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Storia incredibile, ma purtroppo vera

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    Jon Konneri
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    Vescovo
    00 16/07/2010 12:13
    www.fattisentire.org/modules.php?name=News&file=article&...

    «Mia figlia rapita dalla giustizia».
    Disegnò un fantasma e suo papà finì in galera
    Angela Lucanto è stata portata via ai genitori nel 1995, quando aveva 7 anni, e tenuta nascosta per un decennio. Il padre era stato accusato di pedofilia incestuosa ma era innocente. Eppure per quasi 3 anni è rimasto in carcere. E dopo la sua assoluzione la piccola è stata data lo stesso in adozione. Ora è uscito il libro 'Rapita dalla giustizia', in cui questa storia incredibile è raccontata in prima persona dalla stessa Angela…



    Raffaella Lucanto, mamma di Angela, mi guarda fisso e mi porge carta e penna. «Mi disegni un fantasma». La penna sul foglio sale, poi arrivata in alto si incurva e scende sinuosa come un lenzuolo...
    «Basta così. Lei per questo è già in galera». Non esagera: così è iniziata la tragedia che per suo marito Salvatore ha significato 2 anni e mezzo di carcere da innocente, e per la figlia Angela una reclusione ancora più dolorosa, durata dieci anni. Un rapimento vero e proprio, eseguito non da una banda criminale ma da quella che chiamiamo 'giustizia'.
    Che cosa è successo quel 24 novembre 1995?
    Angela, che aveva 7 anni, era a scuola, serena come sempre. Entrarono in classe due carabinieri e un’assistente sociale e la prelevarono. A noi non dissero nulla: il pomeriggio andai a prenderla al pullmino e non c’era. Immagini la nostra angoscia, ma soprattutto la paura della bambina, non sapeva perché l’avessero portata in un posto con le sbarre, dove passavano notti e giorni e di mamma e papà non otteneva notizie. Le dicevano che il papà le aveva fatto brutte cose e che solo se lei lo avesse ammesso sarebbe tornata a casa. Ma quelle brutte cose non erano mai avvenute e Angela, che ha sempre avuto un carattere di ferro, non si piegava. Finché una delle zelanti psicologhe che collaboravano con il pm con il compito di 'far parlare' la bambina non le chiese di disegnare un fantasmino e lei lo fece proprio così... Fu interpretato come simbolo fallico e mio marito il 26 gennaio alle 5 del mattino fu trascinato a San Vittore. Non capivamo cosa stesse accadendo, eravamo certi che in poche ore l’equivoco si sarebbe chiarito, invece restò in cella due anni e mezzo.
    Ma come nacque questa follia?
    Una cuginetta di 14 anni, molto disturbata (poi finì in un ospedale psichiatrico ed è tuttora in cura) aveva accusato il proprio fratello di molestie. Poi man mano aveva allargato la cerchia, tirando dentro i suoi stessi genitori, due fratelli, mio marito, altri parenti e persino uno zio di mio marito che non aveva mai visto e che viveva in America... ma secondo i suoi racconti tutti i fine settimana era in Italia e partecipava alle orge. Non ce l’ho con lei, era malata, il guaio invece è che un pm le ha creduto.
    Chi era questo pubblico ministero?
    Pietro Forno. Non lo avevo mai sentito nominare prima, ora so che è molto noto per il cosiddetto 'metodo Forno': si interrogano i bambini, li si sottopone a psicologi e assistenti sociali, li si toglie alle famiglie anche senza prove, e tocca al presunto colpevole riuscire a dimostrare la propria innocenza. La posizione di mio marito si aggravò quando la cuginetta di colpo si inventò che oltre a lei violentava pure Angela. Infine il disegno del fantasma divenne la 'prova schiacciante' e Salvatore fu condannato a 13 anni.
    Ma in secondo grado e poi in Cassazione la sua completa innocenza fu ovviamente riconosciuta: tante scuse, ci siamo sbagliati...
    Fu assolto, sì, ma senza scuse. Ancora aspetto che il pm Forno venga a chiedere perdono per aver distrutto la nostra famiglia, soprattutto la vita di Angela. Dal giorno in cui fu prelevata a scuola non l’abbiamo più vista per dieci anni. Immagini l’inferno di due genitori e pensi a cosa avrà vissuto quella bambina, prima sbattuta al Caf, il Centro di Affido familiare, poi, dopo che io mi incatenai al di fuori perché me la restituissero, trasferita a sirene spiegate e di nascosto al Kinderheim di Genova, da dove tentò persino di evadere, infine data in adozione a una famiglia di Varese. Tenga conto che di tutto questo noi eravamo tenuti all’oscuro: di Angela dalla mattina del 24 novembre 1995 non abbiamo saputo più nulla per un intero decennio.
    Qual è stato il momento più atroce?
