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Peccato originale e controllo delle nascite

Il vero mistero di tutta questa storia è costituito dal perché i cristiani abbiano conservato queste credenze così a lungo e senza proteste. Sembra esservi una sola risposta: l'Autorità. L'autorità della bibbia, in prima battuta, ma di una bibbia interpretata dai maestri della Chiesa (il Magisterium). Le mistiche parole di San Paolo "in Adamo tutti abbiamo peccato" sono state condotte stupidamente (o per qualche altra ragione non confessabile) a significare che persino i nascituri siano responsabili del peccato originale e debbano essere condannati ai tormenti dell'Inferno se muoiono non battezzati.

Cristiani che non si sarebbero mai perdonati se avessero fatto involontariamente del male ad un fanciullo, lo condannano ad indicibili tormenti (eterni) per qualcosa che non solo è inevitabile ma non è nemmeno stata commessa da lui e della quale non ha alcuna "coscienza". Ed anche se probabilmente i genitori cristiani non hanno mai creduto che ciò fosse vero, d'altra parte a questa dottrina sono stati acquiescenti ed obbedienti, condannando così i propri figli.

Non esiste miglior esempio, nella storia dell'Autorità cattolica, di questo nel quale Essa, senza logica ragione, senza coerenza interna e senza umanità alcuna, domanda obbedienza ad una dottrina moralmente assurda.

Ed a nulla serve la giustificazione che si tratta di materia di "mistero" e/o di "fede". Né mistero né fede sono ciechi di per se, e quando lo sono non ci appartengono personalmente. Si tratta della fede o del mistero di qualcun altro, al quale noi obbediamo per paura, per convenienza, per ignavia o per ignoranza.

Non c'è in questo insegnamento mistero o fede. Solo squallida paura celibataria. Esso sembra fare il paio con l'insegnamento papale sul controllo delle nascite. Come papa Gregorio condanna milioni di bambini innocenti all'eterno fuoco dell'Inferno, così papa Giovanni Paolo condanna milioni di aduti, atrettanto innocenti, all'inferno in terra. La differenza è che oggi il popolo cattolico dichiara di ritenere/credere che Papa Paolo si sbagliasse.

Non ci sono argomenti validi a sostegno delle teorie di Giovanni Paolo e non si capisce con quale criterio egli abbia sostenuto Pio XI e Pio XII invece di appoggiarsi a Gregorio ed ai suoi successori. Quale che sia stata la ragione certo è che l'insegnamento di Paolo ha creato più problemi di quanti ce ne fossero prima, impedendo anche la possibilità di più facili soluzioni.

Un etica celibataria ha messo definitivamente alla gogna i credenti laici. Una coppia che vive in una baraccopoli con una dozzina di figli o usa il metodo Ogino-Knaus o dorme schiena contro schiena. La masturbazione è sempre peccato mortale , persino quando è motivata da controlli di fertilità. Nello stesso modo la masturbazione è peccato assai più grave dell'adulterio, in quanto più innaturale e non diretta alla procreazione. Un violentatore che indossa un preservativo nello stuprare la sua vittima è più colpevole di uno che non lo usa (si pensi all'aids ed alle donne bosniache). La fecondazione in vitro è sempre condannata, anche quando sia diretta a risolvere il problema delle coppie senza figli. In tutte le fasi di questa idiota condanna la morale cattolica tradisce le sue origini pretesche. E non si tratta di antipatia od odio dei celibi verso gli sposati, con la relativa invidia per le donne che essi possono amare. Il Clero semplicemente non capisce.

Un'ultima cosa: Pio XII ammise brontolando che "nihil obstat" all'uso del "periodo sicuro", che è quindi diventato il metodo ufficiale standard dei cattolici per evitare il concepimento. Secondo questa "ufficiale" dottrina della Chiesa è quindi lecito e giusto moralmente copulare (in questo periodo di infertilità) anche quando si intende non procreare, al fine principale di soddisfare le proprie "brame" sessuali senza le seccature dei figli.

La follia di questo ragionamento emerge quando si ritorna ad esaminare la dottrina base del Cattolicesimo in questo settore: IL SESSO E' SOLO PER LA PROCREAZIONE. Questa è la grande, anzi l'unica "coerente"tradizione cattolica.

Messe così le cose la Chiesa avrebbe dovuto essere felice della scoperta del periodo fertile, ma per la ragione opposta: per obbligare le coppie a copulare soltanto in quel periodo (fecondo), nel quale c'è la quasi certezza di restare incinte. Ed in questo modo non sarebbe andato sprecato tutto quel prezioso seme maschile, la cui vana dispersione è stata (questa volta sempre e da tutti i Padri della Chiesa) condannata severamente ed in ogni circostanza (v. Onanismo, masturbazione, etc.etc.).

