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Campione dell’ortodossia contro l’Arianesimo. Nato da famiglia benestante, era egiziano per nascita e greco per educazione. Nell’eccellente scuola catechetica di Alessandria, egli venne molto impressionato dalla testimonianza dei martiri durante le ultime persecuzioni e fu profondamente influenzato da Alessandro, vescovo di Alessandria, dal quale fu consacrato diacono. Di piccola statura e di intelligenza sottile, Atanasio non ebbe alcun ruolo ufficiale durante il Concilio di Nicea (325), ma come segretario di Alessandro, le sue note, circolari ed encicliche per conto del suo vescovo, ebbero un importante effetto sul suo esito. Egli era in lucido e capace teologo, scrittore prolifico, con l’istinto del giornalista per il potere della penna, e cristiano devoto – le quali cose lo portarono ad essere apprezzato dal più vasto pubblico di Alessandria, e la grande maggioranza del clero e dei monaci d’Egitto.

Atanasio contestò Ario e gli ariani durante la maggior parte del quarto secolo. Ario insegnava che Cristo, il Logos, non fosse l’eterno Figlio di Dio, ma un essere subordinato. Queste concezioni erano un attacco alla dottrina della Trinità, alla Creazione, ed alla Redenzione. Atanasio affermava che le Scritture insegnano l’eterna figliolanza del Logos, la creazione diretta del mondo da parte di Dio, e la redenzione del mondo e degli uomini da parte di Dio in Cristo. Queste verità vengono esposte nel saggio: L’incarnazione della Parola di Dio, scritto quando Atanasio era appena un ventenne.

Alessandro morì nel 328, e su grande richiesta, Atanasio venne nominato vescovo all’età di soli 33 anni. La vittoria di Nicea rimase pregiudicata per due generazioni, ed Atanasio era il punto focale dell’attacco ariano. L’arianesimo aveva nell’impero un grande seguito, come pure le simpatie di Costanzo, il successore di Costantino nel 337. La storia della Chiesa nel quarto secolo va di pari passo con gli avvenimenti della vita e del ministero pubblico di Atanasio. Egli venne perseguito attraverso cinque esili, comprendenti 17 anni di fughe e nascondimenti, non solo fra i monaci del deserto, ma spesso in Alessandria stessa, dove era protetto dal popolo. Durante un esilio, a Roma nel 339, egli stabilì forti legami con la Chiesa occidentale, che appoggiava la sua causa. Gli anni susseguenti li passò in pace ad Alessandria.

Gli storici affermano che Atanasio, quasi da solo, salvò la Chiesa dall’intellettualismo pagano e che, per la sua tenacia e visione nel predicare un Dio e Salvatore, egli avesse preservato dalla dissoluzione l’unità e l’integrità della fede cristiana.

La vastità dei suoi scritti è impressionante. Contra gentes, una confutazione del paganesimo e De Incarnatione, esposizione dell’incarnazione e dell’opera di Cristo, furono scritti presto nella sua vita (c. 318) e sono da considerarsi parti di un’unica opera. Pure importanti scritti dottrinali sono De Decretis e Expositio fidei. Saggi polemici e storici includono: Apologia contra arianos, Ad episcopos egypti, e De Synodis. Egli scrisse molti commentari su libri biblici. Vi sono numerosi altri scritti, incluse lettere, molte delle quali sono ancora accessibili.

Egli discusse dottrine chiave come: la Creazione, l’Incarnazione, lo Spirito Santo, e la Trinità, l’opera di Cristo, il Battesimo e la Cena del Signore.

Atanasio influenzò molto il movimento monastico, soprattutto in Egitto.

(S. J. Mikolaski, in: J. D. Douglas, ed. The New International Dictionary of the Christian Church, Grand Rapids, MI: Zondervan, 1974, p. 67).

Arianesimo

Eresia che negava l’eternità di Gesù Cristo, il Figlio di Dio come il Logos. Fu condannato al Concilio di Nicea nel 325. Rimane oggi molto poco degli scritti di Ario, presbitero di Alessandria (m. 336), ma la controversia ariana (c. 318-381) fu strategica per la cristallizzazione e lo sviluppo della dottrina cristiana.

Insieme ad Eusebio di Nicomedia, Ario studiò sotto Luciano di Antiochia, le cui concezioni precorrono la cristologia ariana. Il genio di Ario fu quello di spingere la questione cristologica fino alle origini del Logos pre-incarnato.

La controversia sembra essere sorta in una disputa fra Ario ed il vescovo di Alessandria Alessandro, sebbene dopo Nicea, fu il giovane Atanasio, diacono di Alessandro, a portare avanti le argomentazioni contro Ario e la cui difesa della Cristologia biblica a suo tempo trionfò sugli ariani nel quarto secolo.

Affermando un senso univoco di “generare” in riferimento all’essere del nostro Signore “unigenito Figlio”, Ario diceva, citando Socrate Scolastico, “Se il Padre generò il Figlio, di colui che fu generato si può affermare un inizio di esistenza; e da questo è evidente che vi fosse un tempo quando il Figlio non esisteva. Ne consegue necessariamente che egli avesse la sua sussistenza dal nulla”.

