Pensiero religioso e scientifico
La mente umana nasce curiosa. La curiosità viene poi uccisa dalla mortificazione del plagio e della prevaricazione dell’autorità. Abbiamo avanzato l’ipotesi che la paura e la curiosità stiano alla base dello sviluppo del pensiero e che la sola differenza fra la religione e la scienza, ambedue figlie del pensiero e nipoti della curiosità, sta nel fatto che la paura ed il suo sfruttamento, uniti, producono la religione; la curiosità senza paura, se vista in una prospettiva contemporanea e laica, produce la scienza, conoscenza, cioè, senza verità cui prestar cieca fede, credenze e dogmi vari cui aderire acriticamente. Poiché tuttavia, in situazioni di minori conoscenze, non si poteva prescindere dalla paura, il pensiero religioso in tali situazioni va assimilato a quello scientifico, e ciò appare chiaro fin dai presocratici. Il loro pensiero di ricerca prescientifica è, per lo più (salvo alcune eccezioni, già che siamo in tempi recenti e si hanno già segni di illuminismo), religioso. I presocratici, con i profeti, gli evangelisti ed i santi dell’antico e del nuovo testamento, lavorano anche per affermare cosmogonie, androgonie, miti e risposte con caratteri dogmatici più che scientifici, ovvero confondendo e mescolando le due categorie. Occorre arrivare al 1600 d.C. perché con Copernico, Galileo, Harvey, e poi Darwin e tanti altri, le cosmogonie e le androgonie, le domande e le risposte assumano caratteri più propriamente scientifici, in senso laico, e lentamente si faccia strada un approccio conoscitivo più indipendente da dogmi religiosi e pregiudizi.
Ciò non è avvenuto senza reazioni, che hanno prodotto martiri e dolorose offensive contro i trasgressori, delle varie chiese: siamo ancora lontani da una vera ed effettiva indipendenza dal potere e dalle culture religiose.
Il trasformarsi del pensiero è visibile anche nelle varie iconografie. Come si è già detto, prima si mistifica rappresentando la divinità nella bestia; poi, per renderla più astratta e terribile, la si trasforma in una composizione fantasiosa di pezzi di bestia, molto spesso caricaturali.
Tali composizioni durano fino ad oggi e si riconoscono nelle rappresentazioni degli angeli, donna - uomo - uccello, o dei demoni, per lo più uomo-capra ed anche pipistrello. Anche Lucifero, angelo ribelle, è rappresentato in una figura che deriva da quella di demoni sotterranei precedenti e ricordiamo che le caverne che gli antichi hanno abitato erano a volte anche abitate da grossi pipistrelli, vampiri sotterranei ed assetati di sangue; infatti le ali dei demoni sono quelle dei pipistrelli.
Pare logico lo sviluppo di certe osservazioni-conclusioni primitive. I pipistrelli collegano le caverne, il sottosuolo, con la superficie terrestre ed il cielo; sono abitanti ed anche messaggeri degli inferi. Gli uccelli collegano la terra con i cieli. I pesci, i serpenti, i rettili ed i draghi collegano la terra ed i suoi sotterranei con l’acqua e gli abissi marini.
Logico era il desiderio dell’umano di trasformarsi o di immedesimarsi in questi esseri capaci di volare, nuotare e correre: tutte abilità che si aggrappavano al desiderio di immortalità ed onnipotenza. E la fede ‘cieca’ nei dogmi, nei miti, nelle storie, è dimostrata da un infinità di esempi.
Uno dei più divertenti si trova nei moltissimi scritti, litigi e nelle speculazioni che fan parte del famoso dibattito sul sesso degli angeli, senza che mai venisse posta la domanda se gli angeli esistessero…
Il periodo di transizione fra le figure di bestie composte, draghi, chimere, leoni alati e la figura umana, vede comporsi pezzi di animali e pezzi di umani. Teste di uccello e corpi umani o corpi di uccello con teste umane. Teste e corpi umani ed ali di uccello, quindi esapodi, avendo sei estremità (cosa che differenzia angeli e demoni dalle arpie!)
I fauni con barbe, corna e gambe di capra (come i diavoli); i centauri, le sfingi, le sirene, Poseidone, donna, uomo, pesce, sono il passaggio per arrivare a...dio creò l’uomo a sua immagine e somiglianza. Zeus ed Atena furono dagli uomini creati a loro immagine e somiglianza.
Le bestie erano già passate di moda! Solo in parte, comunque: fino al tardo gotico infatti, e per tutto il medioevo e oltre, vediamo i decori delle chiese riempirsi di raffigurazioni e mostri di tutti i tipi, a testimoniare la permanenza di superstizioni ed immagini antiche ancora vivide fra i primitivi e superstiziosi contemporanei, ignoranti di storia.
