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Il criminale san Cirillo d'Alessandria

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    00 11/10/2007 00:28


    di Karlheinz Deschner

    (Storia Criminale del Cristianesimo, Ariele 2001, Vol. 2; pagg.132-137)




    SAN CIRILLO PERSECUTORE DEGLI "ERETICI" E IDEATORE DELLA PRIMA "SOLUZIONE FINALE"

    Il pretesto della lotta per la fede soddisfò, come spesso accadde nel cristianesimo, l'orrenda sete di potere di questo santo. L'opera di Cirillo, tuttavia, pur essendo andata in parte distrutta, riempie dieci tomi della Patrologia greca; una produzione che, tra i padri della chiesa, è paragonabile soltanto a quella di Agostino e Giovanni Crisostomo,

    Cirillo vide "la Chiesa di Dio" costantemente minacciata da "eresie", da dottrine immonde e sacrileghe di altri cristiani, da senza Dio, che però velocemente "precipitavano all'inferno" o nel "cappio della morte" nel caso in cui non avessero fatto, e in ciò Cirillo fu molto d'aiuto, "già in questa vita una brutta fine". Soltanto alla luce della sua ossessiva sete di potere si comprende l'enormità e la ferocia della sua infamia. Seguendo le orme dottrinarie del famigerato Attanasio, "nostro beato e notissimo Padre della Chiesa", Cirillo continuò a perseguitare massicciamente i cristiani eterodossi, pratica già comune nei primi secoli, superando però il maestro per la brutalità, sicuramente non per la testardaggine, e quanto a mancanza di stile riuscì almeno a raggiungerlo. Nel linguaggio e nelle immagini di Cirillo, non può essere un caso che persino i cattolici vi trovano "poco o niente di attraente" [a parte Ratzinger, ndr]. Il suo stile viene definito "fiacco e prolisso, ma anche ampolloso e sovraccarico" (Biblioteca dei Padri della Chiesa), mentre cautamente si dice dei suoi scritti che "in letteratura non occupano una posizione di primo piano" (Altaner/Stuiber).

    Chi non la pensa come lui, non può essere altro che un "eretico". Infatti, chi la pensa diversamente è anche moralmente maligno e Cirillo gli attribuisce "stoltezza", "eccesso", "smisurata ignoranza", "insensatezza e depravazione": lo accusa di "oltraggio", "molestia", "follia" e di "giochi di prestigio e chiacchiere senza senso", "al massimo grado di stupidità". Queste persone sono "altamente sacrileghe", "calunniatrici e ingannatrici di diritto", "per così dire ebbre" e "annebbiate dai fumi dell'alcool", minati dai "fermenti della malvagità", gravemente affetti da ignoranza di Dio", pieni di "follia" e professano dottrine "di origine diabolica". "Essi distorcono la fede tramandataci, basandosi sull'invenzione del ritorno del drago che emerge dalle acque", cioè di Nestorio.

    Come certo s'addice a un santo, spesso Cirillo difficilmente arriva in fondo con tali invettive. E naturalmente chiede - in questo caso all'imperatore: "Avanti dunque con le ondate dirompenti di quegli uomini ... ", "avanti con i pettegolezzi e le chiacchiere senza senso, con parole abbellite da chimere e inganno!" Infatti, come dicono le parole dirette all'imperatore della predica inaugurale di Nestorio: "Sconfiggi con me gli eretici ... ", anche Cirillo intese l'annientamento degli eretici come un ovvio obbligo di chi detiene il potere e nel 428 ottenne un editto contro tutti gli eretici. E minacciava con le parole del Vecchio Testamento: "Se non si convertono, il Signore farà luccicare la sua spada contro di loro". Il Signore non era soltanto l'imperatore, ma soprattutto Cirillo.

    Subito dopo le elezioni episcopali del 17 ottobre 412 Cirillo procedette con decisione contro gli "ortodossi" novaziani, fino a quel momento tollerati. La loro morale puritana non riuscì a impressionarlo. In aperto contrasto col governatore imperiale, Cirillo fece chiudere con la forza le loro chiese, scacciando gli stessi novaziani. Andando ulteriormente contro le leggi imperiali, si appropriò di tutti i loro beni, compreso il patrimonio privato del vescovo novaziano Teopempto. Come riporta trionfante la "Biblioteca dei Padri della Chiesa", Cirillo diede il colpo di grazia ad alcune sette, naturalmente con la "penna", la sua principale arma vien detto qui. "Oh follia", gridava sempre più spesso"; "Oh ignoranza, senno sconsiderato!", "Oh sproloquio da suocera, intelletto assopito, in grado solo di blaterare ... ". Gli eretici abbondano soltanto di "invenzioni irreligiose", "favole raccapriccianti" e di "pura stupidità". Essi sono "il culmine della malvagità". "La loro gola è davvero una tomba spalancata ... , le loro labbra celano veleno di vipera". "Rinsavite, voi ebbri".

    Cirillo perseguitò anche i messalliani (dal siro msallyane = coloro che pregano, e per questo chiamati in greco Euchiti): asceti penitenti dai capelli lunghi, provenienti per lo più dagli strati più infimi della società, che si astenevano dal lavoro e nella povertà più assoluta si sacrificavano alla ricerca di Cristo. I messalliani interpretavano la "fratellanza" come comunità mista di uomini e donne, interpretazione che ai cattolici dispiacque particolarmente. Già condannati in precedenza, Cirillo decretò la loro fine a Efeso, dove la loro dottrina e le loro pratiche vennero nuovamente condannate. Naturalmente molti altri parteciparono alla caccia. Il patriarca Attico di Costantinopoli (406-425), elogiato da papa Leone I e venerato dalla chiesa greca come santo (Festa: 8 febbraio e 11 ottobre), aizzò i vescovi di Panfilia a scacciare i messalliani come fossero topi o parassiti. Il patriarca Flaviano di Antiochia li fece cacciare prima da Edessa e poi da tutta la Siria. Il vescovo Amfilochio di Ikonium li perseguitò nelle sue diocesi così come il vescovo Letoio di Melitene, che diede fuoco ai loro conventi, chiamati dal vescovo e padre della chiesa Teodoreto: "covi di briganti". Nel medioevo, i messalliani riemersero, tuttavia, tra i bogomili.

    Ogni qual volta Cirillo passò all'attacco, da un lato c'era sempre un abisso di errori, follia, stupidità e chimere - anche questo un fenomeno, durato per due millenni, tipico della politica ecclesiastica. Dall'altro lato c'era l'ortodossia immacolata, lui stesso, le cui "ragioni e giudiziose esposizioni sono irreprensibili", come attesta modestamente di persona. Egli e i suoi seguaci appartengono sempre a coloro che hanno reso la loro fede "salda come una roccia e che difendono la loro devozione fino alla fine ... " e che ridono della "inefficacia dei loro avversari". " Dio è con noi ... ". Lo "splendore della verità" risplende sempre dalla loro parte, e dove tutto è colmo di "ignoranza e follia", si predica "per così dire nel sonno e nell'ebbrezza" e non si conosce "né le parole né il potere di Dio! Smaltite per questo, come è giusto, la vostra ebbrezza ... ".

    "La prova più bella del suo nobile intelletto" - così glorifica Cirillo un' "edizione speciale", ristampata con imprimatur ecclesiastico e sotto Hitler particolarmente apprezzata "è che anche in guerra ha tentato di salvare il comandamento dell'amore fraterno e nonostante la sua innata irruenza non perse mai il dominio di sé neanche di fronte alla terribile malafede del suo avversario". Ma anche a uno storico contemporaneo questo santo appare come "un intellettuale con uno spiccato senso della razionalità", che nella sua lotta contro l'eresia si è mostrato "moderato" (Jouassard) - almeno nei suoi attacchi contro i pagani e gli ebrei!

