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Ma oggi Nazareth esiste realmente (“L'invenzione del cristianesimo”)

Ultimo Aggiornamento: 15/06/2014 03:22
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14/06/2014 19:49
 
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Qualcuno potrebbe obiettare, però, che oggi il villaggio di Nazareth esiste ed è meta di continui pellegrinaggi. Ad una attenta analisi archeologica, storica, letteraria e geografica, niente ci fa ritenere che esso corrisponda a quello descritto dai Vangeli ma che, al contrario, fu inventato, forse nel IX secolo, e codificato durante le Crociate per gli ingenui pellegrini cristiani (che ancora oggi vi possono ammirare la fucina di Giuseppe).

Se noi lo confrontiamo con quello in cui, secondo i Vangeli, visse Gesù, scopriamo che non ha nessuna corrispondenza. 
Vediamo cosa scrive Luca: “ (Gesù) Si recò a Nazareth, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere...allora cominciò a dire: «oggi si è adempiuta questa scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi»...all’udire queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno; si levarono, lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio” (Luca 4,16-30). Di che monte e precipizio si trattava, visto che l'attuale Nazareth di essi non presenta alcuna traccia?

Scrive Marco: “ Salì (Gesù) poi sul monte, chiamò a sé quelli che egli volle ed essi andarono da lui [...] Entrò in una casa e si radunò di nuovo intorno a lui molta folla [...] allora i suoi (familiari), sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; poiché dicevano: «è fuori di sé» (Marco 3,20-21) …e di nuovo si mise ad insegnare lungo il mare” (Marco 4,1).

È evidente che qui ci troviamo nella sua città natale perché i suoi parenti, preoccupati del suo comportamento anomalo, cercano di dissuaderlo. Ma qui c’è un monte con uno spaventoso precipizio, che nella Nazareth attuale come abbiamo già detto, non c’è, e c’è un mare vicino (cioè il lago di Tiberiade) che invece dista decine di miglia. 

La descrizione di questo luogo calza perfettamente invece con la città di Gamala, scoperta dagli Israeliani in occasione della cosiddetta Guerra dei Sei Giorni nel 1967, che corrisponde a quella descritta da Giuseppe Flavio, nella quale troviamo il monte, il precipizio e il mare poco lontano. “..(Gamala) si affacciava a mezzogiorno, e la sua sommità meridionale, elevandosi a smisurata altezza, formava la rocca della città, sotto cui un dirupo privo di mura piombava in un profondissimo burrone” (Giuseppe Flavio, La Guerra Giudaica Mondatori, Milano 1982).

Concludendo, la Nazareth attuale non presentando testimonianze archeologiche di nessun tipo, così frequenti invece in tutti gli altri siti antichi vicini ad essa (basti citare Sefforis e Iotapata, a pochi passi da Nazareth), priva inoltre di riferimenti storici e letterari del tempo e per di più con una configurazione geografica totalmente diversa da quella descritta dai Vangeli, sicuramente al tempo di Gesù non esisteva proprio e sarebbe stata creata successivamente dai pellegrini cristiani.

Eliminando Gamala, per far posto a Nazareth, i Vangeli paolini hanno tolto ogni riferimento tra Gesù e la città infame che era divenuta il simbolo della ribellione politica della Palestina, hanno sostituito il significato settario del titolo Nozri (ebraico), Nazorai (aramaico), Nazoraios (greco) con quello inventato di nazareno; hanno trasformato l'aggettivo Galileo, che indicava una militanza rivoluzionaria ed era sinonimo di ribelle e brigante, in un semplice appellativo geografico.

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15/06/2014 03:09
 
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GESU' il  NAZARENO
, .......NON di Nazareth
 

La tradizione cristiana ha “localizzato” dove vivevano Giuseppe e Maria e quindi di Gesu' il nazareno, nella parte bassa di uno di questi colli che attorniano Nazareth in Palestina, esattamente nella posizione in cui oggi sorge la cosiddetta Basilica della Annunciazione. 
Ma una quantità incredibile di obiezioni sembra opporsi a questa localizzazione, turbando quella convinzione abituale la cui serenità, più che sulla attendibilità delle prove storiche, appoggia le sue basi sul fatto che gli argomenti sono sempre stati sistematicamente disertati nel corso dei secoli, dalla cultura cristiana. 
Innanzi tutto occorre richiamare l'attenzione sul fatto che molti autori (a partire dai primissimi secoli dell'era cristiana) sembrano non essere per nulla convinti che Nazareth fosse la città di Gesu':  "Gli apostoli che sono stati prima di noi l’hanno chiamato così: Gesu' Nazareno detto il Cristo...«Nazara» è la «Verità». 
Perciò «Nazareno» è «Quello della verità»
..." (Vangelo di Filippo, capoverso 47 - testo gnostico del II secolo dopo l’era volgare). 
E’ anche possibile che la parola Nazir, non sia la radice della parola il “Nazareno” poichè Gesu', esseno, era il “Nasareno”, cioè da Naser, il “germoglio”. Gli esseni (vedi Inni) e lo stesso maestro di Giustizia si consideravano il germoglio, il virgulto nascosto da cui sarebbe sorto il nuovo Israele attraverso il Nuovo Patto costituito da Dio con i Qumramiani.

"Neppure è improbabile che i primi cristiani siano stati detti Nazareni nel senso di Nazirei, piuttosto che in quello di originari della città di Nazareth, etimologia davvero poco credibile e che probabilmente ha sostituito la prima solo quando l'antica origine dall'essenato (esseni) cominciava ad essere dimenticata" (Elia Benamozegh [Italia, 1823/1900, filosofo ebreo membro del collegio rabbinico di Livorno], Gli Esseni e la Cabbala, 1979);

"La stessa tradizione ha fissato il domicilio della famiglia di Gesu' a Nazareth allo scopo di spiegare così il soprannome di Nazireo, originariamente unito al nome di Gesu' e che rimase il nome dei cristiani nella letteratura rabbinica e nei paesi d'oriente. Nazireo è certamente un nome di setta, senza rapporto con la città di Nazareth..." (Alfred Loisy [Francia, 1857/1940, sacerdote cattolico, professore universitario di Storia del Cristianesimo successivamente rimosso dall'incarico], da La Naissance du Christianisme);

"La piccola città che porta questo nome [Nazareth], dove ingenui pellegrini possono visitare l’officina di Giuseppe, fu identificata come la città di Cristo solamente nel medio evo..." (Charles Guignebert [Francia, 1867/1939, professore universitario di Storia del Cristianesimo], Manuel d’Histoire Ancienne du Christianisme);

"In realtà, per quel che riguarda Nazareth, gli storici non hanno potuto trovare traccia di una città di quel nome sino al IV secolo d.C.; secondo le fonti ebraiche, bisogna scendere addirittura sino al secolo IX. Nei vangeli non troviamo mai l'espressione Gesu' di Nazareth ma soltanto Gesu' il Nazireo, talvolta scritto anche Nazoreno o Nazareno... ora, nessuno di questi appellativi, per quanto si sia cercato di forzarne l'etimologia, può farsi risalire ad un nome come Nazareth... è da questi termini che è derivato il nome della città di Nazareth, e non viceversa" (Ambrogio Donini [professore universitario], Breve Storia delle religioni, 1959)