Il fatto che Pio XII ed i suoi successori non abbiano adottato questa terrificante linea di condotta va sicuramente a loro credito. Anche se il merito deve essere ascritto più alla loro bontà d'animo che alla coerenza logica.

La stessa irrazionale illogicità i recenti pontefici hanno saputo evidenziarla anche in ordine ad altri pressanti problemi che attanagliano la comunità religiosa e laica di estrazione cattolica.



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I pionieri del divorzio

Che la Chiesa cattolica sia contraria al divorzio è un fatto unanimamente riconosciuto. Il Vaticano generalmente non concede accrediti ad ambasciatori o diplomatici se essi sono divorziati o sposati con persone divorziate (il bando non è però assoluto). Possono tranquillamente essere protestanti, atei, persino agnostici (e questo è veramente strano: che per la Chiesa siano preferibili gli atei (i senza dio) agli agnostici (quelli in sospensione di giudizio)) ma è necessario ed opportuno che matrimonialmente parlando siano al di sopra di ogni sospetto.

L'opinione che la Chiesa non permetta mai il divorzio è condivisa da quasi tutti, cattolici compresi, sebbene molti sussurrino dietro alle spalle che la chiesa lo conceda sotto differenti apparenze. Persino i cattolici divorziati esternano questa opinione di assoluta illiceità del divorzio.

Essi evidenziano come elemento d'orgoglio il rifiuto di Papa Clemente VII ad Enrico VIII, quando decise di abbandonare Caterina d'Aragona per l'attraente Anna Bolena (poi allegramente decapitata). Per essere precisi Enrico aveva domandato l'annullamento del suo matrimonio, un favore che Alessandro VI aveva garantito senza indugio alcuno alla figlia Lucrezia dopo tre anni di matrimonio abbondantemente consumato.

Enrico poteva anche accampare discrete ragioni, sicuramente migliori di quelle usate da sua sorella Margherita, regina di Scozia, per fare annullare il proprio matrimonio. Mi sembra inutile elencare le molteplici ragioni che possono giustificare la cessazione della vita matrimoniale. Si può passare da quelle sentimentali (cessazione o insussistenza dell'amore, dell'affetto o della tolleranza reciproca) a quelle penali (violenze e prevaricazioni, percosse, violenze e sevizie dei figli, comportamenti delinquenziali, etc.etc.) per finire a quelle sanitarie (malattie veneree, aids, pazzia, sclerosi, arteriosclerosi, manie e/o fissazioni religiose). La follia di un precetto che dispone "Ciò che Dio ha unito, nessuno uomo divida", sembra saltare agli occhi per le inique conseguenze che può comportare.

Appare evidente che il Clero (celibe) non riesce a comprendere l'impossibilità materiale di riconciliare condizioni di vita divenute assolutamente intollerabili. Alcune situazioni coniugali non sono più "vita" in senso stretto. Rappresentano fattispecie di "non vita", dalle quali è assente anche quel minimo rispetto di se stessi e degli altri che ci permette di considerarci esseri umani etici. Un'altra eterna prigione, costellata di sevizie e di torture che potrebbero farci impazzire.

La realtà è che la Chiesa, ufficialmente, non ammette il divorzio (o meglio : la dissoluzione del vincolo) in una sola specifica fattispecie: un matrimonio consumato tra due cristiani. Inoltre il papa è assai distante dall'essere assolutamente contrario al divorzio in ogni forma e circostanza, visto che ritiene di essere l'unica persona che può garantirlo.

Lo strano è che il divorzio, così come la tortura, venne reintrodotto in Europa proprio dal Papato, nel sedicesimo secolo, dopo che era stato considerato fuori legge per diversi secoli nei quali le norme religiose avevano avuto il sopravvento su quelle civili.

Bonifacio VIII° (1294-1303) asserì che tutte le creature sono soggette al romano pontefice e che il suo papale potere si estende su TUTTI i matrimoni, anche a quelli tra infedeli, giudei, musulmani o non credenti. Tutti loro sono soggetti al pontefice, che può sciogliere i loro vincoli matrimoniali per la salvezza delle loro anime. Parrebbe che un vecchio celibe, che vive nel palazzo del Vaticano, sia l'unica persona autorizzata da Dio a sciogliere i matrimoni, cosa che non fa in tutti i casi, ma soltanto quando ci sia uno specifico interesse della comunità cattolica. Una bella incongruenza!

Negli anni 1940, '50, Pio XII estese il suo potere di sciogliere i matrimoni ad un grado impensabile per i cattolici di solo una generazione prima. Tutti i precedenti Concilii della Chiesa lo avrebbero deposto e condannato per eresia. Dato per scontato che il papa può sciogliere tutti i matrimoni, tranne quell'unico "consumato e tra due cristiani", è nel suo potere sciogliere anche questo? Molti papi in passato l'hanno fatto e senza provocare particolari sconquassi.

