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Serve DIO in etica?

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    Padre Guardiano
    00 01/02/2008 18:59
    Saggio del prof. Luigi Lombardi Vallauri
    Con questo breve saggio, che ne riprende e riassume altri, più estesi, precedenti, mi propongo di mostrare che «Dio» e i suoi portavoce umani sono rilevanti in etica grosso modo come lo sono, per esempio, in matematica. Un primo paragrafo, più pettegolo, affronterà il tema, tipicamente italiano, dei rapporti fra etica «laica» ed etica «religiosa», dove con «religiosa» s’intende, centralmente se non esclusivamente, cattolica. Un secondo paragrafo, più filosofico e stringato, riassumerà i due argomenti decisivi contro l’opinione, molto diffusa, che si possa ricorrere a «Dio» per dimostrare, argomentare, giustificare tesi etiche.
    Un terzo paragrafo, documentario, lascerà il lettore, quasi da solo, di fronte ad alcune prese di posizione etiche di alcuni «Dio» della tradizione occidentale: lo Yhwh del Pentateuco, il Gesù evangelico, lo Spirito Santo cattolico romano manifestatosi storicamente attraverso le pronunce solenni dei papi. Etica «laica», etica «religiosa»: un’etica sola, laica-universale? Con etica laica intendo un’etica fondata su argomenti tra i quali non rientra l’argomento di autorità; un’etica senza rivelazioni e senza magisteri divinamente assistiti. Con etica religiosa intendo qui l’etica proclamata dal magistero cattolico e segnatamente dai pontefici romani. Rifletto quindi (qualunque misteriosa cosa sia, e qualunque misteriosa spiegazione abbia, il riflettere) sui rapporti tra etica munita solo di argomenti razionali (o ragionevoli) e dottrina morale cattolica.
     
    Noto subito che anche l’argomento di autorità può essere un argomento di ragione se l’autorità viene razionalmente (o ra- gionevolmente) fondata. Nel caso del magistero pontificio, ci sono argomenti pro e contro. Quelli pro sono, per esempio, il richiamarsi alla persona altamente significativa di Gesù, l’esperienza bimillenaria, la cospicuità del pensante collettivo Chiesa cattolica, fatto di centinaia di specialisti del cui pensiero il papa può, con l’aiuto di altri specialisti, estrarre la crema. Gli argomenti contro sono, per esempio, la vistosa discontinuità della prassi storica del papato con l’insegnamento di Gesù, la tenacia più che millenaria con cui sono state difese posizioni oggi superate dalla coscienza etica comune e dalla stessa Chiesa, le vistose omissioni, i vistosi ritardi agli appuntamenti con la storia etica moderna e i successivi, non sempre decorosi recuperi. Quanto all’infallibilità del magistero pontificio, essa, qualunque cosa significhi, è asserita, tra gli uomini, dal solo magistero pontificio; quindi non è certa. La conseguenza sintetica di tutto ciò è che un’opinione del magistero pontificio merita il massimo interesse storico data l’influenza che il magistero di fatto esercita, un notevole interesse teorico dati gli argomenti a favore dell’autorevolezza del magistero, in nessun caso un’adesione automatica, stanti i forti argomenti contro questa stessa autorevolezza sopra accennati.
     
    Gli stessi cattolici faranno bene, ammaestrati dalla storia e dalla logica, a guardare sempre non meno che alle tesi agli argomenti; a ritenere il magistero papale attendibile, come ogni altro magistero, in proporzione agli argomenti esplicitamente recati e non in base al suo essere il magistero papale. Accettare un’autorità in base a buoni argomenti personalmente controllati è atto dell’uomo; accettare un’autorità perché essa si proclama tale è atto del fanatico. Ciò chiarito, ritengo che ai laici come ai cattolici possa interessare solo l’etica laica intesa come l’etica vera, o più vera, o comunque meglio e più universalmente argomentata. Condivido l’opinione di Possenti: «laicità è razionalità, per cui non esiste una bioetica laica contrapposta ad una religiosa, ma una sola bioetica». Anche per i cattolici «amicus Petrus, magis amica veritas»: Pietro è utile in proporzione a quanto è vero, veritiero. E non può concepire se stesso se non come una tra le istanze che concorrono a scoprire l’etica umana universale, etica che assolutamente non ha già in tasca e che impara continuamente (non sempre sollecitamente e brillantemente) anche dagli altri. I laici con i loro argomenti escluso quello di autorità, i cattolici con i loro argomenti incluso quello (revisionato) di autorità, sono gli uni e gli altri alla ricerca, progressiva, mai conclusa, di un’etica universale all’altezza dei tempi: dei problemi, e anche delle intuizioni etiche, propri di ciascun tempo. Laici, pontefici cattolici e cattolici non pontefici concorrono in quel dibattito tra esperti che produce il probabilmente unico giudice in etica come in estetica e generalmente in assiologia: l’esperienza qualificata.