    Il patriarca Cirillo, che nega a questi ultimi "ogni comprensione per il mistero" del
    cristianesimo, parla della loro "ignoranza" e della loro "malattia", li chiama "spiritualmente accecati", "uccisori del Signore" e suoi "crocifissori", nei suoi scritti li tratta "ancora peggio ... dei pagani" (Jouassard). Ma Cirillo non li colpì soltanto letterariamente, come altri padri della Chiesa, ma anche nei fatti. Già nel 414, quest'uomo "tutto d'un pezzo" (così il cattolico Daniel-Rops), "dalla straordinaria forza d'azione" si impadronì di tutte le sinagoghe d'Egitto e le trasformò in chiese cristiane. Al suo tempo anche in Palestina la repressione degli ebrei divenne sempre più radicale, mentre monaci fanatici distruggevano le loro sinagoghe. Nella stessa Alessandria, dove vivevano molti ebrei, Cirillo convocò i loro rappresentanti accusandoli del fatto che da parte ebraica fossero stati commessi atti orribili, un massacro notturno che secondo le fonti non può essere dato per certo, ma neanche del tutto smentito. In ogni caso il santo, senza alcun diritto, fece assalire e distruggere le sinagoghe da un' enorme folla che, come in guerra, fece man bassa dei loro beni e scacciò più di 100 000 ebrei, forse 200 000, lasciando donne e bambini senza cibo e senza averi. L'espulsione fu totale: lo sterminio della comunità ebraica alessandrina, la più numerosa della diaspora, che esisteva da più di 700 anni, fu la prima "soluzione finale" della storia della chiesa. La "Biblioteca dei Padri della Chiesa" (1935) dice che "è possibile che il comportamento di Cirillo non sia stato propriamente riguardoso o del tutto privo di violenza".

    Quando il governatore imperiale Oreste manifestò il suo dissenso a Costantinopoli, dal deserto giunse un'orda di monaci, seguaci del santo, "che puzzavano di sangue e di bigottaggine già da lontano" (Bury). Essi accusarono Oreste, battezzato a Costantinopoli, di idolatria, dandogli del miscredente e di fatto procedettero contro di lui. Se il popolo non fosse accorso in suo aiuto probabilmente la pietra che lo colpì alla testa, invece di ferirlo, l'avrebbe ucciso. All'attentatore suppliziato e morente, Ammonio, che tra l'altro non tutti ritenevano cristiano, Cirillo riservò onori da martire, santificando il monaco in una predica. E il 3 febbraio portò la sua truppa d'assalto, ridotta da una disposizione imperiale del 5 ottobre da 500 a 416 unità, a 600 unità.

    La tortura che portò il "martire" alla morte, preparò il terreno per l'uccisione di Ipazia.

    Nel marzo del 415, durante il tumulto di Alessandria, Cirillo acconsentì, o meglio fomentò (Lacarrière) l'esecuzione di Ipazia, al tempo filosofa pagana molto nota e stimata. Figlia di Teone, matematico e filosofo, ultimo rettore a noi noto del Museion, l'accademia alessandrina, Ipazia fu maestra del padre della chiesa e vescovo Sinesio di Cirene, che in una lettera la definisce "madre, sorella e maestra" e "filosofa amata da Dio", e che era seguita anche da molti uditori cristiani. Cirillo covò rancore contro Oreste, il praelectus augustalis, anche perché questi trovava gradita la compagnia della filosofa. II patriarca diffuse notizie false su di lei e riuscì, con l'aiuto di prediche che la diffamavano come maga, ad aizzarle contro il popolo. Presa a tradimento dai monaci fedeli a Cirillo e guidati dal chierico Pietro, Ipazia fu trascinata nella chiesa di Kaisarion, dove fu spogliata e letteralmente fatta a pezzi con schegge di vetro; infine, la salma dilaniata fu pubblicamente bruciata, "la prima caccia alle streghe della storia" (Thieβ).

    Dunque una caccia ai pagani. Il patriarca Cirillo si guadagnò la nomina di "ideatore spirituale del crimine" (Giildenpenning). Persino il volume Riformatori della Chiesa, con tanto di imprimatur ecclesiastico (1970), scrive di costui, uno dei più grandi santi cattolici: "Almeno per la morte della nobile pagana Ipazia, egli è responsabile". Anche uno dei più obiettivi storici cristiani, Socrate ritiene che i seguaci di Cirillo e la chiesa alessandrina furono accusati del fatto. "Ci si può convincere che la nobile e colta donna divenne realmente la vittima più eminente del vescovo fanatico" (Tinnefeld). In Egitto il paganesimo manteneva più potere di quello che comunemente si crede; specialmente tra gli intellettuali e la classe dirigente, c'erano ancora numerosi pagani e anticristiani.

    Cirillo che, alla stregua dello zio Teofilo, continuò la lotta contro i pagani, non poté che condurla anche contro gli ebrei. Come fece prima di lui il famoso Giosia, che "bruciò idolatri coi loro boschi sacri ed altari, sterminò ogni pratica di magia e divinazione, e distrusse infine ogni insidia diabolica", così anche gli ebrei dovettero essere "sterminati". Cirillo non perse l'occasione di aggiungere: "In questo modo egli ha messo al sicuro il suo regno dalle vecchie credenze e dai sacrifici; a tutt'oggi viene ammirato da tutti coloro che sono in grado di apprezzare il timore di Dio".

    Questo santo criminale sostiene che i filosofi greci hanno preso il meglio da Mosè, quando lui stesso ne copiò interi passi, nelle sue sudate, e per lo più noiose e prolisse pagine (trenta libri soltanto contro "il sacrilego Giuliano" e solo contro il suo testo Contro i Galilei ne scrisse altri dieci) [ed è solo per un caso che tutti questi libri siano conservati mentre quelli degli scienziati e meccanici di Alessandria siano spariti, ndr]. Cirillo, responsabile di molteplici menzogne, della diffamazione di Nestorio, della più alta corruzione, colpevole di appropriazione indebita in favore della chiesa e di se stesso, di aver esiliato e usato brutalità di tutti i generi, di concorso in omicidio; questo diavolo, che riuscì sempre a dimostrare quanto fosse pericoloso "inimicarsi Dio e umiliarlo abbandonando la retta via", da subito si gloriò del nome di "difensore della verità", di "amante appassionato del rigore". L'ideatore della prima "soluzione finale" della Chiesa cristiana, alla quale sarebbero seguite molte altre, divenne il "più nobile santo dell' ortodossia bizantina" (Campenhausen), ma anche uno dei più brillanti santi della chiesa cattolico-romana, "doctor ecclesiae", padre della chiesa. Anche dopo lo sterminio hitleriano degli ebrei, per i cattolici rimase "un uomo virtuoso, nella pienezza del termine" (Pinay!). Eppure già nel XVI secolo il cattolico L. S. Le Nain de Tillemont si beffò di lui con il cinismo molto apprezzato da quelle parti: "Cirillo è un santo, ma dei suoi atti non si può dire altrettanto". O come il cardinale Newman, che confrontava comicamente e apparentemente irritato "gli atti esteriori" di Cirillo con la sua "santità interiore".

    Uno studioso come Geffcken, nonostante aspiri all' imparzialità e si sforzi di ricercare "i due aspetti del bene", per Cirillo prova soltanto ribrezzo: "fanatismo senza vera, brillante passione, erudizione senza profondità, zelo senza una vera e propria fede, grossolana litigiosità senza esercizio dialettico e infine nessuna sincerità nella lotta ... ". Non soltanto Geffcken è di quest'opinione, ma anche la maggioranza degli storici non cattolici. E ciò ha i suoi buoni o ancora meglio cattivi motivi.

