesso uno Stato del Vaticano, anche se non è ben chiaro il come mai) dedicherò tutta la prossima puntata.

[Modificato da Claudio Cava 04/06/2007 21.14]






“Non esiste delitto, inganno, trucco, imbroglio e vizio che non vivano della loro segretezza. Portate alla luce del giorno questi segreti, descriveteli, rendeteli ridicoli agli occhi di tutti e prima o poi la pubblica opinione li getterà via. La sola divulgazione di per sè non è forse sufficiente, ma è l'unico mezzo senza il quale falliscono tutti gli altri”.
Joseph Pulitzer (1847-1911), Fondatore Premio Pulitzer