    Tolto di mezzo l’errore, del resto sempre più raro tra i cattolici, dell’ossequio acritico al magistero, si può guardare alle sole tesi e ai soli argomenti, da qualunque parte essi provengano, e sempre mirando esclusivamente all’etica laica-universale. Qui tuttavia s’incontra una seconda linea divisoria: quella che passa, direi, tra etica laica-universale «laica» ed etica laicauniversale «religiosa», quando s’intende la seconda come etica «con Dio» e la prima come etica «senza Dio». Discriminante non è più l’autorità del papa (o di altro magistero storico) ma l’esistenza di Dio4. Così per Scarpelli, citato da Possenti, laica è quell’etica che fa a meno di Dio, quella che sarebbe vigente «etsi Deus non daretur»: a contrario si deve supporre che religiosa sia quell’etica cui occorre, che si fonda su Dio. Della stessa opinione è Possenti, salvo che ritiene Dio, via teologia naturale filosofica, accessibile alla ragione laica non riduttiva, e quindi vittoriosamente argomentabile un’unica etica, quella laica-universale, della quale però considera parte integrante, e rilevante, l’affermazione di Dio. Quale che sia la praticabilità della teologia naturale e degli scrutamenti filosofici dell’essenza divina, io tendo invece a pensare, diversamente da Scarpelli e Possenti, che Dio (il Dio laico cui si riferisce Possenti) non fornisca tesi e argomenti rilevanti in etica.

    L’essenza di Dio è come un abisso, un buco nero, per la ragione umana realistica; ma anche chi riesce a (crede di) comprendere concetti quali «Actus essendi subsistens» e gli straordinari attributi ad esso collegati, chi insomma è convinto di veder chiaro in Dio, concederà che la pura ragione non può trovare etica normativa nell’esistenza e nell’essenza di Dio se non per quanto concerne il rapporto, appunto, con Dio: Dio sommo bene, doveri verso Dio, virtù di religione. Per tutto il resto, ossia per quanto concerne i rapporti degli uomini tra loro e con gli altri esseri accessibili nell’esperienza, la ragione può desumere etica dall’ontologia di questi stessi esseri, dai loro bisogni costitutivi, dalla natura delle cose, dalla logica strutturale delle situazioni, nella luce che viene dall’intuizione commossa e discussione critica dei valori; non da Dio. Il Dio (aporetico, «koanico»!) della metafisica, qualora riconosciuto dotato di senso ed esistenza, può utilizzarsi in etica come origine e fondamento oppure come garante e sanzionatore escatologico; non come fornitore di contenuti normativi.
     
    L’esistenza di un Dio legislatore e remuneratore può servire a dare alle norme etiche serietà divina. Ma il loro contenuto (che verrà poi investito, nell’ipotesi teista, di questa serietà) si desume aliunde. Io non conosco filosofi moralisti che abbiano letto nell’essenza o nella volontà del Dio della teologia naturale specifici comandamenti. Dio è troppo imperscrutabile perché gli si possa leggere dentro. Si può leggere nell’ontologia delle cose e attribuire a Dio il risultato della lettura. Quindi a parte la questione della forza o della serietà, Dio (per quanto concerne i rapporti degli enti creati tra loro) è eticamente irrilevante. Arriverei a dire che è irrilevante anche come origine/fondamento, ossia come autore, legislatore, etico: perché o comanda l’etica vera, quella che la ragione conosce e riconosce per virtù propria, e allora meri- ta obbedienza; oppure comanda un’etica contraria all’etica vera, e allora è un tiranno etico, cui si dovrebbe disobbedire e si obbedisce, se mai, non-eticamente, per paura. Anche Dio, se esiste, è misurato dal logos, dalla legge eterna (ontologica, logica, etica) valida in sé e non perché lo dice qualcuno.