    Quando il grande santo morì, tutto l'Egitto tirò un sospiro di sollievo. Il generale sollievo lo testimonia una lettera, forse apocrifa, inviata al padre della chiesa Teodoreto:

    "Finalmente, finalmente è morto quest'uomo terribile. Il suo congedo rallegra i sopravvissuti ma sicuramente affliggerà i morti."

    www.fisicamente.net/index-1561.htm
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    00 11/10/2007 00:51
    Ipazia di Alessandria


    Roberto Renzetti



    Recentemente un capo di Stato straniero, il sig. Joseph Ratzinger, ha ricordato un santo illustre della Chiesa, San Cirillo di Alessandria, facendone l'esegesi. Così apriva il sig. Ratzinger:

    Cari fratelli e sorelle!
    Anche oggi, continuando il nostro itinerario che sta seguendo le tracce dei Padri della Chiesa, incontriamo una grande figura: san Cirillo di Alessandria. Legato alla controversia cristologica che portò al Concilio di Efeso del 431 e ultimo rappresentante di rilievo della tradizione alessandrina, nell’Oriente greco Cirillo fu più tardi definito “custode dell’esattezza” – da intendersi come custode della vera fede – e addirittura “sigillo dei Padri”.


    e così proseguiva:

    Alla morte dello zio Teofilo, l’ancora giovane Cirillo nel 412 fu eletto Vescovo dell’influente Chiesa di Alessandria, che governò con grande energia per trentadue anni, mirando sempre ad affermarne il primato in tutto l’Oriente, forte anche dei tradizionali legami con Roma.
    Due o tre anni dopo, nel 417 o nel 418, il Vescovo di Alessandria si dimostrò realista nel ricomporre la rottura della comunione con Costantinopoli, che era in atto ormai dal 406 in conseguenza della deposizione del Crisostomo.


    ed aggiunge che nel febbraio del 430 così Cirillo, massimo esponente della cristologia alessandrina che intendeva sottolineare fortemente l’unità della persona di Cristo, scriveva al Vescovo di Costantinopoli Nestorio, che invece affermava la divisione dell'umanità dalla divinità di Cristo con la conseguenza che Maria non era più Madre di Dio,

    "Bisogna esporre al popolo l’insegnamento e l’interpretazione della fede nel modo più irreprensibile e ricordare che chi scandalizza anche uno solo dei piccoli che credono in Cristo subirà un castigo intollerabile”. [...]

    “Affermiamo così che sono diverse le nature che si sono unite in vera unità, ma da ambedue è risultato un solo Cristo e Figlio, non perché a causa dell’unità sia stata eliminata la differenza delle nature, ma piuttosto perché divinità e umanità, riunite in unione indicibile e inenarrabile, hanno prodotto per noi il solo Signore e Cristo e Figlio”. [...]“professeremo un solo Cristo e Signore, non nel senso che adoriamo l’uomo insieme col Logos, per non insinuare l’idea della separazione col dire ‘insieme’, ma nel senso che adoriamo uno solo e lo stesso, perché non è estraneo al Logos il suo corpo, col quale siede anche accanto a suo Padre, non quasi che gli seggano accanto due figli, bensì uno solo unito con la propria carne”.


    Il sig. Ratzinger prosegue dicendo:

    E presto il Vescovo di Alessandria, grazie ad accorte alleanze, ottenne che Nestorio fosse ripetutamente condannato: da parte della sede romana, quindi con una serie di dodici anatematismi da lui stesso composti e, infine, dal Concilio tenutosi a Efeso nel 431, il terzo ecumenico. L’assemblea, svoltasi con alterne e tumultuose vicende, si concluse con il primo grande trionfo della devozione a Maria e con l’esilio del Vescovo costantinopolitano che non voleva riconoscere alla Vergine il titolo di “Madre di Dio”, a causa di una cristologia sbagliata, che apportava divisione in Cristo stesso.

    E conclude:

    La fede cristiana è innanzitutto incontro con Gesù, “una Persona che dà alla vita un nuovo orizzonte”

    come l'orizzonte di Ipazia che morì di freddo, allo stesso modo di Gesù, nel 415, data olimpicamente saltata dallo storico fai da te, Ratrzinger.

    Racconto queste cose, che meriterebbero un distruttore di documenti, per chi non conosce alcune vicende e l'ineffabile tendenza curiale alla menzogna. Perché vi sono vari modi di mentire: o alterando i dati o omettendoli. E la Chiesa, di quel Gesù che dà alla vita un nuovo orizzonte permettendo che in suo nome si massacrino le persone, è maestra di menzogne.

    Ricomincio dalle origini facendo un'opera di ricostruzione storica di quanto si sa, assegnando ciò che non si sa alle sante omissioni di Santa Madre Chiesa.




    DALL'EDITTO DI COSTANTINO A TEODOSIO


    Senza ripercorrere la travagliata storia che ci porta dal supposto Gesù agli inizi del IV secolo, vale la pena riportare alcuni documenti. Iniziamo dall'Editto dell'imperatore Costantino, figlio della baldracca Elena conosciuta dal padre Costanzo Cloro in una osteria della Bitinia. Tale editto vide la luce a Milano nel 313 e, come riportato da Lattanzio, afferma:

    Noi, dunque Costantino Augusto e Licinio Augusto abbiamo risolto di accordare ai Cristiani e a tutti gli altri la libertà di seguire la religione che ciascuno crede, affinché la divinità che sta in cielo, qualunque essa sia, a noi e a tutti i nostri sudditi dia pace e prosperità.

    Questo editto seguiva quello del 311 di Galerio, imperatore della tetrarchia d'Oriente, che ammalatosi a Nicomedia assegnò la causa della malattia alle maledizioni dei cristiani che aveva perseguitato. Nell'editto di Galerio, emanato anche a nome di Costantino e Licinio, detto di Nicomedia, si decretò la fine degli editti di Diocleziano, si riconobbe ai cristiani libertà di culto e di riunione, si restituirono alle chiese i beni non ancora alienati dopo la confisca, si ordinò la ricostruzione delle chiese. Il cristianesimo divenne ufficialmente religio licita.

    E' interessante un breve excursus su Costantino e Satrapi cristiani (da Pepe Rodriguez).

    Fin dall'inizio, Costantino si senti in diritto di discutere le decisioni conciliari che non erano convenienti al suo governo e si riservò la facoltà di convocare egli stesso, a suo piacere, i concili generali dei vescovi. Un tale insulto e spregio alla gerarchia cattolica non provocò alcuna reazione per via della generosità delle donazioni di Costantino e del trattamento preferenziale che ricevevano i vescovi convocati ai suoi concili. In questo modo l'imperatore comprò le volontà, gli appoggi, i decreti conciliari a sua misura e, infine, tutta la Chiesa cattolica, la cui servizievole gerarchia cominciò rapidamente ad accumulare potere e ricchezza senza limiti, il famoso Patrimonium Petri.

    A partire dal 315-316, Costantino cristianizza le leggi dell'impero secondo la visione cattolica. Promuove la protezione dei poveri e, al tempo stesso, rafforza il diritto matrimoniale (ancora oggi ossessione del clero cattolico). Nel 318 riconosce ufficialmente la giurisdizione episcopale; nel 321 autorizza le Chiese a ricevere eredità; nel 320 o 321 dichiara la festività domenicale, fino ad allora celebrata come giorno del Sole; fa dono alla Chiesa cattolica di grosse tenute e di edifici sparsi lungo tutto l'impero; ordina la costruzione di decine di lussuose chiese finanziate con denaro pubblico, ecc.

    Inoltre, nei processi, la testimonianza di un vescovo aveva più valore di quella dei "cittadini illustri" ed era incontestabile; inoltre ai vescovi fu affidata la giurisdizione nei processi civili. Qualsisi litigio poteva essere risolto da vescovado, che avrebbe emesso una decisione "santa e venerabile", secondo il decreto di Costantino. E' qui opportuno segnalare fino a che punto ciò fosse contrario agli insegnamenti di Gesù, avversario di processi e giuramenti di ogni tipo, tanto che aveva affermato di non essere venuto per giudicare gli uomini ordinando che, quando qualcuno volesse togliere a un altro il vestito mediante un processo, gli fosse regalato anche il manto [...]

    [Per risolvere uno dei tanti litigi tra fazioni di cristiani, Costantino] fece riunire a Nicea circa 300 vescovi per discutere la dottrina di Ario (su tale Concilio si può vedere www.fisicamente.net/index-1123.htm [...] Il Concilio, dunque, cominciò ad elaborare [...] ed agli attributi di "Dio da Dio, luce da luce", venne aggiunto soprattutto quello di "consustanziale al Padre" (homoousios), che in passato era stato l'espressione del "monarchianismo" di Sabellio e di tutti coloro che annullavano la distinzione tra il Cristo e il Padre. Questa aggiunta sorprendente fu accolta solo dietro personale richiesta di Costantino, al quale il concilio non poteva rifiutare nulla. [...]

    «Il 19 giugno del 325 il concilio si sciolse, dopo un banchetto solenne offerto da Costantino in suo onore e che fece sui vescovi una grande impressione: alcuni di loro si domandavano se non fossero già nel regno di Dio. L'imperatore terminò il banchetto con un discorso che esortava i vescovi all'unità, alla modestia, allo zelo missionario e con doni per ciascuno di essi e lettere che ordinavano ai funzionari imperiali di distribuire annualmente grano ai poveri e al clero delle varie Chiese.