"El-Nasirah è un villaggio della Galilea, posto a circa quattrocento metri di altezza, nel quale la tradizione cristiana riconosce l'antica Nazareth, patria di Gesu'. Secondo vari studiosi, tuttavia, Nazareth - meglio Natzrath o Notzereth - non è mai esistita e l'appellativo Nazareno che accompagna il nome di Gesu' negli scritti neotestamentari non indica per nulla il suo paese di origine..." (M. Craveri, [autore di numerosi volumi sulla vita di Cristo e di un’antologia di scritti apocrifi] La Vita di Gesu', 1974);

"Le forme Nazoraios, Nazarenos, Nazaraeus, Nazarene, provano tutte che gli scribi ecclesiastici conoscevano l’origine della parola ed erano ben consapevoli che non era derivata da Nazareth..." (E.B.Szekely [studioso ungherese, che ha frequentato studi di teologia presso il Vaticano], The Essene Origins of Christianity, USA, 1980);

"...Gesu' di Nazareth, come molti studiosi della Bibbia sarebbero oggi pronti a confermare, è una cattiva traduzione dell’originale greco Gesu' il Nazareno..." (Baigent, Leigh, Lincoln [autori di alcuni libri sulla tradizione del santo Graal e sui manoscritti del Mar Morto], L’Eredità Messianica, Tropea, Milano, 1996).

In effetti, visitando Nazareth, colpisce il fatto che non esista assolutamente qualcosa che possa essere considerata una testimonianza originale del paese in cui sarebbe cresciuto Gesu'. Tutto è posteriore e, a differenza di tanti siti archeologici in Israele, in cui c’è almeno una costruzione, un muro, uno scavo, che abbia riportato alla luce testimonianze dei tempi che furono, qui la presenza di Gesu' e della sua famiglia è raccontata solo dai nomi degli alberghi, dei ristoranti, delle chiese, e dalle parole della narrazione evangelica.

Non un solo mattone o un sasso che parlino del villaggio di duemila anni fa. I pellegrini che vengono frequentano chiese moderne, tutt’al più qualche rudere bizantino che può risalire all’inizio del quinto secolo; eppure Israele è una miniera inesauribile di testimonianze che ci raccontano della storia dell’uomo in tutte le sue fasi, dalla preistoria, attraverso l’età antica, quella classica, quella medievale, quella degli ultimi secoli, fino a quella moderna.


Il Gesu' della storia
 "..La conclusione essenziale fu che il Gesu' della storia in alcun modo può essere ritenuto uguale o coesistente al Gesu' della fede. Infatti, il Gesu' della storia è stato trasformato nel Gesu' della fede da persone semplici, al meglio; da ingannatori, al peggio. Insieme a questo recupero del vero Gesu' della storia, la "Vecchia Questione" porta con sè l'implicito assunto che  la teologia della Chiesa dovrebbe cambiare per correggere se stessa, alla  luce delle nuove rivelazioni storiche. La fede in Cristo, passata attraverso tutte le età, nella Chiesa è stata costruita su un'impropria conoscenza storica. Alla luce di ciò, io credo che essa dovrebbe ora cambiare.." 
Tratto da: "A Survey of Historical Jesus Studies: from Reimarus to Wright", di  Michael Burer
vedi anche: Esseni

Per altri importanti particolari su questo TEMA 
vedi anche:  LUNARIO EBRAICO  +  EQUINOZIO di PRIMAVERA  -  La Festa di PASQUA + La vera storia di Gesu' + l'Albero delle Vite + Rotoli di Qumran e Gesu'
 

>>>>>>Continua





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15/06/2014 03:15
 
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GESU di NAZARET o GESU il NAZARENO ? 
"Fu Matteo il primo a diffondere l'equivoco secondo cui il titolo "Gesu' il Nazareno" avrebbe qualche riferimento con la città di Nazareth..." 
In pratica il prof. Eisenman, (California University) nel suo lavoro "James, the brother of Jesus" (Penguin Books, USA 1998) afferma a chiare lettere che il termine Nazareno [Nazoraios nel testo originale greco] non significa affatto "della città di Nazareth", ma si riferisce a ben altra cosa, che l'evangelista intendeva censurare......e così continua nel suo voluminoso saggio... "...nella Cristianità, il tema "essere un Nazareno", così come lo rappresentano Marco e Luca, è basato su un giochetto di traslitterazione dall'aramaico al greco [ar. Nozorai - gr. Nazoraios, ebr. Nozri, N.d.T.], attraverso il quale si è tentato di associare il titolo stesso con la città di Nazareth in Galilea (la cui esistenza, in quel periodo, è del tutto dubbia). In conseguenza di ciò la città viene identificata come il luogo di residenza del Messia che deve venire..."

...a conferma di ciò, il prof. Gershenson, in un e-mail che mi ha inviato dall'Università di Tel Aviv il 12 maggio 1998, nel corso delle nostre discussioni sull'argomento, ha scritto... "Io penso veramente che i cristiani non possano affermare che l'espressione Gesu' Nazareno significhi Gesu' cittadino di Nazareth nello stesso modo in cui l'espressione Leonardo da Vinci significa Leonardo cittadino di Vinci..."...e così continua nel messaggio... "...La forma ebraica per Nazareth è NZRT, che è tarda ed è stata indicata come Nazrat o Nazeret, invece la forma greca Iesous o Nazoraios deriva dall'aramaico Nazorai..." ...che è un nome di setta, aggiungo io, e che non ha niente a che fare con Nazareth......del resto, già da tempo il prof. Szekely (Università di Cluj, Romania) aveva scritto parole come queste nel suo lavoro "The essene origins of Christianity, IBS, USA 1980... "Le formeNazoraios, Nazarenos, Nazaraenus, provano tutte che gli scribi ecclesiastici conoscevano l'origine della parola e sapevano benissimo che non era derivata da Nazareth..." ...e così continua... "...il nome storico e la posizione geografica della città natale di Cristo è Gamala... questa è la patria delNazoreo... la montagna di Gamala è la 'montagna' dell'evangelista Luca, la 'montagna' di tutti i Vangeli, che ne parlano continuamente, senza però mai nominarla..."  
By David Donnini

Inoltre: Gesu' era un laico (esseno) e non apparteneva alla casta dei sacerdoti. 
Affermare Gesu' di discendenza Davidica,  equivale a  dire che vi è stata partecipazione attiva carnale di Giuseppe, (che a quanto  dice Matteo, sarebbe stato sostituito dall'intervento dello Spirito Santo ?). 
Dire invece che Gesu' sia nato dallo Spirito Santo, significa eliminare completamente la componente genetica maschile, cioè quella della discendenza Davidica; un certo tipo di concepimento, necessariamente esclude l'altro. Gesu' non può essere figlio contemporaneamente di Giuseppe e dello Spirito Santo. 
Ma sicuramente è nato da carne, e l'unica carne alla quale si può far riferimento è la carne di Maria, che essendo stretta parente di Elisabetta, era di stirpe Levitica. Quindi, una sola discendenza, quella Levitica può essere attribuita a Gesu', dal momento che la  parte attiva fecondante non poteva avere genealogia. Questo se accettiamo che sia nato per opera dello “Spirito Santo”…… 
Non è poi singolare che Maschiah (Messia) sia un Laico. 
In Isaia, 45:1, …..Ciro (re Persiano) viene definito "Maschiah", alcune bibbie, parlano di "eletto". traducendo male dall'originale Ebraico, che definisce Ciro, "Maschiah", a conferma del fatto che il  termine “Messia” poteva essere attribuito anche a un personaggio che  possiamo con giusta ragione definire laico.   

