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Il Papato: la fine o un nuovo inizio

Il piccolo vecchio con i capelli bianchi e la faccia rotonda venne svegliato da un colpo di cannone. Cercò di alzarsi da letto e la porta della sua camera venne aperta. Il cardinal Antonelli, segretario di Stato, si inchinò prima di entrare e rispose alla domanda inespressa del Papa:"E' cominciato Santità. Kanzler opporrà una certa resistenza, come avete ordinato, ma....".
Pio non nutriva dubbi, il Signore avrebbe comunque preservato la Città Eterna da quei vandali piemontesi alleati di Satana.
Ordinò subito di predisporre un incontro del corpo diplomatico, che avvenne a metà della mattinata seguente. Era il 1870 e l'evento in discorso era diventato inevitabile, sebbene Pio IX continuasse a credere che il futuro sarebbe stato identico al passato.


Pio IX, Giovanni Mastai Ferretti, era stato un papa che aveva dato molte speranze alla cristianità, ma aveva saputo anche abilmente deluderle.
Aveva iniziato nel 1846, con la reputazione di un liberale. Si diceva che nella sua casa di famiglia persino i gatti fossero nazionalisti (allora , in tempi di ideali di unità d'Italia, la cosa era modernissima). Poco dopo la sua elezione fece passare una legge di amnistia per i prigionieri politici e gli italiani pensarono per qualche tempo che veramente Dio avesse cominciato a prendere a cuore le loro faccende.
Aspre montagne a nord, due vulcani a sud, continui terremoti ed un papa nel bel mezzo della penisola erano state dure prove per tutti. Ma l'illusione che il papa, per non dispiacere ai suoi gatti, si facesse guida dell'unità di una nazione e di un popolo sbandato durò molto poco.

Dopo solo due anni dalla sua nomina una rivolta repubblicana lo costrinse a fuggire a Gaeta, nel Regno di Napoli, e, nei due anni d'esilio, modificò definitivamente le sue simpatie indirizzandole verso una destra estremamente reazionaria.
Il suo unico e principale consigliere, il cardinal Antonelli, figlio di un bandito napoletano, era noto soprattutto per i suoi amorazzi e sembra essere stato il tipo di uomo per cui era più facile uccidere che perdonare.

Malgrado qualche anno dopo gli venisse anche offerto di capitanare una federazione degli stati italiani, cosa che lui rifiutò piattamente, Pio IX° si oppose invece con estrema decisione ad ogni forma di libertà e ad ogni mutamento costituzionale. Tesaurizzò invece disperatamente quegli Stati Vaticani che avevano portato alla Chiesa soltanto corruzione e guerre immotivate.

All'epoca di Pio lo Stato Vaticano era il retrivo baluardo della repressione. Non c'era libertà di pensiero o di espressione. I libri erano sotto censura. Gli ebrei erano chiusi nei ghetti e la giustizia veniva amministrata a piacimento del clero, con spie, inquisitori, polizia segreta ed esecuzioni anche per reati minori. Era governato da una piccola oligarchia ecclesiastica, corrotta e viziosa e sempre in nome di Sua Santità.

Secondo Lord Macaulay, che li (stati pontifici) visitò nel 1838 : "...la corruzione infetta tutti i pubblici uffici...Gli Stati del papa sono, credo, quelli governati peggio in tutto il mondo civilizzato; e l'imbecillità della polizia, la venalità dei pubblici impiegati, la desolazione e l'abbandono della campagna, saltano agli occhi persino dei viaggiatori più distratti." .
Trent'anni dopo la popolazione era pronta per la rivolta.

Molte volte Pio era stato pregato di salvare l'Italia ed il papato, ma aveva sempre fatto orecchie da mercante, considerando diabolica la civiltà "moderna". E lui con il Diavolo non voleva avere rapporti.

Persino la petizione di 12.000 preti presentatagli nel 1862, che gli chiedeva di leggere i segni dei tempi, portò solo ad una severa repressione/punizione per ciascuno di loro.
Persino dopo la conquista della città da parte di Cadorna, oltre a rifiutare la richiesta di un incontro fattagli da Vittorio Emanuele la sua unica risposta fu di scomunicarlo, usando ancora una volta quest'arma in maniera indebita ed ingiusta.

Nei suoi otto anni residui di papato continuò persistentemente a dichiararsi "Il Prigioniero del Vaticano" facendo squallidamente circolare santini nei quali appariva in una sudicia cella su di un duro pagliericcio. A parte il fatto che le offerte al pontefice salirono alle stelle (sembrò quasi essere un'astuta operazione di marketing), naturalmente la verità era molto diversa: la sua autoprigione (nessuno lo costringeva a restare all'interno del Vaticano) era lussuosa e ricca di amplissimi e splendidi giardini. Aveva di sicuro più spazio lui da solo che tutti gli ebrei romani messi insieme. Un poeta dell'epoca scrisse prosaicamente:"Il papa è prigioniero di se stesso."