    «I vescovi se ne partirono, dunque, ammirati, entusiasti e più che mai disposti alla sottomissione».[...]

    Del Concilio di Nicea è rimasto alla storia il ricordo vergognoso di una moltitudine di vescovi codardi e venduti alla volontà arbitraria di Costantino al quale lasciò la definizione e l'imposizione di alcuni tra i più importanti dogmi della Chiesa cattolica, come quelli della consustanzialità tra Padre e Figlio e del credo trinitario. Divenuto teologo per grazia autoconferita, Costantino decide a suo piacimento ciò che i cattolici dovranno credere per sempre sulla persona di Gesù. Il Credo, che recitano tutti i cattolici, non proviene dall' ispirazione con cui lo Spirito Santo illuminò i prelati conciliari, ma dalla tutt'altro che santa costrizione esercitata dal brutale imperatore romano su uomini che Gesù avrebbe disprezzato. Ai vescovi che hanno affondato fede e coscienza per continuare a riempirsi la pancia, l'esempio del Nazareno morto per le sue idee doveva sembrare un'ingenuità deprecabile.

    Con una gerarchia ecclesiale così servile, l'imperatore Costantino non ha avuto alcun problema a usare la Chiesa cattolica a suo piacimento, al punto di forzare l'unificazione dell'impero sottoponendolo a una sola religione, a uso e volontà della propria megalomania. Non è un caso che parli di sé come «vescovo per gli affari esteri (episkopos ton ektos) della Chiesa; che chieda di essere chiamato «salvatore designato da Dio» e «inviato del Signore», vale a dire apostolo; che ordini che gli si rendano gli onori come rappresentante di Cristo (vicarius Christi) e il conferimento di «nostra divinità» (nostrum numen) e di sacratissimus, titoli che, successivamente, avrebbero ostentato anche alcuni imperatori cristiani; che ordini che sia considerato tempio il suo palazzo (domus divina) e sacrum cubiculum la sua residenza privata; e, infine, che stabilisca di essere seppellito come il decimoterzo apostolo. In sintesi, Costantino ha fatto il suo comodo con la Chiesa cattolica e le sue credenze. Lui era il padrone e i vescovi, in cambio, hanno taciuto, concesso ... e si sono arricchiti rafforzando il loro potere temporale.

    Colui che è stato considerato dalla Chiesa cattolica un «condottiero amato da Dio», «vescovo di tutti, nominato da Dio» o «esempio di vita nel timore di Dio, che illumina l'umanità tutta», fu in realtà un imperatore che frequentava le pratiche pagane, crudele e sanguinario, responsabile dei massacri d'intere popolazioni, di giochi circensi durante i quali fiere e orsi affamati sbranavano centinaia di nemici, che sgozzò suo figlio Crispo, strangolò sua moglie e assassinò suocero e cognato ... veramente un autentico princeps christianus.

    Sua madre, canonizzata dalla Chiesa cattolica in «santa Elena», passò per una principessa britannica, ma in realtà era una pagana che aveva lavorato come ostessa (stabularia) in una taverna dei Balcani, aveva vissuto more uxorio con Costanzo Cloro padre di Costantino, un pagano che aveva cominciato la carriera militare come protettore o guardia del corpo imperiale - per poi convivere in situazione di bigamia quando Costanzo sposò l'imperatrice Teodora. L'aristocrazia romana conosceva Costantino come «il figlio della concubina» e lo stesso sant'Ambrogio scrisse che Gesù Cristo aveva elevato santa Elena dal fango al trono.

    Un uomo col fascino, il potere e la malvagità di Costantino non poteva morire senza lasciare un segno crudele nella storia, non poteva «salire in cielo» (come rappresentarono alcune monete coniate dopo la sua scomparsa) senza prima beffare fino all'umiliazione i vescovi, trattati come burattini, e la Chiesa cattolica che egli stesso aveva promosso. Perciò, ammalatosi, «prima cercò rimedio nei bagni caldi di Costantinopoli e poi nelle reliquie di Luciano, patrono protettore dell' arianesimo e discepolo dello stesso Ario. Infine, fu battezzato nella sua residenza, Archyrona di Nicomedia, nonostante il suo desiderio di recarsi sulla riva del Giordano, come Nostro Signore.

    «All'epoca (e fino al 400 circa) si usava posticipare il battesimo fino all'ultimo, soprattutto tra i principi responsabili di mille battaglie e condanne a morte. Come suggerisce Voltaire, "credevano di aver trovato la formula per vivere come criminali e morire come santi". Dopo il battesimo, amministrato da Eusebio, un altro seguace di Luciano, Costantino muore il 22 maggio 337. Stando cosi le cose, il primo princeps christianus morì come "eretico", un particolare che crea non pochi problemi agli storici "ortodossi", ma che fu perdonato perfino dal peggior nemico dell'arianesimo in occidente, sant'Ambrogio, "considerando che era il primo imperatore ad abbracciare la fede e a lasciarla in eredità ai successori, quindi degno del più alto merito [magnum meriti]».

    Grazie a questo esimio personaggio comincia realmente il cammino della Chiesa cattolica, trasformata dal potere temporale in un'istituzione che si arrogò a rappresentante esclusiva e ortodossa del messaggio di Gesù (che, come testimoniano i Vangeli, essa stessa ha scelto e manipolato, senza essergli mai fedele).

    Come ha osservato con acume Alfred Loisy, specialista in studi biblici e storico delle religioni: "Cristo "predicò il regno di Dio, ma venne la Chiesa».

    E' chiaro quindi che cosa è accaduto e la cosa è raccontata da tutti gli storici che non siano curiali. Ebbene è questa la gente con cui avremo a che fare tra poco, i banditi Teofilo e Cirillo sono della razza che si ingrassa violentando e stuprando tutto ciò che non serve a maggior gloria propria.

    E qui siamo ancora in clima tollerante, tutte le religioni hanno medesimi diritti. E restiamo in tale situazione fino all'Imperatore Teodosio che trasformò il Cristianesimo in religione di Stato vietando tutte le altre.

    Il 24 febbraio 391 Teodosio, detto dai cristiani "Il Grande", battezzato nel 380, emise il provvedimento legislativo "Nemo se hostiis polluat", che:

    - rinnovava la messa al bando di qualunque sacrificio, pubblico o privato;

    - vietava le tradizionali cerimonie di Stato ancora in uso a Roma:

    - vietava per la prima volta l'accesso ai santuari e i templi: "nessuno si avvicini agli altari sacrificali, cammini all'interno dei templi o veneri immagini forgiate da mani umane";

    - proibiva in maniera esplicita l'apostasia dal cristianesimo, pena la perdita dei diritti testamentari.

    Il provvedimento era stato fortemente voluto dal nuovo ministro degli Interni, il cattolico Rufino, e da sant'Ambrogio vescovo di Milano, d'accordo con i gruppi di monaci impegnati a saccheggiare e distruggere illegalmente templi pagani nelle province orientali.

    Le tradizioni e il patrimonio della cultura classica veniva cancellato da un provvedimento modellato sul comportamento tenuto dal popolo ebraico nei confronti della religione dei popoli cananei.

    Il decreto del 16 giugno 391, emanato ad Aquileia, estende le disposizioni precedenti anche all'Egitto, dove Alessandria godeva, da antica data, di speciali privilegi relativi ai culti locali, comprese le cerimonie sacrificali. Sotto l'effetto della persecuzione molte case divennero luoghi di culto, dove i pagani si riunivano per continuare nella religione tradizionale.

    Con il terzo editto del 391 la persecuzione s'intensificò e molti si sentirono autorizzati ad iniziare la distruzione degli edifici pagani.

    Ad Alessandria il vescovo Teofilo iniziò una sistematica campagna di distruzione dei templi.