vedi:  GESU' e' esistito ? pare di no !  +  Cattolicesimo + La vera storia di Gesu' +  Gesu' e' morto per noi ?  +  Ebraismo e sue origini  + Cattolicesimo

Fra i cristiani di Gesu' e' chiamato impropriamente "Jeshuah ben Joseph", che e' il nome in ebraico "moderno", l'ebraico antico (prima di Esdra permetteva questa dizione sonora e scritturale: Yahshoue' Ben Joseph (Che significa: "dio trasformato in uomo o uomo trasformato in dio") - cioe' Gesu' il Nazareno, aveva questo nome, composto dal nome di dio ("tetragramma" le 4 lettere YHWH) con l'aggiunta della "schin" all'interno del tetragramma stesso, formando quindi il nome Yahshoue' detto il "mashiah", colui che si trasforma in "unto", in santo.
Il samaritano suonava proprio cosi' perche' il samaritano era ed e' la parte dell'ebraismo che ha mantenuto l'idioma antico ed una scrittura diversa da quella cuneiforme del tempo di Esdra, periodo della cattivita' babilonese, tempo nel quale quell'antica scrittura si e' persa e si e' introdotta quella che conosciamo oggi (Ebraico moderno), scrittura che pero' ha perso la sua sacralita' ideogrammatica del segno = significato....in quanto come concetto, le lettere di quell'alfabeto (Ebraico antico) erano degli ideogrammi, come i geroglifici egizi.
Il cristos (parola greca) NON ebraica, perde quindi il suo significato intrinseco....che va riscoperto, per ben comprendere il significato completo della parola "mashiah" = l'uomo che si trasforma in dio.....e qui si innesta il discorso del profondo e completo significato della parola "dio" = Iod (in antico ebraico (la svastica) era la prima parola del tetragramma.....Iod He UO He.

Importante:
Gesu' il Nazareno fu chiamato cosi' in quanto apparteneva alla "setta ebraica" dei Nazirei; nel corso dei successivi anni, i suoi seguaci si identificavano  fra di loro con l'iniziale della parola Nazirei e/o Nazareni, che e' ed era la Noun (lettera N), la quale come segno  grafico rappresentava un mezzo Pesce !

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Gesù disse: "Signori, mia moglie
" – 21/09/2012
Il ritrovamento del frammento di papiro copto, presentato pochi giorni fa alla stampa da Karen King, la ricercatrice della Harvard Divinity School, sta scatenando una sequenza di capriole verbali e di acrobazie logiche veramente divertenti.
Come noto, nel papiro si legge la frase: "Gesù disse loro: 'mia moglie'", parlando presumibilmente ai suoi discepoli. 
Apriti cielo: se si scoprisse che davvero Gesù era sposato crollerebbe di colpo l'intera credibilità di una dottrina fondata sul celibato. Già nei Vangeli - per quanto ripuliti dai Padri della Chiesa - erano rimaste tracce di questa "moglie" che ogni tanto saltava fuori all'improvviso, ma la frase di questo ultimo ritrovamento non lascia più spazio ad ambiguità di alcun tipo: quando uno dice "Signori, mia moglie", i casi sono due: o sta cercando di spacciare per consorte un viados con parrucca e tacchi a spillo, oppure quella è veramente sua moglie.
Ed è qui che iniziano le acrobazie "interpretative" degli studiosi, a partire dalla stessa Karen King, per non dover ammettere quello che invece dovrebbe essere chiaro per chiunque. 
Da un articolo della BBC leggiamo: "La King ha ripetutamente sottolineato che questo frammento non va considerato una prova che Gesù, il personaggio storico, fosse sposato".
E chi doveva esserlo, se non il personaggio storico ? La sua controfigura di Hollywood ?
Fra l'altro, "personaggio storico" lo si diventa col passare dei secoli, ma i Vangeli descrivono la vita di una normalissima "persona" di quel tempo. Se uno dice "questa è mia moglie" vuol dire "questa è mia moglie", no ? 
"Il testo è stato probabilmente scritto secoli dopo la vita di Gesù - continua la King - e tutte le altre fonti storicamente affidabili tacciono sulla faccenda." A parte che tutti i Vangeli sono stati scritti almeno 50 anni dopo la morte di Gesù (prima c'era solo la tradizione orale), ma non è che le cose cambino più di tanto, con il passare del tempo: una volta messi nero su bianco li si ricopia diligentemente, e nessuno si sognerebbe mai di cambiarne una sola virgola.
Anche la Bibbia, volendo, è stata tramandata per oltre 500 anni per sola tradizione orale, prima di venire definitivamente messa nero su bianco, ma se vai a confrontarla con un rotolo di Isaia trovato a Qumran - che ha fatto un percorso storico completamente differente - scopri che sono identici, parola per parola.
Quasi commovente, nel suo tentativo di "debunking", lo sforzo della King per spostare il problema sul "dibattito" avvenuto nelle prime comunità cristiane riguardo al matrimonio: "Il frammento - dice la King - offre prove ulteriori che ci sia stato un forte dibattito fra i primi cristiani se Gesù fosse sposato oppure no".
Veramente il frammento dice "Signori, mia moglie". Casomai il frammento offre una prova che avessero ragione quelli che sostenevano che fosse sposato, non "che ci sia stato un forte dibattito." Quello lo sapevamo già.
E' come se qualcuno fra 100 anni trovasse la deposizione filmata di Mineta alla Commissione 9/11, e dicesse: "Questa deposizione dimostra che c'è stato un forte dibattito sul vero ruolo di Dick Cheney negli attentati dell'11 settembre". Eh no, caro amico: quella deposizione dimostra che Dick Cheney ha dato un ordine di non intervenire. Che ci sia stato un forte dibattito lo sapevamo già tutti in partenza.
Altri "studiosi" ci vanno giù pesanti, senza stare troppo a guardare le sottigliezze. Jim West, pastore della chiesa battista del Tennessee, dice: "Una frase su un frammento di papiro non dimostra nulla. E' solo una affermazione sospesa nell'aria, senza sostanziale contesto". (Ricorda qualcuno ?)
E' quale contesto dovrebbe esserci, quando uno dice "Signori mia moglie" ?  Se la presenta "nel contesto" di una cerimonia a palazzo è valida, se invece la presenta in osteria non è più sua moglie ?
Wolf-Peter Funk, esperto di lingua copta, ha detto: "Ci sono migliaia di frammenti di papiro su cui trovi scritte le cose più folli".
Perchè i folli naturalmente sono sempre gli altri. Per certe persone, qualunque cosa non corrisponda al loro modo di pensare diventa automaticamente "una follia".
Ora viene la cosa più divertente di tutte: perchè tutti questi studiosi, invece di arrampicarsi sui vetri per continuare a difendere a tutti i costi l'arcaico concetto di celibato, non vanno a leggersi il Vangelo ufficiale della Chiesa cattolica? Quello dovrebbe essere abbastanza "affidabile" come fonte storica, secondo loro, no? 
Ecco, se lo facessero troverebbero ad esempio, nelle lettere di Paolo al figlio Timoteo (ho detto figlio? Ooops), quanto segue:
"Se uno aspira all'episcopato, desidera un nobile lavoro. Ma bisogna che il vescovo sia irreprensibile, non sposato che una sola volta, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare, non dedito al vino, non violento ma benevolo, non litigioso, non attaccato al denaro. Sappia dirigere bene la propria famiglia e abbia figli sottomessi con ogni dignità,perché se uno non sa dirigere la propria famiglia, come potrà aver cura della Chiesa di Dio ?"
Gentili signori "esperti" e "studiosi": qual'è la parte di "vescovo" che non capite ? Qual'è la parte di "sposato" che non capite ? Qual'è la parte di "famiglia" e "figli" che non capite ?
By Massimo Mazzucco - Tratto da: luogocomune.net