Peraltro è così fasullo l'insegnamento che la Chiesa non cambia mai che un cristiano del terzo secolo sarebbe rimasto stupefatto dalle dottrine medioevali in merito, ed un clerico del medioevo dagli odierni insegnamenti.

L'insegnamento di Gesù nel vangelo di Matteo (bibbia ebraica) sembra chiaro:"E' stato detto: chiunque divorzi da sua moglie gli sia permesso scrivere il certificato di divorzio. Ma io Vi dico che chiunque divorzi da sua moglie, eccetto che nel caso di "non castità" (grec. "porneia"=fornicazione, prostituzione, lussuria. In specifico contesto anche apostasia) , la rende un'adultera; e chiunque sposa una divorziata commette adulterio."

La frase in rosso è omessa negli odierni vangeli cattolici, mentre la si ritrova costantemente in tutte le altre edizioni della bibbia ed in quelle cristiane più antiche .

In precedenza Egli aveva anche detto, rispondendo ai farisei:"Mosè Vi diede questo precetto (quello di divorziare) per la durezza del Vostro cuore, ma all'inizio non era così. Ed io vi dico: chiunque divorzi da sua moglie, eccetto che nel caso di "non castità" (porneia) , commette adulterio."

Di nuovo la frase in rosso appare omessa in tutti i nuovi (si fa per dire, perché siamo nel dodicesimo secolo) vangeli cattolici, mentre la si ritrova in tutte le altre edizioni.

Lo strano è che i teologi cattolici non discutono sul testo reso pubblico ed ufficiale, ma sul significato profondo della frase omessa, come se sapessero o dessero per scontato che quello è il testo corretto.

Certo è che la Chiesa orientale garantisce tuttora il divorzio in caso di infedeltà coniugale e si tratta di una tradizione confermata in tutti i sinodi unitari sino al 1054, anno dello scisma (rottura formale con Roma). Dall'epoca della Riforma (sedicesimo secolo) solo la Chiesa Cattolica ha conservato la proibizione assoluta del divorzio, persino nel caso di abbandono assoluto del coniuge mentre le altre confessioni cristiane lo permettono.

Contrariamente a quanto si crede la Chiesa Cattolica non ha mai stabilito ufficialmente (per via conciliare) che un matrimonio cristiano "consumato" non possa essere sciolto. L'ambigua e contorta asserzione fatta nel Concilio di Trento (1563) "se alcuno dice che la (cattolica) Chiesa erra quando insegna...che il vincolo del matrimonio non può essere sciolto, sia egli colpito da anatema" evidenzia il problema di mettersi in aperto contrasto con la Chiesa Orientale e con tutto quanto stabilito dai precedenti Concilii ecumenici unitari (il rilievo fu sollevato dall'ambasciatore della Republica Veneziana ed i vescovi ne tennero ben conto).

Recentemente molti studiosi hanno suggerito che entrambe le confessioni religiose siano in errore nell'interpretare gli insegnamenti di Gesù in chiave "normativa". Gesù viene considerato quasi come Mosè: un legislatore, un emanatore di norme divine. E questa è la ragione per cui le quattro cose che ha detto vengono intese come principi sostanziali dell'ordinamento canonico (in alcune occasioni, mentre in altre appaiono, a piacere dell'interprete, come fonti di "indirizzo").

Nel Sermone della Montagna, proprio prima di parlare di matrimonio, Gesù dice: "se la tua mano destra commette peccato tagliala e gettala; è meglio perdere un arto che mandare tutto il tuo corpo all'inferno". Il povero Origene (uno dei grandi Padri greci della Chiesa) obbedì alla lettera (evirandosi, tagliandosi il pene). La Chiesa disapprovò il suo comportamento per paura che desse il via ad una nuova moda, ma Cristo di certo non desiderava che i suoi seguaci si tagliassero via a pezzi. Diversa è la questione quando papi, teologi e Padri definirono come "luogo reale" un fuoco infernale che non cessa mai. Questo era un errore ben più grave e ricco di conseguenze drammatiche dello sbaglio di Origene. A parte i problemi fisici legati ad un fuoco che brucia eternamente, a corpi che bruciano senza interruzione e senza consumarsi ed a qualcuno che prova pene corporali eterne prima che il suo corpo risorga nel Giorno del Giudizio, immensi sono i problemi etici.

Come può qualcuno essere punito eternamente per un atto compiuto nel tempo? La giustificazione che Dio è eterno e perciò un offesa contro di Lui è altrettanto infinita sembra inadeguata, visto lo spread tra condannante e condannati. Certo se io fossi eterno, immortale ed infinito come Dio, la punizione sarebbe forse più adeguata, ma dubito che in quel caso Dio sarebbe in grado di punirmi. E poi come possono i genitori riunirsi allegramente in Paradiso, sapendo che i propri figli e figlie arrostiscono all'inferno? Questo fatto non riduce la loro gioia mentre si godono la vista di Dio? l'ingiustizia di un bambino morto prematuro spedito a soffrire pene eterne mi renderebbe impossibile sopportare la vista di Colui che a tanto lo ha condannato.