E’ incredibile come per continuare a credere non si ‘notino’ prove così evidenti. Infatti queste rappresentazioni oggi vengono intese come opere d’arte, e non trasmettono più il loro significato e la provenienza di quel significato, e ciò non succede solo nelle società occidentali. Gli antichi credevano nelle loro superstizioni, noi crediamo nelle nostre. Ma per noi, gli antichi sono primitivi, ignoranti e superstiziosi, come anche lo sono i contemporanei ‘altri’. Noi invece no!
A questo proposito ci domandiamo che differenza esiste fra una divinità rappresentata da una bestia o una bestia composta (bestia-bestia o bestia-umano) e una rappresentata con figura umana, come nel caso del dio giudeo-cristiano, ma anche di molti dèi dell’Olimpo greco ed altri.
Il passaggio dalle rappresentazioni primitive a quelle contemporanee (altrettanto primitive), ove la divinità si umanizza, rende questa molto più credibile, perché dalla paura, che rimane, si passa al narcisismo mimetico che rende l’umano più simile al divino, umanizzando il divino. E’ perciò che il Cristo, uomo che fu divinizzato nel mito, è narrato come Dio che si fece Uomo. E’ tutta qui la chiave della mimesi narcisista di certe religioni: creata la divinità, la si umanizza e poi si divinizza l’umanità. Che successo avrebbe avuto la nostra religione se il dio giudeo e suo figlio Gesù fossero rappresentati come Osiride, Visnù, Krisna ed altri simili?
La rappresentazione assume importanza capitale e meglio la si capisce quando la si riconosce per ciò che è: pubblicità.
E’ certo che gli iconografi hanno sempre concretizzato ciò che non c’era, essendo pittura, disegno e scultura mezzi di comunicazione come il nome ed il verbo, linguaggi primi, come già detto. E tanto Cimabue, quanto Michelangelo furono incaricati così come Fidia e tanti altri bravi artigiani, di ‘materializzare’ dèi, semidei, storie e miti. A questi e tanti altri artigiani dobbiamo il fatto che le immagini reificanti sono divenute personaggi e fatti reali e quindi ‘veri’, impressi nel subcosciente e nei quali è impossibile non credere.
Pittura, scultura, disegno, racconto e la mimica, il teatro ed il ballo: tutto ciò è presente nei riti, nelle cerimonie e nella rappresentazione (che appunto vuol dire far vedere una cosa al posto di qualche altra cosa che non c’è) del sacro al fine di materializzare, reificare quel che è soltanto immaginazione, illusione.
Oggi ciò è raggiunto in modo impeccabile dal cinema e dalla televisione. Un film su Mosé ne rende la storia assolutamente reale, come quella di Conan il Barbaro; solo che, mentre questa viene recepita come una narrazione fiabesca, l’altra si intende come narrazione sacra.
Dipende poi dal costume, dalla tradizione culturale di questa o quella società che - condizionando il subcosciente (e il cosciente) collettivo - qui si creda in un ‘figlio di dio’ con certe caratteristiche e là invece in altro.
Per esempio il politeismo precede il monoteismo, che sembra soppiantarlo, ma costante rimane la presenza di miti, superstizioni e credenze: taluni vengono distrutti, altri instaurati o trasformati a seconda delle necessità o delle convenienze; e infatti nelle religioni più moderne si ritrovano contenuti di quelle precedenti.
Il trasformarsi delle conoscenze porta una conseguente trasformazione del pensiero. Per mantenere la fede, dunque, con l’evolversi della scienza occorre trasformare il sacro, inglobando elementi delle religioni precedenti nelle nuove.
Per esempio uno dei dogmi della religione cattolica è quello della transustanziazione nella comunione. Ma la comunione è ed era rito comune fra le religioni animiste, nato per assimilare le caratteristiche (qualità) dell’altro per mezzo del cannibalismo e del vampirismo.
Era credenza animistica che bere il sangue della preda o del nemico, o anche dell’amico, così come mangiarne parti del corpo ne trasferisse forza, energia e caratteristiche. Il cuore dava coraggio, i genitali potenza sessuale e così via.
E’ sintomatico che i religiosi non vogliano che questi confronti vengano messi in evidenza, e che si siano sempre opposti (succede tuttora) allo studio della storia comparata delle religioni ed alla comunicazione con altre confessioni.
La loro forza è fondata sull’egemonia che deriva dal controllo che vuole essere totale nell’educazione, non solo dai pulpiti e nella scuola, ma anche nell’editoria, nello spettacolo, nella stampa, nella radio, nel cinema, nella televisione; anche nei momenti ludici, di sfogo, interviene al fine di occupare, distrarre e plagiare ulteriormente, dando al popolo ignorante e profano spettacoli di gladiatori, di calcio ed illusioni di speranze: il paradiso, il Lotto e le operette, basta che siano anche cose ben redditizie per chi le gestisce.
