APOCALISSE Controinformazione su Chiesa e Cattolicesimo

Non c’è liberalismo senza Dio

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    00 23/11/2008 17:14
    Il saggio di Marcello Pera con un testo del Papa. «Il cristianesimo, chance dell’Europa»

    «La mia posizione è quella del laico e liberale che si rivolge al cristianesimo per chiedergli le ragioni della speranza», di una «speranza» possibile per la nostra società, per la politica, per il mondo delle istituzioni, ed in particolare per la vecchia Europa, «la terra più scristianizzata dell'Occidente e se ne fa un vanto». Dove vivere come se nessun Dio esistesse «non sta dando i frutti promessi». Europa che al cristianesimo deve ritornare «se vuole davvero unificarsi in qualcosa che assomigli ad una nazione, una comunità morale». Nel suo nuovo libro (Mondadori), Marcello Pera si mette sulle orme di Kant, (che nella Critica della ragion pratica affermava: «La speranza comincia soltanto con la religione»), e di Benedetto Croce («Non possiamo non dirci cristiani»). Ma ancora di più segue la lezione «scientifica» dell'empirismo inglese di Locke (che scrisse La ragionevolezza del cristianesimo), dei Padri fondatori della nazione americana e di Tocqueville. E proprio a partire dallo studio dei problemi drammatici di ordine morale, politico, religioso posti dalla convivenza umana contemporanea (da quelli bioetici a quelli dell'integrazione) giunge a spingersi più in là: dal «non possiamo non dirci» al «dobbiamo dirci cristiani».

    I cambiamenti dell'ultimo scorcio del XX secolo richiedono, secondo Pera, per logica interna, questo ulteriore sviluppo, rispetto ai tempi in cui la società era ancora per larga parte permeata dal cristianesimo e dal suo spirito religioso. Perciò arriva a sostenere, dimostrandolo, che «alzare la bandiera cristiana» è l'unica occasione affinché non solo l'Occidente, ma anche ogni singolo essere umano (il liberalismo è per sua natura non etnocentrico, ma universalista) possa ancora avere una prospettiva positiva, una chance. «Non si tratta — annota Pera — di conversioni o illuminazioni o ravvedimenti». Sono queste «tutte cose importanti, delicate e rispettabili ma che attengono alla sfera della coscienza personale». «Si tratta di coltivare una fede (altra espressione appropriata non c'è) in valori e principi che caratterizzano la nostra civiltà, e di riaffermare i capisaldi di una tradizione della quale siamo figli». E ancora: «I grandi Padri del liberalismo classico, questo problema lo avevano chiaro (...). Oggi che è diventato anticristiano, il liberalismo è senza fondamenti e le sue libertà sono appese nel vuoto». Si potrebbe dire che le «equazioni laiche» di Pera — ordinario di Filosofia della scienza a Pisa, studioso di Karl Popper, già coautore insieme all'allora cardinale Ratzinger del bestseller Senza radici — a livello della «ragion pratica» o della phronesis aristotelica, fanno il paio con quello che sul piano della metafisica è il teorema di Gödel, che dimostra matematicamente la necessità dell'esistenza di Dio.