Le "leggi delle Guarentigie" del 1870, offrirono al papa una ricca e generosa sistemazione, alla quale Pio continuò indefessamente a rispondere con il famoso: NON POSSUMUS (non possiamo), come se fosse stato invitato a mangiare carne il venerdì santo. E, malgrado fosse ormai nota e dichiarata la falsità della documentazione relativa alla donazione di Costantino ed al potere di San Pietro, ad essi continuò a riferirsi senza tregua.

Un paio di mesi prima dell'invasione di Roma Pio aveva presieduto il Concilio Vaticano , senza dare spazio o voce ai pochi dissidenti (quasi tutti i 532 vescovi ed i cardinali vivevano a spese del Vaticano e non disponevano di altre fonti di sostentamento), deliberando, con un colpo che riportò la Chiesa indietro di oltre cinquecento anni, la statuizione dell'infallibilità papale.

Esaminando la storia del papato salta agli occhi che i maggiori danni "reali" alla cristianità nel suo intero non li hanno fatti i papi cattivi, come Benedetto IX o Alessandro VI, ma quelli santi, come Gregorio VII, Pio V e PIO IX.

Il vescovo Strossmayer disse in una delle sessioni conciliari: "Il Concilio manca di verità e di libertà...Un concilio che non si cura dell'antica regola della necessità di una unanimità morale e comincia a decidere su proposizioni di fede in base a criteri di maggioranza, secondo la mia interna convinzione, perde il diritto di limitare la coscienza del mondo cattolico come condizione della vita o della morte eterna."
La Bolla PASTOR AETERNUS condusse, come logica conseguenza, a scomunicare illustri professori di teologia, uomini come Döllinger di Monaco, solo perchè continuavano a dire quanto era già stato detto nel corso del Concilio, e gli studiosi cattolici che promuovevano la ricerca scientifica, la libertà religiosa o la democrazia dovettero pagare un duro scotto per le loro scelte ideali. Portò a condannare le costituzioni degli stati moderni, l'eguaglianza dei cittadini dinnanzi alla legge, i progressi scientifici, il suffragio universale, il voto delle donne, la libertà di religione, etc.etc.

La crudele decisione conciliare (contraria a tutte quelle precedentemente assunte) che stabilisce che il papa, quando esercita la pienezza del suo ufficio e definisce la dottrina per l'intera Chiesa, è infallibile di per se stesso e non per il consenso della Chiesa, provocò più danni che altro. Sembrava quasi che la fede provenisse dalla fonte inesauribile rappresentata dal papa e non derivasse invece dalla comunità cristiana.
La Curia ne fu deliziata.
I burocrati del Vaticano avevano temuto (evitandone la convocazione) un Concilio per oltre trecento anni ed ora vescovi e cardinali avevano regalato loro, senza battere ciglio, l'intera Chiesa, abdicando contemporaneamente alla propria indipendenza e capacità di giudizio. Ora La Curia non doveva più chiedere permessi a nessuno perchè i "pastori di uomini" (i vescovi) si erano trasformati in "pecore".
I commenti degli intellettuali e dei politici più saggi furono pesanti ma alcuni evidenziarono il fatto che non si era trattato di una decisione religiosa , ma "politica".
Il papa aveva affermato il suo dominio "assoluto" in una terra ed in un reame dove nessun monarca terreno poteva esercitare potere: lo spirito.



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Il grande scandalo cristiano/scientifico

In seguito al mio stato di normale svampitezza ed alla mia inesistente capacità di programmare ritorno alla pag.19 dove avevo lasciato il discorso in sospeso sul grande Galileo.
Ad oltre settant'anni questo grande della scienza continuava ad essere perseguitato.
Nel suo villaggio continuavano a pagare informatori che dicessero all'Inquisizione tutto ciò che faceva o diceva. Intercettavano la sua posta, scrivevano relazioni su ogni suo visitatore e sicuramente Sua Santità Urbano VIII (1623-1644) non lo avrebbe mai perdonato.

Quando richiese il permesso di tornare a Firenze (da Roma) per ricevere trattamenti medici, l'Inquisizione aveva replicato: Il Santissimo rifiuta di aderire alla richiesta ed ordina che il predetto gentiluomo debba essere avvertito di desistere dall'inviare suppliche o verrà nuovamente rinchiuso nelle galere del Sant'Uffizio" . La cosa aveva ferito particolarmente Galileo perché aveva sempre considerato il papa con amicizia e perché la risposta gli era arrivata lo stesso giorno in cui sua figlia, trentatreenne, moriva di melanconia e dispiacere per la disgraziata sorte del padre.
L'essere di nuovo nella sua casa di campagna "Il Gioiello", poter vedere (sentire, perché era ormai cieco) Firenze, immaginarla, era comunque una grande gioia che lo spingeva di nuovo a dettare opere di scienza al suo secretario.

