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L’11 febbraio 1929 Benito Mussolini e il cardinale Gasparri firmavano i Patti lateranensi e il Concordato, vicenda carica di equivoci per lo Stato italiano ma ancor più per la chiesa cattolica. I due protagonisti di questa pagina di storia italiana potevano fino a pochi anni fa sembrare lontani nel tempo, anzi fuori del tempo, ma ci sono diventati da pochi anni contemporanei, li vediamo infatti tutti i giorni sui nostri schermi televisivi, se non esatta riproduzione, copie molto convincenti.
Il Mussolini di allora, ce ne rendiamo conto ora, fu il primo ateo devoto della storia italiana, prototipo profetico di quelli che sono oggi sulla scena politica; improvvisamente rinsavito dopo essere stato per decenni anticlericale mangiapreti.I suoi cloni si sono moltiplicati a dismisura in uomini politici nostrani (meglio sarebbe dire “uomini della politica”, “uomo politico” è un altro tipo di personaggio) che ci assediano. Il loro programma è chiaro: credere in nulla, tanto meno in Dio e Gesù Cristo, ma utilizzare la religione come grimaldello per aprire le coscienze e le cassaforti. Paffuti, vuoti e retorici come il loro prototipo del ‘29, riempiono i loro discorsi di valori, identità nazionale, anima del popolo, libertà come allora Lui lo faceva con l’Impero, il Mare Nostrum, e milioni di baionette.
E sull’altro versante? Speculare al cardinale degli anni 30, pacioso e sorridente, stanno quelli di oggi, alcuni sono copie conformi, altri più ascetici dai profili affilati (il tipo Pio V), paiono fatti di altra stoffa, ma sono cresciuti anche quelli nelle stesse stanze vaticane, a guadare dalla finestra il mondo di oggi avendo in mente l’immagine di un altro mondo, che non c’è più.
Perché le radici della nostra identità possono essere cristiane, e lo sono, ma i concordati non traggono vita da quelle radici ma da altre, dalla mancanza di fiducia in Dio, dalla carenza di Spirito santo, dal timore di essere piccoli, muti, sprovveduti come fu il Signore, dall’illusione che si possa utilizzare il potere per servire la causa di Gesù Cristo. Nell’Europa cristiana i concordati non sono il grano ma la zizzania.

Di fronte allo smarrimento attuale delle coscienze (ed hanno ragione i vescovi nel denunciare la mancanza di ideali, i compromessi, la rassegnazione al peggio che regna nel nostro paese) la soluzione non è la restaurazione di una società cristiana sotto il segno concordatario ma una testimonianza semplice e umile del Vangelo.
Tragico è il fatto che nessuno ci pensi e lo dica né credenti né laici tutti in qualche misura senza reazione in questa atmosfera di incenso; inquietante è il fatto che a dirlo sia la signorina Littizzetto nel suo show settimanale. Per chi non l’avesse udita si è rivolta l’altra sera al presidente Marini, impegnato nelle audizioni dei politici, all’incirca in questi termini: “Perché non affidare l’incarico di presidente del consiglio al papa tanto lo fa già”.Battuta feroce degna dei giornali anticlericali dell’Ottocento, che oggi però non lascia neppure un segno, inghiottita come un sasso nel fango di uno stagno, un minuscolo cerchietto sulla poltiglia poi nulla; anche “l’eminenza”, a cui la Littizzetto rivolge le sue rispettose ma pungenti battute, dice infatti che è simpatica!

La balena bianca, la vera è quella Vaticana. L’altra, la DC di Fanfani e Moro era un balenottero da quattro soldi, quella inghiotte tutto. Il fatto però è che non sembra digerire nulla perché continua ad avere sullo stomaco Lutero, l’Illuminismo, la laicità, lo Stato, la Scienza e ultimo il Relativismo. Proprio per digerire tutto questo, e nel caso specifico lo Stato italiano indigesto di Cavour-Sella-Giolitti, si pensò oltre Tevere di accogliere come soluzione la compressa effervescente del Concordato offerta da quel primo ateo devoto nostrano.

Molto più abili, è vero, furono quelli della nuova generazione quando nel 1984 (forse nell’ottica del Vaticano II) pensarono di “aggiornare” la trovata mussoliniana. In questo caso la Chiesa compiva il doloroso sacrificio di rinunciare ad essere (come stabiliva lo Statuto di Carlo Alberto) la religione dello Stato ma apriva la stagione di quello che un giornalista attento ha definito recentemente il “progetto neoguelfo”, quello che vediamo deliberasi sotto i nostri occhi: una struttura pubblica che organizza la società secondo i valori della fede cristiana.
Quello che però ci colpisce, come credenti evangelici, che cercano di essere discepoli di Gesù Cristo, non è tanto la crisi dello Stato, la sua dimissione di fronte al clericalismo invadente ma l’eresia che si annida nel Concordato. Se l’operazione del ‘29 è stata infausta per l’Italia civile è stata tragica per la chiesa cristiana in questo paese.

Si possono raccogliere folle nel Circo del Vaticano (non si giudichi questa battuta irriverente, nella Roma imperiale qui stava infatti il Circo Massimo, dove, secondo la leggenda, fu martirizzato Pietro) si possono beatificare schiere di credenti, ricevere l’omaggio degli ambasciatori di tutti i sovrani, fisici e istituzionali del pianeta resterà sempre quel cappio al collo di un compromesso stipulato con il potere. Ma si ha così uno strumento efficace per influenzare la società in senso evangelico per mantenere una coscienza cristiana in un mondo che è sempre più lontano da Cristo anche se è sempre più religioso.
Tutto vero ma quella è la chiesa che ha voluto Costantino quando creava l’Impero cristiano, quello che i papi del Medio Evo hanno poi trasformato in impero papale. E quel mondo non c’è più e lo sa anche papa Benedetto, se è vero che è un grande intellettuale, e anche non lo fosse queste cose si studiano in seminario per l’esame di storia.

Quello che nella sua lingua madre si chiama l’Aufklaerung, e noi chiamiamo l’Illuminismo, non è un un’influenza passeggera. È la fine del sistema concordatario fra Papa e Imperatore. Quella che egli si sforza di salvaguardare con i suoi nunzi in giro per il mondo è una costruzione culturale fuori della realtà, è un fossile storico.
Non solo, è un tradimento del vangelo, quel progetto è esattamente il contrario di quello che voleva e vuole Gesù; quello di cui egli ha raccontato la storia in quel suo libretto che gli italiani hanno acquistato perché scritto dal papa senza però aver mai letto il Vangelo di Gesù.

La porta del concordato è larga e la sua strada spaziosa dai finanziamenti alle agevolazioni (li conosciamo bene senza doverli enumerare) vi si possono fare cortei e processioni ma nostro Signore ha detto che mena alla rovina. Forse la rovina non verrà, quella materiale, storica e l’ipotesi concordataria risulterà vincente anche nel XXI secolo ma c’è un’altra parola del Vangelo forse più radicale e tagliente che si addice agli uomini dei palazzi vaticani, agli eredi del cardinal Gasparri: “Che giova ad un uomo se dopo aver guadagnato tutto il mondo poi perde l’anima sua?” (Matteo 16:26). L’11 febbraio 1929 la chiesa ha forse guadagnato spazi, leggi, denaro (lo si dimentica ma non era poco!), forse l’Italia viene da chiedersi se non abbia perso una parte dell’anima sua.

Fonte: Chiesa Evangelica Valdese

www.chiesavaldese.org/pages/archivi/index_commenti.php?id=664



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