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Incredulità e intelligenza: gli atei sono più intelligenti dei religiosi?

Ultimo Aggiornamento: 22/08/2013 15:22
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16/08/2013 17:49
 
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Uno stu­dio rea­liz­za­to da ri­cer­ca­to­ri del­l’u­ni­ver­si­tà di Ro­che­ster e pub­bli­ca­to sul­la ri­vi­sta ac­ca­de­mi­ca Per­so­na­li­ty and So­cial Psy­cho­lo­gy Re­view ha ri­ba­di­to un’e­vi­den­za già co­no­sciu­ta: gli stu­di sul­l’in­tel­li­gen­za mo­stra­no come i non cre­den­ti ab­bia­no ri­sul­ta­ti mi­glio­ri dei cre­den­ti.

L’e­si­to non po­te­va del re­sto es­se­re di­ver­so: si trat­ta in­fat­ti del­la me­ta-ana­li­si com­piu­ta su 63 in­chie­ste pre-esi­sten­ti. Ov­vie le po­le­mi­che. Se ne è par­la­to un po’ ovun­que, nel mon­do: in Ita­lia, a par­te l’Huf­fing­ton Post, nul­la. Si può ov­via­men­te es­se­re scet­ti­ci su stu­di di que­sto tipo: già è dif­fi­ci­le ave­re una de­fi­ni­zio­ne con­di­vi­sa di “in­tel­li­gen­za”, fi­gu­ria­mo­ci nel caso di uno stu­dio che si basa su al­tri stu­di. Uno stu­dio che, tut­ta­via, è sta­to pub­bli­ca­to sul­la ri­vi­sta con il più alto im­pact fac­tor nel set­to­re. E che è quan­to­me­no ser­vi­to a mo­stra­re che la cor­re­la­zio­ne ne­ga­ti­va tra in­tel­li­gen­za e re­li­gio­si­tà è do­cu­men­ta­ta da ben 53 ri­cer­che.

A guar­da­re bene, il ri­sul­ta­to non sor­pren­de an­che per al­tri mo­ti­vi. L’in­cre­du­li­tà è in­fat­ti po­si­ti­va­men­te cor­re­la­ta an­che ad al­tri aspet­ti che co­sti­tui­sco­no so­li­di re­qui­si­ti per una “nor­ma­le in­tel­li­gen­za”: li­vel­lo di istru­zio­ne, cul­tu­ra, be­nes­se­re, si­cu­rez­za esi­sten­zia­le, aper­tu­ra al “nuo­vo”, eser­ci­zio del­la li­ber­tà di espres­sio­ne. Tut­ta­via, di qui a con­clu­de­re che un mon­do sen­za fede sa­reb­be mi­glio­re ne cor­re as­sai. Ver­reb­be poi meno un con­fron­to dia­let­ti­co, e i con­fron­ti sono (qua­si) sem­pre uti­li al pro­gres­so, in­tel­let­tua­le e non. Del re­sto, in un pae­se dal­l’al­tis­si­ma per­cen­tua­le di atei come la Re­pub­bli­ca Ceca non si re­gi­stra­no li­vel­li po­si­ti­va­men­te anor­ma­li di in­tel­li­gen­za.

Va però an­che ri­cor­da­to che al­tre so­cie­tà or­mai qua­si sen­za­dio come quel­le scan­di­na­ve strac­cia­no le al­tre in tan­tis­si­mi in­di­ca­to­ri, a co­min­cia­re dal­l’In­di­ce di Svi­lup­po Uma­no com­pi­la­to dal­l’O­nu. In tale clas­si­fi­ca, agli ul­ti­mis­si­mi po­sti com­pa­io­no sol­tan­to na­zio­ni in cui gli atei sono vir­tual­men­te as­sen­ti. Meno re­li­gio­ne – ma sa­reb­be più cor­ret­to scri­ve­re “mi­nor in­va­den­za del­le ge­rar­chie re­li­gio­se” – as­si­cu­ra qua­si sem­pre un van­tag­gio com­pe­ti­ti­vo.