Per gli studiosi sopra citati la soluzione è semplice: Gesù non va preso alla lettera in relazione alle fiamme eterne. Si riferiva probabilmente al terreno cimiteriale del Gehenna, all'esterno di Gerusalemme, che fumava e bruciava ininterrottamente alimentato dai rifiuti della città e dai corpi dei criminali crocifissi (Sitz im leben). E in relazione al matrimonio Egli parlava profeticamente , suggerendo un'interpretazione ideale di un rapporto materiale, ma senza pretendere che le sue parole fossero intere "alla lettera".

Lo strano è che la Chiesa trae dal Sermone della Montagna regole universali che non ammettono eccezioni, ma tali regole in effetti non ci sono.

Il sermone, infatti, era indirizzato da Gesù, un ebreo, ai suoi compatrioti ebrei (nessuno dei quali era battezzato e nessuno probabilmente si sarebbe mai fatto battezzare spontaneamente), che potevano tranquillamente divorziare secondo quanto prescritto dalla loro legge ebraica e dai dieci (si fa per dire) comandamenti impartiti da Dio attraverso Mosé (dalle cui norme di comportamento Gesù mai si discostò). In sostanza Gesù proibiva (o criticava intrinsecamente) il divorzio a persone alle quali la Chiesa ed i Papi hanno regolarmente permesso di divorziare: gli ebrei.

Secondo quanto prescritto dal nostro canone religioso gli ebrei potevano e possono tranquillamente divorziare, sia per la loro legge, sia perché è espressamente a loro permesso con l'approvazione papale. Se si convertono poi non esistono problemi di nessun genere: il divorzio è sempre accordato.

Sembra un po' come cambiare le regole del gioco a seconda delle circostanze.



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I recenti insegnamenti della Chiesa

La Chiesa nacque all'epoca dell'Impero romano ed i romani avevano nei confronti del divorzio un approccio molto più liberale del nostro. Cicerone divorziò da sua moglie soltanto perché aveva bisogno di un'altra "dote". Augusto costrinse il marito di Livia a divorziare, mentre lei era gravida, solo per poterla sposare lui. Le mogli, secondo quanto dice uno scrittore romano, erano come scarpe: le tieni in posti dove la gente non le veda e , se ti fanno male o si sciupano, ne prendi un altro paio. San Gerolamo (347-420) racconta di una donna che si stava sposando per la ventitreesima volta ed era la ventunesima moglie del suo nuovo marito. Evidentemente il matrimonio costituiva un legame abbastanza casuale che potevi sciogliere quasi a piacimento.

Al contrario la Chiesa insisteva sul fatto che gli atti sessuali fossero proibiti fuori del contesto di una relazione permanente e , quando la cristianità ebbe basi stabili, i matrimoni vennero consacrati con una cerimonia speciale. Fino al decimo secolo però non era necessario o obbligatorio alcun intervento da parte della Chiesa. Dal decimo secolo fino al Concilio di Trento (1563) il contratto matromoniale cade sotto il controllo del Clero e dopo il Concilio dei Trento viene anche formalizzato il relativo "sacramento" e la forma cerimoniale del matrimonio. Da quell'epoca il matrimonio era valido solo se contratto mediante lo scambio del consenso di fronte al parroco (o un suo delegato) ed a due testimoni. Però solo nel 1908, con l'enciclica NE TEMERE, questa regola divenne universalmente diffusa nelle confessioni cattoliche.

L'Impero malgrado alcuni tentativi di limitare la pratica del divorzio, attuati sia da Costantino sia da altri , lasciò sostanzialmente inalterata la normativa relativa fino al dodicesimo secolo, conservando il divorzio nelle proprie norme civili ed anche chi cercò di porre dei paletti (come per esempio Carlomagno, divorziato però egli medesimo) non ne fece conseguire alcuna penalità per i divorziati (insomma era un reato senza pena).

Soltanto dopo il dodicesimo secolo , quando l'Europa divenne completamente cristiana, la Chiesa e lo Stato riuscirono ad accordarsi per proibire il divorzio. La Chiesa aveva avuto finalmente partita vinta, ma la cosa più strana è che poi non fu lo Stato ma la Chiesa a cominciare a rendere instabile la finalmente raggiunta istituzione del matrimonio.

I matrimoni misti (tra cristiani e pagani) sono un area nella quale si sono verificati, in questi ultimi duemila anni, strardinari mutamenti. Sin dall'inizio la Chiesa li proibì come contrari al vangelo. Come poteva un cristiano unirsi a qualcuno che, egli pensava, era destinato dalla sua assenza di fede all'inferno eterno? Come poteva un cristiano accettare che i suoi figli crescessero sotto l'influenza pagana, magari pagani essi stessi e destinati al fuoco incessante? Prima del cristianesimo le differenze religiose erano considerate con grande leggerezza. Soltanto il cristianesimo è così fiscale da considerare gli "infedeli" solo come materiale combustibile e, incidentalmente, portare all'umanità una paura della morte assolutamente sconosciuta prima della sua "divina" dottrina.

