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Le religioni plagiano

Ultimo Aggiornamento: 10/10/2012 22:13
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CopertinaLettera agli intellettuali - Vittorio Giorgini

Agli adulti e ai ragazzi
Non so cosa darei perchè da bambino, la maestra a scuola e la mamma a casa, mi avessero dato da leggere “Le religioni plagiano”. Ragazzi e genitori possono fare tesoro di questo lucido saggio di Vittorio Giorgini. Riflettere sui danni che le religioni provocano sulla salute e sulla personalità delle persone eviterà il formarsi nella mente della terribile “segatura religiosa”. Mente che deve essere libera e pronta a vivere la vita con serenità e raziocinio piuttosto che con addosso l’oscurantismo, la colpa, l’oppressione: pesi enormi messi sulle spalle da uomini furbi con l’intento di controllare la mente e la vita di altri uomini.
Ennio Montesi
Credenti e non credenti

I credenti si servono di strutture forti ed autoritarie per plagiare le società: chiese, pulpiti, sinagoghe, moschee, tutti i mezzi di comunicazione e di educazione che invece mancano ai non credenti e che vengono loro resi inaccessibili in tutti i modi possibili. Tale plagio è così evidente ed efficiente che pare impossibile non notarlo; ma allo stesso tempo la sua pervasività spiega perché i credenti non se ne rendano conto e manchi la distanza critica e la tolleranza. Possiamo prendere in esame, a caso, due religioni diverse ma di uguale radice, come quella cattolica e quella musulmana: ognuna è pronta a giurare sulle proprie verità, assai diverse per quanto simili, ed in nome di queste a combattere e uccidere. Così è stato per centinaia di anni: assurdo totale, ma ogni parte in causa pretende di avere ragione.

 

 
Ringraziamenti
Vorrei dar credito per l’aiuto, le critiche, i consigli e le correzioni a Paolo Anselmi, Cecilia Dozza, Marco del Francia, Caroline Gallois e Mario Solina.

 Le religioni plagiano le società

Gli infanti sono semplici, ingenui, curiosi ed appunto perciò, creduloni e pronti all’entusiasmo: è facile far credere le cose ai bambini, che poi crescono spesso senza dubitare dei primi insegnamenti ricevuti. E poi succede che, in una concatenazione senza fine, i credenti insegnano a coloro che, divenuti credenti, a loro volta insegneranno in una spirale senza fine.
I credenti si servono di strutture forti ed autoritarie per plagiare le società: chiese, pulpiti, tutti i mezzi di comunicazione e di educazione che invece mancano ai non credenti e che vengono loro resi inaccessibili in tutti i modi possibili.
Tale plagio è così evidente ed efficiente che pare impossibile non notarlo; ma allo stesso tempo la sua pervasività spiega perché i credenti non se ne rendano conto e manchi la distanza critica e la tolleranza.
Possiamo prendere in esame, a caso, due religioni diverse ma di uguale radice, come quella cattolica e quella musulmana: ognuna è pronta a giurare sulle proprie verità, assai diverse per quanto simili, ed in nome di queste a combattere ed uccidere. Così è stato per centinaia di anni: assurdo totale, ma ogni parte in causa pretende di avere ragione.


Nascita del sacro (‘sacrogonia’)

I viaggiatori del passato hanno lasciato racconti che parlano di popoli primitivi, poi quasi tutti sterminati o trasformati ed inglobati nelle culture religiose dei conquistatori ad opera dei missionari e dei militari, che sono sempre stati gli eserciti delle chiese.
Nonostante il danno fatto da questi ‘depositari di verità’, esistono ancora popolazioni come gli indios delle Americhe, i pigmei ed altri gruppi sociali in Africa, in Oceania, in Australia che mantengono costumi primitivi. Molti antropologi contemporanei ce ne danno resoconti.
Molte di queste testimonianze, accostate e comparate, raccontano come le religioni si siano sviluppate.
Le storie dei viaggiatori del passato, gli studi di scienze recenti come l’antropologia, l’etnologia, la paleontologia ed altre testimoniano di credenze più antiche del paganesimo politeista e raccontano storie di geni, fate, maghi e dèi. Ci parlano di popoli vissuti in un periodo in cui il linguaggio era inesistente come noi lo conosciamo od elementare. Così sappiamo che gli argomenti del cosiddetto sacro si sviluppano a partire dal preanimismo e dall’animismo e assumono la forma del teismo politeistico e monoteistico.
Tale svolgimento segue lo sviluppo della cosiddetta civiltà, che inizia molto tempo prima della civitas.