    Da una parte: «Dio esiste necessariamente, come volevasi dimostrare ». Dall'altra: «Per ciò e per concludere, dobbiamo dirci cristiani». Pera scrive: «Liberalismo e cristianesimo sono congeneri. Togliete al primo la fede del secondo, e anch'esso scomparirà». Il liberale è «cristiano per cultura». Per lui il «dono di Dio» è solo «un patrimonio di virtù, costumi, civiltà: la nostra». Differente dal «cristiano per fede» in Gesù Cristo, personalmente incontrato, seguito, amato. Ma essere solo «cristiano per cultura», giunti ormai alla fine del primo decennio del XXI secolo, non basta nemmeno più, secondo Pera: «Colui che si limita o si sente limitato, a sentirsi cristiano per cultura» non deve negarsi alla possibilità anche di credere in Cristo. «È necessario che la ricchezza dell'esperienza umana non sia amputata della presenza nella nostra vita del senso del divino, del sacro, del mistero, dell'infinito». Naturalmente questo è «un appello, motivato e drammatico, non ancora (se mai lo sarà) una soluzione teoreticamente già disponibile». Sono ragionamenti che hanno delle conseguenze «politiche» che faranno molto discutere. Pera, ad esempio, confuta quelli che negli ultimi anni sono diventati dei veri e propri tabù del dibattito pubblico italiano e internazionale. E cioè che possa esistere il cosiddetto «dialogo interreligioso». In questo, lo stesso Benedetto XVI, nella lettera che introduce al volume (un evento eccezionale, se non unico) e che qui pubblichiamo integralmente, gli dà apertamente ragione. Si deve piuttosto parlare di «dialogo tra culture ».

    Allo stesso modo Pera dimostra la contraddittorietà intrinseca del concetto di «multiculturalità». Affinché quello che la ragione riconosce come necessario possa accadere nella vita di ciascuno e nella storia di nazioni e popoli, ci vuole una decisione. «Alla fine, sta a noi scegliere. (...) La scelta cristiana, di darsi a Dio (credente in Cristo, ndr) o di agire velut si Christus daretur (cristiano per cultura, ndr) ha prodotto i migliori risultati. Quella scelta ha grandi vantaggi, anche nel campo dell'etica pubblica. (...) Non separeremo la moralità dalla verità, non confonderemo l'autonomia morale con la libera scelta individuale, non tratteremo gli individui, nascenti o morenti, come cose, non acconsentiremo a tutti i desideri di trasformarsi in diritti, non confineremo la ragione nei soli limiti della scienza, non ci sentiremo più soli in una società di estranei o più oppressi in uno Stato che si appropria di noi perché noi non sappiamo più orientarci da soli». Ma una simile decisione, nessuno può nasconderselo, può essere generata solo dall'incontro con un fatto che susciti una fiducia e un'attesa. Di Ratzinger, «Papa della speranza cristiana», Pera scrive: «Posso solo dire che, nonostante tutte le mie sollecitazioni interiori, questo lavoro non ci sarebbe stato se Benedetto XVI non avesse scritto e parlato e non testimoniasse ciò di cui scrive e parla». Un fatto, insomma, che mantenga «aperta» la ragione a quella possibilità che tutto (il relativismo, l'aggressività del fondamentalismo religioso, la reificazione dell'uomo) «invoca » come necessaria. Solo la speranza, di cui scrive Paolo nella Lettera agli Ebrei, colma lo iato tra la condizione percepita dalla ragione come necessaria e la realtà. È per questo che Charles Péguy, nel Portico del Mistero della seconda virtù, fa dire a Dio: «La fede che più amo è la speranza».

    Maria Antonietta Calabrò
    23 novembre 2008

    www.corriere.it/cultura/08_novembre_23/calabro_liberismo_senza_dio_3fa7be04-b940-11dd-bb2c-00144f02aa...



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    00 23/11/2008 17:19
    Il dialogo tra le religioni non è possibile. La fede non si può mettere tra parentesi

    Benedetto XVI a Pera: liberalismo è cristiano, dialogo tra religioni “non è possibile”

    Benedetto XVI scrive al senatore Marcello Pera una lettera per congratularsi del suo ultimo libro, Perché dobbiamo dirci cristiani, pubblicata sul “Corriere”. A parte le consuete affermazioni apodittiche e gli elogi sperticati del papa, è interessante notare come i teocon nostrani vogliano far passare il concetto che il liberalismo sia indissolubilmente legato al cristianesimo e che scindendo questo legame perderebbe il suo fondamento. Inoltre, il papa riafferma la sua critica al multiculturalismo in nome di un’impostazione integralmente cristiana della politica e dell’Europa, confermando che “un dialogo interreligioso nel senso stretto della parola non è possibile senza mettere fra parentesi la propria fede”, mentre è necessario al limite “un dialogo interculturale” che permetta in sostanza l’alleanza delle varie religioni, in modo da dare centralità ad esse.

    www.uaar.it/news/2008/11/23/benedetto-xvi-pera-liberalismo-cristiano-dialogo-tra-religioni-non-po...