I padri della Chiesa definirono il matrimonio tra un cristiano ed un pagano in modi variabili da "adulterio" a "fornicazione". Appena diventato religione principale il cristianesimo ridusse il matrimonio tra un ebreo ed un cristiano a peccato capitale (meritevole di morte) ed i matrimoni tra cristiani ed "altri" come "crimini" . Graziano (XXI secolo) sostenne che i matrimoni misti erano contrari alle prescrizioni divine e se un cristiano entrava in un legame simile doveva separarsi immediatamente. Pietro Lombardo , teologo, affermò che i matrimoni misti erano nulli ed inesistenti. Dal Concilio di Trento sino al 1900 fu l'Inquisizione a provvedere affinché nessun cattolico sposasse liberamente una protestante.

In alcune nazioni, come Inghilterra e Germania, tali unioni erano però inevitabili, costituendo i cattolici una minoranza e fruivano quindi di una tacita accettazione. Clemente VIII, nel 1604, permise ad un principe cattolico di sposare una principessa protestante "per il bene comune" (strana contraddizione quella tra "bene comune" ed "evento intrinsecamente peccaminoso"). Ma, per minimizzare i pericolosi effetti di tali sposalizi i cattolici avevano specifiche obbligazioni da rispettare: cercare di convertire il partner, allevare i figli come cattolici e confermare il tutto per iscritto.

Nel diciannovesimo secolo occorreva un permesso della Chiesa per sposare un protestante sia in Germania sia in Inghilterra (permesso che veniva però facilmente concesso). Ciò che la Chiesa aveva condannato "in toto" ora diventava un fatto relativamente comune e quello che era stato proibito in quanto intrinsecamente diabolico e contro la legge divina , ora veniva scritto nella legge canonica.

Quando nel 1858 Pio IX° disse che la Santa Sede permetteva queste "detestabili e pericolose" nozze solo per gravi motivi, risultò poi dalle motivazioni elencate da Propaganda Fide che esse avevano veramente carattere di ridicola rilevanza. Per esempio la dispensa era concessa automaticamente quando la donna aveva più di 24 anni (superadulta).

La Chiesa sembra volerci insegnare questa strana lezione: quando la Chiesa cattolica cambia radicalmente, dice che immutabili principi vengono applicati benignamente a mutate circostanze; quando essa rifiuta di cambiare - come nel caso attuale della contraccezione e del divorzio per i cattolici - essa sostiene che i suoi immutabili principi (quelli di cui sopra) non permettono cambiamenti in nessuna circostanza.

Ma la Chiesa attraversa ed ha attraversato nel corso del tempo serie interminabili di incongrue ed inspiegabili contraddizioni persino nelle procedure di scioglimento dei vincoli matrimoniali , sia consumati sia non consumati.



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Divorzi papali:nozze consumate e nozze non consumate

Più o meno a metà del dodicesimo secolo a papa Alessandro III venne presentato, dal vescovo inglese di Exeter, un indovinello. Un nobile della sua diocesi aveva in passato fatto una promessa ufficiale di matrimonio. Poco prima delle nozze però egli sentì la vocazione religiosa. C'era quindi un conflitto tra la sua promessa di matrimonio e la vocazione a servire Dio come monaco. Alessandro, che era il giurista di maggior prestigio del suo tempo, diede alla questione una soluzione senza precedenti e senza alcuna logica, dando il via ad una follia canonica che dura fino ad oggi. Secondo il papa il nobile era obbligato a mantenere la sua promessa di nozze. Subito dopo le nozze però e senza aver avuto alcun congiungimento carnale, doveva abbandonare la moglie ed entrare in monastero. Soltanto un celibe maniaco, cresciuto in una tradizione antitetica al matrimonio, poteva elaborare un così meschino scherzo. Alessandro sostenne che il matrimonio, in accordo a quanto sostenuto da Graziano, sarebbe stato valido in quanto non è la consumazione che rende valido il sacramento. Anzi si trattava del matrimonio "ideale" in quanto assolutamente virginale. Era poi diritto del nobiluomo seguire la sua vocazione religiosa abbandonando la moglie, come già fatto da santi eremiti e monaci.

Per Alessandro, insomma, necessità, bisogni, onore della sposa e della sua famiglia non contavano assolutamente nulla.

Alla questione posta dagli studiosi su come fosse possibile rompere unilateralmente il matrimonio, Alessandro rispose che si trattava di differenza di valore tra due "beni" ed il bene religioso (la vocazione) era maggiore dell'inferiore bene costituito dal matrimonio.