    Il tempio di Serapide, divinità greco-egizia che riuniva in sé Zeus ed Osiride, venne assediato dai cristiani. Il vescovo Teofilo ed il prefetto Evagrio, insieme con gli uomini della guarnigione militare, iniziarono l'opera di demolizione. Il vescovo Teofilo volle dare il buon esempio dando il primo colpo contro la colossale statua del dio Serapide (secondo alcuni storici, subito dopo questa distruzione si passò ad incendiare la Biblioteca, secondo altri fu la Biblioteca del tempio ad andare bruciata). Analoghi episodi avvennero a Petra, Areopoli, Canopo, Eliopoli, Gaza e in molte altre località. L'imperatore Teodosio non intervenne mai per fermare i cristiani.

    In Gallia san Martino di Tours non volle rimanere indietro rispetto al vescovo Teofilo ed iniziò una campagna di distruzione.

    Il quarto editto venne emanato a Costantinopoli da Teodosio l'8 novembre del 392. Secondo gli storici Williams e Friell "l'editto era caratterizzato da una intransigenza così assoluta nei confronti delle tradizioni locali da poterla paragonare a quella di un regime dittatoriale ateo che criminalizzasse le uova di Pasqua, l'ulivo, i biglietti natalizi, le zucche di Halloween e persino alcune abitudini universali, come quella dei brindisi".

    L'editto prevedeva:

    - la pena di morte per chi effettuava sacrifici e pratiche divinatorie

    - la confisca delle abitazioni dove si svolgevano i riti

    - multe pesanti per i decurioni che non applicavano fedelmente la legge

    - la proibizione di libagioni, altari, offerte votive, torce, divinità domestiche del focolare, corone e ghirlande, fasce sugli alberi, ecc.

    Preso il controllo dello Stato i cristiani iniziarono a perseguitare i pagani. Bande di cristiani fanatici incendiavano i templi, uccidevano i sacerdoti, costringevano i pagani a fuggire dalle loro case e si impadronivano dei loro beni.

    Sapremmo poco o nulla di queste imprese, se gli stessi cristiani non ci avessero tramandato la loro versione di queste stragi, facendosene vanto.

    Riporto un estratto dalle Memorie di Dioscoro in cui la religione tradizionale è presentata sotto forma di culto di demoni che deve essere estirpata con ogni mezzo e il fuoco è il mezzo migliore. La morte tra le fiamme del sommo sacerdote pagano, qui descritta, non fu la prima, ma non fu neppure l'ultima.

    C'era una città, a occidente del lago, in cui veneravano un idolo di nome Kothos, che stava innalzato su una finestra dentro una casa; e quando entravano nella porta di casa, chinavano per lui la testa fino a terra, e lo adoravano. [...]

    Andarono i presbiteri di quella località e riferirono al mio padre spirituale tutto quello che facevano i pagani, e come rapissero i bambini piccoli dei cristiani e ne facessero sacrifici al loro dio Kothos [...]

    Così presero una quantità di loro e li interrogarono verbalmente, ed essi dichiararono senza tortura: "Noi abbiamo spesso ucciso i bambini piccoli dei cristiani... Versiamo il loro sangue sull'altare, ed estraiamo le loro viscere e le tendiamo come nervi per le nostre cetre e cantiamo con esse ai nostri dei" [...]

    Gli uomini che erano stati presi diedero del denaro per liberarsi, poiché gli uomini di quella provincia sono gente avida di denaro.

    Come ebbe sentito questo dai presbiteri, il santo vescovo Abba Macario si levò e andò con loro. E andammo con lui io e altri due personaggi; e questi due presbiteri camminavano innanzi a noi.

    Quando fummo penetrati nella provincia per un cinque miglia, vedemmo il loro tempio ... Il vescovo Macario disse "Come è vero che vive il Signore, anche se dovessero uccidermi non me ne andrò prima di esserci entrato!" e avanzò dal lato della porta del tempio [...]

    A sentir ciò i sacerdoti vennero fuori - e avevano armi in mano, e lance e asce - e insieme le donne andaron sul tetto del tempio per gettarci pietre addosso [...]

    Il vescovo Macario disse: "Che avete voi in comune con i figli dei cristiani che immolate agli idoli?". Ed essi risposero: "Non è verità". E disse loro il santo: "Se non è fatemi entrare e visitare il tempio". Ed essi gli dissero: "Vieni". [...]

    Si levarono allora venti uomini, e chiusero la porta dietro di noi, decisi a ucciderci. Noi eravamo quattro in tutto ... Disse il loro capo." Si vada e si informi il nostro sommo sacerdote prima di tutto. Innanzi di ucciderli, chiamatelo al sacrificio del nostro dio Kothos". Il resto fu d'accordo con lui e il nome del loro capo era Omero. [...]

    Ecco che il santo Apa Visa batté alla porta. Quelli non risposero, e lui gridava da fuori ... E subito la porta del tempio si aprì immediatamente ed entrò il santo Apa Visa con alcuni monaci; e facevano quattordici uomini [...]

    Subito fummo sciolti e disse il santo Apa Visa al padre mio: "Fai una di queste due cose: o tu appicchi il fuoco ed io prego, o tu preghi, ed io appicco il fuoco". Gli disse il padre mio: " No, ma anzi leviamoci e preghiamo tutti insieme, finché il fuoco cali dal cielo e bruci il tempio" [...]

    Ed ecco una grande fiamma di fuoco circondò tutto attorno il tempio intero, ed i muri del tempio caddero a terra, e il fuoco li divorò fino alle fondamenta [...]

    E in quel momento un demone impuro entrò in un uomo, e se ne andò alla città gridando: "Che tutti pagani fuggano, perchè, ecco, Visa e Macario di Tkou sono venuti!".

    Il padre mio incontrò Omero, il loro capo, sulla via ... Immediatamente il padre mio fece cenno ai suoi dicendo: "Afferratelo e legatelo!"... Gli disse il padre mio: "Ti brucerò vivo con il tuo dio Kothos" [...]

    Andarono e giunsero alla città, e la folla degli ortodossi uscì e si diresse verso di loro. Allora egli ordinò che accendessero un fuoco e gettassero Omero il sacerdote in esso; e quelli lo bruciarono con gli altri idoli che trovarono nella sua casa. Il resto dei pagani, una quantità di loro divenne cristiana e prese il battesimo. Alcuni altri non vollero, ma presero quel che possedevano e lo gettarono nel lago e nei pozzi, e se andarono, loro e i loro idoli, in un luogo deserto. Noi facemmo il conto degli idoli che erano stati distrutti in quella occasione, e trovammo che assommavano a trecentosei idoli. Quanto a quelli che erano fuggiti, i cristiani andarono a stare nelle loro case.


    Nel 410, appena 18 anni dopo la proibizione della religione romana, Alarico e i visigoti mettevano a sacco Roma. Pochi decenni ancora e l'Impero sarebbe giunto alla fine. All'inizio del V secolo i fedeli delle antiche religioni non avevano più né templi, né clero, né statue, né riti. Rimaneva loro lo spazio della scienza e della filosofia che immediatamente vennero viste come obiettivi da colpire ed il centro più prestigioso di scienza e filosofia era la Biblioteca ed il Museo di Alessandria. Nella loro metodica opera di distruzione i cristiani puntarono a togliere di torno quei 700 mila libri che racchiudevano in sé la grandiosa cultura classica, incomprensibile ai mistici straccioni che riuscivano a vedere in essa solo il sostegno al paganesimo se non essa stessa pagana e quindi diabolica.

    Nel 412 fu eletto vescovo di Alessandria quel Cirillo del quale parlava il sig. Ratzinger e che era nipote del vescovo Teofilo (già da allora era in vigore la moda, ampiamente utilizzata da tutti i papi, di chiamare i figli nipoti). Ipazia, matematica, astronoma e filosofa, era allora la direttrice della Biblioteca e del Museo di Alessandria essendo succeduta al padre Teone, filosofo e matematico, scomparso intorno al 405. Era persona che godeva della stima del Prefetto di Roma Oreste e che era molto apprezzata da Sinesio di Cirene, vescovo di Tolemaide, e suo alunno in passato. Secondo il resoconto del cristiano Socrate Scolastico, nel 414 ci furono delle violenze contro i cristiani ad opera di ebrei, alle quali Cirillo reagì cacciando gli ebrei da Alessandria (con l'avvento del Cristianesimo iniziarono i pogroms) e trasformando in chiese le sinagoghe; entrò inoltre in conflitto con il prefetto della città, Oreste: questi era stato assalito da alcuni monaci e ferito dal tiro di una pietra e il colpevole venne messo a morte, ma Cirillo gli tributò solenni onori funebri, attribuendogli il titolo di martire.

