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Evangelizzazione a fil di spada

Del resto proprio Giovanni Paolo II, come ricorda il bel saggio di Anna Borioni e Massimo Pieri Maledetta Isabella maledetto Colombo, ha definito “epopea missionaria” la conquista delle Americhe e “parla di Colombo come del primo evangelizzatore, così come il suo predecessore Alessandro VI, nel 1493, lo aveva chiamato diletto figlio” (26).

E nel 1987, rivolgendosi agli indiani d’Argentina, Wojtyla li esorta ad amare “soprattutto la gran ricchezza che per volere divino avete ricevuto: la vostra fede cristiana” (27), riqualificando così come “volontà di Dio” la sanguinosa conquista autorizzata e anzi ordinata da papa Alessandro VI nel donare ai re di Spagna e Portogallo, “per l’autorità di Dio onnipotente a noi concessa…, tutte le isole e terre trovate e da trovare, scoperte e da scoprire… sia che siano dalle parti dell’India o che siano da qualunque altra parte” (28).

L’immagine del “figlio dell’Uomo” che non ha un giaciglio ove posare il capo è rovesciata in quella del papa che, in nome di Dio, si fa padrone assoluto dell’orbe terracqueo e lo “dona” ai re cattolici con tutti i suoi abitanti, legittimando così la penetrazione imperialistica. “La Chiesa”, notano Borioni e Pieri, “non solo non ha mai ripudiato le bolle del papa Borgia, ma neanche ha speso una parola di critica, anzi bolle di altri papi hanno confermato l’operato di Alessandro VI” (29).

Nella Bolla in questione, la Inter coetera,, Alessandro VI fonda inoltre il “diritto di conquista” sul “dovere” di convertire gli indios che il papa assegna ai re cattolici: “Vi comandiamo in virtù della santa obbedienza, che così come pure lo prometteste ... e procuriate di mandare alle dette terre ferme e isole uomini buoni, timorati di Dio, dotti, saggi, e esperti, affinché istruiscano i Nativi e Abitanti alla Fede Cattolica, e insegnino loro i buoni costumi”(30).

Quei “buoni costumi” di cui Alessandro VI, notoriamente dedito all’assassinio e al concubinaggio, era fulgido esempio. Si fissa così un legame che sarà sempre rinnovato nei secoli successivi fra Chiesa e potenze imperialistiche, fra attività missionaria e penetrazione capitalistica, fra conquista ed “evangelizzazione”.

Per una documentazione dei rapporti fra Chiesa e colonialismo si veda, ad esempio, Fede e civiltà, a cura di Aldo Landi che raccoglie la bolla di Nicolò V del 1455 in cui si auspica la penetrazione del cattolicissimi portoghesi nel continente africano, i documenti sul commercio di schiavi nello Stato Pontificio del Seicento, le preghiere per i legionari italiani in Africa durante il periodo fascista ecc.

“Un lavoro, quello del Landi”, osserva Mimmo Franzinelli, “che si potrebbe aggiornare con l’inserzione dei discorsi tenuti da Giovanni Paolo II in occasione dei frequenti viaggi extraeuropei, quando ebbe occasione di accompagnarsi a tiranni che dalla presenza multi-mediale del pontefice trassero elementi di legittimazione” (31).







La “reconquista”


Il riferimento di Franzinelli è soprattutto ai viaggi di Giovanni Paolo II in America latina, ma in generale il motivo dell’evangelizzazione, ossia della “conquista” al cattolicesimo di tutto il mondo, è una chiave importante per capire le scelte, apparentemente contraddittorie, del suo pontificato.

C’è chi ha paragonato Giovanni Paolo II a Innocenzo III o Bonifacio VIII per il carattere tutto-politico del suo pontificato, teso a restaurare il potere universale del papato. Il sogno teocratico di Wojtyla doveva naturalmente misurarsi con un mondo dove l’odiato illuminismo ha laicizzato costumi e istituzioni, o dove il diffondersi dell’Islam rende i cristiani minoranza in varie parti del globo. Giovanni Paolo II ha quindi abilmente usato un linguaggio di “apertura” e di “dialogo” là dove la Chiesa doveva convivere con religioni o ideologie diverse.