Con questo sistema Alessandro sembra configurare la possibilità che il matrimonio, per esempio, tra Maria e Giuseppe (genitori di Gesù), definito virginale, fosse uno dei matrimoni "scioglibili". E d'altra parte sottintende che affinché il matrimonio sia indissolubile occorrono 1) volontà di sposarsi (consenso) e 2) fare sesso (consumazione). E la cosa crea ulteriori problemi perché viene da chiedersi come possa un elemento da sempre definito come "peccaminoso", e cioé il sesso, rendere il matrimonio talmente santo da diventare indissolubile. Forse invece di dire "Ciò che Dio ha unito l'uomo non divida" sarebbe stato meglio dire "Ciò che la lussuria ha unito l'uomo non divida."

A causa di questo scherzetto di Alessandro entrò nel Canone Religioso (Concilio di Trento, 1563) una nuova categoria di matrimoni "solubili", nei quali la vocazione religiosa scioglieva il vincolo coniugale.

Da quell'epoca qualche studioso fanatico cominciò ad ipotizzare che se un semplice uomo, con una professione di fede, poteva sciogliere il proprio matrimonio, figurarsi cosa poteva fare un papa i cui poteri erano pressoché divini.

Cosa che regolarmente successe. I due casi in questione sono citati da Antonino, arcivescovo di Firenze, e le due bolle che sciolsero le nozze vennero emesse da Martino V (1417-31). I casi sembrano ai nostri occhi moderni (perché all'epoca, sebbene non creduti veri dai contemporanei, furono come un pugno in faccia) anche abbastanza giustificati. Nel primo un uomo si accorge, subito dopo le nozze e senza averle consumate, che sua moglie è incinta di un altro uomo. Lui domanda lo scioglimento per potersi risposare con una vergine. Nel secondo un uomo si era sposato per procura. Nel viaggio per raggiungerlo la moglie viene catturata dai pirati. Il marito non la incontrò mai e probabilmente non l'avrebbe più rivista. Ad entrambi fu concesso lo scioglimento.

E' bene evidenziare che Antonino era contemporaneo di Martino V e che citò i due casi senza documentazione ma non venne creduto da nessuno. Le due bolle papali, che dimostravano la verità della sua citazione, rimasero segrete per 5 secoli venendo alla luce solo ai primi del novecento.

L'mpossibile giustificazione teologica fornita ad un atto di scioglimento che nel Sermone della Montagna (che, come interpretato dai cattolici, sostiene che nessun uomo può sciogliere quello che Dio ha Unito) va, come al solito a parare in quel "Tu sei Pietro....". Il papa è il vicario di Cristo (prima era il vicario di Pietro, ma poi....) e quindi già nel discorso della Montagna Gesù aveva inteso conferire questo potere di scioglimento ad un tizio che per cinque secoli si sarebbe dichiarato vescovo di Roma, poi vescovo principale della Cristianità, poi Papa, poi papa infallibile, etc.etc.. in una follia narcisistica di superpoteri.

Resta l'incongruenza di un "contratto" o "legame" che viene definito ufficialmente dalla Legge e dalla Dottrina cattolica come suggellato dalla LEGGE DIVINA (tale per cui nemmeno Dio lo vuole spezzare o può fare eccezioni) mentre il Papa dichiara invece di avere il potere di annullarlo. Sembrerebbe che il Papa sia addirittura più potente di Dio.

Naturalmente nel XVII secolo questa pratica di sciogliere i matrimoni non consumati era diventata quasi normale (nel senso che si verificava con certa frequenza), ma cosa dire allora dei matrimoni regolarmente consumati?

Non sto qui a romperVi le scatole sul passaggio della lettera di San Paolo che viene utilizzata come base dello scioglimento di matrimoni consumati. Mi limiterò a dirvi che, rigettando le tesi di Sant'Agostino, Gregorio il Grande sostenne che nel caso di matrimoni tra cristiani ed infedeli la cosa era possibile (la teoria era di un giurista romano, ex ebreo convertito, di nome Isacco). Naturalmente questa tesi creava molti problemi e questioni ed offriva il destro ad un mucchio di scioglimenti ottenuti artatamente. La norma entrò subito nei "Decreta" di Graziano e, nel 1142, divento parte del diritto canonico. Anche Innocenzo III la confermò nel suo decreto "Quanto te" del 1199.

Sembra che il punto cruciale fosse che tale tipo di matrimonio non veniva annullato da Chiesa o Papa , ma dal fedele medesimo (che si separava dal coniuge "non cristiano", in quanto abbandonato da questi), anche se sia Urbano III sia Celestino III (fatto assai poco conosciuto) sostennero invece che anche i matrimoni consumati "tra cristiani" potevano essere sciolti.

L'atteggiamento dei pontefici, da Paolo III a Gregorio XIII, fu di poco dissimile nei territori delle missioni, dove il potere di sciogliere vincoli matrimoniali venne usato a piacere e con le giustificazioni più eterogenee.

