Di Piergiorgio Odifreddi -
Il tribunale dell’ Aquila ha condannato a sei anni sette componenti della Commissione Grandi Rischi, rei di non aver previsto e annunciato il terremoto dell’ Aquila. Sia l’accusa che la sentenza nei confronti degli esperti sono tipiche espressioni dell’ atteggiamento distorto e contradditorio che si ha in Italia nei confronti della scienza.
Da un lato, la si ritiene onnisciente, al punto da considerare un miracolo tutto ciò che essa non è in grado (ancora) di prevedere o spiegare. Dunque, da essa si pretende che sia in grado di prevedere e spiegare qualunque cosa, senza capire che i veri miracoli sono appunto le previsioni e le spiegazioni che la scienza riesce (già) a dare, nonostante il mondo sia per sua natura largamente imprevedibile e inspiegabile. Dall’altro lato, si ritiene che l’ignoto e l’inaccessibile esistano soltanto per coloro che si limitano alle spiegazioni scientifiche. E che diventino invece noti e accessibili attraverso gli strumenti irrazionali e ineffabili del pensiero magico e religioso. Di qui il disinvolto uso complementare che viene fatto della scienza e della religione, che per loro natura sono invece contrapposte e incompatibili.
Il risultato di questa schizofrenia intellettuale, è testimoniato dall’atteggiamento popolare di fronte alle malattie. La guarigione, soprattutto nei casi più gravi e disperati, viene infatti più volentieri attribuita alle preghiere, che all’efficacia delle cure mediche somministrate. La mancata guarigione, al contrario, viene invece imputata più al fallimento delle cure mediche, che all’inutilità delle preghiere.
La sentenza dell’Aquila rientra in questo paradigma comodo e demenziale. La ragione, o anche solo il buon senso, dovrebbero portare a ringraziare gli scienziati per ciò che sanno e riescono a fare, e non a condannarli per ciò che non sanno e non possono fare: come le previsioni dei terremoti, appunto, che ancora non sono sicure neppure in Giappone, figuriamoci in Italia.
Ma se proprio vogliamo prendercela con qualcuno, perché non condannare per il mancato avvertimento del terremoto il vescovo e i parroci della città? In fondo, essi pretendono di essere alle dipendenza di qualcuno che del terremoto, secondo la loro visione del mondo, dovrebbe essere il primo responsabile. Invece di preoccuparsi di restaurare le chiese, perché non maledire il perverso principale e arrestarne gli inutili accoliti, invece di molestare la povera gente che fa onestamente il suo umano, e dunque imperfetto, lavoro?
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