Galileo era nato nell'anno in cui Michelangelo moriva, il 1564. Cominciò l'Università come studente di medicina, ma subito fu preso dalla matematica pura ed applicata. Inventò anche uno strumento per trovare il centro di gravità dei corpi.
Nel 1589 divenne professore di matematica a Pisa, dove però continuava a lemntarsi delle condizioni di lavoro e del salario. Si dice ripetesse:"Più inutili erano i professori, più alti erano i loro salari". Passò a Padova, dove lo pagavano meglio ma fu comunque costretto a dare sempre lezioni private.Intorno al 1610 cominciò la sua fama internazionale, quando inventò, in sostanza , il cannocchiale (ne aveva avuto già notizia in relazione agli occhiali inventati dall'olandese). La pratica applicazione dell'invenzione al settore militare , con la donazione pubblica dello stesso strumento al Doge di Venezia, di fronte al Senato, comportò per Galileo un incarico a vita come professore ed il raddoppio del suo salario.(un fortunato anche se strano premio, visto che non esistevano i brevetti e quindi nel giro di un paio d'anni tutti quanti disponevano dello stesso strumento)

La sua mossa seguente fu di rivolgere il cannocchiale verso il cielo e cambiare la faccia della scienza, scoprendo che gli scienziati erano stati in errore per duemila anni. Malgrado la notevole chiarezza della sua esposizione l'ineluttabilità delle indicazioni strumentali da lui fornite le resistenze degli aristotelici furono sempre cieche e limitate.
Il Nuncius Sidereus, che pubblicò nel 1610 (Galileo aveva già avuto rapporti con Keplero e concordava a grandi linee con le ipotesi Copernicane) fu un grande successo. Gli amici clerici (ne aveva molti , come il matematico Clavio, gli suggerirono di visitare Roma dove incontrò il Cardinal Bellarmino ed il Cardinal Barberini (che poi sarebbe divenuto papa con il nome di Urbano VIII e che parteggiò a suo favore nella disputa che si svolse a Firenze nel 1511, relativa ai galleggianti), che furono entrambi amichevoli verso di lui. Entrambi lo avvisarono di esprimere le sue tesi come "ipotesi", per evitare rogne con i teologi. Fu persino fatto membro della prestigiosa accademia dei Lincei, che per prima denominò l'invenzione galileiana con il nome di "telescopio".
Tornò a Firenze convinto di avere amici a Roma e cominciò ad esporsi, sia scrivendo in italiano sia ponendo questioni in ordine all'impossibilità di conciliare scienza e rivelazione, sistema copernicano e bibbia, etc. etc. Il vescovo di Fiesole, scandalizzatissimo, diede subito ordine di imprigionare il monaco Copernico, che, per fortuna, era già morto da una settantina d'anni. Recatosi a Roma per difendere le sue tesi, si rese presto conto che non disponeva di molte difese, contro l'idiozia teologica. Paolo V, allora papa, passò il caso di Galileo alla Congregazione dell'Indice che, nel marzo del 1616, decise respingere come eretiche le tesi copernicane. Galileo fu avvisato da Bellarmino della necessità di abbandonare le sue opinioni fallaci. Non poteva insegnarle, parlarne, discuterne. Galileo sulle prime accettò l'ordine chiedendo però una lettera di Bellarmino, che il cardinale gli scrisse in data 26 maggio 1616. La lettera, così come è descritta, pare gli impedisse soltanto di propagare "come vere" le sue tesi copernicane.
Per inciso Copernico fu messo all'Indice dove rimase fino al 1822.
Per inciso la questione non verteva sulla rotondità o sulla piattezza della Terra, ma sulla centralità o meno e sul moto di quest'ultima, che veniva generalmente considerata il centro dell'universo. Persino i presunti avversari di Colombo (i dotti di Salamanca) sono stati per questo tacciati di idiozia e di miopia mentale, mentre erano certamente migliori astronomi e migliori matematici del buon Cristoforo; le loro obiezioni erano assolutamente ragionevoli ed i loro calcoli assai più precisi di quelli del navigatore, soltanto che nessuno immaginava l'esistenza di un continente americano intermedio (che salvò la vita a Colombo ed ai suoi, destinati altrimenti a morte sicura secondo le giuste previsioni dei dotti di Salamanca). Quello della "terra piatta" è uno strano mito pseudo medievale che risale ad un paio di secoli addietro e che non ha alcuna realtà. La rotondità della Terra era ed è quasi sempre stata cosa ben nota agli studiosi, da Eudosso in poi. I dubbi riguardavano il suo moto e la sua posizione nell'universo. D'altra parte, leggendo i "dieci libri di pensieri diversi" del Tassoni (1627) senza il conforto di Newton, dell'attrito atmosferico e della moderna educazione scolastica, risulta difficile non trovare interessanti e ragionevoli (si fa per dire) le obiezioni di Alessandro (Tassoni) al moto terrestre. Comunque nessuno credeva che la terra fosse piatta (chiesa compresa).

