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Mio Dio come sono ateo!

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    kelly70
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    Madre Badessa
    00 19/09/2010 23:15
    La posizione teista non merita lo stesso rispetto di quella ateista giacché si fonda sull’inganno all’Umanità

    AteismoSiamo tutti atei, in effetti: la “presenza” di un dio in noi non è oggettiva ma soggettiva, siamo noi che pensiamo alla sua esistenza rinunciando alla verifica: è quella sicumera che si chiama “fede”. Per cui, la differenza tra l’ essere di qualche religione o di nessuna dipende dal nostro senso di realtà. Da piccoli, per ovvi motivi, distinguere gli argomenti concreti da quelli vaghi non è facile e spesso è impossibile. Ed è a quell’ età che compare per la prima volta il mondo ultra terreno; è un mondo affascinante, pieno di magie e di esseri fantastici, proprio quello che ci vuole per dissetare la fantasia scatenata di un bambino. Ed ecco Babbo Natale coi suoi doni che si materializzano dal nulla; oppure la Befana, più inquietante ma ugualmente dotata della forte attrattiva dell’ « insolito ».

     Qualcuno di noi ha sperimentato anche l’ Orco, che in sud Italia diventa il Mammone, figura malefica non definita pronta a ghermire i bambini disobbedienti: mai vista, eppure dalla concretezza così certa che solo la sua evocazione ci faceva impaurire e tremare (oggi si direbbe pedofilo, con grave sostituzione del fascino con la fobìa). E alla fine ecco il Pantheon religioso che, in un’Italia cattolica, diventa lo sciorinare sequele lunghissime di santi, schiere di angeli e beati altrettanto nullafacenti ma indiscutibili (una per tutte, l’angelo custode da opporre al diavoletto tentatore) e, ovviamente, le figure cardine del cristianesimo: Gesù, la Madonna, in tono minore san Giuseppe, e il Big One Dio.

    Anche questi abitanti del mondo ultra terreno sono tutt' altro che visibili e concreti; ma la loro fisicità viene costruita metodicamente attraverso almeno tre strutture, tutte con la funzione basilare di trasformare l’immaginario in reale: l’autorità, la catechesi, le regole. Attraverso il “principio di autorità” il genitore, ma anche il maestro, il prete, la televisione, fa da garante a se stesso e a quello che dice o fa; tutto diventa più vero e più saggio solo perché lo dice una figura autoritaria che, rispetto al bambino, è sempre “migliore” e “indiscutibile”. Per catechesi non s’intendere soltanto l’insegnamento coatto che si svolge fra le mura di una parrocchia in previsione della Prima Comunione; catechesi è tutto ciò che trasforma un’opinione religiosa in verità allo scopo di imporla alla “vittima”. Quindi: abitudini, comportamenti (farsi la croce, seguire i riti, assecondare le ricorrenze), pensiero magico (credere che l’esistenza sia governata da forze magiche/sacre) e imposizione di dogmi: asserzioni aprioristiche che è vietato confutare. Infine, le regole: un glossario teoricamente infinito di indicazioni su come comportarsi, che è il prodotto di accumulo di esperienze, ma altrettanto spesso è il pretesto per governare chi si presume non sappia governarsi da sé. Difatti, la regola è sempre l’emanazione di un’autorità “superiore” in quanto potente; dietro la regola c’è sempre qualcuno o qualcosa che ne giustifica la necessità: dai Codici di legge a Dio.
    In tal senso, le regole sono indubbiamente utili a chi non sa o non vuole ragionare, vale a dire i non-autonomi, giacché si sostituisce allo sforzo di analizzare e risolvere l’evento; con la regola, tutto diventa più semplice, basta solo applicare pedissequamente l’indicazione regolante. Il bambino prima, e l’adulto non autonomo poi, non sa cosa fare a un incrocio stradale e ha bisogno del semaforo. E troverà istantaneamente chi glielo istallerà. Similmente, non sapendo (per ignoranza o apatia) spiegarsi le caratteristiche dell’universo e della realtà, egli trova più semplice e immediato adottare delle regole che sostituiscano l’analisi in modo semplicistico ma immensamente più immediato. Invece di studiare e capire argomenti astrusi come la fisica quantistica e la Teoria della probabilità, qualunque prete o pio genitore diventa in grado di darci risposte comprensibili e secche anche se razionalmente fragili. E allora, l’universo non è il prodotto di meccanismi fisici complicati ma solo il prodotto della volontà di un dio; l’esistenza umana non è il risultato dell’adattamento evoluzionistico ma la parentela di due progenitori creati da quel dio; le stesse regole, soprattutto quelle attinenti la moralità e l’etica, non sono legate ai capricci della storia e della cultura dominante, ma sono l’emanazione assolutistica della divina volontà. Ovviamente, è molto più grave contravvenire alla volontà di un dio che non a quella di un essere umano; per cui è convenuto saldare le due derivazioni e dare al popolo bisognoso varie “Tavole della legge”: prima quelle del Mosé, e via via molte altre sotto le mentite spoglie di Codici, di Regolamenti, di Leggi dello stato. 