Sulla base di una certa logica di termini, la cristologia subordinazionista di Ario è coerente, ma è pure chiaramente eretica, se giudicata dalla testimonianza apostolica. Se Dio è indivisibile e non soggetto a cambiamento, allora, secondo una lettura di “generato”, qualunque cosa venga generata da Dio deve derivare da un suo atto creativo, non dall’essere stesso di Dio. Per cui esso comporta un inizio di esistenza. Il Figlio, quindi, non sarebbe coeterno con il Padre. Il Credo niceno, così, insiste che Cristo è della sostanza del Padre, non sacrificando, così né l’impassibilità di Dio, né la divinità del Figlio. Dire che il Figlio sia generato dal Padre dall’eternità non vuol dire dividere il Dio indivisibile, ma accettare la testimonianza degli Apostoli.

Cruciali per questa questione sono le dottrine della Creazione e della Trinità. A Nicea, i cristiani adottarono la dottrina che l’unico Signore Gesù Cristo dall’eternità è di un’unica sostanza con il Padre (si noti il prologo di Giovanni 1:1-18). Questo segnò la fine del periodo in cui Cristo poteva essere concepito come intermediario di Dio nella Sua opera di creazione e di redenzione. Fu così riaffermata la dottrina veterotestamentaria della creazione diretta del mondo da parte di Dio, piuttosto che il concetto greco di uno o più intermediari che collegavano il mondo a Dio, ma non Dio al mondo. Il concetto di intermediari (come nello Gnosticismo) era stato formulato per vincere l’antinomia di come Dio possa essere non generato ed impassibile, eppure agire per creare il mondo. Contro Ario, Atanasio insisteva come non vi potesse essere spazio nel pensiero cristiano per un qualsiasi essere che agisca da intermediario fra il Creatore e la creatura, e perché la redenzione è una prerogativa divina, solo di Dio in Cristo, non in qualche essere intermediario che possa redimere.

La controversia ariana si protrasse a lungo ed implicò molti complicati documenti che circolavano nel quarto secolo. Gli ariani conseguirono grande popolarità dopo il Concilio di Nicea, specialmente dopo la morte di Costantino nel 337, perché suo figlio e successore, Costanzo, era appassionato di Ario. La forza dell’insegnamento ariano venne a suo tempo dissipata, sebbene solo attraverso l’energica opposizione di Atanasio. Il credo niceno fu confermato dal Concilio di Costantinopoli nel 381.

Oggi, la cristologia che maggiormente si avvicina a quella di Ario si trova nell’insegnamento dei Testimoni di Geova, i quali negano l’eternità del Figlio di Dio, la dottrina della Trinità, e considerano il Logos come essere intermediario fra il Creatore e la creazione.

(S. J. Mikolaski, in: J. D. Douglas, ed. The New International Dictionary of the Christian Church, Grand Rapids, MI: Zondervan, 1974, p. 67).

Implicazioni ideologiche

“Nel cristianesimo trinitario ortodosso, il problema dell’uno e dei molti viene risolto. L’unità e la pluralità sono ugualmente valori ultimi nell’essere di Dio. L’unità temporale e la pluralità sono su una base di validità uguale. Non c’è quindi alcun conflitto di base fra individuo e società. L’individuo vive nella società, e nella società fiorisce come l’individuo che trova sé stesso e cresce in termini di fede cristiana coerente. Invece di un’ostilità filosofica di fondo fra l’individuo ed il governo, fra il credente e la Chiesa, fra persona e famiglia, vi è una necessaria co-esistenza. Né l’uno né i molti sono riducibili all’altro. Essi non possono cercare di obliterare l’altro, perché significherebbe un’auto-obliterazione: La fede agostiniana e calvinista, con la sua ostilità verso il subordinazionismo, comporta, se sviluppata, la possibilità per un ordinamento sociale autentico e, nella misura in cui vengono seguiti agostinismo e calvinismo, la cultura occidentale si è sviluppata sia come libertà che come ordine. Quando il subordinazionismo teologico prevale, cioè si afferma la condizione di subordinazione della seconda Persona della Trinità, sorge lo statalismo, come nella Russia bizantina (con la sua cristologia docetica), l’Anglicanesimo ed il modernismo, per citarne solo alcuni. L’uguaglianza ultima dell’uno e dei molti viene disturbata, e l’ordine della rivelazione pregiudicato. Gli imperatori romani erano intensamente consapevoli di questo fatto e, per promuovere lo statalismo,. Appoggiavano l’arianesimo ed altre concezioni subordinazioniste come essenziali per la conservazione dello stato in cui il vero ordinamento in cui la vita umana dovesse essere compresa totalmente. L’ostilità di Atanasio si fondava su questa premessa. Il Concilio di Calcedonia nel 451, affermando la piena fede trinitaria, era così la vittoria significativa che condusse alla vittoria ciò che oggi chiamiamo civiltà occidentale. Il riduzionismo è il risultato di una cristologia difettosa. Una volta che si neghi l’eterno Uno e Molti nel loro uguale carattere ultimo, esso cessa di essere il quadro di riferimento, e un Uno immanente assorbe i Molti. L’impero romano e bizantino, come lo stato moderno e le Nazioni Unite, cercò di essere l’uno immanente. Invece che al punto focale ci fosse un Uno e Molti trascendentale, che nessun ordine umano, come essere creato, poteva incorporare, l’ordinamento temporale divenne il quadro di riferimento. Fu negato l’ordinamento eterno tanto che uno umano poteva sostituirlo. Gli imperatori divini, il diritto divino dei re, si poggiava su questa premessa filosofica, e la corte bizantina sviluppò una teologia dell’imperatore e della corte”.

(R. J. Rushdoony, The One and the Many, Fairfax, VA: Thoburn Press, 1978, p.16,17)


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[Modificato da kelly70 28/12/2007 19:02]



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