In forme più o meno cruente tale controllo è simile a quello dei paesi a dittature tiranniche (oggi o nel passato, come fra i Sumeri, gli Egizi ed altri, quando re ed imperatori erano anche dèi o maghi). Quasi sempre, anzi sempre, l’autorità politica al potere si accorda con l’autorità religiosa, per cui questa ha accesso autoritario nella politica che a sua volta trae vantaggio dal potere autoritario della Chiesa - come in Italia col Concordato - oppure, alla maniera di tempi più antichi, addirittura governa direttamente, come fa un Ayatollah nell’Iran dei giorni nostri.
Il simbolo divinizzato viene ancora oggi diffuso ovunque, sia che si tratti di crocefissi (in Italia, non troppo tempo fa, ogni luogo pubblico e non solo aveva al centro il crocefisso, ai lati i ritratti del duce da una parte e del re dall’altra! Ora rimane solo il crocefisso) oppure, altrove, dei ritratti di Lenin, Hitler, Mao e di tanti altri: pontefici, santi ed ayatollah.
Potenza delle immagini, potere della divinizzazione e... divinizzazione del Potere.
Oggi si sono aggiunte le presenze in televisione, mezzo formidabile di reificazione e pubblicità.
La paura ci ha reso schiavi.
Fin dai tempi più arcaici, si è costruito il concetto della potenza cui appellarsi e che intimidisce, soggioga. La potenza uccide, ma anche salva. Su questi presupposti si sono basate le religioni, anche le più recenti. Gli intermediari sono gli stregoni, gli sciamani, i maghi, i demiurghi ed i sacerdoti, coloro cioè che in questi ‘intrallazzi’ di paure, punizioni e salvataggi, dirigono una redditizia orchestra. Basta notare quanto successo abbiano i vari cartomanti, astrologi o chiromanti per capire quanto maggior potere sia amministrato dalle religioni più strutturate, dal Vaticano o da una qualsiasi istituzione anche di altre religioni, soprattutto quando queste sfruttino ambienti estremamente poveri.
Un milione di sudditi con un tributo di un euro rende assai più di un singolo con un tributo di cinquanta euro.
Che le religioni non siano rivelazioni, ma costruzioni fatte da questi intermediari pseudo-scienziati, prototiranni crudelissimi un tempo, ora più prudenti, è reso evidente dal susseguirsi di risposte sempre identiche a domande che nel tempo si trasformavano.
Il pneuma, l’anima, lo spirito vitale è una delle basi e degli inizi del pensiero pseudoscientifico e religioso come l’interpretazione degli astri e di altri fenomeni.
Come si sa il sangue è legato al respiro e quindi alla vita. Si sanguina, si perde il sangue, si smette di respirare, di vivere. E’ questo il pensiero più primitivo, il ‘preanimismo’. Da qui si sviluppano le concezioni successive: l’animismo si afferma perché tutto è esposto all’aria e questa porta l’anima in tutte le cose. E’ così che il sacro si universalizza. Si passa dal fenomeno singolo all’universale e si aggiungono ai fenomeni materiali quelli spirituali.
Si inventa lo ‘spirituale’, e si umilia il ‘materiale’. Solo molto più tardi si opera la distinzione fra regno animale, vegetale e minerale, fra l’organico e l’inorganico.
Ma in un primo momento, tutti quelli che respirano sono animati e quindi animali (anche ora è così)... Potremmo usare i neologismi: “ventati” e “ventali”, ove il vento ha assunto significato sacro e di legame col sacro.
E il vento tocca le piante, i minerali, tutte le cose che comunque sono esposte al vento, e così estende l’anima a tutte le cose. Nel tempo l’anima viene persa da pietre, piante ed insetti e ritorna ad essere un bene virtuale soltanto umano. Ma non per tutti. Ancora oggi, nel mondo, esistono circa 11.500.000 animisti distribuiti su vaste superfici, oltre il polo artico, fra Alaska e Groenlandia, dal centro Russia alla Siberia, da Bali all’Australia e fra il Centro ed il sud delle Americhe;1.150 000.000 Islamici, 1.000.000.000 Cattolici e circa 14.000.000 Ebrei oltre varie altre confessioni. Ma è segno della confusione e del disordine cui già si è accennato che ‘animale’, se detto dell’umano, è divenuto termine offensivo, ed è ora solo attributo degli… animali, che, poveretti, l’anima non l’avrebbero più, nonostante continuino a respirare. Lasciatemi ribadire ancora che la lotta contro l’educazione religiosa come storia comparata e ragionata è sintomatica (e funzionale) a mantenere poteri e benefici. Ogni suddito educato oltre un certo livello diviene un cittadino più evoluto, ma un ‘fedele’, cioè un suddito, in meno.
