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Celestino V, un papa scomodo

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    Madre Badessa
    00 12/05/2008 22:38


    Pietro Angeleri, eremita del monte Morrone, venne eletto papa nel conclave di Perugia del 1294, dopo due anni di contese tra i cardinali legati alle potenti famiglie romane. Nello stesso anno, dopo appena cinque mesi di pontificato, Pietro Angeleri, risultò indisponente e indisponibile verso ogni forma di corruzione, (troppo presente in Vaticano), lasciò quindi il Pontificato per tornare alla vita eremitica sul monte Morrone. Fu una scelta dettata dall'incompatibilità tra Celestino V e il Vaticano, la riprova di questo stà anche nello spostamento della sede papale dal Vaticano in Roma, a L'Aquila, nella Basilica di Collemaggio (foto a destra), fatta costruire da papa Celestino V, l'opera probabilmente fu finanziata dall'Ordine dei cavalieri templari.

    La vera missione, di cui si sentiva investito Celestino V, era fornire ai fedeli, il supporto della fede, in Dio e nell'uomo, per ridare loro la speranza di una vita migliore senza violenze e ingiustizie. Pietro Angeleri credeva nell'amore verso il prossimo e verso il creato, per questo mise in pratica il messaggio di povertà e di rinuncia predicato da Gesù Cristo. Celestino V, visse realmente la vita di Cristo, perseguiva la stessa rivoluzione spirituale, bramava la stessa voglia di giustizia sociale, rincorreva le stesse utopie, per una vita più spirituale e meno materiale, quindi si aspettava il suo stesso martirio. In quel periodo, il divario tra la ricca nobiltà e il popolo di poveri era sempre più ampio e i contrasti ed il malcontento nascevano e morivano nel silenzio delle campagne o tra le montagne, quelle montagne da cui l’eremita Pietro dal Morrone trasse la forza ed il coraggio per contrastare il Vaticano. Celestino V adoperò l’arma migliore, il “perdono”.

    Nel suo breve ma intenso pontificato Celestino V fece l’atto più giusto e più amorevole che un papa potesse produrre in quegli anni cosi duri e difficili, la “Bolla Celestiniana”. La bolla consentiva il perdono di tutti i peccati, rendendo il perdono accessibile a tutti, ricchi o poveri senza condizioni, tranne quella della confessione. Tutto questo, papa Celestino V, lo concesse sette secoli fa. In quell'epoca il perdono dei peccati non era gratuito, il Vaticano lo concedeva in cambio di certi servizi, come le crociate in Terra Santa e la crociata contro i Catari, altre volte l'indulgenza veniva data per denaro, che poi il Vaticano utilizzava per costruire le chiese o finanziare le molte esigenze del Clero. La grande preoccupazione di Bonifacio VIII, era che Celestino V, veniva considerato dal popolo un uomo Santo, e che avrebbe ridato alla Chiesa una veste spirituale. Celestino V, contrapponendosi al Vaticano, avrebbe potuto produrre uno scisma, con serie ripercussioni sul sistema Vaticano-potere assoluto. L'epilogo della vita di Celestino V, si consumò in una piccola cella, della Rocca di Fumone, dove era tenuto prigioniero da papa Bonifacio VIII, morì nella fede in Dio e nell'uomo.

    Tornando a Celestino V, cito le testuali parole di Mons. Filippo Murri: "L'abdicazione di Celestino V al pontificato fu per tanti occasione delle più strane e sciocche interpretazioni, nonchè di affermare l'invalidità dell'elezione al Pontificato di Bonifacio VIII, quasi questi l'avesse costretto a tale atto. In tale pericoloso frangente il nuovo pontefice per evitare uno scompiglio e uno scisma nella Chiesa, vedendo che da tutte le parti si facevano visite al Santo nella Grotta del Morrone, pregò il re di Napoli di mandarglielo a Roma.

    Ma Pietro Celestino, saputo questo, si diede alla fuga imbarcandosi sul mare Adriatico; però un evento contrario gli impedì di proseguire il suo viaggio e lo costrinse ad approdare a Vieste (Foggia). Di qui fu condotto dal papa che allora si trovava ad Anagni. Nel tempo che fu nel palazzo del Pontefice, Celestino V, trattò spesso con lui, indi si ritirò nel castello di Fumone (Frosinone), come volle Bonifacio VIII. Quivi passò il restante della sua vita con due monaci, che gli tenevano compagnia. Morì il 19 maggio 1296, il fosco quadro trasmessoci di una prigionia crudele e disumana fu semplicemente invenzione dei nemici di Bonifacio VIII".
    (Tratto dal Bollettino Arcidiocesi dell'Aquila S. Pietro Celestino V, Vademecum per un Centenario 1994 pag.11)

    Comunque crudele o no, sempre di prigionia si trattò e vorrei anche aggiungere, che il voler cambiare le carte dopo averle giocate e trasformare quindi a proprio favore, certi eventi storici scomodi è tipico del Vaticano, infatti è stata adottata questa modalità, in moltissime altre situazioni, per lo più risalenti al medioevo. Sull'entrata della Rocca di Fumone, possimo vedere la targa, in ricordo della croce votiva, deposta dal papa Paolo VI, nel 1966, in memoria della prigionia e della morte di Celestino V.


    ignotaveritas.blogspot.com/2007_10_01_archive.html



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    Hard Rain
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    00 18/07/2008 15:42
    La cella in cui fu detenuto Pietro da Morrone era orribile ed è visitabile ancora oggi: altro che dolce prigionia. Vi sono non pochi sospetti sulla morte del povero frate ex-Papa, alcuni sostengono che sia stato assassinato, il cranio, quando la salma fu riesumata, presentava un foro che può testimoniare la morte violenta. Bonifacio VIII? Come si fa a descriverlo positivamente? Quel Pontefice fece radere al suolo la città di Palestrina nel 1299, commentando con le seguenti parole: "Perché non vi resti nulla, nemmeno la qualifica o il nome di città". Pochi anni dopo la sua morte la stessa Chiesa dichiarò santo Celestino V, un caso rarissimo nella storia dei Papi.
    [Modificato da Hard Rain 18/07/2008 15:44]



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