Quando l’australopiteco esce dalle foreste e si inoltra nella savana ha ancora i comportamenti dell’animale. I paleontologi parlano di quattro milioni di anni e più (ma questo i maghi o gli stregoni primitivi, ed anche i più vicini a noi, non lo sapevano o non lo hanno voluto credere!).
Ancora è difficile dire quando questo quadrupede, trasformatosi in bipede con il pollice articolato (osservare la differenza fra il pollice della mano e l’alluce del piede), abbia iniziato a disegnare e poi a dare il nome alle cose (si parla di 250.000 anni fa, ma nel periodo precedente - da 2 milioni di anni - già costruiva utensili litoidi, di legno e di fibre vegetali).
Certo le sue prime comunicazioni, oltre alla mimica (mezzo di comunicazione di ogni animale) furono dei disegni per evocare cose non presenti: un animale, un pesce, per esempio, disegnati sulla terra, sulla sabbia, sulla roccia o sulla corteccia dell’albero. Quando dall’Africa si inoltrò in Asia ed in Europa (si parla di 800 000 anni e più), già aveva dato nomi alle cose ed anche articolava qualche verbo più o meno semplice: indicazione delle cose con i nomi e delle azioni con i verbi.
Prima di ciò conosceva solo istinti primari: conservazione, paura, procreazione, fame, fuga, riposo, fatti fisiologici, insomma strumenti per la conservazione della specie dei quali nemmeno era cosciente.
Il pensiero si sviluppa molto lentamente nell’arco di diecine di millenni.
Fra istinti animali e l’inizio di una parvenza di linguaggio (e del pensiero che ne consegue) s’instaura anche la percezione di forze nascoste, di potenze superiori, sconosciute e terrificanti: la bestia che appariva repentina e sbranava i malcapitati, la terra con le sue pianure e le sue montagne che vomitavano fuoco o gas bollenti, oppure tremavano e magari si aprivano in voragini. Il cielo si faceva scuro, lanciava tuoni e fulmini che potevano appiccare il fuoco ed anche uccidere. Piogge e venti che tutto travolgevano; questi e tanti altri fenomeni come la fame e la sete le genti primitive non potevano capirli, e quindi li mitizzavano e li temevano, anzi ne dovevano essere terrorizzate.
Paura, paura, paura e basta!
Il nome, ma ancora di più il verbo, segnano l’inizio del pensiero come noi lo conosciamo.
Intanto diviene possibile evocare ciò che non è presente: Tizio e Caio, il pesce, il vento, l’acqua... quando non ci sono. Il nome e il verbo danno così inizio al fenomeno illusorio nell’evocare la cosa o l’azione assente, e anche consentono di raccontarne una non accaduta. Nasce quindi la menzogna che prima del racconto non era pensabile…
Evocare cose ed azioni sembra segnare il vero passaggio dalle maniere animali a quelle del cosiddetto homo abilis e sapiens. Questi furono più coscienti delle loro paure ed i più abili svilupparono il rapporto con le ‘potenze terrificanti’; la menzogna infatti! Ormai le avevano definite con nomi e ne avevano raccontato le azioni e quindi potevano evocarne il potere e di conseguenza dare ad intendere di potersele accattivare.
Come?
Come quelle genti già erano abituate a fare, cioè con il baratto: io do una cosa a te, tu dai una cosa a me. Nasce l’offerta, che è subito sacrificio (fare cose sacre, appunto): il sacrificio indica già la proprietà di cose e di persone; per dare occorre avere.
Nasce anche il concetto di colpa, in quanto le azioni terribili delle ‘potenze’ vengono interpretate come punizioni verso i trasgressori delle regole.
Per controllare i membri della tribù o della società ecco create le regole e le punizioni per i trasgressori.
Nel rapporto regola - infrazione - colpa - punizione, fa leva la paura (la soggezione), l’arma più efficace del potere.