    Riporto ora alcuni resoconti degli episodi che riguardano la Vita di Ipazia tratti dalla Vita di Isidoro di Damascio di Damasco, uno scrittore pagano, e filosofo neoplatonico, ultimo direttore della Accademia di Atene, soppressa dall'imperatore Giustiniano nel 529 (questa Vita è riprodotta nel Suda, Enciclopedia bizantina del X secolo).

    Ipazia nacque ad Alessandria dove fu allevata ed istruita. Poiché aveva più intelligenza del padre, non fu soddisfatta dalla sua conoscenza delle scienze matematiche e volle dedicarsi anche allo studio della filosofia.

    La donna era solita indossare il mantello del filosofo ed andare nel centro della città. Commentava pubblicamente Platone, Aristotele, o i lavori di qualche altro filosofo per tutti coloro che desiderassero ascoltarla. Oltre alla sua esperienza nell'insegnare riuscì a elevarsi al vertice della virtù civica.

    Fu giusta e casta e rimase sempre vergine. Lei era così bella e ben fatta che uno dei suoi studenti si innamorò di lei, non fu capace di controllarsi e le mostrò apertamente la sua infatuazione. Alcuni narrano che Ipazia lo guarì dalla sua afflizione con l'aiuto della musica. Ma la storia della musica è inventata. In realtà lei raggruppò stracci che erano stati macchiati durante il suo periodo e li mostrò a lui come un segno della sua sporca discesa e disse, "Questo è ciò che tu ami, giovanotto, e non è bello!". Alla brutta vista fu così colpito dalla vergogna e dallo stupore che esperimentò un cambiamento del cuore ed diventò un uomo migliore.

    Tale era Ipazia, così articolata ed eloquente nel parlare come prudente e civile nei suoi atti. La città intera l'amò e l'adorò in modo straordinario, ma i potenti della città l'invidiarono, cosa che spesso è accaduta anche ad Atene. Anche se la filosofia stessa è perita, il suo nome sembra ancora magnifico e venerabile agli uomini che esercitano il potere nello stato.

    Così accadde che un giorno Cirillo, vescovo della setta di opposizione [il cristianesimo], passò presso la casa di Ipazia, e vide una grande folla di persone e di cavalli di fronte alla sua porta. Alcuni stavano arrivando, alcuni partendo, ed altri sostavano. Quando lui chiese perché c'era là una tale folla ed il motivo di tutto il clamore, gli fu detto dai seguaci della donna che era la casa di Ipazia il filosofo e che lei stava per salutarli. Quando Cirillo seppe questo fu così colpito dalla invidia che cominciò immediatamente a progettare il suo assassinio e la forma più atroce di assassinio che potesse immaginare.

    Quando Ipazia uscì dalla sua casa, secondo il suo costume, una folla di uomini spietati e feroci che non temono né la punizione divina né la vendetta umana la attaccò e la tagliò a pezzi, commettendo così un atto oltraggioso e disonorevole contro il loro paese d'origine.

    L'Imperatore si adirò, e l'avrebbe vendicata se non fosse stato subornato da Aedesius. Così l'Imperatore ritirò la punizione sopra la sua testa e la sua famiglia tramite i suoi discendenti pagò il prezzo. La memoria di questi eventi ancora è vivida fra gli alessandrini.


    Vi sono ora due testimonianze tratte da due scrittori cristiani Socrate Scolastico (380-450) e Giovanni, vescovo copto monofisita di Nikiu (fine VII secolo). Inizio dalla Historia Ecclesiastica (in sette libri) dell'avvocato Socrate Scolastico:

    Ad Alessandria c'era una donna chiamata Ipazia, figlia del filosofo Teone, che ottenne tali successi nella letteratura e nella scienza da superare di gran lunga tutti i filosofi del suo tempo. Provenendo dalla scuola di Platone e di Plotino, lei spiegò i principi della filosofia ai suoi uditori, molti dei quali venivano da lontano per ascoltare le sue lezioni.

    Facendo conto sulla padronanza di sé e sulla facilità di modi che aveva acquisito in conseguenza dello sviluppo della sua mente, non raramente apparve in pubblico davanti ai magistrati. Né lei si sentì confusa nell'andare ad una riunione di uomini. Tutti gli uomini, tenendo conto della sua dignità straordinaria e della sua virtù, l'ammiravano di più.

    Fu vittima della gelosia politica che a quel tempo prevaleva. Ipazia aveva avuto frequenti incontri con Oreste. Questo fatto fu interpretato calunniosamente dal popolino cristiano che pensò fosse lei ad impedire ad Oreste di riconciliarsi con il vescovo.

    Alcuni di loro, perciò, spinti da uno zelo fiero e bigotto, sotto la guida di un lettore chiamato Pietro, le tesero un'imboscata mentre ritornava a casa. La trassero fuori dalla sua carrozza e la portarono nella chiesa chiamata Caesareum, dove la spogliarono completamente e poi l'assassinarono con delle tegole. Dopo avere fatto il suo corpo a pezzi, portarono i lembi strappati in un luogo chiamato Cinaron, e là li bruciarono.

    Questo affare non portò il minimo obbrobrio a Cirillo, e neanche alla chiesa di Alessandria. E certamente nulla può essere più lontano dallo spirito del cristianesimo che permettere massacri, violenze, ed azioni di quel genere.

    Questo accadde nel mese di marzo durante la quaresima, nel quarto anno dell'episcopato di Cirillo, sotto il decimo consolato di Onorio ed il sesto di Teodosio.


    Vediamo ora cosa dice la la Cronaca di Giovanni vescovo di Nikiu:


    In quei giorni apparve in Alessandria un filosofo femmina, una pagana chiamata Ipazia, che si dedicò completamente alla magia, agli astrolabi e agli strumenti di musica e che ingannò molte persone con stratagemmi satanici.

    Il governatore della città l'onorò esageratamente perché lei l'aveva sedotto con le sue arti magiche. Il governatore cessò di frequentare la chiesa come era stato suo costume. Ad eccezione di una volta in circostanze pericolose. E non solo fece questo, ma attrasse molti credenti a lei, ed egli stesso ricevette gli increduli in casa sua.

    Un giorno in cui stavano facendo allegramente uno spettacolo teatrale con ballerini, il governatore della città pubblicò un editto riguardante gli spettacoli pubblici nella città di Alessandria. Tutti gli abitanti della città erano riuniti nel teatro.

    Cirillo, che era stato nominato patriarca dopo Teofilo, era ansioso di comprendere esattamente il contenuto dell'editto.

    C'era un uomo chiamato Hierax, un cristiano che possedeva comprensione ed intelligenza e che era solito dileggiare i pagani. Era un seguace affezionato all'illustre padre il patriarca ed obbediente ai suoi consigli. Egli era anche molto versato nella fede cristiana.

    Ora questo uomo si era recato al teatro per conoscere la natura dell'editto. Ma quando gli ebrei lo videro nel teatro gridarono e dissero: 'Questo uomo non è venuto con buone intenzioni, ma solamente per provocare un baccano'.

    Il prefetto Oreste fu scontento dei figli della santa chiesa, e Hierax fu afferrato e sottoposto pubblicamente a punizione nel teatro, sebbene fosse completamente senza colpa.

    Cirillo si irritò con il governatore della città per questo fatto, ed anche perché aveva messo a morte Ammonio, un illustre monaco del convento di Pernodj, ed anche altri monaci.

    Quando il magistrato principale della città venne informato, rivolse la parola agli ebrei come segue: 'Cessate le ostilità contro i cristiani'. Ma essi rifiutarono di dare ascolto a quello che avevano sentito; si vantarono dell'appoggio del prefetto che era dalla loro parte, e così aggiunsero oltraggio a oltraggio e progettarono un massacro in modo infido.

    Di notte posero in tutte le strade della città alcuni uomini, mentre altri gridavano e dicevano: 'La chiesa dell'apostolico Athanasius è in fiamme: corrano al soccorso tutti i cristiani'. Ed i cristiani al sentire queste grida vennero fuori del tutto ignari della slealtà degli ebrei. Quando i cristiani vennero avanti, gli ebrei sorsero e perfidamente massacrarono i cristiani e versarono il sangue di molti, sebbene fossero senza alcuna colpa.

