00 04/12/2007 22:04
Ah si?
Vediamo un po'...



L¹unico agnostico del team era l¹inglese John Allegro, che non appena manifesto¹ una certa indipendenza di pensiero venne immediatamente censurato, isolato, disconosciuto e costretto a farsi da parte.




Ora analizziamo bene in che cosa consistette questa "CERTA INDIPENDENZA DI PENSIERO"...





Gli studi successivi di Allegro.

Allegro l’anno dopo fu licenziato dalla sua università. Nel 1960 pubblicò, senza l’autorizzazione dell’équipe, la trascrizione e la traduzione del Rotolo di Rame14: l’edizione ufficiale apparve invece nel 1962, a cura di J. T. Milik15. In esso, fu rinvenuta una lunga lista di 64 luoghi in Palestina dove sarebbe stato nascosto un tesoro. Mentre Milik lo definì come un esempio del genere letterario popolare dei “cataloghi di tesori immaginari”, Allegro lo intese come un reale elenco dei nascondigli in cui gli Zeloti avrebbero occultato i beni del Tempio nel 68 d.C., prima della caduta di Gerusalemme. Ma si tratta (per contare solo i metalli preziosi) di 65 tonnellate d’argento e di 26 tonnellate d’oro, una ricchezza immensa, che farebbe pensare ad una cifra immaginaria. Allegro, per renderla verosimile, giunse a ridurre addirittura ad un sesto il ben noto valore delle misure del talento ebraico16. Egli organizzò anche delle campagne di scavi per ritrovare i tesori, inutilmente.

Nel 1966, si diede al teatro. Fu rappresentato infatti un suo dramma intitolato The Lively Oracles (Gli oracoli viventi), in cui il protagonista, un professore, scopre un rotolo che stravolge la tradizionale lettura di alcuni passi evangelici. Ma gli inviati del Vaticano lo fanno sparire….

Dando credito alle “ricostruzioni inquisitorie” di Baigent e Leigh, verrebbe da pensare ad un allontanamento immediato di Allegro da un’équipe internazionale preoccupatissima per tale pericoloso rivale: invece, più di dieci anni dopo, egli ne è ancora membro. Nel 1968 egli curò il quinto volume della collana Discoveries in the Judaean Desert in cui pubblicava una trentina di frammenti17. Abbiamo già detto della scarsa qualità di tale edizione, sintetizzata dal giudizio del prof. Karlheinz Müller dell’Università di Würzburg: “Senz’altro la peggiore e la più inaffidabile edizione di Qumràn che il lettore possa aspettarsi dall’inizio dei ritrovamenti”18. La correzione dei suoi errori, preparata da J. Strugnell, risultò lunga quasi quanto il libro recensito: frammenti non correttamente identificati o mal accostati, letture discutibili e confusa numerazione delle tavole19.

Epilogo.

Allegro si ritirò dagli studi di qumranistica e si dedicò ad argomenti sempre più imbarazzanti. Nel suo libro uscito nel 1970 Il fungo sacro e la Croce20 sostenne quella che diventerà una sua idea fissa: Cristo non era mai esistito, ma era una forma di allucinazione provocata dalla psilobicina contenuta in un fungo, di cui i Cristiani delle origini si cibavano all’interno di culti orgiastici.

L’opera, che questa volta non aveva a che fare con le presunte trame del Vaticano e di de Vaux, fu ugualmente demolita dalla critica, al punto che gli editori si scusarono pubblicamente per averla stampata21. In una lettera al Times del 26 maggio 1970 quattordici eminenti studiosi, come avvenuto alcuni anni prima in merito a Qumràn, confutarono le opinioni di Allegro: tra i firmatari, il maestro di Allegro stesso, il prof. Godfrey Driver, colui che lo aveva prescelto per far parte dell’équipe.

Baigent e Leigh, stavolta, ammettono che Il fungo e la croce si basa “su alcune premesse filologiche che noi, come molti altri commentatori, abbiamo difficoltà ad accettare”. Ma subito dopo, aggiungono che “si tratta di un fatto secondario”. Essi cercano di giustificare l’autore “tenendo presente il clima e l’atmosfera della fine degli anni ‘60” e parlando di una diffusa “cultura della droga” che lo avrebbe influenzato 22.


Poverino... [SM=x789068]







Ah...aggiungo la bibliografia citata:

14 J. ALLEGRO, The treasure of the copper scroll. The opening and decipherment of the most mysterious of the Dead Sea scrolls. A unique inventory of buried treasure, London, 1960.

15 M. BAILLET - J. T. MILIK - R. DE VAUX, Les 'petites grottes' de Qumrân, Oxford, 1962.

16 Op. cit., p. 44.

17 J. M. ALLEGRO, Qumrân Cave 4. I (4Q158-4Q186), Oxford, 1968.

18 In J. SCHREINER, Einführung in die Methoden der biblischen Exegese, Würzburg, 1971, p. 310.

19 J. STRUGNELL, Notes in marge au volume V des «Discoveries in the Judaean Desert of Jordan», in «Revue de Qumràn» VII (1969-71), pp. 163-276.

20 Trad. ital. Roma, 1980.

21 Times, copia del 19 maggio 1970.

22 M. BAIGENT – R. LEIGH, Il mistero del Mar Morto. I rotoli di Qumràn: dalla scoperta all’intrigo, Milano, 1997, pp. 75-76.





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