Nel periodo preanimistico le potenze prendono forme di bestie, rettili, insetti, pesci ed uccelli; con il perfezionarsi del fare immagini questi animali si compongono: i rettili con gli uccelli, i draghi paiono aver più successo; via via le composizioni evolvono e divengono sempre più complesse. Il fatto di comporre cose immaginate con pezzi magari caricaturali è l’unico modo per disegnare rappresentazioni di cose inesistenti o sconosciute. E’ così che ancora oggi si fa, si vedano le rappresentazioni degli extraterrestri che, come gli dèi, sono ‘altri’, alieni.
Nasce l’iconografia immaginata (immagine da magia, come si chiamava nelle lingue più antiche?); nascono immagini alle quali poter parlare, chiedere, supplicare, quindi offrire e sacrificare. Ma le immagini servono anche a oggettivare (reificare) le potenze per meglio far credere ai sudditi profani, per coloro che non possono ‘vedere’ se non ciò che viene mostrato loro.
Era nata la superstizione, il senso del sacro aveva preso forma e consistenza.
L’intermediario fra queste immagini delle ‘potenze’ e l’impotente, il pauroso, era chi pensava e creava (quindi disegnava e componeva) le immagini. Era chi aveva capito di guadagnarsi rispetto ed autorità dai timorosi che, succubi, gli davano potere.

 


Sviluppo dei credi e del potere religioso

Alla nascita del sacro (‘sacrogonia’) segue il potere, l’autorità del sacro (‘sacrocrazia’) cui seguirà la teocrazia. Nascono lo stregone, il mago, lo sciamano, che ricoprono nelle tribù una posizione di prevalenza e di autorità. E’ lui (o lei, ma meno spesso) che si assume il privilegio di fare da intermediario fra gli dèi ed i miseri umani, è lui che si autonomina demiurgo, depositario di segreti, di poteri miracolosi, di capacità profetiche ed esorcistiche, il rivelatore.
Ancora oggi queste figure sono chiamate con i nomi di ‘padri’, ‘popi’ e ‘papi’: etimo antico legato a padre, potere, patria, potenza, potestà e comunque al significato tribale di autorità. Padre, figura dominante: “Padre nostro che sei nei cieli … sia fatta la tua volontà”.
E’ questa la prima professione che le società si inventano e che nel tempo si trasforma secondo lo sviluppo delle tecniche e delle idee: la più comoda e proficua delle professioni, e soprattutto la più potente.
Dalle percezioni di paura del periodo prelinguistico si passa all’animismo.
Anima, spirito, pneuma… come si chiamava in lingue precedenti? Certamente con parole di significato simile al vento, il movimento dell’aria.
Troppo logico.
Il notare che la morte, l’inerzia, è legata al cessare della respirazione, porta ad osservare e convenire che la respirazione, il movimento dell’aria rappresenta la vita, mentre l’immobilità appartiene alla morte. La potenza dà e toglie la vita per mezzo dell’aria, che diviene mezzo di vita, ma anche indice della scansione di ‘prima’ e ‘dopo’, del movimento e del collegamento con queste potenze che hanno sede in qualche luogo, che viene immaginato come un aldilà (ci si inventi poi che cos’è questo aldilà!).
Al vento, in un secondo tempo, si aggiungono cibo ed acqua, quando con l’animismo l’anima passa a tutte le cose: ciò si è poi chiamato panpsichismo. Il concetto si sarebbe sviluppato proprio perché il vento viene da un là e va verso un di là e sfiora tutto. A questo poi si aggiungevano i movimenti degli astri, della pioggia e dell’acqua. Venire da una parte, andare da un’altra, deve essere stato importante per i primitivi che si muovevano continuamente alla ricerca di cibo e sicurezza ma che anche assistevano ai moti, alla comparsa e scomparsa degli astri, delle stagioni, e comunque ai cicli più diversi. Ne è testimonianza la quantità di miti, leggende, fiabe e cerimonie, particolarmente di iniziazione; già la parola inizio presuppone un successivo movimento e svolgimento e quindi una fine. Si parla di viaggi più o meno mitici o fiabeschi: un esempio recente è il battesimo contemporaneo, con cui si fa passare l’acqua sul capo, rito che già in precedenza aveva il significato di purificazione; nei riti più antichi (da cui deriva), consisteva però nella immersione totale e riemersione dall’acqua, e indicava purificazione ma anche viaggio, andata nell’aldilà e ritorno.
Questo concetto di ‘passare dall’altra parte’, di morte e rinascita, era espresso nei riti del ‘passare attraverso’: non solo attraverso l’acqua, ma anche attraverso il foro di una pietra, di un albero, o addirittura l’essere sotterrati e dissotterrati, oppure il saltare al di là di un fosso o di un segno qualunque o fatto appositamente (vedi Romolo e Remo).
Il passare da un mondo all’altro - che era desiderio di elevazione al divino ed atto di magia oltre che esorcismo della morte - fu rappresentato nel mondo cristiano, dopo il battesimo, con la crocifissione, il sepolcro, la resurrezione e l’ascesa al cielo del Cristo. Rappresentazione ultima degli antichi viaggi di iniziazione e di salvazione, come fu la storia della venuta al mondo e della dipartita del Cristo. Antica mitologia, questa, della divinità che si trasforma in umano e viceversa.
La lista dei viaggiatori è lunga: Prometeo, Ulisse, gli Argonauti, Enea; i viaggi sono l’argomento di molte fiabe e leggende: si racconta anche oggi ai bambini de Il gatto con gli stivali, di Alice nel paese delle meraviglie, de I viaggi di Gulliver; anticamente i viaggi, per lo più di caccia, erano l’iniziazione dei giovani nelle tribù.
I grandi viaggi sono l’argomento delle grandi narrazioni classiche: quello degli ebrei alla ricerca della terra promessa , narrato nell’Antico Testamento; il viaggio di Enea narrato da Virgilio; quello dell’Ulisse omerico e quello di Dante.
La curiosità e la speranza, motori dei viaggi, spiegano i motivi di tutte le esplorazioni della terra, dei mari e degli abissi, tanto sottomarini quanto sotterranei, e del cosmo, sia reali che illusori . E’ interessante notare come storie e miti simili, una volta creduti con gran fede, perdano di credibilità col passare del tempo.