Su un'altro papiro leggiamo:
Nel "Pistis Sophia", apocrifo gnostico in lingua copta del III secolo, Gesù è spesso circondato e accompagnato da "discepole", e Maria Maddalena vi compare come sposa e sacerdotessa, nonché figura simbolica della Conoscenza...

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Gesù di "Nazareth", sincresi di un’infinità di archetipi  
…“Il nascente cristianesimo, per garantire a se stesso la straordinaria diffusione che poi di fatto ebbe tra popoli di fede e cultura diverse, prendendo a pretesto un fatto politico e locale (del quale abbiamo fondati indizi negli scritti di Giuseppe Flavio) e riconvertendolo in evento universale e trascendentale,
assimilò in una gigantesca sincresi un’infinità varietà di archetipi appartenenti agli antichi culti pagani e misterici sui quali costruì il personaggio di Gesù di Nazareth, dando così l’avvio alla realizzazione di quelle fondamenta teologiche che due secoli dopo saranno poste a base del credo niceano”. (Giancarlo Tanfo)

CANZANO 1– Alcuni agnostici ed atei affermano che escludendo "qualche oscuro riferimento in Giuseppe Flavio e simili", non ci sono prove storiche della vita di Gesù al di fuori della Bibbia. Nonostante l'evidenza dell'accuratezza e della fedeltà storica del Nuovo Testamento della Bibbia, tu escludi che tali prove sono vere ?

TRANFO - E’ bene innanzitutto intendersi sui termini. A tal proposito devo precisare che il linguaggio e la cultura comuni al nostro tempo riconoscono immeritatamente al Nuovo Testamento il valore di una testimonianza storica che il tempo ha conservato inalterata dall’accadimento dei fatti narrati ai nostri giorni, tanto è vero che “Vangelo”, nella comune accezione, è divenuto sinonimo di “verità”.
In realtà non c’è nulla di più falso. I Vangeli a noi noti non sono che il frutto di secolari manipolazioni, tagli, aggiunte e correzioni di parti preesistenti.
Lo storico Celso nel suo Discorso Veritiero, già nel II secolo, rivolgendosi ai cristiani ebbe a dire: “La verità è che tutti questi pretesi fatti non sono che dei miti che voi stessi avete fabbricato senza pertanto riuscire a dare alle vostre menzogne una tinta di credibilità. È noto a tutti che ciò che avete scritto è il risultato di continui rimaneggiamenti fatti in seguito alle critiche che vi venivano portate".
Gli antichi redattori e i successivi “correttori” degli scritti neotestamentari, dovettero tener conto, oltre che delle esigenze così ben rappresentate dalle parole del loro contemporaneo Celso (che li spinse ad adeguare progressivamente la propria “testimonianza” all’evangelizzazione di popoli votati a culti e tradizioni diversi) anche della necessità di distanziarsi dal variegato microcosmo delle sette eretiche che si sviluppò nei primi secoli della nostra era, minacciando l’univocità della costruzione teologica faticosamente realizzata e posta a base della fede cristiana. Un’operazione di tale complessità (considerando anche il lungo arco di tempo durante il quale si svolse) non poté che favorire l’insorgenza di errori e disarmonie tra i racconti, che da sempre il “pulpito” si guarda bene dall’evidenziare e che per lo studioso serio (esegeta, critico testuale o storico che sia), costituiscono motivo di riflessione ed approfondimento. 
Non mi riferisco soltanto alle insanabili contraddizioni biografiche nella rappresentazione del personaggio di Gesù di Nazareth che, secondo il Vangelo preso a riferimento, nacque nel 4 a.c. o nel 6 d.c., che dovette fuggire in Egitto o rimanere dov’era, che ebbe genealogie tra loro non sovrapponibili, apostoli di numero diverso e con nomi differenti, che fece miracoli diversi, che fu crocifisso alla presenza di persone diverse e resuscitò lasciando sbigottite dinnanzi al sepolcro vuoto testimoni diversi (potrei continuare per molto ma preferisco fermarmi qui).
Non mi riferisco, dicevo, soltanto a tali scoordinate attestazioni ma anche a quegli scomodi residui testuali o scorie spurie che, dietro al mite “Agnello di Dio” o “Salvatore del Mondo” lasciano intravedere un agitatore politico di stampo nazionalistico e fede messianista. E’ grazie ad essi che siamo a conoscenza del nomignolo con il quale Gesù appellò i propri apostoli: “Boanerghes” che significa “figli del tuono” o, secondo alcuni  esperti di lingua aramaica “della vendetta”. Grazie agli stessi sappiamo che il mite San Pietro era chiamato “Barjona” che tradotto significa “latitante alla macchia” e che, molto tempo dopo aver staccato un orecchio con un colpo di spada ad una guardia del tempio sul Monte degli Ulivi (Giovanni, 18:10), soppresse i coniugi Anania e Zaffira, rei di non aver versato alla comunità il ricavato della vendita di un loro terreno (Atti, 5:1-11).
Ancora grazie agli stessi incontriamo un Gesù che invita i suoi discepoli ad armarsi: “L'ora è venuta, chi non ha una spada venda il mantello e ne compri una… ed essi dissero: "Signore ecco qui due spade" (Luca, 22:36), che istiga il popolo alla disobbedienza fiscale: “Abbiamo trovato quest'uomo che sovvertiva la nostra nazione, istigava a non pagare i tributi a Cesare e diceva di essere lui il Cristo re.” (Luca, 23:2), che invoca la guerra: "Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso! pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione” (Luca, 12:49), che ignora le preghiere quando non provengono dal suo popolo “Io non sono stato mandato che alle pecore perdute della casa d'Israele… non è bene prendere il pane dei figli per buttarlo ai cagnolini” (Matteo, 15:24; 26). 
Anche su questi aspetti potrei continuare per mol to ma credo di aver già a sufficienza dimostrato quanta poca attendibilità storica ci sia nella testimonianza dei Vangeli e, soprattutto nella ricostruzione del personaggio di Gesù di Nazareth la cui immagine è stata ricomposta dalla dottrina cristiana in una sorta di teorico “quinto canone” nato in seno alla tradizione apostolica (condizionata fin dall’inizio dalla cultura ellenistica) e diffuso a piene mani all’ombra del campanile ad ignare folle chiamate all’estasi mistica e dissuase da sempre dallo studio della storia e dalla comprensione della verità (beati i poveri di spirito…). 
Dopo aver risposto alla seconda parte della tua domanda, cercando come ho detto di dimostrare, nei limiti di uno spazio ragionevolmente contenuto, che “i Vangeli e gli Atti degli Apostoli sono letteratura” (come dice il prof. R.H. Eisenman nel suo ultimo libro “Giacomo il fratello di Gesù”), passo ora alla prima parte della stessa affrontando il tema della sporadicità delle attestazioni, da parte degli storici dei primi secoli, sul personaggio di Gesù. 
Tu stessa citi Giuseppe Flavio, riferendoti a quella che sostanzialmente è l’unica testimonianza alla quale la fede cristiana ha fatto riferimento per secoli prima di arrendersi di fronte all’evidente natura apocrifa della stessa (ormai anche la Chiesa sembra aver cessato di sostenere l’autenticità del passo).
Se il Testimonium Flavianum (così è chiamato il passo in questione) fosse realmente scaturito dalla penna del più accreditato storico di fatti giudaici del I secolo, dovremmo registrare, fin dalla riga successiva allo stesso, la conversione di un integerrimo sacerdote ebreo quale era Giuseppe (di discendenza sacerdotale e di stirpe Asmonea) alla fede cristiana.
Poiché, tuttavia, tale “dichiarazione di apostasia” appare come un’isolata “nota stonata” e fuori posto nel percorso testuale e cronologico dell’opera, poiché appare per la prima volta soltanto nel IV secolo dalle “pie mani” di un noto falsario (reo confesso) che risponde al nome di Eusebio di Cesarea (gli stessi “Padri della Chiesa” che lo precedettero dimostrarono di non conoscere tale passo che, se presente, sarebbe loro ritornato più che utile), poiché, infine, nei suoi contenuti ripropone in maniera pedissequa gli stessi capisaldi del credo niceano varato sotto l’egida del potere imperiale costantiniano non meno di due secoli dopo la morte di Giuseppe Flavio (“seppure bisogna chiamarlo uomo… questi era il Cristo… Pilato lo punì di croce… apparve loro il terzo giorno”), poiché per tutti questi e per molti altri motivi, che sarebbe estremamente lungo esporre, il passo in questione non può essere considerato autentico, non resta che ammettere che su quaranta storici del tempo, tra i quali sono da comprendere Giusto di Tiberiade e Filone d’Alessandria che vissero in quei tempi e in quei luoghi (o vicino ad essi), nessuno si accorse degli straordinari prodigi dispensati da Gesù di Nazareth, a cominciare dalla sua nascita annunciata da una stella fino a terminare con la sua morte (per non parlare della resurrezione…) che, secondo Matteo, provocò oscuramenti, terremoti con epicentro il Golgota, resurrezioni dei santi e squarci del velo del tempio!
E’ come se la più straordinaria vicenda di tutti i tempi si fosse svolta sotto gli occhi di decine di storici di indiscusso credito testimoniale senza che gli stessi fossero stati in grado di vederla! 
Dal canto proprio i Vangeli ci presentano un quadro edulcorato dove fermenti sociali e tensioni (così drammaticamente rappresentate dagli storici) stingono e svaniscono in una mistica e stasi celestiale. Non appaiono mai gli zeloti (se non nell’appellativo di un apostolo rimasto per sbaglio al suo posto), sono completamente assenti gli esseni (definiti da Giuseppe Flavio “terza filosofia”), nonostante lo straordinario peso ideologico che gli stessi ebbero nell’universo culturale e fideistico della Palestina di quei tempi, non vengono registrate le sommosse e non si parla del sangue quotidianamente sparso per via delle stesse… insomma, non solo la storia, quella testimoniata dagli storici, non conosce Gesù ma la storia di Gesù non conosce quella testimoniata dagli storici.! 
Potremmo giustificare il fenomeno ricorrendo alla teoria degli “universi paralleli” ma usciremmo inevitabilmente dal seminato delle “evidenze” alle quali lo storico è tenuto ad attenersi.