Ecco, que­sti sono gli aspet­ti su cui i cre­den­ti do­vreb­be­ro in­ter­ro­gar­si. Per­ché, in fon­do, lo stu­dio di Ro­che­ster può an­che na­scon­de­re una con­sta­ta­zio­ne ba­na­le: chi ap­par­tie­ne a una mi­no­ran­za è in me­dia più in­tel­li­gen­te di chi ap­par­tie­ne a una mag­gio­ran­za (qua­si sem­pre in vir­tù di una scel­ta ata­vi­ca ere­di­ta­ta in fa­mi­glia e con­ti­nua­ta au­to­ma­ti­ca­men­te). L’im­pat­to ne­ga­ti­vo che la re­li­gio­ne può in­ve­ce ave­re su una so­cie­tà, e su tut­ti i cer­vel­li che la po­po­la­no, è sot­to gli oc­chi di tut­ti ma – for­se pro­prio per que­sto – è an­che una sor­ta di tabù. Pro­va ne sia l’en­ne­si­ma di­sav­ven­tu­ra ca­pi­ta­ta a Ri­chard Da­w­kins.

Description=Richard Dawkins Photograph: Jeremy Young 05-12-2006

L’au­to­re dell’Il­lu­sio­ne di Dio ha in­fat­ti pub­bli­ca­to un in­no­cen­te tweet in cui ri­cor­da­va che il nu­me­ro di pre­mi No­bel mu­sul­ma­ni è in­fe­rio­re a quel­lo del solo Tri­ni­ty Col­le­ge di Cam­brid­ge. Si è sca­te­na­ta l’i­ra­did­dio de­gli ze­lan­ti isla­mi­ci, e non solo di co­sto­ro. Come già ca­pi­ta­to qual­che mese fa, alti stra­li, con ri­pe­tu­te ac­cu­se di “raz­zi­smo”, si sono le­va­ti an­che da com­men­ta­to­ri li­be­ral come Owen Jo­nes sull’In­de­pen­dent, Tom Chi­vers sul Te­le­gra­ph e Mar­tin Rob­bins sul New Sta­te­sman. Au­to­ri che si col­lo­ca­no or­mai al­l’an­ti­te­si del­la gran­de le­zio­ne li­ber­ta­ria di John Stuart Mill, tan­to da agi­re ap­pli­can­do com­pul­si­va­men­te un asfis­sian­te ed estre­mo po­li­ti­cal­ly cor­rect.

Che l’i­slam non sia una “raz­za” do­vreb­be es­se­re scon­ta­to per tut­ti, e che Da­w­kins non ce l’ab­bia ne­ces­sa­ria­men­te con la re­li­gio­ne l’ha mo­stra­to lui stes­so in un al­tro tweet, in cui ha ac­cen­na­to ai pre­mi No­bel di ori­gi­ne ebrai­ca. La re­pli­ca l’ha in­ve­ce af­fi­da­ta a una “cal­ma ri­fles­sio­ne” pub­bli­ca­ta sul suo sito, suf­fi­cien­te a non ri­ce­ve­re con­tro­re­pli­che si­gni­fi­ca­ti­ve. Ma il mag­gior so­ste­gno Da­w­kins l’ha sor­pren­den­te­men­te ri­ce­vu­to da un ar­ti­co­lo pub­bli­ca­to sul quo­ti­dia­no di un pae­se a mag­gio­ran­za isla­mi­ca, il Pa­ki­stan. Sul Dawn, in­fat­ti, Ir­fan Hu­sain ha am­mes­so che i lea­der re­li­gio­si isla­mi­ci co­sti­tui­sco­no un pe­san­te han­di­cap allo svi­lup­po dei pae­si su cui im­pon­go­no i loro pre­cet­ti. L’i­gno­ran­za, piac­cia o no, si ac­cor­da ve­ra­men­te male col pro­gres­so.

Tut­to mol­to sem­pli­ce e in­ne­ga­bi­le. Islam, gio­va ri­cor­dar­lo, si­gni­fi­ca “sot­to­mis­sio­ne”. Se i gran­di capi del­le co­mu­ni­tà di fede pos­so­no pre­ten­der­la dai loro fe­de­li, è an­che per­ché una ca­rat­te­ri­sta dif­fu­sa del­la spe­cie homo sa­piens è la men­ta­li­tà gre­ga­ria. Ma sot­to­mis­sio­ne e gre­ga­ri­smo si con­ci­lia­no as­sai male con lo svi­lup­po, sia del­le ca­pa­ci­tà in­di­vi­dua­li, sia del­le so­cie­tà uma­ne. I cre­den­ti do­vreb­be­ro ra­gio­na­re su que­sti aspet­ti, an­zi­ché ana­te­miz­za­re chi glie­lo fa no­ta­re. An­che per­ché è nel loro stes­so in­te­res­se che con­ti­nui­no a far­lo.


Casa originale di questo articolo www.uaar.it/news/2013/08/16/intelligenza-degli-atei/



La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno.
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