           

    In un siffatto scenario, si capisce benissimo quale sia la “pericolosità” del razionalismo e dell’ateismo in particolare. Emergendo dalle nebbie appiccicose delle credenze e delle scaramanzie surreali dell’infanzia, l’ateo razionalista “caccia la testa fuori” ed evolve, si affranca da quei catenacci fino ad accorgersi di quanto invece è terso il cielo della conoscenza e del realismo. E’ un’infanzia cronologica e culturale quella da cui egli deve evolvere. I mostri, le fate e le magie vanno bene a soddisfare le curiosità quando non si sa far di meglio; ma quando si comprende che per sapere non c’è bisogno di inventare bensì di studiare e di erodere le credenze con la sapienza, allora possiamo esser certi di stare uscendo dall’infanzia per entrare nella maturità.

    Non è certo un caso se la chiesa cattolica ha sempre bocciato e osteggiato il sapere, cercando di sostituirlo con la rivelazione: una pattuglia di selezionatissimi uomini si è proposta e imposta come depositaria della volontà divina; i profeti, i sacerdoti e il papa hanno egemonizzato il supposto bisogno del divino incaricandosi di mediarlo. Ma non certo gratis ! Anzi, procedendo per truffe culturali e invenzioni storiche, hanno costruito il regno dei cieli coi riconoscibili pezzi del regno degl’uomini. Ed ecco che il dio ha assunto la funzione di giudice in grado di emettere sentenze. Ma una differenza proporzionale doveva pur mantenersi, e allora le sue sentenze sono eterne e feroci, la galera umana diventa l’inferno ultramondano, la pena finita in terra diventa eterna in cielo. E’ un dio stranamente simile all’uomo e, come lui, schizofrenico: ora umorale e vendicativo nel Vecchio Testamento, or’altra compassionevole e perdonista nei Vangeli. Il suo modo di ragionare è come quello di un padre-padrone culturalmente e mentalmente arretrato, che capisce solo le banali dinamiche del sistema premio-punizione. La sua vita e il suo mondo sembrano la vita e il mondo di un’umanità piuttosto grezza, amplificati ed esasperati: di qua la polizia di là gli angeli, di qua i tribunali di là il giudizio monocratico, di qua cittadini onesti e delinquenti di là santi e diavoli, di qua uffici e impiegati di là gironi e comparti in cui vivono e lavorano le mille e riconoscibilissime proiezioni celesti di noi stessi e dei nostri limiti.

    Non si può non essere atei. Non si tratta di scegliere un’idea al posto di un’altra, giacché l’idea religiosa sull’esistenza di un mondo divino non ha, e non può avere, la medesima dignità della filosofia atea. La posizione teista non merita lo stesso rispetto di quella ateista giacché si fonda sull’inganno all’Umanità. La posizione teista persegue e prosegue ottusamente nella sua immaginaria verità, e ciò causa danni non più quantificabili alla evoluzione e al bene degl’Uomini. Cosicché rispettarla equivarrebbe a rendersi complice di una vessazione contro l’umanità.

    L’assunto dell’esistenza di Dio è il nocciolo della questione da cui possiamo far derivare tutto il resto; e per resto intendo il meccanismo della credenza, la burocratizzazione a mezzo Chiesa e tutto l’indotto storico e favolistico dei vari personaggi che arricchiscono il teatrino religioso. Essere ateo non significa solo non credere in Dio, sarebbe banale e riduttivo. Essere ateo non significa neppure essere mancante di qualcosa (la “a” deprivativa lo suggerisce depistando) rispetto a chi quel qualcosa ce l’ha. Essere ateo è il punto di arrivo di una ricerca profonda e meticolosa, anzi forse neppure un punto di arrivo ma senz’altro una stazione importante giunti alla quale l’universo e l’esistenza, svuotatisi dell’ingombro divino, riassumono l’enorme significato naturale e sostanziale che hanno sempre rivendicato. Dio non si può sostituire ai meccanismi, quelli sì affascinanti, dell’esistenza di tutte le cose; e man mano che la scienza ci spiega questi meccanismi, l’irrazionalità religiosa non può far altro che arretrare; e con essa tutto l’incredibile castello di fantasmi che l’ha resa così diffusa e “rispettabile”. Ma non c’è neppure il bisogno di aspettare che questa ricerca sia conclusa (magari con la prova inconfutabile della non esistenza di una divinità) per dichiararsi ateo; Dio non è altro che un’invenzione della fantasia che soddisfa con metodi illusori una vaga e primitiva necessità di tipo psicologico. Decaduta questa fragile necessità, si diventa atei automaticamente. Più presto usciamo dalla “fanciullezza” più presto entriamo nella dimensione matura dell’esistenza. Crescendo, rinunciamo a Babbo Natale e nessuno si scandalizza; perché rinunciare a un dio dovrebbe essere diverso? Dio è un’idea di cui possiamo fare senz’altro a meno; e se non ce ne siamo accorti significa che qualcuno s’è preso la briga di condizionarci per bene. E semplice: Dio non c’è. Crederci senza vederlo, senza sentirlo, senza registrarne gli effetti su una qualsiasi delle mille faccende umane e naturali, significa scegliere consapevolmente di rinunciare a pensare.