CANZANO 2 – Tu cito il “Discorso Veritiero” dello storico Celso che già nel II secolo aveva accusato i cristiani di raccontare menzogne, ma, se già nel II secolo c’erano dei dubbi, come ha fatto il cristianesimo con queste basi a diventare il centro della cultura occidentale ?

TRANFO – La nostra conoscenza della storia, con riguardo alle origini del cristianesimo, è fortemente condizionata dalle convinzioni indotte in noi tutti fin dall’età scolare.
In realtà, quello che abbiamo appreso sui banchi e all’ombra del campanile non è altro che una “rappresentazione accomodata” di eventi che, per antefatti, implicazioni e conseguenze, sono lontano anni- luce da ciò che accadde realmente.
Per spiegarmi meglio, prima di rispondere direttamente alla tua domanda ti invito a riflettere su uno degli argomenti intorno ai quali l’immaginario “subculturale” didattico, narrativo e perfino cinematografico (Ben Hur, Quo Vadis ecc.) ancora oggi fa leva p er suscitare emozione e  partecipazione: le  persecuzioni. 
Come sai l’impero romano rappresentò l’espressione più avanzata  del progresso e della civiltà cosmopolita e plurirazziale del mondo antico. Roma fu tollerante con tutte le tradizioni e le fedi dei popoli  sottomessi ai quali consentì di praticare il proprio culto ed edificare templi conservando peraltro anche gli ordini sacerdotali ad essi  preposti.
Ti sei mai domandata come mai Roma non riuscì ad essere  tollerante proprio nei confronti dei miti e pacifici oranti di fede cristiana disposti a  dare “a Cesare quel che è di Cesare”?
Perché Tacito e Svetonio espressero un così vivo disprezzo per  un’umile e innocua fede conciliante con il potere e volta a valorizzare esclusivamente il mondo celeste?
Come mai per tre secoli imperatori saggi ed equilibrati come Traiano, Antonino Pio, Marco Aurelio e molti altri, se non alimentarono le persecuzioni contro i cristiani si guardarono comunque bene dal liberalizzarne il culto?
La risposta è una sola: la nuova fede fu vista come una seria  minaccia all’ordine pubblico in quanto ispirata dal pensiero messianico-autonomista di estrazione giudaica e animata da spirito di rivalsa contro le  istituzioni del potere imperiale.
Se c’era una cosa nei confronti della quale Roma non conosceva  tolleranza alcuna, questa era proprio la minaccia nei confronti  dell’ordinamento istituzionale.
Fino almeno alla seconda metà del II secolo i “perseguitati” non ebbero nulla a che fare con la fede in Gesù Cristo (il cui personaggio degiudaizzato e reso universale era in corso di coniazione  esclusivamente in seno al giudaismo revisionista di stampo ellenistico).
A finire in catene o nell’arena non furono i miti e pacifici “santi”  come la storiografia cristiana ci induce a credere ma i giudeo messianisti  ribelli e irrassegnati di fronte al ritardo da parte di Dio nell’adempimento  di una promessa biblica che li voleva liberi e sovrani del mondo.
Soltanto nel III secolo il cristianesimo “paolino” ebbe la meglio  sui “cristianesimi secondari” che iniziarono ad essere criminalizzati e bollati come  eresie (il libro di B. D. Ehramn “I Cristianesimi perduti” presenta un esaustivo quadro del variegato planetario di infinite  espressioni del primo cristianesimo e delle dinamiche di fagocitazione di quelle  “perdenti” da parte della “forma vincente” che ancora oggi regna incontrastata).
Tuttavia per almeno un secolo ancora il cristianesimo dovette  lottare sia sul fronte interno (contro la proliferazione delle forme “deviate”)  che su quello esterno (il pote re imperiale) non ancora in grado di  distinguere le vecchie forme politico insurrezionali di stampo giudaico dalla  nuova e compiuta espressione di fede universale assecondante (ora si!)  con le istituzioni. Soltanto nel IV secolo, di fronte al dilagare della nuova fede (grazie alla crisi dei valori espressi dall’obsoleto politeismo romano-ellenistico), Costantino ebbe la geniale intuizione di stabilire la più micidiale  alleanza di tutti i tempi sotto l’egida della quale nei secoli successivi sono stati sterminati interi popoli e distrutte o assoggettate straordinarie civiltà.
Non fu l’uomo (Gesù) a cambiare il mondo ma il mondo a  cambiare l’uomo per i propri fini di potere.
Questa lunga premessa è stata necessaria per poter  adeguatamente rispondere alla tua domanda.
Celso, vissuto sotto Marco Aurelio, fu un’espressione  culturalmente avanzata di quel pensiero istituzionale che ebbe ben chiari i pericoli  connessi allo sviluppo di una mistificazione, un’autentica impostura che,  favorita dall’ingenuità e dall’ignoranza dei ceti popolari, già in quel tempo  aveva iniziato a riconvertire il fondamentalismo giudaico messianista e intollerante in “pacifismo” universale e conciliante, la spada in  ramoscello d’ulivo, la croce (simbolo d’infamia e sovversione) in strumento  salvifico e redentivo, il riscatto giudaico in promozione dell’uomo e del  mondo. Se tali “riconversioni” e “ricicli” furono chiari per Celso che ne  denunciò la fraudolenza, essi non lo furono per le masse semianalfabete e in  piena crisi di valori alle quali prevalentemente (e non a caso)  l’evangelizzazione cristiana proponeva il giusto riscatto della “vita eterna” (mutuato  dal riscatto “in terra” al quale e ra originariamente volta la lotta messianista). 
A quei tempi la cultura non circolava certo come oggi. Non c’erano giornali né internet e con ogni probabilità il  “risentimento istituzionale”, giustamente motivato dal timore delle turbative per l’ordine pubblico, fu vissuto dagli stessi destinatari della repressione  (ignari delle reali origini ideologiche della propria fede) come un ingiusto  e immotivato accanimento contro l’amore universale del quale si  sentivano portatori. La denuncia di Celso restò circoscritta ad un ambiente che già ne  conosceva i contenuti e ne condivideva l’orientamento, ecco perché non  arginò minimamente lo straordinario sviluppo che il cristianesimo ebbe successivamente.
Non avremmo mai saputo nemmeno dell’esistenza della preziosa  testimonianza offerta dal “Discorso Veritiero” se non fosse stato per Origene che  più di un secolo dopo pensò bene di ripescare questo “scheletro”  dall’”armadio” degli scritti censurati dalle “pie mani” della Chiesa per confutarne  parola per parola il contenuto in un’opera apologetica di otto libri titolata “Contro Celso”.
Le intenzioni di Origene erano “buone” dal punto di vista della  difesa della dottrina cristiana, tuttavia non penso che la Chiesa (che peraltro  nel VI secolo lo rinnegò) gli sia mai stata grata per tale “felice idea”…

CANZANO 3– Nella teologia <http://it.wikipedia.org/wiki/Teologia>  cristiana, la verità dogmatica che discende dalla rivelazione divina viene considerata talmente evidente che coloro che non la accettano si pongono al di fuori della chiesa <http://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_(istituzione)>  stessa e sono tacciati di eresia - http://it.wikipedia.org/wiki/Eresia - , al punto che una loro proposta di discussione o revisione per il cristianesimo può portare all'esclusione dalla partecipazione al culto. Quando e come sono nati i dogmi?

