"Ucciditeli tutti. Dio riconoscerà i suoi"
Una discussione sull'eresia catara e quale fu la loro fine, potrebbe sembrare oziosa manfrina fra eruditi. Il punto è che la confusione è tanta, l'ignoranza, almeno in questo caso, scontata e la manipolazione ideologica sconcertante.
Vittorio Messori pubblica questo articolo sul Corriere della Sera del 31 gennaio, proponendo la fondazione di una Lega anticalunnia in difesa dei Cattolici e asserendo che il presunto massacro di Béziers (1209), culmine cruento della crociata cattolica contro gli Albigesi (Catari), sarebbe in realtà un mito, frutto di in una sconcertante falsificazione storica mirante a screditare nei secoli dei secoli la Chiesa Cattolica e i suoi esponenti.
Su Repubblica di ieri gli risponde, con dovizia di argomenti, Francesco Zambon, professore di Filologia Romanza a Trento e autore, fra l'altro, de La cena segreta. Trattati e rituali catari. (Adelphi). Nella sostanza Zambon accusa Messori di aver congegnato ai danni degli incolpevoli Catari una vera campagna di mistificazione e deformazione storica, molto vicina ad un bieco negazionismo.
La risposta di Zambon si articola sui seguenti punti:
La setta catara non è affatto "cupa e sanguinaria" come la definisce Messori ma, com'è noto anche da numerose fonti cattoliche contemporanea, rigidamente non violenta.
I cattolici locali non erano affatto esaperati da una supposta persecuzione càtara, al punto che la città di Béziers fu attaccata proprio perché i suoi abitanti, "fedeli alla propria autonomia municipale e ai propri principi di tolleranza", come scrive Zambon, rifiutarono di consegnare i circa duecento eretici presenti nella lista stilata dal Vescovo
Messori nega l'autenticità della frase attribuita al legato pontificio Arnaldo Amalrico "Ucciditeli tutti. Dio riconoscerà i suoi" sulla base di una cospicua alterazione della data di composizione dell'opera di Cesario di Heisterbach, dove la frase è riportata per la prima volta. Al contario di quanto scrive Messori, l'opera non risale a sessant'anni dopo i fatti, quando Cesario era morto almeno da trent'anni, ma al massimo ad una decina di anni dopo il massacro (fra il 1219 e il 1223).
Allo stato attuale delle ricerche, inoltre, la frase è ritenuta sufficientemente attendibile dagli studiosi anche perché corroborata da numerose fonti contemporanee, primo fra tutti lo stesso Arnaldo che scrive al Papa (vol 216, Patrologia Latina): "La città di Bézier fu presa e poiché i nostri non guardarono né a dignità, né a sesso, né ad età, quasi ventimila uomini morirono di spada. Fatta così una grandissima strage di uomini, la città fu saccheggiata e bruciata: in questo modo la colpì il mirabile castigo divino".
Arnaldo non attribuisce la responsabilità della strage alla crudeltà dei Ribaldi ma ne rivendica orgogliosamente la paternità ("I nostri") e la definisce "mirabile castigo divino", sebbene si sia trattato di un indiscriminato massacro di cattolici, eretici, uomini e donne, vecchi e bambini.
Zambon ha ragione. E' intollerabile quest' uso distorto della Storia, grottescamente manicheo, per giustificare le proprie deformazioni ideologiche. Bisogna comunque chiedersi quale ne sia la ragione. Evidentemente si tratta di un gesto reattivo alle operazioni fantastoriche di gran presa sul grande pubblico stile "Il Codice da VInci" e tutto il baraccone mediatico che il fortunato romanzo di Dan Brown si è trascinato dietro.
Rispondere a menzogna con menzogna, tuttavia, non è granché etico. Non è detto, comunque, che non sia producente. Un tizio qualsisasi apre il Corriere, nota un nome abbastanza noto come quello di Messori, ne legge la fantasiosa ricostruzione e, non essendo presumibilmente un esperto di eresie medievali né avendo mai sentito parlare di Béziers e affini, prende tutto per buono e si sente comunque confermato nell'ipotesi di un malvagio complotto anticattolico di torva matrice laicista ("Vade Retro, Satana!"). Con buona pace dei poveri Catari (e dei molti Cattolici che avevano voluto difenderli) massacrati a Béziers.
La verità è che la Crociata degli Albigesi è stata una vera prova tecnica di totalitarismo (ecco qui un'argomentazione in proposito). La Storia della Chiesa ha molte luci ma altrettante ombre. E comunque, come scrive Zambon nella chiusa del suo articolo la Chiesa non ha devvero bisogno "di questa nuova e goffa forma di negazionismo per difendere i propri valori e i propri principi".
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“Non esiste delitto, inganno, trucco, imbroglio e vizio che non vivano della loro segretezza. Portate alla luce del giorno questi segreti, descriveteli, rendeteli ridicoli agli occhi di tutti e prima o poi la pubblica opinione li getterà via. La sola divulgazione di per sè non è forse sufficiente, ma è l'unico mezzo senza il quale falliscono tutti gli altri”.
Joseph Pulitzer (1847-1911), Fondatore Premio Pulitzer