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Una ferma riproposizione della tradizionale dottrina della Chiesa su eutanasia e aborto.
«Una grande preoccupazione costituisce per me il dibattito sul cosiddetto “attivo aiuto a morire”», ha affermato Benedetto XVI nell’incontro con i membri del Parlamento e del Corpo Diplomatico al Palazzo Imperiale di Vienna. «C’è da temere - ha avvertito - che un giorno possa essere esercitata una pressione non dichiarata o anche esplicita sulle persone gravemente malate o anziane, perchè chiedano la morte o se la diano da sè». Per il Papa, «la risposta giusta alla sofferenza alla fine della vita è un’attenzione amorevole, l’accompagnamento verso la morte, in particolare anche con l’aiuto della medicina palliativa, e non un attivo aiuto a morire». […]

Il Papa è poi intervenuto sul tema dell’aborto, che, per il Pontefice, non è un diritto umano, ma il suo contrario, una profonda ferita sociale. È questo il nuovo affondo lanciato contro l’interruzione della gravidanza dal Papa, con implicito riferimento alla presa di posizione di Amnesty International che aveva incluso l’aborto fra i diritti umani per le donne che hanno subito una violenza sessuale. Il Papa ha ripetuto il “no” netto della Chiesa all’aborto in qualunque caso. «Il diritto umano fondamentale - ha osservato Papa Ratzinger - il presupposto per tutti gli altri diritti, è il diritto alla vita stessa». «Ciò vale - ha aggiunto - per la vita dal concepimento sino alla sua fine naturale. […] «Nel dire questo - ha aggiunto il Papa - non esprimiamo un interesse specificamente ecclesiale. Ci facciamo piuttosto avvocati di una richiesta profondamente umana e ci sentiamo portavoce dei nascituri che non hanno voce». «Non chiudo gli occhi - ha proseguito Benedetto XVI - davanti ai problemi e ai conflitti di molte donne e mi rendo conto che la credibilitá del nostro discorso dipende anche da quel che la Chiesa stessa fa per venire in aiuto alle donne in difficoltá». Quindi il Pontefice ha ribadito la necessitá di dare sostegno alle famiglie e alle coppie affinchè vengano aiutate ad avere dei figli e a non considerare questi ultimi come «casi di malattia».

Fonte: Corriere

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