 TRANFO - Nell’economia delle poche righe delle quali dispongo non è facile rispondere in maniera esaustiva a questa domanda. Cercherò, pertanto, di seguire “in volata” il percorso storico che ha portato la Chiesa a far vincere la  propria “verità rivelata” contro tutte le “deviazioni” teologiche che, soprattutto nei primi secoli,  ne minavano il primato.
Ho già accennato alle origini della fede cristiana collocandone la nascita e il successivo sviluppo in epoca non anteriore alla metà del II secolo, quando il messianismo giudaico e insurrezionale dell’”attesa”, una volta tramontata ogni possibilità di successo, iniziò a riconvertirsi in cristianesimo “gesuano” dell’”avvento”,  proponendo come “storica” una lettura mistica e leggendaria dei fatti accaduti in Palestina almeno un secolo prima.
Il nascente cristianesimo, per garantire a se stesso la straordinaria diffusione che poi di fatto ebbe tra popoli di fede e cultura diverse, prendendo a pretesto un fatto politico e locale (del quale abbiamo fondati indizi negli scritti di Giuseppe Flavio) e riconvertendolo in evento universale e trascendentale, assimilò in una gigantesca sincresi un’infinità varietà di archetipi appartenenti agli antichi culti pagani e misterici sui quali costruì il personaggio di Gesù di Nazareth, dando così l’avvio alla realizzazione di quelle fondamenta teologiche che due secoli dopo saranno poste a base del credo niceano.  
Ciò, tuttavia, non fu sufficiente, almeno all’inizio, a garantire alla nuova fede una “corsia privilegiata” di affermazione rispetto alle innumerevoli sette esistenti. Per avere un’idea dell’enorme variegazione di orientamenti diversi in seno al nascente cristianesimo, e conseguentemente della fatica che il cristianesimo “paolino” dovette affrontare per affermarsi sugli altri, basti pensare che le attuali diversità tra riti, confessioni e chiese in seno alla fede cristiana non esprimono che in minima parte quello che fu il panorama  di quel tempo.
In una tale “selva ideologica” di “cristianesimi diversi”, alcuni tesi a valorizzare l’avvento messianico in forma apparente ed incorporea (docetismo) altri incentrati sulla natura esclusivamente umana e non divina di Cristo, uno solo si rivelerà “vincente”, giungendo ai nostri giorni in veste di “unica” e “indiscutibile” verità rivelata, proprio grazie all’intolleranza verso qualsiasi diversità teologica e fideistica.
La strada scelta impose innanzitutto la stesura di un canone scritto, per evitare che i “punti fermi” della verità “rivelata” si diluissero e svanissero nella fluidità delle tradizioni orali in perenne metamorfosi evolutiva.
Dalla scelta di quattro tra innumerevoli altri Vangeli, nacque così il Nuovo Testamento (successivamente oggetto di interventi correttivi e interpolazioni ancora stratificate nel tessuto narrativo) nel quale la biografia di un erede davidico giustiziato dai romani sulla croce per il reato di “lesa maestà”, fu mescolata con le parole di un “illuminato di nome Yeshua (Gesù ) condannato dal sinedrio alla lapidazione avvenuta a Lydda negli anni successivi alla guerra del 70 d.c.
Sul nuovo uomo/dio, come accennato,  fu modellata la fisionomia di tutti i “Soter” pagani (maternità virginale, nascita in una grotta al solstizio d’inverno, morte e resurrezione dopo tre giorni, ascesa al cielo, promessa di un ritorno alla fine dei tempi ecc.).
Tutti coloro che non si riconobbero nei canoni (frutto di arbitrarie a fallaci scelte umane) furono isolati, maledetti e successivamente perseguitati.
Così nacque l’eresia, parola la cui originale accezione greca (αιρεσις, scelta)  è ben lontana dal significato negativo al quale siamo stati condizionati dalla tirannia culturale esercitata dal cristianesimo perfino in campo lessicale.
Con questa espressione divenuta simbolo d’infamia, venne etichettato quel multiforme mondo ideologicamente non allineato (per un aspetto o per l’altro) alla “verità rivelata direttamente da Dio”.
Gli eretici furono perseguitati dalla Chiesa perfino quando essa stessa era ancora a propria volta perseguitata in quanto, nonostante ormai nemica giurata del giudaismo e assecondante con il potere di Roma, continuava ad essere dallo stesso ritenuta  erede ideologico di quell’antico fondamentalismo sviluppatosi nella più ingovernabile delle province e  non ancora dimenticato.
Ignazio di Antiochia, Ireneo di Lione, Ippolito di Roma, furono perseguitati e subirono il martirio dopo aver lasciato a loro volta al mondo una testimonianza di irriducibile avversione contro qualsiasi “devianza” o semplice diversità teologica o dottrinaria dall’unica “verità rivelata”.
Tuttavia non servì a molto lasciare fuori dalla porta le “diversità”, in quanto all’interno stesso della Chiesa l’eresia continuò a svilupparsi insidiando l’univocità del “verbo”.
D’altra parte il secolare processo che portò alla definizione della “verità rivelata Dio” (frutto in realtà di prevaricazioni e compromessi tra uomini…) fu così profondamente condizionato dalle lotte intestine (nelle quali furono coinvolti ideologi ed ecclesiastici) che, prima di assumere la attuali forme, detta “verità” assunse mille volti diversi: in un tale frenetico divenire, un pensiero quale può essere l’investitura divina di un Cristo precedentemente umano (adozionismo) o la diversità di sostanza tra il Figlio e il Padre (arianesimo), poteva, da un concilio all’altro, passare dall’”altare” alla “polvere”.
Per Ignazio Gesù derivò sia da Maria che da Dio, Ireneo preferì l’idea dell’incorporamento, Origene quella della mescolanza (krasis), Ippolito quella dell’irradiazione ecc.
Il concilio di Nicea del 325, voluto da Costantino, servì proprio a dare una connotazione stabile e definitiva all’impianto teologico cristiano.