Galileo si mise tranquillo e , nel 1623 lo stesso anno dell'elezione papale di Matteo Barberini con il nome di Urbano VIII, scrisse "Il Saggiatore" che dedicò al pontefice. Recatosi a Roma per omaggiare il papa, Galileo ne trasse solo la convinzione dell'assurdità delle tesi clericali. I commenti papali, ricevuti in persona ed amichevolmente nel corso di colloqui privati, pur con tutto il rispetto, gli sembrarono folli. Urbano VIII, per sua buona sorte, era già preso dai suoi progetti di rinnovamento architettonico che lo portarono a cannibalizzare il Colosseo, la colonnata del Bernini ed il baldacchino sotto il duomo di Michelangelo. I Romani dicevano ferocemente:"quello che i barbari non hanno fatto, lo fece il Barberini". L'intera operazione di ristrutturazione architettonica lo portò a trascurare temporaneamente Galileo.

Dopo varie altre opere Galileo scrisse "Il Sistema del Mondo" nel 1630, che inviò subito a Roma per ricevere l'Imprimatur papale. Si recò poi anch'esso a Roma , dove il papa lo ricevette con calore, enfatizzando però la necessità di esporre le sue opinioni in maniera ipotetica e proponendogli di intitolare il libro "Dialoghi dei due massimi sistemi". Il papa gli promise anche di scrivere un prefazio personalmente. I censori . al ricevimento della copia a loro destinata, rimasero disturbati dal contenuto, ma, vista l'approvazione papale, lasciarono perdere la faccenda.

Il libro fu pubblicato in Firenze nel 1632 e creò sensazione. Nel dialogo le tesi aristoteliche erano sostenute dal personaggio di Simplicius, mezzo scemo le cui idee corrispondevano esattamente a quelle del papa. Urbano si incazzò come una bestia ed ordinò a Galileo, allora settantenne e malato, di recarsi a Roma immediatamente, di sua volontà oppure in catene. Ingenuamente Galileo credeva di poter usufruire della difesa costituita dalla lettera ricevuta nel 1616 dal cardinal Bellarmino, cosa che non avvenne. Dopo varie sedute processuali Galileo (trovando anche un accordo in ordine ad alcune accuse) accettò di confessare il suo errore.
Con Copernico all'Indice e Galileo condannato dall'Inquisizione gli astronomi cattolici dovevano ora scegliere se essere buoni cattolici o buoni scienziati.
L'idiota contraddizione tra immobilità della Terra (biblica) e sistema copernicano, il contrasto tra dottrina cattolica e scienza non poteva risolversi, alla lunga, che con il trionfo di quella che normalmente viene definità "verità" o "ipotesi funzionale ad alta probabilità".
La legge di gravitazione di Newton del 1686 rese impossibile credere che l'enorme Sole girasse intorno alla piccola Terra e le osservazioni di Bradley del 1725 confermarono definitivamente le ipotesi di Copernico (Keplero) e Galileo.

Roma rifiutò di pubblicare i documenti dell'affare Galileo. Una parte di essi sparirono quando gli Archivi Vaticani vennero trasportati a Parigi da Napoleone. All'ipotesi di qualcuno che lo scienziato fosse anche stato torturato, parte delle carte riapparirono immediatamente e furono rese pubbliche, fornendo prova che tortura fisica non vi era sicuramente stata. Galileo morì nel 1642, dopo otto anni di arresti domiciliari,ed il papa, che con lui non aveva ancora finito, impedì anche al Granduca di Firenze di erigere un monumento sulla sua tomba , nella Chiesa di Santa Croce. Urbano VIII, fallace in quasi tutto, ebbe ragione solo nella motivazione che fornì per rifiutare a Galileo esequie decenti: Galileo, con i suoi peccati, aveva dato vita e forma al "più grande scandalo della Cristianità".



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L'errore di Clemente XI

La corte di Clemente era nel suo palazzo di Monte Cavallo, assai più fresco del Vaticano e lontano dai pestilenziali (in senso stretto) vapori romani.

Nel mercoledì santo del 1715 volle recarsi a Roma, dove, nel giorno seguente in San Pietro, venne letta di fronte alla folla la Bolla, "In Coena Domini", nella quale venivano scomunicati eretici, scismatici, pagani, pirati del Mediterraneo, e tutti coloro che non obbedivano al papa o non gli pagavano le tasse dovute.

Questa Bolla risaliva al 1372. Pio V l'aveva dichiarata legge eterna della Cristianità nel 1568 ed era stata confermata da tutti i papi fino a Clemente XIV° (1769-74), che, senza spiegazione alcuna, l'aveva lasciata cadere.

La Bolla esponeva, oltre alle scomuniche, la principale eresia papale:il Papa ha completo dominio sull'intero mondo Cristiano, secolare e religioso (opinione mai ufficialmente abbandonata dal Vaticano).

Clemente XI era un papa dal carattere inquieto, anche tempestoso ed i suoi infiniti anatemi venivano presi dai suoi contemporanei come un indice di santità e di rigore morale e spirituale.