Occorrerebbe uno studio serio per capire e far capire le ragioni di questa lotta e di quanto le società siano state plagiate e sfruttate. Si potrebbe parlare di “circonvenzione d’incapace”, ma l’incapace lo si coltiva per avere ‘materiale’ umano utile, altrimenti chi pagherebbe le costosissime strutture religiose, numerose di personale da mantenere nel lusso più sfrenato nonostante si predichi la modestia e la povertà, specialmente nel caso delle ‘sue Santità’, Eccellenze, Arcivescovi e Monsignori?
E chi andrebbe a combattere per difendere questi interessi?
Sarà qui opportuno dire che i sistemi hanno recentemente trovato un altro modo per mantenere l’ignoranza: il vecchio perbenismo che vien fatto passare per atteggiamento politically correct. Il che significa che non si può dire ad altri cosa che metta in evidenza le manchevolezze, o che comunque suoni come critica. Quale modo improduttivo ed offensivo dell’intelligenza!
Il risultato è che nelle società aumentano la volgarità e la violenza (ma è politically correct non parlarne!).
Ecco come, pure affermando il contrario, le religioni hanno fallito il mandato all’educazione, che non è poi un mandato dal momento che esse se ne sono da sempre appropriate di propria volontà.
Il mandato ai religiosi per l’educazione è da rivedere, compreso il fatto che gli educatori che si credono laici sono plagiati e loro stessi dipendono dal pensiero religioso, così come molti scienziati. Occorre ricordare che all’interno di una data società, la credenza prevalente tende a esser considerata l’unica valida, mentre le altre sono fandonie ‘blasfeme’ e da distruggere. Occorre capire il significato del termine ‘infedele’.
E’ qui la radice del razzismo e di tutti i crimini e delle guerre religiose che per ragioni (irragionevoli!), si sono combattute.
Le guerre sono sempre giustificate con motivi religiosi anche quando sono prodotte da interessi economici: guerre economiche che diventano delle crociate!
Nella storia del mondo, nei tempi e nei luoghi diversi, da millenni nessun pensiero si è macchiato di crimini come quelli prodotti dal pensiero religioso.
Ancora oggi, alla fine del secondo millennio del calendario gregoriano, le prove non ci mancano, è triste riconoscerlo. L’equivoco assurdo, l’ipocrisia che si manifesta nell’educazione religiosa, è che mentre questa, nel coltivare l’ignoranza è causa di comportamenti volgari e criminali, dà invece ad intendere che si sta predicando il bene, la fratellanza, insomma il ‘comportamento umanitario’.
Discriminazione e razzismo. Il Capro Espiatorio
E’ questa presunzione di verità per cui si dice “la mia religione è la migliore, è la sola vera (e rivelata), mentre la tua è malefica” (sì - malefica alla mia!), che mette le basi del razzismo.
Il concetto di migliore, aristos, (per cui per aristocrazia s’intende il governo dei migliori) è collegato all’idea della competizione evolutiva della specie, all’idea di eroismo, ma ha anche valenze discutibili che occorre analizzare bene, per capire che significato ha poi assunto nelle culture.
Del resto anche i termini Dio e divino etimologicamente sono collegati all’immagine del sole, della luce, del giallo (che poi è l’oro), del calore, forse la maggior potenza vitale; ma successivamente questi termini si collegano alle lotte per le gerarchie del potere e alla sottomissione degli altri col pretesto del bene e del male.
E’ su queste basi - divinità, potere dell’oro, bene e male - che si sono rinforzate le gerarchie del potere religioso.
Si può certamente dire che, al di là di tutte le ipocrisie, il pensiero religioso è l’origine del razzismo e quindi responsabile di tutti i crimini razzisti, degli odi, delle gelosie e delle discriminazioni.
E’ questo un terribile paradosso, visto che non ci sono razze diverse, ma solo culture diverse e queste sono la conseguenza dell’aver immaginato divinità, religioni, miti, abiti e riti diversi.
Il discorso relativo all’educazione fideistica che produce la discriminazione e l’odio razzista fra le società, inizia già a livello individuale. Gli stessi moventi che producono atteggiamenti collettivi, li producono a livello individuale.
Come gli individui di una stessa società, di uguale cultura, si discriminano fra di loro e quindi si odiano e sono pronti ad azzuffarsi, così fanno le collettività e tale comportamento si chiama sciovinismo, ed è figlio della politica del dividi et impera, dei razzismi, delle discriminazioni.