Ma nel contempo ha continuato la vecchia politica di alleanza con il potere, anche il più tirannico, dove si trattava di conservare un predominio consolidato, come nell’America latina. Qui il papa ha abbracciato Pinochet, si è schierato contro tutte le spinte innovative del mondo cattolico, specie contro la teologia della liberazione, ha glissato disinvoltamente sull’assassinio di Romero.

Allo stesso modo non ha esitato a sostenere il reazionario nazionalismo cattolico croato, favorendo l’esplosione delle guerre jugoslave, in contrasto con il pacifismo manifestato nel caso dell’Iraq, cioè in un’area dove il papa temeva di vedere compromesse dalle aggressive politiche antimusulmane degli Usa le possibilità di penetrazione o di pacifica convivenza a fini di “evangelizzazione”.







Dalla parte dei potenti


L’alleanza della Chiesa con i potenti, iniziata già con Costantino e sancita da Teodosio nel 380, quando dichiarò il cattolicesimo “religione di stato” dando il via alle persecuzioni contro i pagani, divenne la regola nei lunghi secoli del Medioevo e continuò, come abbiamo visto parlando di Alessandro VI, anche nell’età moderna garantendo privilegi economico-politici e influenza sociale al papato che, in cambio, assicurò il suo appoggio ai governi più dispotici.

Questo ruolo della religione, di quella cattolica nella fattispecie, prima che da Marx fu rilevato da Napoleone che, nello spiegare la funzione del Concordato da lui firmato con la Chiesa nel 1801, ebbe a dire: “Quando un uomo muore di fame accanto a un altro pieno fino al gozzo, gli è impossibile darsi pace di questa differenza se non c’è un’autorità che gli dice: ‘Così vuole Dio, bisogna che ci siano i poveri e i ricchi in questo mondo, ma dopo, e per l’eternità, le parti saranno fatte diversamente” (32).

Ancora alla fine dell’Ottocento un papa sedicente “progressista” come Leone XIII, nell'enciclica Immortale Dei (1885), propose questa alleanza fra potere laico ed ecclesiastico come “modello” di società e di civiltà: “Fu già tempo che la filosofia del Vangelo governava gli Stati, quando la forza e la sovrana influenza dello spirito cristiano era entrata bene addentro nelle leggi, nelle istituzioni, nei costumi dei popoli, in tutti gli ordini e ragioni dello Stato, quando la religione di Gesù Cristo, posta solidamente in quell'onorevole grado che le conveniva, fioriva all'ombra del favore dei principi e della dovuta protezione dei magistrati; quando procedevano concordi il sacerdozio e l'impero, stretti tra loro per amichevole reciprocanza di servizi.

Ordinata in tal modo la società recò frutti che più preziosi non si potrebbe pensare, dei quali dura e durerà la memoria, affidata a innumerevoli monumenti storici, che niuno artifizio di nemici potrà falsare od oscurare” (33).







La politica dei concordati


Il compito di ristabilire l’alleanza fra trono e altare, incrinata dalle nuove idee illuministe, dalla rivoluzione francese e dall’affermarsi di regimi laici e democratici, fu assegnato dalla Chiesa ai Concordati. Essi tesero ad affermare nei vari paesi il cattolicesimo non come una religione fra le altre ma come religione dello stato o comunque dotata di cospicui privilegi e contemporaneamente a fare dello Stato della Chiesa, territorialmente ininfluente, una “potenza” trasnazionale.

L’esempio fu seguito anche dalle Chiese cristiane protestanti. “Cattolicesimo e protestantesimo” scrive Deschner, “si allearono… con ogni sorta di regime, anche col più criminale, come prova il loro rapporto con Mussolini, Franco e Hitler” (34).







La legittimazione del fascismo


La storia dei rapporti fra Chiesa e fascismo è troppo nota perché qui vi si insista, così come sono noti i vantaggi derivati e che ancora derivano alla Chiesa dal Concordato, anche dopo la revisione del 1984 che ha privato il cattolicesimo del titolo di “religione dello stato”. Ricorderemo fra l’altro l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole, fino al 1984 obbligatorio, il crocifisso nelle aule, le agevolazioni alle scuole private, l’incredibile recente normativa che assicura il pagamento da parte dello stato degli insegnanti di religione nominati dalle curie.