In verità era un papa insicuro ed instabile. Non sapeva bene cosa fare ne quando farlo. Quasi tutte le sue decisioni più importanti erano frutto di manipolazioni da parte di terzi (cioé la Curia o chi per essa). In apparenza persona modesta , con frugali abitudini di vita, che diceva messa tutti i giorni e giornalmente si confessava (altro segno di insicurezza), Gian Francesco Albani aveva accettato il papato nel novembre del 1700, a cinquantuno anni, soltanto su incitamento di quattro religiosi (cardinali), dei quali, per loro fortuna, non si conosce il nome.

Alcune delle sue infinite condanne sono ragionevoli, la maggior parte sono ridicole ed eretiche:

Sorvolando su "Unigenitus", la sua costituzione del 1713 nella quale condannava il Giansenismo in Francia, mi permetto di citarne alcune:

-La lettura delle Sacre Scritture è lecita a tutti gli uomini.CONDANNATA
-I cristiani devono santificare il giorno del Signore (domenica e feste comandate) leggendo libri santi, in particolare le Sacre Scritture.CONDANNATA
-Levare il Nuovo testamento dalle mani dei Cristiani e come levare loro la parola di Cristo.CONDANNATA
-proibire ai cristiani di leggere le Sacre Scritture e come proibire l'uso della Luce ai figli della Luce e punirli con una specie di scomunica.CONDANNATA
-La paura di una ingiusta scomunica non deve impedirci di fare il nostro dovere.CONDANNATA
Quest'ultima merita un commento perchè, in accordo con quanto sostenuto da Voltaire, significa che Dio ci ordina di non fare mai il nostro dovere se/quando abbiamo paura di una ingiustizia. E' sufficiente obbedire al papa e uno va tranquillo qualunque orrenda cosa capiti ai suoi cari , ai suoi vicini o ai suoi simili e qualunque indegnità venga perpetrata sotto i suoi occhi.

Una volta presa la corsa Clemente non lasciò dubbi sulla sua direzione:"Dichiariamo, condanniamo e vietiamo tutte queste proposizioni come false e capziose, offensive per le orecchie pie, scandalose, perniciose, sporche, ingiuriose per la Chiesa e per le sue pratiche, non solo oltraggiose per la Chiesa ma anche per i poteri secolari, sediziose, empie, blasfeme, sospette di eresia e fomentatrici di eresie ed anche incoraggianti eretici ed eresie e persino scismi, erronee, spesso già condannate e, da ultimo, anche eretiche in senso stretto, contenendo varie eresie chiaramente indirizzate all'innovazione".

Clemente, come molti pontefici, riteneva che meno si discuteva meglio era. Roma aveva parlato, Roma sapeva la verità.

Due anni dopo (1715) fece pubblicare "Ex illa Die", la Bolla che, unica nel suo genere, probabilmente ci salvò dalla catastrofe della sovrappopolazione.

Nel tremendo conflitto tra gesuiti e domenicani per il controllo della predicazione cinese (nel quale i gesuiti fanno la parte dei buoni, perché ragionevoli, saggi, colti , tolleranti nelle stupidaggini, mentre, come al solito, i domenicani fanno la parte dei retrivi e degli inquisitori) Clemente , segundo le indicazioni dei domenicani vietò ai milioni di cinesi convertiti di praticare i loro riti tradizionali (nemmeno equivalenti, teologicamente, alla nostra festa dei defunti). Malgrado il grande favore precedentemente accordato (il cristianesimo è una religione i cui principi sembrano sempre favorire il potere dominante. Si veda l'immagine del gregge di pecore e del pastore) la risposta finale dell'imperatore cinese a questa decisione presa da un cretino privo di conoscenza del Sitz im leben, nel 1717, fu di espellere tutti i missionari, distruggere tutte le chiese e costringere tutti i convertiti (milioni) a rinunciare alla loro fede (cattolica). E' facile immaginare di quanti abitanti potrebbe disporre oggi la Cina se, come l'Irlanda o la Polonia, fosse una nazione prevalentemente cattolica (senza aborto, senza divorzio, senza contraccezione).

Solo nel 1939 Propaganda Fidei rovesciò, come nulla fosse e senza rilievi esplicativi, la decisione di Clemente, il cui errore è di un ordine difficilmente valutabile. Sarebbe un po' come sostenere che i cristiani sono idolatri perché baciano la mano ai cardinali o al papa (che se la fanno baciare come minus habens, privando di dignità baciati e baciatori) o adorano la croce o le reliquie. Per fortuna, è il caso di dirlo, in Cina ci sono i comunisti altrimenti saremmo già un paio di miliardi in più.

Da tutta questa pappardella e dalle pagine precedentemente esposte mi sembra emerga evidente l'assoluta fallibilità dei papi (sia che parlino ex cathedra, sia no) e l'assoluta impossibilità di stabilire quando ed in quali condizioni il pontefice abbia titoli per vantare una qualche ragionevole capacità di rappresentare il vero.
Sicuramente nessun papa ha potuto parlare ex cathedra prima del 1302 e molti arrivano ad allungare il periodo di "carenza" di infallibilità sino a tutto il 1854, l'anno di Pio IX, il papa infallibile prima di esserlo (Vaticano I).