Ha priorità il principio primitivo mors tua vita mea, e le religioni che si sono assunte il privilegio ed il diritto all’educazione, non solo non hanno voluto modificare tale principio primitivo, ma possiamo ben dire che lo hanno coltivato e, sofisticandolo, rinforzato. Sempre, maghi e religiosi hanno operato per mantenere le popolazioni legate a regole che non onoravano condizioni di sviluppo intellettuale, per poi atteggiarsi a difensori del bene e punitori del male; e per fare ciò hanno avuto bisogno di ‘materiale umano’ così come i generali hanno bisogno dei fanti, come il potere ha bisogno di schiavi e di manovalanza. Lo hanno fatto anche sviluppando quel potere nefasto che è la burocrazia, sfruttando la competizione per ‘essere il migliore’, divenuta lotta di potere, non fattore di merito.
Teocrati si era per nascita, aristocratici si era per diritto di nascita.
Anche gli schiavi erano tali per diritto di nascita!
Tralasciando di approfondire l’argomento della relazione tra paura, colpa e discriminazione nei contenuti di culture più primitive, facciamo alcune considerazioni relative al derivato di alcune di tali culture, i monoteismi giudeo-cristiano e giudeo-musulmano. In questi filoni il concatenarsi dei binomi colpa-punizione e penitenza- salvezza (che è il sacrificio-salvezza) permane ed affonda le sue radici nelle paure e nelle superstizioni come strumento di potere. Solo in tempi recenti, e solo parzialmente, la colpa è stata discussa in termini di giustizia razionalmente collegata, in senso laico, ai concetti civili di coesistenza e collaborazione e ciò si deve all’Illuminismo e a pochi altri fenomeni di presa di coscienza di poco anteriori all’Illuminismo stesso. Comunque ciò avviene ancora solo in misura parziale per il radicato permanere dell’associazione: colpa, penitenza, salvezza.
Infatti, per lo più, prevale la tradizione primitiva della colpa e della penitenza (la paura, il sacrificio per placare la divinità) non prevalgono il diritto ed il rispetto di altra persona o cosa.
Il concetto di capro espiatorio, di colpevole da punire, diventa parte integrante delle discriminazioni, delle vendette e dei razzismi sia a livello individuale che collettivo.
In tutte le culture, per quanto diverse, esiste tale concetto tutt’oggi ben radicato proprio perché fa credere di salvarsi atteggiandosi a giudice, così illudendosi di essere più simili alle divinità. Le religioni ci hanno effettivamente ‘regalato’ esempi classici di punizioni e distruzioni. Fra i Giudei si punisce tutta l’umanità già nei suoi presunti progenitori, non solo cacciati dal paradiso terrestre, ma anche dannati a vivere nella fatica e nel dolore. Ma questo mito è presente anche in più antiche narrazioni, dove si parla di altri paradisi, tempi dorati poi perduti per colpe commesse.
Ci si domanda: se il creatore ha preveggenza, bontà e soprattutto il bisogno di creare, perché mette alla prova la povera Eva (e perché non Adamo?) sapendo già che cosa succederà? Oppure non lo sa? Ma che Dio è se non sa?
E perché ha l’ambizione di creare e poi tutta la sua politica è terrificante e distruttiva?
E’ descritto come onniveggente ed onnipotente e onnisciente, come del resto altri dèi, e allora perché non fa funzionare bene le cose? E non ci parlino i teologi di libero arbitrio, o di altre ragioni insufficienti a giustificare le punizioni orrende.
Intanto la donna era vista come l’oggetto da punire, perché porta il male fra le genti, fino dai tempi di Pandora (una delle tante Eve pre-giudee). Si è detto e si sa che l’oggetto dei sacrifici è stato nella maggior parte dei casi la donna, e possibilmente vergine, già, perché l’atto della fecondazione, altro paradosso assurdo, toglierebbe con la verginità la purezza, il che è come dire che tutte le procreazioni sono impure! Ma perché questo dio onnisciente crea una cosa (progenitrice, quindi creatrice) per renderla poi così orrenda, impura nella creazione, fino al punto che gli organi della fecondazione sono definiti vergogne? Anche se teologi e sacerdoti si prodigano in spiegazioni e giustificazioni, queste non bastano, non soddisfano.
Si tratta di un Dio ben mediocre e non può essere che così, essendo creato esso stesso da genti mediocri!
Molto è stato detto sulla demonizzazione della donna allo scopo di prevaricarla, ma la motivazione di questo comportamento è forse più semplice di quanto si pensi e non si vuole accettarla. Il maschio viene eccitato dalla femmina, per inseminarla. La femmina sceglie l’inseminatore, per cui è lei il soggetto forte, mentre il maschio - che è l’oggetto debole - diviene strumento e perciò si vendica: non accettando di essere l’oggetto, si fa soggetto per mezzo della demonizzazione e della violenza sulla donna. Sic.