    Nell’ambito dell’etica laica-universale non c’è spazio per un positivismo etico, neppure divino. A Dio può restare (non è cosa da poco) la funzione di giudice e remuneratore escatologico, pura «bocca » (e «braccio») della legge; sempre che la legge non comprenda in sé (come la legge karmica) anche la procedura, impersonale, di remunerazione. Sgombrato il campo anche da questo secondo equivoco (essere diversa l’etica con Dio da quella senza Dio), possiamo tornare all’affermazione già fatta, che in etica si può guardare alle sole tesi e ai soli argomenti, da qualunque parte essi provengano. Si svuota così la diatriba etica laica-etica religiosa. L’etica che interessa tutti, laici e religiosi, è l’etica laica-universale; per riconoscerla, per costruirla, non sono particolarmente rilevanti né il papa né Dio. Si osserverà: tutte le religioni teiste, e segnatamente il cattolicesimo, si proclamano, però, «rivelate» – tramite profeti – da Dio stesso, quindi detentrici di un’etica valida autoritativamente, al di là degli argomenti di ragione reperibili a favore delle sue norme. Ma: a) occorrono argomenti di ragione a favore dell’origine divina di questa o quella asserita rivelazione, e tra gli argomenti non può certo mancare il valore universale della sua etica; b) tutte le religioni teiste (e segnatamente il cattolicesimo) asseriscono inoltre che il loro Dio è quello eticamente perfetto, che proprio la loro etica rivelata è l’etica laica-universale, quella che manifesta veritieramente l’uomo all’uomo. Per questi due essenziali motivi si devono comunque, prima o poi, poter trovare argomenti di ragione a favore di un’etica che si asserisce rivelata, pena i già deprecati fanatismo e positivismo.
     
    Il filosofo morale, credente e non credente, farà bene a tenere in attenta considerazione le etiche «rivelate»; ma come miniere di suggerimenti; neppure il credente può accettarle solo in virtù del principio di autorità. La fede, se deve rimanere atto umano, è sempre sub iudice, e giudice ultimo è necessariamente l’umano. Dio stesso non può, creando l’uomo, avere stabilito economia diversa da questa. C’è forse un ultimo errore o equivoco da rimuovere: l’opinione oggi largamente condivisa, per esempio da Engelhardt,6 che l’etica laica sia per sua essenza necessariamente «debole», limitata, «vuota», dubitosa, relativista, in una sola parola: noncognitiva, e sia invece «forte», ricca di contenuti, sicura della propria verità, in una sola parola: cognitiva, l’etica filosofica teista. Se quanto ho detto finora funziona, l’etica teista è tanto forte o debole, tanto cognitiva o non-cognitiva quanto l’etica laica, perché il Dio filosofico non rileva nemmeno per la questione cognitivismo/ non-cognitivismo in metaetica laica-universale. Io trovo più forti gli argomenti a favore di un’etica forte di quelli a favore di un’etica debole; sono perciò un cognitivista avvertito, un cognitivista critico; non lo sono in base alle mie opinioni sulla questione Dio (che in ogni caso mi sembra, come sembrava al meraviglioso Levin della fine di Anna Karenina, molto più oscura della questione etica).

    Una conseguenza concreta che devo trarre dal mio atteggiamento «cognitivista dell’esperienza» in etica e radicalmente apofatico in religione è che la contrapposizione frontale tra etica laica ed etica cattolica non può essere, per l’intelligenza, che provvisoria e destinata a ridursi asintoticamente. Se infatti l’autorità del magistero papale e quella di Dio si traducono (si sciolgono) progressivamente in bontà/validità degli argomenti, allora da un lato il cattolicesimo è chiamato a deconfessionalizzarsi universalizzandosi, e dall’altro il pensiero laico, sempre meno condizionato e ideologicizzato specularmente dall’avversione per un’autorità autoritaria, è chiamato a dismettere il suo clericalismo laicista, a non confondere la rigidità col rigore, a recepire con scioltezza i suggerimenti ontologici erogati con buone ragioni dalla parte avversa. Le frazioni (fazioni) storiche «laicismo», «cattolicesimo», sono buone per arricchire di punti di vista estremisticamente chiari la sintesi laica-universale che resta da compiere; non sono esse stesse la sintesi. Dio o logos? Superfluità di un legislatore etico personale Il logos, inteso come l’insieme delle necessità intelligibili, diciamo pure come l’insieme delle verità eterne, è sottratto a Dio e a ogni altra entità normativa, sia questa un io trascendentale kantiano, un cervello riuscito darwiniano, un algoritmo infallibile, un legislatore politico, un partito, una Chiesa, un papa, una cultura. Il logos, se esiste, esiste per necessità intrinseca, non perché lo pensa o lo crea qualcuno.

