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GLI APOSTATI E LE NAZIONI ISLAMICHE
Published on 19/01/10 at 01:07:51 GMT by pvmantel

di Andrew G. Bostom
traduzione di Paolo Mantellini
originale: www.americanthinker.com/2009/09/apostasy_and_the_islamic_na...

La Dichiarazione del Cairo del 1990, la così detta “Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo nell’Islàm”, fu elaborata e successivamente ratificata da tutti gli stati musulmani membri dell’Organizzazione della Conferenza Islamica (OIC). Attualmente un blocco di 57 Stati che include ogni nazione islamica, l’OIC, attualmente diretta dal Turco Ekmeleddin Ihsanoglu, rappresenta l’intera Umma islamica (o comunità globale di tutti i musulmani), ed è il più grande blocco di voti delle Nazioni Unite (UN).
Sia la premessa che gli articoli conclusivi (24 e 25) evidenziano che la Dichiarazione del Cairo dell’OIC è disegnata per sostituire la concezione occidentale dei diritti dell’uomo come enunciati, ad esempio, nella Dichiarazione dei Diritti (US Bill of Rights) degli USA, e nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo delle Nazioni Unite del 1948.

L’apertura della premessa della Dichiarazione del Cairo ripete un comandamento Coranico che afferma la supremazia dell’islàm, (Corano 3:110; “Voi siete la migliore comunità che sia stata suscitata tra gli uomini … e credete in Allah”), e afferma:


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"Riaffermando il ruolo civilizzatore e storico della ummah islamica che Dio fece quale migliore nazione..."
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La premessa continua:


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"Credendo che i diritti fondamentali e le libertà fondamentali nell'islam sono parte integrante della religione islamica e che nessuno in via di principio ha diritto di sospenderli in tutto o in parte o di violarli o di ignorarli poiché essi sono comandamenti divini vincolanti, che sono contenuti nel Libro della rivelazione di Dio e furono inviati attraverso l'ultimo dei suoi Profeti a completare i precedenti messaggi divini facendo pertanto della loro osservanza un atto di adorazione e della loro negligenza o violazione un abominevole peccato, e conseguentemente ogni persona è individualmente responsabile - e la ummah collettivamente responsabile - della loro salvaguardia."
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Nei due articoli conclusivi (24 e 25), la Dichiarazione del Cairo afferma, [articolo 24],

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"Tutti i diritti e le libertà enunciate nelle presente Dichiarazione sono soggette alla sharì'a islamica"
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; e [articolo 25]

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"La sharI'a islamica è la sola fonte di riferimento per l'interpretazione di qualsiasi articolo della presente Dichiarazione."
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Tali affermazioni riflettono la perenne influenza della shari’a, la legge religiosa islamica. La Dichiarazione del Cairo infatti presume una supremazia basata sulla “rivelazione divina”, che rende sacra e immutabile la nozione della disuguaglianza tra la comunità di Allah e gl’infedeli. Possiamo quindi chiaramente vedere la differenza tra la Dichiarazione del Cairo, che sancisce le enormi disuguaglianze insite nella shari’a con i diritti umani inclusi nei suoi corrispettivi occidentali (la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo delle Nazioni Unite del 1948; la US Bill of Rights), che non si riferiscono ad alcuna specifica religione né alla superiorità di alcun gruppo sopra ad un altro, ma sottolineano l’assoluta uguaglianza di tutti gli esseri umani.
La garanzia che non possa mai essere promulgata una legge che interferisca con la religione “o che proibisca il suo libero esercizio” è proclamata dal Primo Emendamento della US Bill of Rights. Se manca la libertà di pensiero, o di coscienza, tutti gli altri diritti, come il diritto alla libertà di parola sono svuotati di ogni significato. Il Giudice della Corte Suprema degli USA, Benjamin Cardozo, nella causa Palko v. Connecticut (1937), arguì elegantemente che:


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“La libertà di pensiero... è la matrice, la condizione indispensabile, di quasi ogni altra forma di libertà. Con solo qualche rara aberrazione, un diffuso riconoscimento di questa verità può essere rintracciato nella nostra storia, sia politica che legale."
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Il principio di libertà di coscienza è anche sostenuto dall’articolo 18 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo delle Nazioni Unite del 1948 che sottolinea esplicitamente il diritto fondamentale di poter cambiare la propria religione,


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“Ognuno ha il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e religione; tale diritto include la libertà di cambiare la propria religione o la propria fede, e la libertà, sia da solo che in gruppo con altri, sia in pubblico che in privato, di manifestare la propria religione o fede nell’insegnamento, nella pratica, nel culto e nell’osservanza.”
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Le implicazioni molto negative della Dichiarazione del Cairo dell’OIC, basata sulla shari’a, appaiono evidenti nel suo chiaro rifiuto della libertà di coscienza contenuto nell’articolo 10, che afferma:


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"L'islam è una religione intrinsecamente connaturata all'essere umano. È proibito esercitare qualsiasi forma di violenza sull'uomo o di sfruttare la sua povertà o ignoranza al fine di convertirlo a un'altra religione o all'ateismo."
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Sciaguratamente, gli articoli 19 e 22, ripetono un principio già affermato altrove nel documento, che si applica chiaramente alla “punizione” dei così detti “apostati” dall’islàm:


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"[19d] Non c'è crimine o punizione al di fuori di quanto previsto dalla shart'a."
"[22a] Ognuno ha il diritto di esprimere liberamente la propria opinione in un modo che non contravvenga ai principi della sharì’a.
[22b] Ognuno ha il diritto di sostenere ciò che è giusto e propagandare ciò che è buono e mettere in guardia contro ciò che è sbagliato e malvagio in conformità con le norme della shari’a.
[22c] L'informazione è una necessità vitale per la società. Essa non può essere sfruttata o distorta in modo tale da violare la sanità e la dignità dei Profeti, minare i valori morali ed etici o disintegrare, corrompere o inquinare la società o indebolirne la fede."
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La pena di morte per gli apostati dell’islàm è saldamente radicata nei testi fondamentali dell’islàm – sia il Corano (versetti come 2:217 e 4:89 e la loro classica esegesi di rinomati commentatori del Corano come Qurtubi, Baydawi, Ibn Kathir, e Suyuti) che gli ahadith (cioé, le raccolte dei presunti detti e fatti di Maometto, il profeta dell’islàm, complilati da musulmani devoti) che la legge sacra islamica (la shari’a). Per esempio, si sostiene che Maometto abbia detto “Uccidete chi cambia la sua religione” nelle raccolte di ahadith sia di Bukhari che di Abu Dawud. C’è anche completo accordo tra le quattro Scuole di Giurisprudenza islamica (cioè, Maliki, Hanbali, Hanafi, e Shafi’i), come pure tra i giuristi Shi’iti, che gli apostati dall’islàm devono essere condannati a morte. Averroè (1126-1198), il noto filosofo e studioso di scienze naturali, che fu anche un importante giurista Malikita, redasse questa classica opinione legale [fatwa, N.d.T.] sulla pena per l’apostasia:


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“Un apostata…deve essere giustiziato, in base a ciò su cui si è concordato, nel caso sia un uomo, perché il Profeta disse ‘Uccidete coloro che cambiano il loro din [la loro religione]’…Invitare l’apostata a pentirsi fu una richiesta stabilita come condizione … precedente la sua esecuzione”.
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La moderna Accademia di Ricerche Islamiche dell’Università Al-Azhar del Cairo, nel 1991, approvò un manuale di Legislazione Islamica, 'Umdat al-Salik (pp. 595-96) che afferma:


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“Abbandonare l’islàm è la forma di miscredenza (kufr) più turpe e disgustosa … Quando una persona, che abbia raggiunto la pubertà e sia sana di mente, abiura, merita di essere uccisa. In questo caso, è obbligatorio … chiedergli di pentirsi e ritornare all’islàm. Se lo fa, il suo pentimento viene accettato, ma se rifiuta, deve essere immediatamente ucciso”.
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Questa legittimità dottrinale e storica dell’uccisione degli apostati dall’islàm, convalidata dalla shari’a, è anche confermata da Heffening nella sua erudita revisione della classica ed autorevole opera di consultazione accademica, l’Enciclopedia dell’islàm:


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“Nel Fiqh (Giurisprudenza islamica) , c’è unanimità che l’apostata maschio sia messo a morte … D’altra parte, una donna è imprigionata … fino a quando non ritorni all’islàm, ..[o] anche lei viene messa a morte”. [Heffening, W. "Murtadd." Encyclopaedia of Islam, Seconda Edizione. Edita da: P. Bearman, Th. Bianquis, C.E. Bosworth, E. van Donzel e W.P. Heinrichs.]
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Come è stato osservato dallo storico David Littman, all’inizio del 1999, Adama Dieng, un autorevole giurista musulmano Senegalese, segnalò la grande pericolosità della Dichiarazione del Cairo. Dieng, parlando nel Febbraio 1992 alla Commissione per i Diritti dell’Uomo, a nome della Commissione Internazionale dei Giuristi e della Federazione Internazionale dei Diritti dell’Uomo con sede a Parigi, condannò la Dichiarazione del Cairo, che, sotto l’influenza della shari’a, riduce deliberatamente alcune fondamentali libertà e alcuni fondamentali diritti – in particolare la libertà di coscienza. Sostenne anche che la Dichiarazione del Cairo aveva introdotto “in nome della difesa dei diritti umani”, una discriminazione inaccettabile nei confronti dei non-musulmani e delle donne, mentre sancisce la legittimità di pratiche atroci – le pene conformi alla shari’a (dalle punizioni fisiche alle mutilazioni e alla lapidazione) – “che colpiscono l’integrità e la dignità dell’essere umano”.
I dati dell’indagine del Pew, pubblicati proprio il 13 Agosto scorso (2009), riflettono con chiarezza, la profondità e la prevalenza nelle masse popolari islamiche, del sostegno popolare di queste convinzioni atroci – approvate dalla loro leadership teologico-politica nell’OIC – e antitetiche alle nostre fondamentali libertà occidentali. In particolare i risultati del Pew rivelano che tra i musulmani Pakistani, c’è


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“…un ampio supporto per le punizioni violente: il 78% è favorevole alla pena di morte per [gli apostati] coloro che lasciano l’islàm; l’80% è favorevole alla flagellazione e all’amputazione delle mani per crimini come il furto e la rapina; e l’83% è favorevole alla lapidazione per gli adulteri”.
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Questi dati drammatici ci forniscono un chiaro e inoppugnabile quadro generale per considerazioni razionali ed obiettive sull’attuale drammatica situazione degli apostati dall’islàm come la diciassettenne Rifqa Bary.

E per coloro che, nel governo, nelle forze dell’ordine, e nella classe di opinionisti ciancianti, volontariamente ignorano questa situazione: vergogna!


Fonte: lisistrata.net


Molto chiarificante,secondo me.... [SM=x789069]

omega [SM=x789056]







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Querdenker evangelico anticonvenzionale del 1° secolo. "Maiori forsan cum timore sententiam in me fertis quam ego accipiam!" g.b.--In nece renascor integer ./Satis sunt mihi pauci,satis est unus,satis est nullus. Seneca-Ep.VII,11


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