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L'infallibile

L'8 dicembre 1854 Pio IX definì l'immacolata concezione nella sua Bolla "Ineffabilis Deus":

Dichiariamo, pronunciamo e definiamo che la dottrina che afferma che la santissima Vergine Maria, sin dal primo istante della sua concezione, per singolare grazia e privilegio garantiti da Dio Onnipotente, in considerazione dei meriti di Gesù Cristo, il Salvatore della razza umana, fu preservat indenne (libera) da tutta la sporcizia (vergogna) del peccato originale, è una dottrina rivelata da Dio e quindi deve essere creduta fermamente e costantemente da tutti i fedeli.
Questo atto di devozione verso la madre di Gesù fu anche una delle decisioni politiche più controverse e combattute dei più recenti pontificati, equiparabile alla deposizione di Gregorio VII o all'umiliazione dell'imperatore a Canossa.

Fino al dodicesimo secolo , infatti, i cristiani davano per scontato che Maria fosse stata concepita nel peccato originale. Papa Gregorio il Grande disse enfaticamente:" Cristo solo fu concepito senza peccato ". Questa solfa venne ripetuta da lui in molteplici occasioni. Il suo ragionamento e quello dei padri della Chiesa non poteva lasciare dubbi: l'atto sessuale implica sempre il peccato, Maria fu concepita normalmente, quindi nel peccato. Gesù fu concepito verginalmente, quindi senza peccato.

Quando Ambrogio e Agostino si adeguarono all'indirizzo teologico che sosteneva che Maria non aveva peccato mai, molti Padri furono in assoluto disaccordo. Tertulliano, Ireneo, Crisostomo, Origene, Basilio, Cirillo ed altri accusarono Maria di molti peccati sulla base dei testi biblici. Lei fu concepita nel peccato, lei peccava e questo è quanto dice il Nuovo Testamento. Così assoluta era questa interpretazione che il problema di uno studioso come Anselmo era di come fosse possibile che il Gesù senza peccato fosse nato da una peccatrice.

La Chiesa Greca e quella Russa Ortodossa continuano a sostenere questa tesi, per la quale derubare Maria del peccato originale è come sminuire la grandezza raggiunta, che è anche quella essere umana come noi.

In Occidente, perdendo di vista l'umanità di Cristo e rendendolo sempre più remoto, si formò la tendenza a ricorrere a colei che lo aveva tenuto in grembo quale intermediaria, ambasciatrice e messaggera per un Dio sempre più distante ed incomprensibile.

A metà del dodicesimo secolo, nel corso delle nuove festività tenutesi in Lione in nome della Vergine, San Bernardo di Chiaravalle si dichiara orrificato dalle tesi ivi esposte, avvertendo che gli argomenti esposti dovrebbero essere applicati anche a tutti gli antenati di Maria, maschi e femmine. Sarebbe occorso postulare tutta un'intera linea di progenitori concepiti "immacolati", e l'incubo non sarebbe finito lì: per essere concepiti immacolati avrebbero dovuto essere stati concepiti "virginalmente", perché, come diceva la Patristica, il sesso comporta sempre peccato. "Lo Spirito Santo era complice del peccato di concupiscenza (dei genitori di Maria)? oppure dobbiamo credere che non ci fosse stato desiderio tra loro?" Egli domandava.

Innocenzo III affermò con chiarezza che veniva santificata la "natività" di Maria e non la sua "concezione", dichiarandosi così in assoluto disaccordo con una improbabile "immacolata concezione".

Lo stesso venne sostenuto da San Bonaventura, da Tommaso d'Aquino, dal Vescovo Pelagio.

A favore della tesi "immacolata" fu Duns Scoto, il Dottor Sottile, il cui problema era quello di comprendere come Maria potesse far parte di "coloro che erano salvati" se non aveva alcun peccato da cui essere salvata. La soluzione che trovò (sottilmente sarcastica, se si può dire) era che, essendo prevenire meglio che curare, Maria venne "preventivamente"(cioè prima della sua concezione) sollevata del peccato originale "in vista" dei futuri meriti del Cristo. L'idea è "sottile" anche nella sostanza perchè assolutamente inconsistente: come si può immunizzare un bambino prima che esso venga concepito? Prima della concezione egli non esiste e se si da per scontata la sua nascita si cade in un bieco determinismo nel quale il libero arbitrio va a puttane e tutta la sofferenza di un Cristo, che sapendo di essere Dio può farla cessare in ogni momento, non significa più un cazzo se non uno spiacevole caso di masochismo. Ben diverso è soffrire senza conoscere l'epilogo della propria storia se non a grandi linee o soffrire seguendo un copione che porterà comunque alla propria risurrezione, così come diverso è non sapere quando si cesserà di soffrire dal sapere perfettamente e con assoluta certezza l'evoluzione della propria sofferenza (un'altra questione che fa pensare, eh? :un sacrificio che non è altro che una bella recita).