Nacque così il “credo”, ancora oggi coralmente recitato dall’assemblea dei fedeli radunata dinnanzi al pulpito: un allucinante surrogato di assurdità maldestramente fissate in quella circostanza e successivamente integrate, corrette e riformulate nei concili successivi per contrastare le nuove eresie e per meglio adattarsi alle nuove esigenze delle sacre alleanze con l’impero o, più tardi, con le grandi monarchie.
Ogni singola espressione presente nella nota preghiera, ha una storia ed un fine preciso che non ha nulla a che vedere con la testimonianza di qualsiasi  verità né con alcuna umana logica.
L’incredibile miscuglio di allucinanti elucubrazioni camuffate da affermazioni di fede, in frequenza ininterrotta e in reciproca contraddizione, fu frutto dell’immaginario schizofrenico, ma… illuminato dallo spirito santo (sic!), di una chiesa alla disperata ricerca di un’identità dogmatico- teologica da definire e da opporre alle pericolose “devianze” espresse delle eresie, mediante la sua “professione di fede” spacciata per “verità” in barba all’umano buonsenso! 
Se qualsiasi fedele di media intelligenza si soffermasse per un momento a riflettere sulle “sante” e familiari parole che almeno domenicalmente pronuncia (ma al fedele è chiesto di non riflettere…), si accorgerebbe di aver da sempre recitato, senza rendersene conto,  un insensata e delirante adesione a quello che può essere definito un autentico manifesto della follia recante la firma contraffatta di Dio!
Gli autori di tale “contraffazione” son o gli stessi che ancora oggi difendono ed ostentano il proprio primato apostolico a sostegno del quale fanno pretestuosamente valere il verso di Matteo 16:18 “E anch'io ti dico: tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia chiesa, e le porte dell'Ades non la potranno vincere” da loro stessi maldestramente introdotto nel canone neotestamentario.
In base a questa assurda pretesa di rivestire il ruolo di ambasciatore di Dio in terra,  “Sancta Romana Ecclesia” da quasi duemila anni pronuncia e interpreta la parola di Dio… a proprio ed esclusivo fine di potere e il dogma non è che l’aspetto più sfrontato ed arrogante dell’esercizio abusivo di tale ruolo.
Nei secoli, con il ricorso a tale strumento, le più straordinarie assurdità sono state proclamate “verità assolute e indiscutibili” come se fossero state pronunciate dalla viva voce di Dio.
La prima espressione concreta di tale intollerabile abuso fu quella della “consustanzialità” del Figlio rispetto a Padre (Nicea, 325), successivamente integrata dall’indecifrabile “unità trinitaria” (Costantinopoli, 381), cervellotico compromesso tra l’ostentato monoteismo di ebraica derivazione e l’evidente politeismo di un culto incentrato sull’adorazione del “Figlio” oltre che del “Padre”.
A complicare ulteriormente le cose intervennero poi le pronunce su Maria che finì, di fatto, con l’assumere il ruolo di “quarta persona trinitaria”.
La sua “carriera” iniziò nel Concilio di Efeso del 431 (precedentemente il suo nome non trovava posto nemmeno tra quelli dei santi pronunciati nelle litanie) grazie a Cirillo d'Alessandria che fece in modo che fosse definita "madre di Dio", adoperandosi con ogni mezzo (lecito e illecito) per la promulgazione de l dogma della maternità divina.
Esiste addirittura un elenco di regali (eulogias) che lo stesso distribuì ad alti funzionari imperiali per ingraziarsene i favori allo scopo di evitare il suo arresto, legittimare il Concilio contro un altro di orientamento nestoriano in contemporaneo svolgimento e, soprattutto,  ottenere il riconoscimento del dogma al quale teneva tanto.
Seguì poi la proclamazione della sua perpetua verginità (Costantinopoli, 553). 
Dopo più di un millennio, nel 1854, venne stabilita la sua nascita in assenza di macchia (immacolata concezione) mentre soltanto nel 1950 se ne proclamò l’assunzione in cielo anima e corpo! 
E’ da notare che quando Pio XII, parlando a nome di Pietro asserì quest’ultima verità rivelata (da chi... visto che gli stessi Vangeli non ne sanno nulla?) ”infallibilmente" (grazie ad altro dogma simile a quello in base al quale i parlamentari aumentano lo stipendio a se stessi…),  in cielo volavano già gli aerei (dai quali la Madonna non fu avvistata…), qualcuno pensava alle prime missioni spaziali, da un capo all'altro del mondo si parlava con il telefono, in America già esisteva la televisione e quattro anni dopo arrivava anche in Italia.
Eppure fu creduto e, cosa più grave, lo è ancora!
Sull’esistenza di questo straordinario “telefono senza fili” che congiunge il “trono di Pietro” con l’”alto dei cieli” non mancano le conferme talvolta immediate: Pio IX non aveva ancora nemmeno riposto la penna con la quale nel 1854 firmò “per conto di Dio” (sic!) l’immacolata concezione di Maria, che nel 1858 a Lourdes una contadinella ignorante di nome Bernadette Soubirous se la ritrovò davanti con il biglietto da visita in mano “Io sono l’immacolata concezione”: &egrav e; come se io, dovendomi presentare, dicessi “io sono il concepimento di Giancarlo Tranfo”!
Per brevità trascuro le altre straordinarie perle di saggezza “divina” (quali l’istituzione del purgatorio o la transustanziazione), per soffermarmi ancora un momento sui dogmi cristologici e su quelli mariani e proporre una riflessione sulle assurdità  che derivano dalla loro interazione: se Gesù, perfettamente umano e divino (Calcedonia, 451)  è uno con il Padre (Costantinopoli, 381) e Maria è madre di Dio (Efeso, 431) e cioè di Gesù, allora è anche madre del Padre (uno con il figlio) e figlia di suo figlio (uno con il Padre) che dunque è anche suo padre e che, essendo nato prima dell’inizio dei tempi è nato prima di sua madre...
In questo incesto alla rovescia con andata e ritorno nel tempo… chi può illuminarmi sul ruolo del povero Giuseppe e su come lo stesso abbia potuto trasmettere la propria discendenza davidica al “Re dei Giudei”?
By Giancarlo Tranfo – Giovanna Canzano - 22/02/2008 - Fonte: politicamentecorretto.com