Qui merita soprattutto ricordare alcune formulazioni teoriche e dottrinali legate all’intesa del papato con il fascismo, come l’affermazione di Pio XI secondo cui “Mussolini ci è stato inviato dalla Provvidenza” (35), o la composizione e diffusione nelle scuole di preghiere che favorivano un vero e proprio culto del duce (“Duce ti ringrazio che tu mi abbia reso possibile crescere sano e forte. Mio caro Dio proteggi il Duce, affinché venga a lungo conservato all’Italia fascista”) (36) o il sostegno alla guerra d’Etiopia: in tale occasione il papa “proclamò che una guerra difensiva (!) a scopo espansionistico (!) poteva essere giusta e opportuna per una popolazione in crescita” (37), mentre il periodico gesuita Civiltà cattolica precisava “che la teologia cattolica non condanna affatto ogni espansione economica violenta” (38).







La Chiesa e il Nazismo


Tralasciando il sostegno della Chiesa al franchismo o quello a Pavelic e agli Ustascia che si resero responsabili, fra l’altro, dello sterminio di 600.000 croati ortodossi, o al collaborazionista slovacco monsignor Tiso, ci limitiamo infine a ricordare l’appoggio al nazismo da parte dei vescovi tedeschi con la lettera pastorale collettiva del giugno 1933 (39).

“Col capo diritto e con passo sicuro siamo entrati nel nuovo Reich e siamo pronti a servirlo”, dichiarava il vescovo Bornewasser di Treviri, mentre il vescovo ausiliario Burger affermava: “I fini del governo del Reich sono da lungo tempo i fini della Chiesa cattolica” (40). In un Vademecum per il soldato cattolico con tanto di imprimatur, del 1938, si legge: “Il Fuhrer incarna l’unità del popolo e del Reich”(41) né si contano preghiere e inni al Fuhrer.

Da parte sua, nel 1937, l’allora segretario di stato Pacelli, futuro Pio XII, scriveva all’ambasciatore tedesco in Vaticano che alla Santa Sede “non sfuggiva la grande importanza insita nella costituzione di una linea di difesa politica internamente sana e vitale contro il pericolo del bolscevismo ateo”.

La Santa Sede, continuava Pacelli, pur combattendo il bolscevismo con altri mezzi ammetteva anche l’utilizzo “di mezzi estremi di pressione contro il pericolo bolscevico” (42). Nel 1941, dopo l’invasione tedesca della Russia, i vescovi tedeschi scrivevano: “Una vittoria sul bolscevismo equivarrebbe al trionfo della dottrina di Gesù su quella degli infedeli” (43).

Troppo noto, perché vi si insista, è poi il “silenzio” di Pio XII sul genocidio degli ebrei e sui campi di sterminio nazisti.

Ma varrà la pena ricordare, a conferma di una linea ancora oggi non smentita di complicità con i potenti e con il nazifascismo in particolare, la beatificazione di un responsabile dei massacri e degli stermini consumati dagli ustascia come l’arcivescovo croato Stepinac.

Queste pagine della storia recente, come quelle sull’evangelizzazione forzata degli indios, portano d’altra parte a considerare un altro aspetto del cattolicesimo, su cui ci soffermeremo in seguito, e cioè la legittimazione che la Chiesa diede alla guerra, all’omicidio, alle stragi di massa e a varie forme di violenza e di intolleranza.







Note prima parte



(1) “Dove scompare Dio, l’uomo perde la dignità divina”, ha detto Ratzinger ovviamente identificando Dio con il Dio cristiano, cioè il crocifisso. Vedi Lasciate il crocifisso nelle aule, “la Repubblica”, 17 agosto 2005.

(2) A. Cazzullo, Ora un patto per una nuova laicità, “Corriere della Sera”, 17 luglio 2005.

(3) Naturalmente c’è da giurare che in un paese dove la maggioranza sostenesse norme contrarie alla morale cattolica, il cardinale Scola rivendicherebbe per i cattolici il diritto di disattenderle, riscoprendo la “vecchia” laicità. E’ un gioco che la Chiesa fa da duemila anni: invocare la “tolleranza religiosa”se è minoranza, e il rispetto della “verità cristiana”, da parte delle minoranze, se è al potere.