    Non il giorno del rapimento da scuola, ma quando, nonostante mio marito fosse stato assolto, la pratica di adozione è andata avanti. Per la giustizia lui era innocente, ma la stessa giustizia continuava a nascondere Angela e poi la dava addirittura a nuovi genitori! Un ingranaggio, infernale, assurdo, che non sai come fermare.
    Oggi Angela è con voi. Com’è avvenuto l’incontro?
    Non avevamo mai smesso di cercarla. In casa non spostavamo nulla, i suoi vestitini da bambina, i suoi giocattoli, tutto era lì ad aspettarla. Nell’estate del 2005 scoprimmo da un documento che la famiglia adottiva la portava al mare ad Alassio, così per settimane io e mio marito abbiamo battuto le spiagge. Chissà com’è diventata, ci chiedevamo, ma appena Salvatore l’ha vista l’ha riconosciuta. Che fatica non correrle incontro.
    Così siete riusciti a risalire alla famiglia adottiva.
    Ma per mesi abbiamo taciuto, andavamo a guardarcela di nascosto fuori da scuola... Il momento più incredibile è stato quando suo fratello Francesco le ha rivolto la parola per la prima volta: temevamo non ci volesse più, invece ci aspettava da sempre. Appena entrata in casa è andata dritta a cercare le sue cose... Angela aveva 17 anni ed era adottata, le era vietato incontrarci e i magistrati le hanno fatto la guerra, ma appena ne ha compiuti 18 è tornata da noi.
    Una felicità difficile da immaginare.
    La vita di tutti e quattro è ripresa in quel momento, prima c’è una bolla di dolore. Adesso ci resta ancora la fatica di adottarla: per i giudici non è più nostra figlia, ha un altro cognome... E sì che dovrebbero pensarci loro, come risarcimento, invece dobbiamo affrontare tanta burocrazia... Ma non è questa la cosa più paradossale: per il rapimento ci hanno mandato il conto, 60 milioni di lire solo per il primo anno. Il riscatto no, non lo pagheremo!
    Avvenire, 10 luglio 2010
    IL LIBRO
    Una storia incredibile
    Terribilmente bello. Terribilmente perché ciò che racconta è accaduto davvero. Bello perché sconvolge, indigna, fa sapere che nella nostra Italia, civile e moderna, queste cose succedono. 'Rapita dalla giustizia' è un libro imperdibile. Raccontato in prima persona dalla stessa Angela grazie alla penna di due giornalisti come Caterina Guarnieri e Maurizio Tortorella (ed. Rizzoli), non fa sconti a niente e a nessuno. Inizia già nel cuore della vicenda: 'Mentre la gazzella dei carabinieri correva veloce per strade di Milano a me sconosciute, l’angoscia mi montava nel cuore...'. I singhiozzi di bambina repressi e il naso che cola, Angela non capisce chi l’abbia presa e perché. Solo poco prima era seduta sui banchi della seconda elementare 'Salvo D’Acquisto' di Masate, fuori Milano. Il libro prosegue incalzante lungo gli anni, sempre più incredibile eppure vero. La bambina, che tutt’al più sarebbe eventualmente una vittima di adulti pedofili, in realtà è trattata come fosse la colpevole, sottoposta alle umiliazioni di chi le ripete che non vedrà mai più i suoi genitori.
    Colpisce la forza quasi sovrumana di questa bimba, che non cede ai ricatti, che non accusa il padre di colpe non sue pur di essere liberata, che per tutto quel tempo ha continuato a struggersi dietro i ricordi, soprattutto quello di una testa di ricci color rame, i capelli di sua madre. Manca il fiato, al lettore, quando dopo tanti anni Angela e i genitori si guarderanno di nuovo in faccia e piangeranno insieme: è il 14 maggio 2006, dall’ultima volta sono passati quasi 11 anni. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato lo Stato italiano a risarcire la famiglia per l’interruzione forzata dei rapporti «protrattasi anche dopo l’assoluzione» del padre. Giusto, ma quale cifra ripaga di tanto?
    Avvenire, 10 luglio 2010



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    Discendiamo all'inferno fin che siamo vivi (cioè riflettendo su questa terribile realtà) - diceva Sant'Agostino - per non precipitarvi dopo la morte".
    nell'aldilà

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    Claudio Cava
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    Papa
    00 16/07/2010 21:00



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    “Non esiste delitto, inganno, trucco, imbroglio e vizio che non vivano della loro segretezza. Portate alla luce del giorno questi segreti, descriveteli, rendeteli ridicoli agli occhi di tutti e prima o poi la pubblica opinione li getterà via. La sola divulgazione di per sè non è forse sufficiente, ma è l'unico mezzo senza il quale falliscono tutti gli altri”.
    Joseph Pulitzer (1847-1911), Fondatore Premio Pulitzer