 


Il sacrificio. Colpa e punizione

Passaggi, viaggi, iniziazioni costano sempre sacrifici (fare cose sacre).
Il Cristo costa, col suo avvento, il più orrendo infanticidio che la storia, od il mito, ci raccontino e termina il suo viaggio con la croce, ulteriore sacrificio e punizione, e con la resurrezione, successiva salvezza.

Il ‘fare cose sacre’ è legato al baratto di cui si è parlato. L’antico do ut des, io do una cosa a te, tu dai una cosa a me, in termini mercantili è contrattazione che dovrebbe risolversi con soddisfazione delle due parti, mentre il sacrificio dà per certa la parte del sacrificante, ma non è assolutamente certo che la controparte sia lì a ricevere ed a contraccambiare: non è mai stato provato da nessuno, solo ne parlano scritti, miti e leggende. La sola controparte presente e certa è lo stregone od il sacerdote, il ‘rappresentante’, insomma. E’ per ciò che il credente deve solo credere, aver ‘fede’, non deve pensare né fare domande. Ma il sacrificio nasce insieme alla supposizione che dietro alle cose incomprensibili esistano forze occulte e pericolose. Queste sono infatti forze ignote e, come già visto, pronte a punire i trasgressori: la bestia, il terremoto, i venti, le alluvioni, le eruzioni e quant’altro.
Tali forze sono pensate come entità da propiziarsi, alle quali dare cose o fare atti di richiesta, di supplica e di sottomissione; tutte cose che vanno solo ad arricchire gli stregoni, i maghi, i sacerdoti e a nutrire il loro potere. Vediamo che nei sacrifici e nei riti delle religioni attuali come di quelle più antiche, primitive, le differenze sono tra riti più o meno cruenti oppure differenze solo formali, ma l’attitudine di sottomissione è sempre la stessa.
Queste abitudini sono radicate, dai tempi più antichi fino alle indulgenze vendute, l’acquisto di giorni di purgatorio od altro, nei giubilei dei giorni nostri, fino alle attuali figlie delle indulgenze, le tangenti, che sono fatti in cui il tornaconto concreto è però evidente e verificabile. Certo che, rispetto al sacrificio di una vergine scannata o data in pasto ad una belva, l’essere chiusa in clausura o penitente viandante verso un santuario, a un giubileo, oppure il recitare un certo numero di avemarie, appare meno barbaro; ma è anche una questione di opinioni e punti di vista e di costumi!
Il fare cose sacre appare barbaro ed è comunque brutale, ad un'analisi più attenta, e la parola stessa ha assunto anche il significato di atto ‘contro’ la vita.
Già dalle religioni più primitive l’atto cerimoniale produce risultati drammatici per lo sviluppo delle cosiddette civiltà. Umilia la gente accettare che il giovane figlio o figlia vengano sacrificati (generalmente è più probabile si tratti di una vergine). Analogamente l’immolare animali, o dare i frutti del proprio lavoro, è in gradi diversi altamente umiliante, così come il dover sottostare a cerimoniali e riti, compreso quello dell’educazione imposta. L’umiltà è precetto primo, con la fede, per essere sudditi fedeli.
Il segno di fedeltà, così come il suo opposto e conseguente, quello di infedeltà, in qualunque sua forma, è debilitante dell’intelligenza, ma efficiente strumento politico per il mantenimento del potere, dell’autorità e quindi della soggezione del suddito. Infatti si applica nei confronti dei più deboli: dei figli in famiglia, della femmina per affermare l’autorità virile del maschio, degli schiavi, dei militari e dei diaconi. Più dipendenti e servi si hanno, più si dispone di autorità, forza e credibilità.