Dèi cattivi che chiedono ai padri di uccidere i figli (si pensi ad Abramo ed Isacco) e, discriminando le offerte (Caino ed Abele), promuovono il fratricidio.
La Bibbia e la mitologia sono piene di fratricidi, parricidi, matricidi e poi genocidi. Le religioni si basano sulla paura e sono necrofile e ricorrono alla morte ed alla paura di questa. Basta osservare tutti gli apparati funebri, le molte simbologie religiose, le mummificazioni, le rappresentazioni e le storie di viaggi agli inferi, di vampiri, fantasmi, morti viventi, per non parlare poi delle reliquie, cuori ed altri pezzi anatomici.
L’antico ed il nuovo testamento sono da leggere in questa chiave, come lo Jus primae noctis sull’esempio dello Spirito Santo e della povera vergine Maria e, scusate l’apparente blasfemia, troppo simile a quel cigno in cui Giove si sarebbe nascosto, trasformato, per ‘ possedere’ la povera Leda (notare il significato della parola); e a proposito di ‘possedere’: anche in tutto l’antico testamento nel raccontare del succedersi delle generazioni, si parla di ‘possesso della donna’.
Di Leda possiamo dire che, per lo meno, rispetto a Maria vergine ha la fortuna di godere della sensualità del cigno.
Infatti i giudeo-cristiani-musulmani tolgono alla religione il carattere sensuale di molte religioni precedenti.
Ancora a proposito del travaso di miti e riti da una religione all’altra, ricordiamo che quando Paolo, quello fulminato sulla via di Damasco, convertì gli abitanti di Eleusi, questi, che adoravano Artemide, vergine dèa della fertilità, maga ed altro, ne sostituirono il culto con quello di Maria vergine.
La stessa cosa avviene per religioni precedenti con caratteri matriarcali, dove il culto mariano si sviluppò con più forza. Continuando con gli esempi criminali, vediamo genocidi famosi, come quello dell’affogamento in massa dell’esercito egiziano che inseguiva il popolo eletto. Ma che dire dell’affogamento di quasi tutta l’umanità ad opera del diluvio?
Il diluvio è narrazione mitica diffusa fra le genti antiche, che spesso si distribuivano lungo i fiumi: l’Indo, il Tigri, l’Eufrate, il Nilo ed altri fiumi, paludi e laghi.
Le alluvioni avvenivano anche nei tempi passati, ma c’era sempre (fra i sopravvissuti) qualche bellimbusto che parlava di punizioni divine e poi c’erano gli altri sprovveduti che ci credevano. E che dire di Sodoma e Gomorra, città probabilmente distrutte da qualche catastrofe naturale? e così di tante interpretazioni di eventi naturali trasformati in leggende utili a spaventare il popolo? Punizioni e lotte. I Titani si ribellano, come gli angeli. Angeli buoni, angeli cattivi, così come gli dèi e le loro beghe uguali a quelle umane. Sono in molti a non credere più ad alcune di queste leggende od interpretazioni di storie, ma già le confessioni monoteistiche danno segni di una ulteriore trasformazione ed i creduloni troveranno altre ‘verità’ in cui credere.
Come già in passato, le sette religiose nascono e scompaiono, si trasformano, si indeboliscono, si rinforzano, a seconda delle convenienze.
Ma ritorniamo su questo fatto così pieno di nefaste conseguenze, che è il Capro Espiatorio, cioè il colpevole che avendo prodotto il danno, e quindi l’ira con la conseguente vendetta degli dèi, è da punire, da sacrificare. Anzitutto, nel mito, erano e sono le divinità a punire per placare la loro ira o per vendicarsi del danno prodotto. La punizione divina si estende nel tempo, ma nel presente la punizione va inferta anche dai loro rappresentanti, dal singolo o dal collettivo, che si sostituiscono alle divinità.
E comunque le calamità persistono, e continua la confusione in quanto le calamità esistono. Se vi sono le punizioni degli dèi, quelle degli uomini si aggiungono a queste.
I capri o il capro espiatorio sono un importante punto di riferimento per l’identità individuale e collettiva. E’ ciò che dà senso di appartenenza e di avere, comunque, dei valori. L’identità è un efficiente collante per il controllo del potere: “Io sono migliore di lui, di lei. Noi siamo migliori di loro”, non importa se il sacrificato/i sacrificati, è/sono, innocenti? L’importante è pensare di essere i migliori. Basta incolparli, basta credere di aver ragione. Basta discriminare.