L'assurda idea di Scoto venne ripresa alcuni secoli dopo proprio da Pio IX° per sostenere la propria infallibile definizione dell'immacolata concezione.

La guerra (perché guerra è stata) tra immacolatisti e santisti durò diversi secoli, combattuta da domenicani contro francescani, da imperatori contro re. Gli uni accusavano reciprocamente gli altri di eresia. una cosa ridicola.

In genere i papi preferivano sorvolare sulla questione , anche perché le Scritture sembrano tacere sulla faccenda.

Papa Sisto IV° ordinò la festa della concezione (solo della "concezione", si badi bene) e quando i francescani gioirono sui loro nemici domenicani Sisto scrisse un'apposita Bolla: la festa era per onorare la "concezione" di Maria e non la sua santificazione ed i Domenicani dovevano accettarla, altrimenti li avrebbe scomunicati. D'altra parte se i Francescani avessero gioito sui loro rivali Sisto avrebbe scomunicato loro. Un gran bel casino!

Alessando VI confermò la Bolla, ma ricorse anche all'esercito per mettere pace tra i due ordini.

L'affare Letser (un domenicano a cui apparve la Madonna , portandogli anche messaggi per il papa) condito con una statua della Madonna che piangeva per i peccati dei Francescani , pregandoli di accettare la sua "maculata" concezione, mise tutti in subbuglio, soprattutto quando Letser , interrogato dall'Inquisizione, confessò che si era trattato di un complotto. Lui e quattro complici domenicani bruciarono sul rogo (l'ordine domenicano li proclamò martiri), ma i domenicani non cessarono di sostenere la loro tesi della "maculata" concezione.

Il Concilio di Trento non potè decidere (per esplicita proibizione di Paolo IV), ma la faccenda prese una piega favorevole all'immacolatezza quando quell'imbecille di Paolo Zacchia, medico romano, sostenne assurda la tesi aristotelica della "progressiva animazione" del feto. L'idiota Zacchia (mi si perdoni l'antistorico insulto, ma quanti danni e quante sofferenze!) sostenne nel 1621 che :"un'anima razionale è infusa nel feto nel preciso momento del concepimento".

La cosa rendeva più agevole accettare l'applicazione del concetto di immacolata. Se c'era un'anima razionale era più facile prenderne in considerazione la assoluta santità.

Gregorio XVI , nel 1622, proibì ancora l'uso del termina "immacolata" riferito alla concezione di Maria, pur santificandone la festa, mentre Clemente XI dichiarò ufficialmente la "festa dell'immacolata concezione".

Benedetto XIV (1831-46) dichiarò che la Chiesa inclina verso l'immacolata concezione, ma non ne fa un articolo di fede.

Pio IX si preparò la strada con l'enciclica "Ubi Primum" (1849), dipingendo Maria in maniera fantascientifica, e poi decretandone , da solo e senza il supporto di alcuno, nel 1854 l'assoluta immacolatezza e, nel contempo, asserendo di averla decretata ex cathedra ed infallibilmente.

Il potere assoluto aveva creato la verità assoluta.

Pio fu altresì responsabile del rigetto assoluto della dottrina Darwiniana, perché il trasferimento logico del problema di Maria al peccato originale non permetteva l'adeguamento al concetto di "evoluzione" della specie; così fu responsabile delle gravi controversie in ordine all'aborto, al controllo delle nascite, alla fecondazione artificiale. La sua interpretazione del canone lo condusse a condannare ogni novità, fosse buona o cattiva, con particolare riferimento al concetto di libertà applicata. Lo condusse (insieme alla sua Chiesa) sulla spiacevole strada dell'intolleranza religiosa e dell'assolutismo.

Condannò le prime moderne costituzioni, praticamente scomunicandole. Protestò pesantemente contro di esse anche perché permettevano a protestanti ed ebrei di avere proprie scuole e collegi.

Per cercare di scusare l'assoluta incomprensione dimostrata dal Pontefice verso il mondo che lo circondava, ci fu chi, come il vescovo Dupanloup, così ragionò: "Il Sillabo del papa (di cui ho già parlato nelle prime pagine) si applica ad un mondo perfetto -tesi- non ad un mondo imperfetto-ipotesi". Un parigino comentò questo involuto ragionamento facendogli il verso:"La tesi è quando la Chiesa condanna i giudei; l'ipotesi è quando il Nunzio papale pranza con il Barone Rothschild".



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La supremazia papale (1° vaticano)

La data scelta per l'apertura del Primo Concilio Vaticano nel 1869 fu l'8 dicembre, l'anniversario della purissima definizione papale dell'immacolata concezione.