Nelle religioni, da quelle degli stregoni a quelle dei sacerdoti, in molti casi ancora oggi, i dissidenti, i trasgressori sono socialmente emarginati o, peggio, eliminati fisicamente, e/o torturati.
L’ignoranza voluta e mantenuta nei sudditi costituisce la parte forte nella struttura delle religioni e, nonostante queste si siano anche rinforzate (nel sommarsi dei tributi) come maggiori potenze economiche, le loro fondamenta dogmatiche diverrebbero fragili se la base dell’ignoranza crollasse.
Per capirlo basta una sola domanda: perché in ogni tempo, in qualsiasi società, non si è voluta, non si è permessa ed anzi si è combattuta con ogni mezzo una vera educazione sulle religioni, cioè l’insegnamento della storia delle religioni comparate, compresi i miti, le leggende e le fiabe, mentre si è voluta ed imposta solo la confessione ufficiale, demonizzando o occultando o almeno ridicolizzando le altre? Insomma, i religiosi si sono da sempre impossessati, usurpandolo, del diritto all’educazione ed hanno combattuto, impedito l’informazione riguardo a ogni ‘diversità’.

 


Ignoranza e massificazione

E’ sempre stato per mezzo dell’ignoranza in cui sono state tenute che milizie e folle sono state condotte a compiere distruzioni, omicidi e genocidi orribili. Miseria ed ignoranza fertilizzano il fondamentalismo di qualsiasi colore esso sia.

Oggi, le statistiche ci dicono che molti atti criminali sono ancora fatti eseguire dalle masse più ignoranti.

 