Tanto libero divenne il comportamento (segreto fino al 1900) dei papi in questo settore da provocare anche qualche crisi interna (la pubblica sconfessione dell'opinione di F.P.Kenrick, arcivescovo di Baltimora, convinto della possibilità di scioglimento, negata invece pubblicamente dal Vaticano).

Naturalmente quando i "decreta" di Paolo III, Pio V, Gregorio XIII, vennero alla luce ci si accorse che Kenrick aveva ragione e qualcuno si chiese dove potesse finire l'assoluto potere dei pontefici di fare quello che volevano, quando volevano.



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Alcuni moderni divorzi papali

Leone XIII aveva spessissimo denunciato il divorzio. "E' il frutto" egli diceva, "della pervertita morale dei popoli e conduceva...a viziose abitudini pubbliche e private....Una volta che il divorzio fosse stato permesso non sarebbe più stato possibile porgli un argine". Questo rende perciò molto difficile comprendere la sua decisione nel seguente caso (1894 - mai pubblicato negli Acta ufficiali della Santa Sede): si trattava di due ebrei, Isacco e Rebecca, sposati e divorziati. Rebecca diventò cattolica, mentre Isacco sposò una cattolica di nome Antonia con una cerimonia civile. Isacco chiese di diventare cattolico al solo fine di regolarizzare la sua unione con Antonia agli occhi della chiesa. Il 23 marzo 1894 Leone XIII, strenuo oppositore del divorzio, divorziò Isacco da Rebecca, così, su due piedi (il caso venne tenuto nascosto per quarant'anni. Uscì alla luce negli anni '30).

Nel 1917 i tre documenti relativi alle missioni di Paolo III, Pio V e Gregorio XIII, furono stampati in appendice al nuovo codice di diritto canonico, rendendo quanto una volta era considerato permesso solo nell'ambito delle attività missionarie legge generale della Chiesa. Questo aprì nuove possibilità "ufficiali" al potere del pontefice di sciogliere matrimoni. Perchè per esempio non sciogliere anche quello tra due "non cattolici". La cosa si verificò diverse volte in verità (Pio XI, 1924) ed uno dei casi, quello che provocò più agitazione, è il seguente:

"Nel 1922 Gerard G.Marsh, non battezzato, presentò la seguente richiesta al vescovo di Helena , Montana, John P.Carro. Tre anni prima egli si era sposato con un anglicana. Il loro matrimonio era finito con un divorzio e la sua ex moglie si era risposata. Marsh si era allora innamorato di una cattolica, dal nome hollywoodiano di Lulu La Hood, ed espresse il desiderio di convertirsi. Il vescovo non ritenendosi abbastanza aggiornato sul diritto canonico più recente , domandò a Roma se il matrimonio non potesse essere annullato a causa della "differenza di culto". Pur stabilendo il nuovo codice del 1917 che tale casistica non poteva essere utilizzata nella fattispecie particolare, il Sant'Ufficio modificò la domanda di Marsh in una preghiera indirizzata al Santo Padre di sciogliere il matrimonio, cosa che Pio XI fece il 6 novembre 1924, senza menzionare l'intenzione di Marsh di diventare cattolico. Il papa non offriva spiegazioni o giustificazioni ; semplicemente scioglieva il matrimonio. Un valido, indissolubile vincolo matrimoniale era stato tagliato definitivamente dal papa senza un batter di ciglia.

Lo stesso papa che, quattro anni dopo all'epoca dei Patti Lateranensi, costrinse Mussolini a promettere che in Italia non ci sarebbe mai stato il divorzio civile. Da un tizio che operava nei business dei divorzi e delle separazioni c'era da aspettarsi maggiore coerenza. Ma forse non gli piacevano i concorrenti.

Pio XI , unendo al "privilegio Paolino" un ipotetico "privilegio Pietrino", aveva realizzato la quadratura del cerchio, sciogliendo ed annullando matrimoni che lui medesimo aveva dichiarato indissolubili.

Quattro anni dopo la "Casti connubii" Pio XI approvò le "Norme per lo Scioglimento del Matrimonio in favore della Fede e per la suprema Autorità del Sommo Pontefice". Le norme non vennero mai rese ufficialmente pubbliche. Occorreva conoscere qualcuno o essere "introdotti" per poterne fruire. Peraltro si trattava di scioglimenti di "favore", a completa discrezione del pontefice. Insomma il massimo dell'ingiustizia perché mille "favori" non sostituiscono una legge giusta.

E così, mentre in tutta Europa e nel Mondo i governi emanavano esplicite leggi che regolamentavano in tutti i suoi aspetti il divorzio (rendendolo rispettabile e sollevando la chiesa dal lavoro sporco che le sarebbe moralmente spettato), il Papa li accusava apertamente di essere gli strumenti del demonio ed i fomentatori dell'iniquità. Lo stesso papa che poi tranquillamente, in Vaticano, li garantiva e li concedeva a suo piacimento.