    L’esempio migliore è la matematica, che è la parte più ricca, più nota, più smagliante del logos protologico; ma ci sono anche un cosmo- e un antropo-logos7. Se l’etica è logos, anch’essa è sottratta a Dio. Dobbiamo vedere l’etica come un prodotto, come un’opera, nel senso in cui La divina commedia è un’opera di Dante, che non sarebbe esistita se Dante non la scriveva? Se l’etica è logos come lo è la matematica, chiaramente no. La matematica sarebbe quella che è sia se Dio non esistesse, sia se Dio esistesse; in questo secondo caso sarebbe quella che è, per così dire, «in faccia a Dio», e malgrado ogni sua eventuale preferenza per una matematica diversa. Dio, e ogni altra pensabile entità normativa, è cosa con la quale e senza la quale la matematica resta tale e quale. Lo stesso dovrebbe valere per l’etica. Nella coscienza comune invece le due discipline (o le due aree di verità/ logos) vengono separate. Nemmeno i fondamentalisti religiosi, credo, asserirebbero che Dio è il Creatore libero e il Signore onnipotente della matematica. Dio, come il Re di Il piccolo principe di Saint-Exupéry, può solo, nella sua saggezza, ordinare alla matematica di essere quella che è, quella che – per necessità intrinseca – comunque è. Le Scritture sono irrilevanti in matematica. Il logos protologico è God-free e Bible-free. Su questo c’è accordo generale.

    L’etica invece è frequentemente considerata, anche da persone articolate e munite di un training scientifico e filosofico, come un territorio soggetto alla signoria di Dio. Per i credenti, Dio è: in primo luogo, il legislatore etico, che statuisce cosa è bene cosa è male; in secondo luogo, il giudice etico, attivo in ogni momento della vita umana terrena nonché escatologicamente nel Giorno del giudizio; in terzo luogo, il remuneratore etico, l’organizzatore e l’amministratore della sanzione, colui che eroga eterna beatitudine ai giusti e credenti e infligge eterna deprivazione o eterno tormento ai non battezzati, ai malvagi e ai non credenti8. L’intero processo etico è, per così dire, affar suo (di Dio). Anche molti agnostici e atei sono propensi, credo, a pensare che se Dio esistesse l’etica sarebbe affar suo, e la legge etica un prodotto della Sua volontà. L’idea che le regole etiche sono decreti o comandamenti divini è molto meno ridicola dell’idea che i teoremi matematici sono decreti o comandamenti divini (che, per esempio, il rapporto tra una circonferenza e un diametro euclidei, il maledettissimo aperiodico e trascendente pi greco, che nemmeno Dio sa come finisce, è tale perché Dio così ha stabilito). La credenza che Dio condanni all’inferno eterno i cattivi teologi, cioè gli eretici, è molto più diffusa, e sembra molto meno bizzarra, della credenza che egli condanni all’inferno eterno i cattivi matematici.

    Nessuno, nemmeno in Italia, distinguerebbe tra una matematica «laica» e una «religiosa» (di fatto, cattolica). Anche in Italia la scienza viene ritenuta non religiosa nel senso di indipendente da comandamenti o dogmi rivelati. Non per questo è povera o incerta; anzi, precisamente questa indipendenza è la sua ricchezza e la sua forza. Lo stesso vale, a mio parere, per l’etica (come per ogni parte del logos). Do due argomenti, uno più teorico e uno più storico. Il primo argomento è che se esiste una verità etica universale, questa verità non può essere il prodotto di un soggetto, sia esso unico o plurale, divino o creaturale, umano-trascendentale, umano-cerebrale o umano-culturale. Una verità etica universale può solo essere una necessità intrinseca, sottratta a ogni volontà o preferenza. Nessuna autorità, né in cielo né in terra, può liberamente statuirla; un soggetto può solo scoprirla o – se onnisciente – saperla da sempre e sottoscriverla. In breve: o non esiste una verità etica universale, e allora la verità etica «di Dio» è solo una verità etica tra molte; o esiste una verità etica universale, e allora Dio, come tutti, può solo riconoscere quella stessa verità, senza nulla aggiungere o sottrarre. Una verità non è una persona e non dipende dall’opinione di una persona. Anche in etica, se l’etica è logos, Dio è vincolato dal logos. Anche l’etica, se vera, è God-free e Bible-free. Naturalmente, può darsi che un particolare Dio riveli l’etica vera. Il vero Dio rivelerà sicuramente l’etica vera. Ma solo perché la sa. Non perché l’ha resa vera lui personalmente. Può solo rivelarla, non costituirla e imporla. «Subisce» l’etica come la matematica.