    La morale, il bene, la felicità non provengono certo da un dio! Sono prerogative esistenziali tanto traballanti e insicure che nessun dio avrebbe potuto concepirle e regalarcele così. Un dio che dà alle proprio creazioni la possibilità di scegliere fra bene e male non compie un atto di amore ma ammette la propria miopia e la propria citrullaggine. Nessun padre, amorevole o meno che fosse, farebbe così coi propri bambini, li lascerebbe in balìa di se stessi perché “li ama” e perché tale immenso amore gli impone di concedere loro il libero arbitrio. I bambini (e non c’è più bambino di un’umanità di fronte al suo onnipotente padre) hanno viceversa bisogno di guida, di assistenza, di insegnamenti, di qualcuno che si sostituisca alla loro naturale e incolpevole impotenza. Perché Dio, che è saggio per definizione, queste cose non le sa?

    Un dio, se ci fosse, sarebbe presente e garante di tutta l’esistenza. Invece, il dio che mi hanno ammannito s’è “offeso” al momento della cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso e ha giurato di non farsi vedere mai più dalle sue creazioni. Ma quale dio più ottusamente irascibile poteva partorire la fantasia degli apologeti! E com’è visibilmente sciocco questo tentativo di congegnare una spiegazione pur di non far crollare tutto il castello. Sciocco e offensivo del nostro intelletto e del nostro diritto a conoscere la verità.

    http://www.calogeromartorana.it/come_sono_ateo.htm


     

    [Modificato da kelly70 01/02/2011 22:44]



    La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno.
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    00 01/02/2011 22:45
    Ripropongo questo articolo in versione integrale per la vostra riflessione.

    Kelly



    La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno.
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    Blumare369
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    00 02/02/2011 21:45
    Non è come la penso io... è proprio identico. Io -da ignorante- scrivo malamente le stesse cose.

    Io sono felice che dio non esista, perché se esistesse sarebbe il più criminale, invasato, incosciente, bugiardo, insensibile dei padri. E dire che l'uomo può uccidere perché è suo discernimeto è di una crudeltà inimmaginabile, perché sacrifica la vittima per consentire all'assassino di scegliere di sopprimerala (pensate alla cattiveria di dio che, se esistesse, non avrebbe fatto nessun sforzo -anche il semplice- per far cambiare idea ai dittatori di tutti i tempi. Questo assassino di dio avrebbe permesso lo stermionio di popoli sono per dare ai dittatori la possibilità di scegliere fra il bene e il male...

    Ma se per una assurda ipotesi dio esistesse e esistesse quindi anche il demonio, io pregherei il demonio di salvarmi da dio.
    [Modificato da Blumare369 02/02/2011 21:48]



    ______________________________________________________

    Generalità: Giordano Bruno

    Sono eretico, ironico e autoironico, ateo, dissacrante, cinico, odioso. Inutile cercare in me qualcosa di apprezzabile. Meglio evitarmi.
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    kelly70
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    Madre Badessa
    00 02/02/2011 21:50
    Già...e i credenti non hanno nemmeno il coraggio di leggerle, queste cose.



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    Max Cava
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    Antipapa
    00 02/02/2011 22:10

    dio avrebbe permesso lo stermionio di popoli sono per dare ai dittatori la possibilità di scegliere fra il bene e il male...



    E non solo,

    é talmente amorevole che se codesti benefattori, arrivati alla fine, si sono sinceramente pentiti ... le porte del regno dei cieli si sono aperte anche per loro e adesso se la spassano con tutti i santi del paradiso. [SM=g2407713]

    [SM=g27825]


    [SM=g2407711]



    Le religioni? Un'abbagliante strada a senso unico. (Max Cava)

    " Permettetemi di emettere e gestire la moneta di una nazione,
    e non mi importerà di chi ne fa le leggi" (Mayer Anselm Rothschild)