La curiosità. Domande e risposte

Lo studio delle trasformazioni delle religioni, a partire da quando non erano che paure e superstizioni, prova come esse non siano rivelazioni di un dio, ma piuttosto una costruzione della mente umana fin dall’inizio del pensiero.
L’homo abilis sviluppa il pensiero per usare tecniche (non ancora capite come tali), per fare utensili, cacciare, pescare, mantenere e poi accendere il fuoco e via via allevare animali e coltivare la terra, fino alle tecniche contemporanee.
Ma il vero fenomeno ‘pensiero’ nasce con la speculazione della curiosità sull’ignoto ad opera della paura, con domande e risposte del tipo: perché si cessa di respirare e di muoversi? Il respiro è vento che porta l’aria della vita, il pneuma, l’anima. Che cosa succede quando si muore? Da dove si viene? Dove si va? Ed il sole, la luna e tutto il resto? (Curiosità delle cose, fascino del movimento, del viaggio e paura della morte).
Ne seguono tante diverse speculazioni pre-artigiane e post-artigiane. Le genesi, le cosmogonie, ierogonie ed androgonie, possono, per le loro stesse descrizioni, essere datate. Gli uomini che nascono da connubi di materie tipo terra-aria-cielo-acqua, o da pietre gettate sulla terra, oppure la gente che esce da una grande zucca che si rompe, appartengono a visioni preanimistiche ed animistiche. Le genesi che fanno riferimento alla provenienza da ‘pezzi’ di dèi, semidei od altri esseri, sono di tipo animistico.
Anche agli astri venivano attribuiti progenitori e queste attribuzioni si precisano con le osservazioni astronomiche. Altrove si parla di semi che producono genti ed animali, interpretazioni databili dalle prime conoscenze sull’agricoltura. Post-artigiana è la narrazione biblica, per cui ci vogliono sette giorni per la creazione! Non c’erano forse ancora i sindacati, ma la settimana lavorativa era già in funzione.
Si dice che furono i Sumeri, circa 15-20.000 anni fa, a definire l’anno e dividerlo in settimane; e così si data la genesi ebraica: “Ed il settimo giorno si riposò”.
E ancora: l’uomo plasmato con la creta, la statuetta, è androgonia artigiana. Nelle teogonie greche gli etimi indicano queste origini legate alla terra: Gea, per esempio, la grande madre terra; da lì le genti (e anche ‘l’altra’ madre delle donne, Pandora, era generata con argilla e vento, il soffio).
Del resto, umano viene da humus, terra. Per i vasai terra e argilla si equivalevano.
Di genesi artigiane parla anche Esiodo ne Le opere ed i giorni (con le cinque razze che, a parte quella degli eroi, sono derivate da statuette d’oro, d’argento, di bronzo e di ferro), mostrando una degenerazione dai tempi aurei, dal paradiso terrestre (l’oro), alla cacciata fuori (il ferro).
Nella tradizione biblica la donna, estratta dalla costola, rappresenta ancora un generare animistico.
Nel trasformarsi le religioni si mescolano e si intrecciano. Per mantenere i benefici del potere lo stregone e poi il sacerdote devono dare risposte, devono convincere di essere in contatto con le forze e le potenze il primo, e con gli dèi il secondo. Quindi devono fare atti di magia, profetare, mostrare quell’infallibilità che è degli dèi (i ben noti oracoli oggi non sono più presi sul serio, ma i profeti, i santi ed i papi lo sono ancora, come pure gli astrologi, i chiromanti o simili).
Il contatto con la divinità era raggiunto con mimiche, danze, urla e canti, ipnosi e stati di trance e di esaltazione con o senza droghe; in alcune culture ancora oggi questo avviene, mentre tutto ciò nella religione cattolica è sostituito da cerimonie come la messa e la preghiera.
Però il contatto era nelle mani del sacerdote, il profano non ha mai avuto accesso ai misteri.
Questi, insieme al sapere, sono sempre stati proprietà dei religiosi, gli unici ad essere autorizzati al controllo della scrittura e della lettura.

Prima furono la paura delle potenze e gli stregoni a plagiare il pensiero umano, poi furono i sacerdoti, i capi che si proclamarono dèi, semidei, esseri umani a metà, che si elessero re ed imperatori divini. Dai Sumeri ai Babilonesi, dagli Egiziani ai Romani, tutti dèi, divini, divinizzati. E così anche molti ‘pensatori’, filosofi e profeti che si dissero dèi o semidei o figli di dèi, da Epicuro a Pitagora, da Akhenaton a Nerone e così tanti altri fino a Cristo, Maometto, ai papi, fino all’ultimo imperatore del Giappone, Hirohito, che si è ‘sdivinizzato’ dopo la seconda guerra mondiale, costretto, potremmo dire, dagli Stati Uniti perché questi non potevano più divinizzare il loro presidente!
Molte sette, invece, non hanno avuto successo perché i loro iniziatori non sono riusciti a convincere della loro provenienza divina.
E questa tendenza è ancora presente fra le varie sette che tentano di imporsi ed anche fra i cattolici, nei riti di beatificazione e santificazione.
Le molte specialità che i santi del cattolicesimo personificano sono uguali a quelle delle varie divinità secondarie dell’Olimpo, e ricreano così una forma di politeismo nel monoteismo, ulteriore prova di forza della tradizione. E’ questo aspetto pagano, insieme ad altri, che differenzia il Cattolicesimo dall’Ebraismo, dalle confessioni protestanti e dall’Islamismo.
Insomma dalla nostra infanzia, che ancora dura, si ebbe sempre una certa confusione, dove i primi pensatori furono gli stregoni, i maghi ed i sacerdoti e poi i filosofi, i santi, rappresentanti in terra degli dèi. E’ divertente notare che in fondo l'invenzione del sacro cresce e si trasforma con lo sviluppo dell’esperienza; strano che gli dèi onniscienti non abbiano fatto altro che trasformarsi e contraddirsi!




La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno.
Apocalisse Laica
Le religioni dividono. L'ateismo unisce


Il sonno della ragione genera mostri (Goya)


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