    Il secondo argomento, quello storico, è che ogni Dio a noi noto tramite rivelazione ha fatto cose, sostenuto opinioni, irrogato sanzioni, che contraddicono violentemente alcuni dei nostri più solidamente fondati valori e principi etici. Rimando, per gli esempi, al paragrafo successivo. Certo, si deve ammettere che ognuno dei Dio rivelazionali ha fatto o detto anche cose eticamente egregie, ha nutrito di suggerimenti preziosi il progresso storico mai concluso dell’etica. Ma ciò non toglie il punto decisivo: se siamo in grado di distinguere, in questa o quella «parola di Dio», l’accettabile e l’inaccettabile, il superato come frutto di mentalità barbara e primitiva e il sempre valido e attuale, allora il criterio non è più la «parola di Dio», il criterio sono i (nostri) buoni argomenti. Anche l’etica, come la matematica, è un paesaggio libero da poteri statuenti, libero da autorità determinanti, è un paesaggio tutto tesi e argomenti.

    Che qualcosa sia «parola di Dio» non è ancora, in nessun campo disciplinare, nemmeno in teologia, un decisivo, un definitivo argomento. I Dio sono o filosofici o rivelazionali. I Dio filosofici non possono che sostenere le migliori, le più argomentate conclusioni dell’etica filosofica. I Dio rivelazionali devono essere continuamente o approvati, o riveduti e corretti, da un’ermeneutica teologica continuamente preoccupata di mantenerli all’altezza dell’etica filosofica. Così, e non altrimenti, vanno le cose. Visto che nemmeno un Dio esistente avrebbe potere sulla verità etica, e che le «parole di Dio» rivelazionali sono in larga misura inaccettabili, acquisito che l’etica è God-free come la matematica, ne risulta che nemmeno i rappresentanti e portavoce di Dio, i sacerdoti, sono, in quanto tali, autorità etiche. Uniche autorità etiche sono i buoni etici argomenti. Esempi di etica «divina» Mi limito a poche citazioni, estratte dai lavori già menzionati alla nota 1, cui rinvio il lettore volenteroso che desideri una più ampia contestualizzazione e discussione. Lo Yhwh del Pentateuco Valutato – anacronisticamente, è chiaro – in base all’etica che si riflette nella moderna religione civile dei diritti dell’uomo, e che come tale si è largamente incorporata negli ordinamenti giuridici positivi odierni, Yhwh appare inaccettabilmente spietato sia nei rapporti interni, come legislatore etico-giuridico di Israele, sia nei rapporti internazionali con i nemici del popolo eletto.
     
    All’interno Yhwh conosce, come sanzione punitiva, quasi solo la pena di morte. Mi limito ai peccati/reati di sesso e di idolatria. " Sesso. «L’uomo che commette adulterio con la moglie del suo prossimo dovrà morire, lui e la sua complice»; «L’uomo che dorme con un uomo come si dorme con una donna... tutti e due dovranno morire, il loro sangue ricadrà su di loro»; «L’uomo che prende come mogli una donna e sua madre: è un incesto. Verranno bruciati, lui e loro, perché non ci sia presso di voi incesto»; «La donna che copula con un animale: tu ucciderai la donna e l’animale. Dovranno morire, il loro sangue ricadrà su di loro»; «L’uomo che prende come moglie sua sorella... è un’ignominia. Essi saranno sterminati sotto gli occhi dei membri del loro popolo» (Levitico 20, 10-18). " Idolatria. «Se tuo fratello, figlio di tuo padre o di tua madre, tuo figlio, tua figlia, la tua sposa, il compagno che condivide la tua vita, cerca nel segreto di sedurti dicendo: “Andiamo a servire altri dèi”... tu non l’ascolterai, il tuo occhio sarà senza pietà, tu non lo risparmierai e non nasconderai la sua colpa. Sì, tu dovrai ucciderlo, sarà la tua mano la prima contro di lui per metterlo a morte, e la mano di tutto il popolo continuerà l’esecuzione. Tu lo lapiderai fino a che morte segua: perché ha cercato di traviarti lontano da Yhwh il tuo Dio, che ti ha fatto uscire dal paese d’Egitto» (Deuteronomio 13, 7-11). Per entrambi i tipi di peccato, Yhwh annuncia che se non verranno eseguite le sanzioni distruggerà i peccatori lui personalmente: cfr. per esempio Levitico 20, 2-6. Nei rapporti sovra- o internazionali, Yhwh è spietato fino al genocidio sia con i peccatori in quanto tali, sia con gli antagonisti storici di Israele.