    Caro Senatore Pera, in questi giorni ho potuto leggere il Suo nuovo libro Perché dobbiamo dirci cristiani. Era per me una lettura affascinante. Con una conoscenza stupenda delle fonti e con una logica cogente Ella analizza l’essenza del liberalismo a partire dai suoi fondamenti, mostrando che all’essenza del liberalismo appartiene il suo radicamento nell’immagine cristiana di Dio: la sua relazione con Dio di cui l’uomo è immagine e da cui abbiamo ricevuto il dono della libertà. Con una logica inconfutabile Ella fa vedere che il liberalismo perde la sua base e distrugge se stesso se abbandona questo suo fondamento. Non meno impressionato sono stato dalla Sua analisi della libertà e dall’analisi della multiculturalità in cui Ella mostra la contraddittorietà interna di questo concetto e quindi la sua impossibilità politica e culturale. Di importanza fondamentale è la Sua analisi di ciò che possono essere l’Europa e una Costituzione europea in cui l’Europa non si trasformi in una realtà cosmopolita, ma trovi, a partire dal suo fondamento cristiano-liberale, la sua propria identità. Particolarmente significativa è per me anche la Sua analisi dei concetti di dialogo interreligioso e interculturale.

    Ella spiega con grande chiarezza che un dialogo interreligioso nel senso stretto della parola non è possibile, mentre urge tanto più il dialogo interculturale che approfondisce le conseguenze culturali della decisione religiosa di fondo. Mentre su quest’ultima un vero dialogo non è possibile senza mettere fra parentesi la propria fede, occorre affrontare nel confronto pubblico le conseguenze culturali delle decisioni religiose di fondo. Qui il dialogo e una mutua correzione e un arricchimento vicendevole sono possibili e necessari. Del contributo circa il significato di tutto questo per la crisi contemporanea dell’etica trovo importante ciò che Ella dice sulla parabola dell’etica liberale. Ella mostra che il liberalismo, senza cessare di essere liberalismo ma, al contrario, per essere fedele a se stesso, può collegarsi con una dottrina del bene, in particolare quella cristiana che gli è congenere, offrendo così veramente un contributo al superamento della crisi. Con la sua sobria razionalità, la sua ampia informazione filosofica e la forza della sua argomentazione, il presente libro è, a mio parere, di fondamentale importanza in quest’ora dell’Europa e del mondo. Spero che trovi larga accoglienza e aiuti a dare al dibattito politico, al di là dei problemi urgenti, quella profondità senza la quale non possiamo superare la sfida del nostro momento storico. Grato per la Sua opera Le auguro di cuore la benedizione di Dio.

    Benedetto XVI
    23 novembre 2008


    www.corriere.it/cultura/08_novembre_23/lettera_papa_benedetto_f01cee2c-b93f-11dd-bb2c-00144f02aa...



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    Padre Guardiano
    00 23/11/2008 19:05
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    Anche il [SM=j1474747] si è fatto una ...pera !!!!! [SM=x789049] [SM=x789049] [SM=x789049] [SM=x789049] [SM=x789049] [SM=x789049] [SM=g1420248] [SM=x789052] [SM=x789052] [SM=x789052]


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    Querdenker evangelico anticonvenzionale del 1° secolo. "Maiori forsan cum timore sententiam in me fertis quam ego accipiam!" g.b.--In nece renascor integer ./Satis sunt mihi pauci,satis est unus,satis est nullus. Seneca-Ep.VII,11


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