    Al mattino, quando i cristiani sopravvissuti sentirono del malvagio atto compiuto dagli ebrei contro di loro, si recarono dal patriarca. Ed i cristiani si chiamarono a raccolta tutti insieme. Marciarono in collera verso le sinagoghe degli ebrei e ne presero possesso, le purificarono e le convertirono in chiese. Una di esse venne dedicata a S. Giorgio.

    Espulsero gli assassini ebrei dalla città. Saccheggiarono tutte le loro proprietà e li derubarono completamente. Il prefetto Oreste non fu in grado di portare loro alcun aiuto.

    Poi una moltitudine di credenti in Dio si radunò sotto la guida di Pietro il magistrato, un credente in Gesù Cristo perfetto sotto tutti gli aspetti, e si misero alla ricerca della donna pagana che aveva ingannato le persone della città ed il prefetto con i suoi incantesimi.

    Quando trovarono il luogo dove era, si diressero verso di lei e la trovarono seduta su un'alta sedia. Avendola fatta scendere, la trascinarono e la portarono nella grande chiesa chiamata Caesarion. Questo accadde nei giorni del digiuno.

    Poi le lacerarono i vestiti e la trascinarono attraverso le strade della città finché lei morì. E la portarono in un luogo chiamato Cinaron, e bruciarono il suo corpo. E tutte le persone circondarono il patriarca Cirillo e lo chiamarono 'il nuovo Teofilo' perché aveva distrutto gli ultimi resti dell'idolatria nella città.


    I rappresentanti della Chiesa si stanno scatenando in feroci repressioni in tutto l'Impero. Riescono addirittura a prevalere sui Prefetti. Sono loro che decidono la politica aiutandosi con folle affamate ed inferocite che tentano la risoluzione dei loro problemi saccheggiando case e beni altrui. Oggi si chiamerebbero squadristi.

    Vi è un odio viscerale verso la conoscenza. Chi se ne occupa è un mago e dedito ad arti diaboliche. Ipazia è addirittura colpevole di aver costruito un astrolabio ! Nel frattempo gli odi della Chiesa multiforme, fatta da decine e decine di differenti interpretazioni del supposto Gesù, si scatenano anche tra i credenti mettendo in campo vere e proprie pulizie etniche contro chi non è ortodosso, cioè vicino a chi ha maggior potere. Gli scannatoi e le macellerie cristiane saranno una costante per secoli e secoli. Il nemico è l'eretico e l'eretico è un indemoniato.

    Per secoli le religioni si erano rispettate. Il periodo greco alessandrino aveva inaugurato lo scambio di divinità. Popoli lontani aprivano loro templi ad Atene ed Atene apriva suoi luoghi di culto dovunque approdava. Scrive Filoramo:

    Il fenomeno di scambi e interferenze a livello di credenze e di culti non è certo ignoto nella storia dei popoli dell'area mediterranea fin dalle epoche più lontane raggiungibili dall'indagine storica. Per i Greci in particolare esso rappresenta una componente importante dell'esperienza coloniale diretta verso Oriente e verso Occidente, dove essi recano con sé i propri dei e imparano a conoscere quelli delle popolazioni locali. Esso peraltro assume una rilevanza del tutto peculiare in età ellenistica e poi sotto l'impero romano. Per un adeguata comprensione del fenomeno, è necessario previamente considerare la specifica consistenza dei contesti religiosi interessati. I Greci e la quasi totalità dei popoli del Vicino Oriente e dell'Occidente, con l'eccezione dell'Iran zoroastriano e dell'ebraismo, entrambi a titolo diverso situabili nella tipologia delle religioni «fondate» a contenuto monoteistico e almeno tendenzialmente universalistico, sono portatori di tradizioni religiose di tipo etnico. Sono infatti tradizioni le cui origini e il cui sviluppo risultano contestuali alle origini e allo sviluppo delle comunità più o meno numerose che ne sono depositarie e che in esse percepiscono una componente essenziale della propria identità culturale, insieme con la lingua e il complesso delle istituzioni socio-economiche e politiche. In quanto pertinenti a popolazioni di alta cultura, i rispettivi contesti religiosi possono essere definiti, meglio che etnici, nazionali, essendo, in misura diversa secondo i casi, dotati di costanti e linee di tendenza comuni che, al di là dei particolarismi locali come è il caso delle numerose poleis greche, conferiscono una omogeneità sostanziale alla vita religiosa delle singole etnie.

    Patrimonio peculiare dei singoli popoli che ne sono portatori, dunque, le religioni nazionali dell'antico mondo mediterraneo sono in rapporto di mutuo riconoscimento e di convivenza, senza intolleranza né esclusivismi, una volta che si ammette come ovvia l'appartenenza di ciascuna di esse ad una determinata tradizione culturale, di cui anzi costituisce, come si è detto, uno dei tratti distintivi. [...]

    Una serie di elementi concorrono a determinare questa situazione. Per un verso gli orientali che per varie motivazioni si trasferiscono in Grecia, in Italia e in altre regioni occidentali portano con sé devozioni e culti tradizionali. Tale è il caso dei mercanti egiziani che nel IV secolo a.C. hanno ottenuto dalle autorità ateniesi il permesso di erigere un tempio, verisimilmente al Pireo, in onore di Iside; sul loro esempio i mercanti ciprioti ricevono analoga autorizzazione per la loro Afrodite Urania. Per l'altro verso, a contatto con questi culti stranieri di cui si riconosce la legittimità in quanto espressione dell'identità nazionale dei loro portatori e, sul comune fondamento politeistico, la sostanziale omogeneità con le proprie strutture religiose, il cittadino greco, senza abbandonare le credenze e le pratiche ancestrali, può decidere autonomamente di aderire all'uno o all'altro di essi quando ritenga di trovarvi garanzie e soddisfacimento di personali esigenze spirituali. Individualismo e cosmopolitismo, pertanto, convergono a determinare uno scenario religioso nuovo in cui credenze e culti, superate le barriere nazionali, si propongono alla libera scelta dell'individuo che, pur a vario titolo persistendo nell'osservanza delle pratiche cultuali della sua patria, può arricchire la propria esperienza religiosa componendo senza traumi né fratture la devozione particolare per l'una o l'altra divinità orientale con il proprio (orizzonte tradizionale.

    La composizione dell'elemento nazionale con quello cosmopolitico è altrettanto netta nel caso del trasferimento in Oriente di gruppi greci che vi conducono i propri dei e i propri culti e in pari tempo prestano omaggio alle divinità locali. Ancora più decisiva essa risulta nella fondazione delle nuove città ellenistiche, quali Alessandria in Egitto, Seleucia, Antiochia e gli altri grandi centri cittadini creati in Siria ed in Asia Minore.


    Di tutto questo con i cristiani non resta nulla. Solo fame di potere da conquistare quovismodo. Né rispetto, né tolleranza, né convivenza.

    C'è da osservare che gli ebrei, grande comunità in Alessandria, pur con la loro peculiarità di religione monoteista, avevano convissuto senza problemi con le altre religioni. I problemi e l'intolleranza iniziano solo con il Cristianesimo che coniuga e sempre più lo farà, potere spirituale (sic!) con potere temporale (la falsa donazione di Costantino, che sarà scoperta dal Valla nel Cinquecento rinascimentale, è emblematica di questo). Ma vi è di più: mai fino a Teodosio si era discusso di problemi di intolleranza religiosa. Chiunque andasse a rivedere quanto ho scritto sulla nascita della scienza, scoprirà che non è stato mai necessario dire che tal filosofo o tal scienziato fosse appartenente a questa o quella religione. Se rileggete quanto ho scritto più su vi accorgete che ho dovuto aggiungere, al nome della persona, l'aggettivo: cristiano, pagano, ariano, ebreo, ... E' segno di barbarie, barbarie segnata dall'avvento del Cristianesimo.




    Ma quel tal Ratzinger non dice nulla di ciò, salta le date del massacro di Ipazia e eleva lodi al Signore che ha dato alla Chiesa un sant'uomo come quel boia di Cirillo.