    I peccatori vengono sterminati mediante annegamento nell’acqua (Genesi 6, 17 e 7, 21-23) o abbruciamento col fuoco (Genesi 19, 24-25). Agli avversari di Israele è riservata una sorte spaventosa. Yhwh fa personalmente strage di tutti i primogeniti maschi egiziani (Esodo 12, 29-30), di tutto l’esercito egiziano per annegamento (Esodo 14, 28), di tutti gli Amorrei per bombardamento con enormi chicchi di grandine (Giosuè 10, 11). E agli Israeliti ordina di eseguire sui nemici vinti l’anatema o herem, il genocidio religioso integrale, la carneficina estesa a tutta la popolazione inerme (vecchi, donne e bambini) e a tutti gli animali, con cancellazione delle città dalla faccia della terra: si vedano Esodo 17, 13-16 (Amaleciti); Numeri 21, 2-3 (Arad); Numeri 21, 35 (Basan); Numeri 31, 7-10 (Madianiti); Numeri 31, 13-18 (ancora i Madianiti: massacro delle donne e dei bambini eccetto le bambine vergini per ordine personale di Mosè); Numeri 33, 50-52 (Canaan); Deuteronomio 2, 24-25 («tutti i popoli che sono sotto il cielo»); Deuteronomio 2, 34-35 (Sihon); Deuteronomio 7, 1-2 (tutte le nazioni cananee); 22-26 (ancora le nazioni cananee); Giosuè 6, 1-27 (Gerico); Giosuè 8, 22-29 (genocidio integrale della gente di Ai e impiccagione del re); Giosuè 10, 12-13 (Amorrei); Giosuè 10, 22-27 (re prigionieri); Giosuè 10, 28-39 (anatemi di Maqqeda, Libna, Lakish, Gezer, Eglon, Ebron, Debir); Giosuè 11 (altra spaventosa sequenza di genocidi e anatemi). Là dove arrivava l’Israele di Yhwh dobbiamo realisticamente immaginare l’innalzarsi al cielo di un lezzo di cadaveri e d’incendio. La «storia della salvezza» per Israele è storia maledetta per gli altri. Certamente tutti o quasi tutti i popoli della storia hanno compiuto, all’interno e nei rapporti internazionali, spaventose efferatezze; solo riesce difficile far seguire alla lettura dei citati passi del Pentateuco il fideistico «È parola di Dio».

    Il Gesù dei Vangeli
    Secondo la cristologia ufficiale della Chiesa, l’uomo vero e reale, esistito, Gesù di Nazareth «è Dio». La sua etica è quindi un’etica divina; è l’etica stessa del vero, unico, assoluto Dio, legislatore etico di tutti i popoli della Terra e di ogni possibile universo. Gesù è dottore severissimo in etica sessuale. «Chiunque guarda una donna per desiderarla ha già commesso, nel suo cuore, l’adulterio con lei» (Matteo 5, 28). «Se la tua mano è per te occasione di peccato, tagliala e gettala via lontano da te: ti conviene perdere un solo membro del tuo corpo, piuttosto che vedere il corpo intero gettato nella geenna» (ivi, 30). «Chi sposa una donna ripudiata, commette un adulterio» (ivi, 32). «Chiunque ripudia sua moglie – salvo il caso di fornicazione – e ne sposa un’altra, commette un adulterio» (Matteo 19, 9). Gesù stesso è vergine, figlio di una donna vergine e di un uomo vergine. Gesù assegna a moltissimi uomini il destino eterno dell’inferno, come pena giusta e adeguata per tutta una serie di peccati commissivi e omissivi. Mi limito a Matteo. «Geenna» (5, 29). «Geenna» (5, 30). Esclusione dal Regno dei cieli nel Giorno del giudizio (7, 21-23). «Inferno» (11, 22- 24). Imperdonabilità della bestemmia contro lo Spirito Santo (12, 31-32). Condanna escatologica (12, 36-37; 41-42). «Fornace ardente», «pianti e stridori di denti» per i peccatori condannati nell’Ultimo giorno (13, 40-42). «Fornace ardente » (13, 49-50). Retribuzione escatologica secondo la condotta (16, 27). Macina al collo (18, 6). «Fuoco eterno» (18, 8). «Geenna del fuoco» (18, 9). «Fuori, nelle tenebre: là saranno i pianti e gli stridori di denti» (22, 13). «Geenna» (23, 33). Porta chiusa (25, 10-12). «Fuori, nelle tenebre: là saranno i pianti e gli stridori di denti» (25, 30). «Andate lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno» (25, 41). «Pena eterna » (25, 46). Chi ritiene eticamente ingiustificabile una pena retributiva assoluta10 non potrà che desolidarizzarsi, su questo punto essenziale, dall’etica di Gesù.
     