Ciò produce una preoccupante confusione fra innocenti e colpevoli, fra il che cosa è la colpa, che cosa l’innocenza, ciò che è giusto e ciò che non lo è. Leggi incomprensibili, complicate e numerose; permessi e proibizioni in strutture demenziali ed equivoche. Esempio sfruttato, ma sempre esemplare, è quello di Galileo Galilei, nuovo Giobbe, al quale anche si chiedeva (sotto tortura) di denunciare altri: si impone al peccatore di pentirsi e divenire delatore, spia.
Ciò è pratica comune ed anche oggi si parla di pentiti. Alla fine del XV° secolo il Botticelli dipinge la stupenda allegoria de La Calunnia.
Non si sa quante donne siano state arse vive solo perché un frate od un prelato avevano voluto ‘possederle’ e le avevano poi calunniate e denunciate come streghe, possedute dal demonio od altro.
Paura e colpa si intrecciano così anche fra credenti di una stessa confessione (continuiamo a fare attenzione, a notare gli etimi), figuriamoci fra confessioni diverse. E’ comunque molto più facile individuare un capro espiatorio fra ‘diversi’, alieni, forestieri, barbari (dal greco “balbuzienti”: così vennero chiamati perché non se ne comprendeva il linguaggio) e stranieri, strani, con abiti ed abitudini inverosimili (mentre i nostri abiti non lo sono per noi, ma lo sono per gli altri).
‘Strano’: nelle società monogame lo è chi pratica la poligamia; in quelle poligame, chi pratica la monogamia; lo è chi in una società di nudi si veste, chi in una di vestiti si ignuda e così via, gli esempi sono infiniti. Diciamo quindi che nella stessa società è ‘diverso’ il trasgressore, o meglio i trasgressori sono ‘diversi’, cioè strani, stranieri.
La trasgressione è causa di razzismo a livello individuale, come anche a livello collettivo, per società diverse, in seguito a credenze, abitudini e regole diverse. E’ così radicato questo pensiero primitivo del discriminare l’altro da sé, da essere divenuto istinto aggiunto all’istinto di conservazione. Sia l’individuo che il gruppo si riconoscono, come detto, nella ‘conservazione’ dei propri costumi, della propria identità, e nella discriminazione degli altri, barbari, infedeli, incapaci, creduloni e stupidi; basta notare che pettegolezzo e critica negativa degli altri è per lo più pratica di ‘ignoranti’.
Le società trovano modo di riconoscersi e rassicurarsi essendo conservatrici.
Per meglio riconoscersi si inventano le uniformi (continuiamo a prestar attenzione all’etimo).
I più primitivi segni di riconoscimento erano addirittura mutilazioni e ferite sul corpo, disegni per mezzo di cicatrici, deformazioni del cranio, del collo, dei piedi, di orecchie, nasi e labbra. Così come l’infibulazione e la circoncisione, molte di queste mutilazioni-uniformi sono ancora attuali o stanno tornando di moda!
E poi capigliature, piumaggi ed anelli in tutte le parti del corpo, scettri e bastoni, corone, copricapi e…chi più ne ha più ne metta. “Una forma” non tanto per vestirsi ma per legarsi alle regole. I vocaboli regola e religione derivano da “legare”; e ci si lega non solo ai membri di una stessa società ma anche ai gruppi, alle sette e alle gerarchie.
In ciò le uniformi si equivalgono sia fra i militari che fra i religiosi con la stessa funzione di distinguere l’amico dal nemico e le varie gerarchie.
Una differenza interessante è che i religiosi conservano forme più antiche. Lo dimostrano tanto gli assidici che gli ortodossi oltre ai cattolici e tanti altri.
A noi, per abitudine, non fa che un effetto di soggezione, vedere i paramenti di un papa o di un generale ma se riuscissimo per un solo attimo a staccarci dall’abitudine, tale visione ci darebbe una reazione simile a quella di un paracadutista vestito con la gonna di un milite romano o scozzese.
Ci sembrerebbe altresì ridicolo vedere la rappresentazione un dio vestito da papa, cardinale o generale, eppure in tempi arcaici era l’abito ad individuare nell’iconografia la figura del dio. D’altro canto, l’uniforme che viene usata proprio per identificarsi nel simile, non viene riconosciuta, anche se è quasi identica, se è indossata da gruppi diversi: per esempio non ci accorgiamo che l’uniforme di un Ku Klux Klan è del tutto simile a quella di un monaco, che certamente non vorrebbe riconoscersi nel K.K.K. Alle uniformi aggiungiamo i titoli: Cavaliere, Onorevole, Monsignore, Eccellenza, (continuo a sottolineare gli etimi), suggestivi retaggi arcaici di gerarchie della sudditanza, del servilismo e delle burocrazie clericali e laiche, che producono differenze e quindi discriminazioni, già forme di razzismo.