In accordo con PASTOR AETERNUS, la decretazione più importante del Concilio fu che il papa non è soltanto un mero supervisore e/o amministratore della Chiesa. Egli possiede "piena e suprema giurisdizione della Chiesa in quelle materie che concernono la disciplina e la direzione della Chiesa sparsa nel mondo". Il potere del papa è assoluto e si estende dappertutto.

Il Concilio affermò questa cazzata sostenendo di riferirsi a quanto testimoniato da tutte le Sacre Scritture e aderendo a quanto sostenuto sia dai pontefici precedenti sia dai Concili precedenti.

Tristemente il Concilio ha deciso il falso. Non ci sono precedenti che testimonino espressamente in tale senso, anzi, le testimonianze più significative sono decisamente contrarie. IN molteplici occasioni i Concili hanno affermato la propria superiorità rispetto ad un soggetto che non è storicamente nemmeno più qualificato dei vescovi di altre località (ricordiamoci che il papa è solo il vescovo di Roma).

Gli unici otto concili tenuti dalla Chiesa unita non vennero mai convocati dal vescovo di Roma. A Nicea, nel 325, convocato dall'imperatore, al canone 6 si stabilisce che tutte le diocesi mantengano i propri diritti intatti. Nel concilio di Costantinopoli (381) a Roma viene affiancata , come pari grado, Costantinopoli. La cosa si ripete nel 451 (Calcedonia). La cosa vale anche per le scritture, in nessuna di esse si trovano giustificazioni alla idiota decisione, che ha solo carattere di puro esercizio di potere politico.

Discorso simile può tranquillamente essere fatto in relazione alla infallibilità papale, ufficialmente inesistente sino al 1870. Prima di quella data la nozione di qualche cattolico , di trarre la propria fede in Dio, Gesù e la Chiesa dal papa era da considerarsi errata. La Chiesa non ha mai richiesto l'infallibilità papale per la fede cristiana.

Secondo Vaticano I° il papa è infallibile quando parla ex cathedra. Sembrerebbe più corretto dire che il papa è fallibile, salvo quando parla ex cathedra, e non parla quasi mai in tale contesto. Giovanni XXIII disse di non essere assolutamente infallibile e che lo sarebbe stato solo se avesse parlato ex cathedra, cosa che non intendeva assolutamente fare mai.

Questa posizione è ben puntualizzata da un vescovo conciliare che che affermò: dire "il papa è infallibile" è un po' come dire "il signor X è un ubriacone perché una volta ha bevuto"; o peggio "il signor X è un ubriacone perché il suo bisbisbisnonno una volta aveva bevuto".

L'infallibilità papale non è stata in grado di illuminare o risolvere alcun problema reale della Chiesa o della fede, tanto è vero che l'infallibilità papale è stata esercitata soltanto su questioni di per se cretine e senza basi documentali (immacolata concezione, assunzione in Cielo di Maria in carne e spirito).

Insomma sono anche un pò vigliaccucci questi pontefici (in generale dico), perché non risolvono (vogliono risolvere) nulla di sostanziale con la loro "presunta" infallibilità. L'infallibilità sembra insomma essere in relazione più stretta con il potere piuttosto che con la verità.

Poco dopo Vaticano I , Civiltà Cattolica riportò un sermone di Pio IX° nel quale si lamentava di numerosi maliziosi errori relativi all'infallibilità. Il più grave era quello che concerneva il diritto del papa di deporre i sovrani e dichiarare i loro sudditi liberi da obbligazioni. Con un discorso circonvoluto e confuso affermò che questo diritto non aveva nulla a che fare con l'infallibilità. Era questione di autorità, quell'autorità che derivava dalla riverenza accordata al papa dalle nazioni cristiane per comune decisione.

Provenendo da Pio , dopo Vaticano I, la cosa è rimarcabile. Quasi ogni papa dopo Gregorio VII° ha sostenuto di avere ricevuto da DIO il potere di deporre i sovrani, che il papa regna anche in terra al posto di Dio, mentre nessu papa ha mai sostenuto di avere ricevuto tale potere dalla comunità delle nazioni cristiane. Uno storico del diciottesimo secolo contò oltre 95 pontefici che affermavano di avere il divino potere di deporre i sovrani. Tutte le loro giustificazioni erano basate, malamente bisogna dire, sulle sacre scritture.

Qualunque altra istituzione , fronteggiando una tale sommatoria di evidenze storiche, direbbe: i nostri predecessori sbagliarono, lessero male i vangeli. I papi erravano quando deponevano imperatori su imperatori. Sfortunatamente l'infallibilità papale tende a relegare la storia in un angolo poco illuminato della grande stanza della teologia.





“Non esiste delitto, inganno, trucco, imbroglio e vizio che non vivano della loro segretezza. Portate alla luce del giorno questi segreti, descriveteli, rendeteli ridicoli agli occhi di tutti e prima o poi la pubblica opinione li getterà via. La sola divulgazione di per sè non è forse sufficiente, ma è l'unico mezzo senza il quale falliscono tutti gli altri”.
Joseph Pulitzer (1847-1911), Fondatore Premio Pulitzer