    Lo Spirito Santo del cattolicesimo romano
    È lo Spirito Santo, una delle tre Persone- Dio della Trinità cristiana, che garantisce alla Chiesa cattolica, e segnatamente al papa, la sua peculiare «infallibilità», in ogni caso la sua suprema autorevolezza, etica. Il contrasto tra la visione agostinianacattolica del «peccato originale» ereditario e le concezioni propriamente etiche della colpevolezza personale è un contrasto insanabile. «L’uomo usando male del libero arbitrio peccò e cadde, divenendo così massa perditionis l’intero genere umano. Ma Dio buono e giusto scelse in quella stessa massa perditionis, secondo la sua prescienza, coloro che predestinò per grazia alla eterna vita…; gli altri, quelli che in base al giudizio di giustizia lasciò nella massa perditionis, previde che sarebbero periti, ma non li predestinò a perire; tuttavia, poiché è giusto, predestinò loro la pena eterna» (Concilio di Quersy, 853, sotto san Leone IV, riprendendo la visione agostiniana ribadita per tutta la propria storia dal papato romano)11.

    L’imputazione di un «vero e proprio peccato» meritevole di «morte eterna» a ciascun membro del genere umano a causa di un peccato commesso dal capostipite e trasmesso «per propagationem seminis», attraverso lo sperma maschile; e la commisurazione di una pena senza termine e senza funzione di rieducazione e riconciliazione – l’inferno – ai colpevoli di peccato originale: questo modello di giustizia divina appare inconciliabile con i principi della ragione etica universalmente accettati, appare come un vero e proprio monstrum etico. I papi hanno anche proclamato e ribadito per secoli che fuori della Chiesa romana non c’è salvezza12. Una sola citazione: «La Sacrosanta Chiesa Romana fermamente crede, professa e predica che nessuno di coloro i quali si trovano fuori della Chiesa cattolica, non solo i pagani, ma nemmeno gli ebrei o gli eretici o gli scismatici, possono aver parte alla vita eterna; ma andranno nel fuoco eterno se non si riuniranno ad essa prima della fine della vita; e che il valore dell’unità del corpo ecclesiastico è tale, che solo per i suoi fedeli i sacramenti ecclesiastici giovano alla salvezza, solo per i suoi fedeli i digiuni, le opere di misericordia e gli altri doveri religiosi e gli esercizi della milizia cristiana ottengono i premi eterni. E che nessuno, per quante opere di misericordia compia, anche se sparge il suo sangue per il nome di Cristo, può salvarsi, se non rimane nel grembo e nell’unità della Chiesa cattolica» (Concilio di Firenze, ecumenico XVII, approvato da Eugenio IV, anno 1442).
     

    L’inferno di Dio consuma eternamente tutti i non cattolici. I papi hanno ininterrottamente ribadito, per tutti i secoli del loro insegnamento, che esistono peccati così gravi da meritare, secondo giustizia, la «morte eterna» infernale, il tormento eterno nel «fuoco». Unici al mondo, per quello che ho potuto accertare, hanno dichiarato che l’inferno è eterno, nel senso che è esclusa per sempre, nei dannati, ogni possibilità di pentimento, di progressiva riconciliazione con Dio, di «apocatàstasi». Le pronunce antiche sull’inferno sono innumerevoli. Un testo recente: «Ogni uomo fin dal momento della sua morte... o entrerà immediatamente nella beatitudine del cielo, oppure si dannerà immediatamente per sempre». «Le anime di coloro che muoiono in stato di peccato mortale, dopo la morte discendono immediatamente negli inferi, dove subiscono le pene dell’inferno, “il fuoco eterno”» (Catechismo della Chiesa cattolica, 1992, solennemente promulgato da Giovanni Paolo II, §§ 1022 e 1035). L’inferno di Dio consuma eternamente tutti i peccatori. Meritano l’inferno, come peccati «gravi », anche numerose trasgressioni in ambito devozionale (come violare il precetto festivo) e sessuale.
     
    «In rebus venereis non datur parvitas materiae» (Alessandro VII, 1661): nell’ambito del venereo (degli atti, dei piaceri venerei) non c’è, sotto l’aspetto oggettivo, «venialità», tutto è mortalmente grave13. Nel 1666 Alessandro VII Chigi condanna solennemente coloro secondo i quali sarebbe, se non certa, almeno «probabilis », approvabile, «l’opinione che sia peccato solo veniale il bacio dato (solo) per il piacere carnale e sensibile che nasce dal bacio stesso, escluso il pericolo di escalation e di orgasmo» («secluso periculo consensus ulterioris et pollutionis»). I peccati mortali sessuali nel Catechismo della Chiesa cattolica del 1992 sono almeno tredici, extra- ed endoconiugali: per la lista si vedano i §§ 2352-2357, 2370, 2380, 2384, 2388, 2390, 2387, che comprendono la masturbazione, la convivenza senza matrimonio, il divorzio, la contraccezione, i rapporti omosessuali, il contrarre (e consumare) un secondo matrimonio. Nel 1520 Leone X ha solennemente «condannato, riprovato e del tutto respinto, come contrarie alla verità cattolica» («tanquam... veritati catholicae obviantes, damnamus, reprobamus, atque omnino reicimus»), 41 opinioni di Lutero, tra cui la seguente: «Haereticos comburi est contra voluntatem Spiritus», «È contro la volontà dello Spirito Santo che vengano bruciati vivi gli eretici».
     