Parte, e conseguenza, di queste abitudini è la cosiddetta guerra fra i poveri: le risse per la squadra di calcio, per la conquista di un parcheggio, e tutti i comportamenti simili, giuoco di poveretti che da plagiati non educati si criticano, litigano e battono fino al delitto, la tortura, il genocidio, ed il vandalismo, con altri poveretti non educati e plagiati.
Infatti, la fedeltà, il credo fanatico per la squadra di calcio o simili passioni che uniscono gruppi o ganghe, sono di carattere fondamentalista, si basano sulla ricerca del migliore e del peggiore, e di quello che sta fuori dal gruppo e di cui fare il colpevole e sono del tutto uguali ai comportamenti di religiosi fanatici, che del resto sono comportamenti primitivi e ben coltivati dagli educatori religiosi.
Il capro espiatorio rappresenta anche l’oggetto di sfogo di istinti o di bisogni indotti che vengono repressi, sfoghi che si sviluppano in gelosie ed invidie il più delle volte non capite, non ammesse o misconosciute dall’individuo stesso (o dalla società).
Spesso si colpevolizza il trasgressore di voglie che abbiamo noi stessi, anche se nascoste dall’ipocrisia o dall’educazione repressiva.
Esempi classici sono il trasgressore delle regolamentazioni del sesso, ma anche del cibo, dell’alcol e della droga, e certo chi compie atti ‘contro la società’, come lo sono le innovazioni che vanno contro la conservazione. Così furono i cristiani per i pagani, i protestanti (si noti l’etimo) per i cattolici. I manichei, come tanti altri, sono stati battuti, non ce l’hanno fatta.
Altri esempi di queste influenze del pensiero religioso sono le lotte fra diverse ideologie politiche.
Si critica il trasgressore, lo si vuol punire, lo si uccide e così si cerca di colpire nell’altro, quello che potrebbe, può anche essere un nostro desiderio recondito; e così si nasconde nell’ipocrisia la nostra invidia o paura, perché nella cosa diversa, forse, esiste un piacere o una soddisfazione (o una verità) che noi perdiamo, che non ci è concessa o permessa. Ne sono prova la curiosità, gli interessi morbosi e l’attrazione-repulsione per l’esotico, il diverso e le conseguenti paure, timidezze ed odi.
Tutto ciò è anche alla base della nostra incapacità ad ascoltare le idee dell’altro.
Nelle discussioni accese il seme del razzismo è già evidente. Nello scambio c’è un succedersi di fasi: dialogo, argomentazione, discussione, litigio, mimica di attacco-difesa, combattimento, uccisione: la discussione è una prima fase della lotta. Ci si interrompe l’un l’altro, non si conosce la disciplina del rispetto degli altri, si gridano le proprie ragioni volendo essere ascoltati senza ascoltare, e si sviluppa l’incriminazione, l’odio e l’incomprensione.
Ci si impedisce il piacere dello scambio di opinioni, di informazioni, di idee, ma è così che siamo stati programmati: questi atteggiamenti nascono infatti dall’abitudine radicata nel credere in cose astratte ed illusorie. L’abitudine al basarsi su fatti non verificabili, che portano al credere con fede, il che poi vuol dire fanatismo (visto che non c’è ragionamento su cui si basa), cioè abitudine ad affermare senza esprimere le ragioni dell’affermazione: è così e basta.
E perciò si dice: non fare domande, devi solo ascoltare, credere, aver fede, e morire così come uccidere per la guerra santa. E’ importante riflettere sul fatto che gli altri viventi, dagli insetti ai pesci, dagli uccelli ai mammiferi uccidono solo per nutrirsi e, solo molto raramente, per difendere il territorio o per l’accoppiamento, obiettivi questi ultimi per i quali si limitano a segnali o prove di forza.
Noi umani invece lo facciamo per idee non verificabili, illusioni fiabesche.
Tutto ciò dovrebbe anche consentirci di rivalutare il nostro concetto di identità etnica come valore da conservare sì, ma solo come fatto culturale di informazione ed arricchimento adatto per i musei e solo così, non come oggetto di critica, di fanatismo fondamentalista e di discriminazione.
Perciò facciamo attenzione al culto del vernacolare e dell’esotismo, utile per lo sfruttamento turistico, colonialista, o per nutrire poteri a carattere tirannico.
A proposito del politically correct occorrerà crescere dalla nostra immaturità primitiva se vorremo porre fine ad ingiustizie e crimini non più accettabili.
La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno.
Le religioni dividono. L'ateismo unisce
Il sonno della ragione genera mostri (Goya)