    IPAZIA SCIENZIATA



    Di lei sappiamo poco e le fonti sono principalmente quelle dei suoi carnefici. E pensare che siamo già nel V secolo e che alcune informazioni dovrebbero arrivarci più facilmente ma, a fronte del fatto che abbiamo decine di Storie Ecclesiastiche e libri di canti e lodi a Dio, ci manca ogni piccola storia che riguardi qualche filosofo o scienziato che abbia lavorato sul terreno laico della conoscenza. Dico laico perché le disquisizioni interne alla fede, le relative scomuniche e virulenze, sono di poco interesse per chi ha in mente spiriti liberi come Archimede, Euclide, Apollonio, Ipparco, Eratostene, Democrito, ... ma anche Aristotele e Platone. Questi ultimi poi, tirati per i capelli da logorroici cristologi, sarebbero sobbalzati ed insorti armati di lancia contro di essi.

    Pensate ad esempio che noi conosciamo tutto di Agostino di Ippona, anche il fatto che, dopo Galeno, egli dica che Maria ha partorito Gesù da un orecchio, il tutto riferito all'anomalia di una mamma vergine (porca miseria!). Ed il prete Eutiche che non riesce a capire come Gesù possa essere diventato così sottile da passare attraverso le viscere verginali della Madre senza violarne l'integrità. E' questo solo esemplificativo delle distorsioni che la ragione sarà costretta a subire da qui in avanti per seguire le allucinazioni di una setta intollerante ed assassina. E Tommaso d'Aquino che non vede i buchi nelle sfere cristalline celesti ed allora dubita che Gesù sia asceso al cielo con il suo corpo.

    Scrive lo storico della matematica Gino Loria:

    [Teone] visse in Alessandria sotto il regno dell'imperatore Teodosio (379-395 dell'E. v.), cioè nella seconda metà del IV sec. dell'E. v.; ciò risulta dall'avere egli assistito, nel 365, ad una eclisse e avere proseguite le sue osservazioni astronomiche sino al 372. Inoltre egli fu padre di una donna tanto eminente che i contemporanei la ritennero degna di stare alla testa della Scuola platonica di Alessandria, la celebre e sventurata Ipazia, il cui sangue macchiò le vie di Alessandria nel marzo del 415, e le cui opere matematiche - che Suida enumera imprecisamente - ebbero una sorte. non meno deplorevole di quella che toccò alla misera autrice.

    Ed annota che R. Hoche in Hypathia die Tochter Theons (Philologus, T. XV, 1860, pagg. 435-474) scrive:

    Nell'ultimo periodo della lotta tra la Chiesa cristiana e la fede negli antichi Dei, ci si presenta il fenomeno di una donna, la cui eguale si cerca indarno in tutta la storia, che, uscita dal Museo, seppe raccogliere quasi tutta la scienza pagana, almeno nelle discipline mediche e filosofiche, e con la potenza del suo aspetto e della sua parola divenne o minacciò divenire cosi terribile pel Cristianesimo e pei suoi aderenti in Alessandria, che la Chiesa bellicosa scatenò contro di essa una morte ignominiosa.

    Ed ormai tutti gli storici concordano nell'assegnare a Cirillo, quantomeno l'incitamento a quel barbaro assassinio di una eminente scienziata dell'antichità classica. La prima ed anche l'ultima.

    Ipazia nata nel 370 viaggiò ad Atene dove fu introdotta al neoplatonismo. E' accreditata, per ciò che sappiamo, di Commentari che sono andati perduti:

    sull'Arithmetica di Diofanto e sulle Coniche di Apollonio.

    Inoltre curò l'edizione di un'opera del padre Teone, un Commentario sull'Almagesto di Tolomeo.

    Scrive Odifreddi su la Stampa (21 agosto 1999):

    In un mondo che ancora oggi è quasi esclusivamente maschile, Ipazia viene ricordata come la prima matematica della storia: l’analogo di Saffo per la poesia, o Aspasia per la filosofia. Anzi, fu la sola matematica per più di un millennio: per trovarne altre, da Maria Agnesi a Sophie Germain, bisognerà attendere il Settecento. Ma Ipazia fu anche l’inventrice dell’astrolabio, del planisfero e dell’idroscopio, oltre che la principale esponente alessandrina della scuola neoplatonica.
    Le sue opere sono andate perdute, ma alcune copie sono state ritrovate nel Quattrocento; per ironia della sorte, nella Biblioteca Vaticana cioè in casa dei suoi sicari. Le uniche notizie di prima mano su di lei ci vengono dalle lettere di Sirenio di Cirene: l’allievo prediletto che, dopo averla chiamata «madre, sorella, maestra e benefattrice», tradì il suo insegnamento e passò al nemico, diventando vescovo di Tolemaide.

    Il razionalismo di Ipazia, che non si sposò mai ad un uomo perché diceva di essere già «sposata alla verità» costituiva un controaltare troppo evidente al fanatismo di Cirillo. Uno dei due doveva soccombere e non poteva che essere Ipazia: perché così va il mondo, nel quale si diffondono sempre le malattie infettive e mai la salute.
    Nella Antologia Palatina si trova un epitaffio a lei dedicato dal poeta pagano Pallada:

    Quando ti vedo mi prostro, davanti a te e

    alle tue parole, vedendo la casa astrale
    della vergine, infatti verso il cielo è
    rivolto ogni tuo atto Ipazia sacra,
    bellezza della parola, astro


    incontaminato della sapiente cultura.


    A MODO DI CONCLUSIONE



    E' inutile girare intorno alle poche cose che si sanno. Ipazia è stata massacrata su istigazione di San Cirillo d'Alessandria. Il sig. Ratzinger, opportunamente lo ricorda come un grande santo. Ha fatto ciò che deve fare un fedele fondamentalista: mettere a tacere, assassinare il libero pensiero. Ipazia è stata fatta a pezzi proprio per questo, per ciò che rappresentava e per la sua impossibile adesione a superstizioni e fedi irrazionali. E' stata una dei primi martiri che la Chiesa ha lasciato sul campo. Ve ne è un rosario infinito che non è male ricordare facendone un elenco molto parziale suddiviso per Papi, rappresentanti di Dio in Terra, come si legge in
    http://www.linearossage.it/vittimechiesa/vittimechiesa.htm


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    Padre Guardiano
    00 11/10/2007 08:58
    re
    Bellissimo post. Grande Deschner e grande Madre Badessa che ce lo ha riproposto!!!! [SM=x789057]



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    Se la vita ti sorride,ha una paresi.(Paco D'Alcatraz)

    Il sonno della ragione genera mostri. (Goya)

    Apocalisse Laica

    Querdenker evangelico anticonvenzionale del 1° secolo. "Maiori forsan cum timore sententiam in me fertis quam ego accipiam!" g.b.--In nece renascor integer ./Satis sunt mihi pauci,satis est unus,satis est nullus. Seneca-Ep.VII,11


    Vivo fra lo Stato Sovrano della Fica e la Repubblica Popolare del Cazzo
  • pcerini
    00 27/11/2007 20:25
    Conoscevo la viceda della martire pagana Ipazia,ne postai un'articolo anche su Soccorso qualche tempo fa.
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    kelly70
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    00 27/11/2007 21:17
    Re:
    pcerini, 27/11/2007 20.25:

    Conoscevo la viceda della martire pagana Ipazia,ne postai un'articolo anche su Soccorso qualche tempo fa.




    E questi erano i santi... [SM=g27816]


    [SM=x1414722]




    La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno.
    Apocalisse Laica
    Le religioni dividono. L'ateismo unisce


    Il sonno della ragione genera mostri (Goya)


  • pcerini
    00 27/11/2007 21:29
    Quando lessi un'articolo sull'Impero del Male di Adriano Petta,giornalista che si occupo' dell'Inquisizione spagnola,in cui racconto' come a Siviglia si inventarono un meccanismo infernale: costruirono 10 forni a muro in cui ogni volta ci infilavano da 30 a 40 persone da mettere al rogo,questi disgraziati non morivano subito ma nel giro di 12-24 ore perche' ardevano letteralmente a fuoco lento.

    DEI VERI E PROPRI KILLER DI PROFESSIONE PSICOPATICI.