    Dunque la verità cattolica è che è conforme alla volontà dello Spirito Santo che vengano bruciati vivi gli eretici. Il rogo di Giordano Bruno e di tutti gli altri non è un incidente di percorso; è conforme alla volontà dello Spirito Santo14. Mentre condannavano all’inferno e qualche volta al rogo i colpevoli in materia di sesso e di eresia, i papi legittimavano, esplicitamente o tacitamente/omissivamente: la tortura giudiziaria; la pena di morte; le guerre di religione; le guerre «giuste» tra Stati, anche cattolici; l’antisemitismo, i pogrom e roghi di ebrei, la loro ghettizzazione o espulsione dai paesi cattolici; le crociate; la colonizzazione violenta di territori pagani; l’intolleranza religiosa; la repressione delle libertà di manifestazione del pensiero, di culto, di stampa; l’autoritarismo nella Chiesa; lo schiavismo; la discriminazione sociale e politica della donna; la macellazione crudele e tutte le altre forme di trattamento degradante degli animali.

    Conclusione
    La mia conclusione, problematica, sarà un interrogativo rivolto alla coscienza del lettore: serve, «Dio», in etica?

    209.85.129.132/search?q=cache:cJ5OHSMYMJcJ:www.centroeinaudi.it/web/bdl/pdf/156lomba.pdf+Un+primo+paragrafo,+pi%C3%B9+pettegolo,+affronter%C3%A0+il+tema,+tipicamente+italiano,+dei+rapporti+fra+etica+%C2%ABlaica%C2%BB+ed+etica+%C2%ABreligiosa&cd=5&hl=it...

    FINE ============================================ Una lezione magistrale,secondo il mio punto di vista. omega [SM=x789062] [SM=x789054]


    [Modificato da kelly70 22/04/2009 18:45]



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    00 21/04/2009 22:19
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    [Modificato da kelly70 21/04/2009 22:19]



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    Re:
    kelly70, 21/04/2009 22.19:

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    Cara Kelly,hai fatto bene a ritirarlo sù, perchè a volte ci scordiamo quanto sia radicata e vissuta nel nostro essere la laicità!!!! [SM=p1420229] [SM=p1420229] [SM=p1420229] [SM=g8902] [SM=g8902] [SM=g8902]



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    Re: Saggio del prof. Luigi Lombardi Vallauri
    =omegabible=, 01/02/2008 18.59:

    Con questo breve saggio, che ne riprende e riassume altri, più estesi, precedenti, mi propongo di mostrare che «Dio» e i suoi portavoce umani



    Gia' qui mi si e' spenta la luce, figuriamoci a leggere il resto.

    Secondo il famoso mai dimostrato luogo comune la Bibbia sarebbe Parola di Dio.

    Ma chi l' ha detto? Chi l' ha stabilito?
    Da dove viene questa certezza?

    TUTTI i "portavoce di Dio" sono autoreferenziati, Cristo compreso.
    L' hanno detto loro e soltanto loro, di rappresentare Dio.

    A quei tempi era possibile.

    Anche al giorno d' oggi ogni tanto ne salta fuori qualcuno.

    Ma subiscono ben altra sorte.

    Ciao
    Claudio





    “Non esiste delitto, inganno, trucco, imbroglio e vizio che non vivano della loro segretezza. Portate alla luce del giorno questi segreti, descriveteli, rendeteli ridicoli agli occhi di tutti e prima o poi la pubblica opinione li getterà via. La sola divulgazione di per sè non è forse sufficiente, ma è l'unico mezzo senza il quale falliscono tutti gli altri”.
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    Cardinale
    00 25/04/2009 02:04

    Anche al giorno d' oggi ogni tanto ne salta fuori qualcuno.

    Ma subiscono ben altra sorte.



    Mica tutti... tu pensa solo ai TdG e a tutti gli equivalenti posteriori! [SM=x789055]