Pio XII confermò nel 1941 le tesi del suo predecessore, arrogandosi anch'egli , unico tra tutti gli esseri umani, il potere (concessogli sicuramente da Dio) di dissolvere vincoli divinamente e naturalmente indissolubili.

Lo ridisse nella sua enciclica del 1942 "Mistici Corporis" , citando anche Unam Sanctam (di quel mostro assassino di Bonifacio VIII) e sostenendo che, anche se non aveva due spade come Bonifacio, egli regnava sull'intero mondo (almeno per quanto riguardava i matrimoni).

Naturalmente anche lui sciolse i suoi bravi matrimoni, ed a suo piacimento (1947, su richiesta del vescovo Willinger, Monterey, 1950, sempre richiesta Willinger, e 1955 , idem). Nel 1957 Pio XII sciolse addirittura il matrimonio tra due completi infedeli (due maomettani). Non dimentichiamo che gran parte delle iniquità verificatesi nel corso della guerra del Vietnam ebbero il sostegno della lobby cattolica americana ed l'appoggio ardente del cardinal Spellmann (a favore del fanatico Ngo Dinh Diem, presidente del Vietnam del Sud) e si verificarono sotto il pontificato di Pio, che non poteva certo ignorare le migliaia di cadaveri buddisti o protestanti. Giovanni XXIII seguì l'andazzo e così fece Paolo VI, riuscendo addiritttura a sciogliere il matrimonio tra due giudei (7 febbraio 1964) con la sola motivazione di "rasserenare l'animo" della nuova moglie, cattolica, di uno dei due (l'uomo evidentemente, che aveva esplicitamente dichiarato di non volersi convertire). E' bene ricordare che i processi davanti alla Sacra Rota sono quanto di più inutile ed intellettualmente abietto si possa immaginare. Centrati su ridicoli orpelli procedurali, su norme inesistenti o confuse, con esperti legali costretti ad invocare insulsi cavilli, non hanno condotto, per quanto se ne sa, ad una riconciliazione che sia una. Gli interrogatori della Corte Curiale si estendono nel passato fin dove possibile, richiamando volontà e pensieri espressi quarant'anni prima. Diversi casi sono stati in discussione per più di trent'anni (e noi ci lamentiamo, a ragione, della nostra giustizia civile). Uno degli accorgimenti invocati è quello dell'irregolarità del battesino di uno dei due divorziandi: Se uno dei due non è stato correttamente battezzato, non è cattolico e quindi gli è più facile ottenere la dispensa papale. Roba da mentecatti!

Lo stesso discorso vale per la "consumazione" del matrimonio, che richiede "penetratio" ed "inseminatio". Se la coppia ha sempre usato il preservativo esiste la possibilità di annullare il matrimonio? E la volontà di non avere figli? Se uno dei coniugi ha espreso pubblicamente la sua intenzione di non avere figli il suo matrimonio è nullo. Lo è anche se lo ha detto privatamente? Un caso che fece scalpore fu l'annullamento concesso da Pio XI nel 1916 a Consuela Vanderbilt , sposata con Charles Spencer, duca di Marlborough. In quest'occasione Pio XI concesse l'annullamento di un matrimonio tra due protestanti e celebrato davanti ad un vescovo protestante.

E' noto in certi ambienti che spesso i coniugi più esperti scrivevano apposite lettere (attestanti vizi della volontà o pressioni esterne), depositate poi presso un legale di fiducia, al fine di poterle utilizzare in caso il matrimonio andasse male (attualmente queste pratiche sono irrisorie. Grazie a Dio anche noi abbiamo il divorzio).

E' probabile e sperabile che il futuro ci riservi delle sorprese positive, anche se i mutamenti nell'ottica ecclesiastica sono sempre estremamente ambigui ed ufficialmente non confessati.

Per esempio papa Giovanni Paolo II dice spesso cose che i suoi predecessori avrebbero condannato come eretiche. Nel 1979 e nel 1980 si riferì a Dio, citando la genesi, una volta con J, Yahweh, e l'altra E, Elohim , plurale di esseri divini. Il Sant'Ufficio avrebbe condannato lui e Mosè per eresia. In un'altra occasione ha parlato di "estasi sessuale" del matrimonio, cosa condannata da un papa dietro l'altro per cinquecento anni.






“Non esiste delitto, inganno, trucco, imbroglio e vizio che non vivano della loro segretezza. Portate alla luce del giorno questi segreti, descriveteli, rendeteli ridicoli agli occhi di tutti e prima o poi la pubblica opinione li getterà via. La sola divulgazione di per sè non è forse sufficiente, ma è l'unico mezzo senza il quale falliscono tutti gli altri”.
Joseph Pulitzer (1847-1911), Fondatore Premio Pulitzer