(4) Gli esempi stucchevoli anche oggi si sprecano, da quello di Benedetto XVI che in una recente omelia, ricoperto d’oro e pietre preziose come una madonna di Loreto, esortava a “staccarsi” dalla ricchezza a quello della “terza carica dello stato”, il "bel Pieferdi" Casini, indefesso propagandista del matrimonio indissolubile e della morale sessuale vaticana, che dopo l’elezione a presidente della Camera concluse il discorso chiedendo la protezione della Vergine e mandando baci verso le tribune dove sedeva la sua, in linguaggio canonico, “concubina”.

(5) H. Kung, Il Papa che ha fallito, “Corriere della sera”, 26 marzo 2005.

(6) Vangelo di Matteo, 16, 18 in La Sacra Bibbia, Salani editore, Milano 1954, p. 1406

(7) Paolo, Lettera ai Galati, 3, 28 in La Sacra Bibbia, cit., p. 1640

(8) Paolo, 1 Tm. 6.1-2, in La Sacra Bibbia, cit., p. 1686

(9) Ign., Polyc., 4, 3 in K. Deschner, Il gallo cantò ancora. Storia critica della Chiesa, Massari editore, Bolsena (Vt) 1998, p. 375.

(10) Aug:, In Ps., 124, 7, in K. Deschner, Il gallo cantò ancora, cit., p. 376.

(11) in G. Pepe, Il Medioevo barbarico in Italia, Einaudi, Torino 1941

(12) E. Buonaiuti, Storia del cristianesimo, vol. II, p. 37.

(13) in K. Deschner, Il gallo cantò ancora, cit., p. 378.

(14) Pio IX, Instruzioni, 20 giugno 1866, in J. F. Maxwell, Doctrine Concerning Slavery, in “World Jurist” (1969-70), pp. 306-307

(15) Giovanni Paolo II, Centesimus annus, 1991, sito internet della Santa Sede.

(16) Bas., in divites, 1 in K. Deschner, Il gallo cantò ancora, cit., p. 357.

(17) Greg. Nyssa, Primo discorso, 18 sgg in K. Deschner, cit., p. 378.

(18) Hieron.,in Mich. 6, 10 sgg.in K. Deschner, cit., p. 378.

(19) Crisostomo, dodicesima omelia sulla prima Lettera a Timoteo, in K. Deschner, cit., p. 378.

(20) K. Deschner, cit., p. 353.

(21) K. Deschner, cit., p. 367.

(22) Giovanni Paolo II, Centesimus annus, cit.

(23) ibid.

(24) Joseph Ratzinger, L’Europa nella crisi delle culture, estratto da una conferenza del 1 aprile 2005 a Subiaco.

(25) Giovanni Paolo II, Centesimus annus, cit.

(26) A. Borioni, M. Pieri Maledetta Isabella maledetto Colombo, Marsilio, Venezia 1991, p. 30.

(27) ibid., p. 31.

(28) ibid., p. 173.

(29) ibid., p. 178.

(30) ibid., p. 173.

(31) M. Franzinelli (a cura), Ateismo, laicismo, anticlericalismo, Ed. La Fiaccola, Ragusa1992, vol. II, p. 152.

(32) in A memoria d’uomo, manuale di storia per la scuola media, Cappelli, Bologna 2005, vol. B, p. 269.

(33) Leone XIII, Immortale Dei, in R. Cammilleri, La “leggenda nera” dell’Inquisizione, in “Fogli”, n.131-32, agosto-settembre 1988 (www.kattoliko.it).

(34) K. Deschner, cit, p. 446.

(35) ibid., p. 447.

(36) ibid., p. 447.

(37) ibid., p. 448.

(38) ibid., p. 448.

(39) ibid., p.454-55.

(40) ibid., p.456.

(41) ibid., p. 462.

(42) ibid., p. 469.

(43) ibid., p. 448.




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La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno.
Apocalisse Laica
Le religioni dividono. L'ateismo unisce


Il sonno della ragione genera mostri (Goya)