APOCALISSE Controinformazione su Chiesa e Cattolicesimo

Chiesa e laicità dello stato

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    Madre Badessa
    00 16/09/2007 01:16
    Da "Colloqui col Padre" di Famiglia Cristiana num 14 del 8-4 2007

    Lettera di un medico e relativa (scontatissima) risposta. [SM=g27818]

    Caro padre, la scomunica che colpisce chi pratica o presta la propria opera a un aborto ha colpito anche me, cardiologo, non obiettore di coscienza. Mi è stato chiesto di assistere una paziente che ha scelto di interrompere la gravidanza perché il feto era portatore di gravi malformazioni, seppur compatibili con la vita biologicamente intesa. Io sono felice di essere stato scomunicato.

    Ritengo profondamente ingiusto che la Chiesa voglia intervenire in maniera così autoritaria non sull’etica, ma sull’ordinamento amministrativo di uno Stato sovrano. Così come trovo ingiusto chiedere a un parlamentare cattolico di farsi guidare nelle scelte di voto dall’etica della Chiesa. Non viviamo in una Repubblica confessionale, e un deputato cattolico non può decidere anche per chi cattolico non è, e per chi ha valori etici diversi.

    La stessa concezione della vita e del possesso dell’anima da parte del feto sono molto diversi fra ebrei, musulmani e cattolici. Perché dovremmo imporre la nostra visione anche a chi non la pensa come noi? L’Italia non è lo Stato pontificio! È auspicabile una sana laicità per tutti i parlamentari; io vorrei che lo Stato avesse come guida e come ideale un’etica illuminata, dove ciascuno, nel rispetto della legge, potesse decidere di sé autonomamente e secondo la propria coscienza, senza essere costretto a sottostare a leggi che derivano da princìpi confessionali che non condivide.

    Sono contento di essere fuori da questa Chiesa, dove la pietà è stata sostituita dalla crudeltà (vedi il caso Welby o la campagna antireferendaria sulla Legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita); dove la verità è stata sostituita dall’ipocrisia (si contrasta il divorzio quando poi la Sacra Rota annulla matrimoni con sentenze al limite della barzelletta; per non parlare del trattamento riservato agli omosessuali); dove si condanna senza appello il relativismo (dimenticando che il contrario del relativismo è l’assolutismo!).

    Vorrei vivere in uno Stato laico, dove ciascuno possa decidere di sé stesso secondo il proprio credo e le proprie convinzioni etiche, nel rispetto di leggi non dettate da "intermediari porporati". Vorrei vivere in uno Stato che garantisca i diritti anche di quei cittadini che decidono di fare scelte diverse dal matrimonio. Vorrei vivere in uno Stato dove l’ideale illuministico possa convivere con quello del sentimento religioso, senza che quest’ultimo debba prevalere sull’altro. Vorrei vivere in uno Stato dove la Chiesa non abbia la presunzione di imporre la propria verità a chi non crede; vorrei una Chiesa dialogante e non arrogante, non impegnata in "moderne crociate" oppure alla caccia delle streghe. Fino ad allora sarò contento di essere scomunicato.

    Dr. Francesco D.




    La laicità dello Stato significa accoglienza e, insieme, imparzialità nei confronti delle diverse religioni ed etiche religiose. Il cittadino, infatti, può essere credente o non credente, appartenere a una religione piuttosto che a un’altra. Ha, quindi, il diritto di sottostare a una legislazione civile, non confessionale.

    Laicità dello Stato, tuttavia, non vuol dire neutralità o imparzialità nei confronti dell’etica umana, fondata sui valori (diritti) della persona che rinviano a esigenze che sono di ogni uomo a prescindere dal credo religioso o ideologico. In altre parole, le leggi civili sono giuste o ingiuste non in riferimento a una morale di un particolare gruppo umano o di una morale di tipo confessionale, ma innanzitutto a una morale umana. In breve, la categoria dei diritti umani è il criterio in base al quale si giudica la giustizia/ingiustizia delle leggi civili e penali.

    Se non si rimane irretiti nelle sterili contrapposizioni ideologiche, si può facilmente verificare che nessuna legge dello Stato, tra quelle ricordate nella lettera, è di tipo confessionale. La permissione giuridica dell’aborto, in particolari condizioni, è insostenibile per motivazioni razionali prima ancora che confessionali: il diritto alla vita è un diritto fondamentale di ogni essere umano, che la legge deve tutelare; che il feto sia un essere umano fin dall’inizio, e non a partire da una soglia biologica successiva, è una tesi che ha basi razionali; che il feto non sia da considerare una merce da scartare quando è "avariata" non ci si arriva per fede, ma attraverso la ragione.

    La scomunica nella quale incorre il cattolico che pratica e favorisce l’aborto è un invito a comprendere la gravità di un delitto che si tende a nascondere e a giustificare. La legge 40/2004 sulla procreazione medicalmente assistita è certamente una legge restrittiva, ma non è confessionale: il divieto della fecondazione eterologa, del congelamento degli embrioni... si fonda su un’argomentazione razionale; sarà più o meno condivisibile, ma ciò non toglie che l’argomentazione sia razionale.

    Così la proibizione del matrimonio omosessuale e dell’eventuale adozione non deriva da particolari concezioni religiose, ma da una valutazione di ragione e, in questo caso, dal diritto del bambino ad avere un padre e una madre.

    Si esige che la legge civile sia il risultato di un dibattito che coinvolga parlamentari di diversa fede religiosa e di diversa opzione etica. Il parlamentare cattolico non pretende di imporre le esigenze della sua etica, ma anche il cosiddetto laico non può pretendere di avere il monopolio della ragione. È una strana laicità quella di ritenere che l’argomentazione razionale sia solo dalla sua parte e che dall’altra ci siano solo concezioni fideistiche; che da una parte ci sia senso democratico e che dall’altra ci sia imposizione del proprio credo e della propria etica.

    Ogniqualvolta che i cattolici in politica si impegnano democraticamente a elaborare leggi a favore del diritto alla vita (contro l’aborto); del rispetto alla vita dall’inizio al termine naturale (contro l’uso strumentale degli embrioni e l’eutanasia); del diritto del nascituro ad avere due genitori certi (contro la fecondazione eterologa)..., argomentano in base ai diritti umani e al bene comune.

    Oggi più che mai, come ci ricorda la recente Nota pastorale della Cei (che pubblichiamo a pag. 31), i cattolici impegnati in politica si trovano a operare in un contesto culturale «nel quale la visione autenticamente umana della persona è contestata in modo radicale». Se i cattolici saranno coerenti con la loro fede e più avvertiti degli altri in tema di diritti umani, sarà un bene per loro e per tutti.



    D.A.



    www.stpauls.it/fc/0714fc/0714fc08.htm



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    Padre Guardiano
    00 16/09/2007 08:39
    Re x Kelly

    Cara Kelly,possiamo far entrare nel nostro convento il Dott. Francesco D. -
    Anche lui scomunicato!!! [SM=x789051] [SM=x789051] [SM=x789051] [SM=x789052] [SM=x789052] [SM=x789052] [SM=x789053] [SM=x789053]


    omega [SM=x789054] [SM=x789054] [SM=x789054]



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    Querdenker evangelico anticonvenzionale del 1° secolo. "Maiori forsan cum timore sententiam in me fertis quam ego accipiam!" g.b.--In nece renascor integer ./Satis sunt mihi pauci,satis est unus,satis est nullus. Seneca-Ep.VII,11


    Vivo fra lo Stato Sovrano della Fica e la Repubblica Popolare del Cazzo