BIOGRAFIA
Giancarlo Tranfo è nato a Roma nel 1956. Provenendo da una nobile famiglia di integerrima fede cattolica e di antica tradizione forense, per onorare la proprie origini  si è laureato in Giurisprudenza, dedicandosi tuttavia successivamente allo studio del cristianesimo delle origini.
Circa dieci anni fa decise di cimentarsi in una ricerca storica, condotta sulle fonti ellenistico- romane e neotestamentarie, volta a confermare la tradizione cristiana e, in particolare, il personaggio di Gesù di Nazareth al quale, fin da bambino, si sentiva molto legato.
Gli esiti di tale impegno furono, tuttavia, diametralmente opposti alle premesse e il suo lavoro, arricchendosi nel contempo dell’apporto di nuove conoscenze sui culti del mondo antico, approdò, dopo varie tappe intermedie, ad una prospetti va di radicale negazione delle origini storiche del personaggio di Gesù.
Soltanto nel 2005, a seguito di un travaglio di coscienza dal quale si dice non ancora uscito, Tranfo ha deciso di pubblicare il suo primo studio in internet realizzando il sito web www.Yeshua.it, del quale è tutt’ora unico curatore, che in meno di tre anni ha ricevuto circa duecentomila visite.
Negli ultimi tempi Tranfo ha acquistato una certa notorietà, soprattutto nel mondo web, a seguito di due iniziative che hanno avuto vasta eco: una pubblica sfida epistolare a dimostrare la storicità di Cristo, lanciata agli avvisi del prof. F. Bisconti, segretario della Commissione Pontificia di archeologia sacra, e una pungente recensione del libro di J. Ratzinger “Gesù di Nazareth”, ripresa da centinaia di siti web e blogs, pubblicata da riviste specializzate in indagini storiche “di frontiera”; e inserita in appendice al secondo libro di Luigi Cascioli “La Morte di Cristo, cristiani e cristicoli”. 
Ad aprile 2008 Tranfo pubblicherà il suo primo libro “La Croce di Spine- Gesù: la storia che non vi è ancora stata raccontata”, edito da Chinaski Edizioni di Genova, che sarà facilmente reperibile  presso le principali librerie italiane o che, in alternativa, potrà essere ordinato presso lo stesso sitowww.Yeshua.it 
Nel suo libro Tranfo, avventurandosi in lungo percorso testuale di circa 450 pagine,  affronta la spinose problematiche connesse allo studio storico del cristianesimo primitivo, avvalendosi dei criteri di ricerca suggeriti dalla metodologia scientifica.
L’immagine di Cristo che questo lavoro restituisce al lettore è quella di un personaggio leggendario, frutto di una creazione letteraria ispirata ai semidei dell’antichità pagana, iniziata nel secondo secolo e completata in quelli successivi.
La biografia evangelica del Messia cristiano  sarebbe stata costruita attingendo alla vicenda reale di due personaggi storici realmente esistiti: il figlio primogenito di Giuda il Galileo, discendente davidico della famiglia Asmonea e fondatore della setta degli zeloti, arrestato dai romani sul Monte degli Ulivi e crocifisso per il reato di lesa maestà  e  Yeshua (Gesù) detto ben Panthera, il figlio illegittimo di un soldato romano di stanza in Palestina tra il 6 e il 9 d.c., divenuto un “illuminato” profeta, elevato dal popolo al rango di messia sacerdotale, successivamente condannato dal sinedrio ebraico per i reati di apostasia e stregoneria, lapidato a Lydda (vicino Gerusalemme) nel 73 d.c. ed appeso ad una croce.
Dall’unione del messia sacerdotale  Yeshua (Gesù) con il terribile messia davidico “Kristos” (Cristo, Unto) figlio di Giuda il Galileo, sarebbe nato l’unico Gesù Cristo che perdendo ogni originale connotazione ebraica, avrebbe nel tempo acquistato la stessa fisionomia degli antichi Soter universali di origine pagana e orientale, divenendo tra il II e il IV secolo d.c.  il “Re del Mondo”.
 Tratto da ariannaeditrice.it

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Post con domanda e risposta, Tratto dal web, inviato da Elio - 20/04/2005 
Ciao Avalon !
La tua domanda:
"Primo: che sarebbe successo se ad avere la supremazia sulla religione cristiana ortodossa fosse stata “l'altra CHIESA”?.." 
Cioè hai un'idea come sarebbe evoluta,se ci fossero state meno divisioni,meno eresie,etc. meno scismi, insomma che ne pensi ? 
Secondo: non pensi che gli gnostici dei primi due tre secoli si portassero appresso infarcimenti di dottrine precedenti come quella di Zoroastro,del buddismo e dei mandei ? 
E Mani non fondò proprio sulle sopradette, le proprie ispirazioni dottrinali ?

Mia risposta:
Assolutamente nulla, nel senso che l'antico politeismo sarebbe, forse, giunto sino a noi, magari in forma più evoluta che la semplice idolatria (la scuola neoplatonica stava portando avanti un'elaborazione panteistica assai vicina all'elaborazione dei pre-illuministi del '600: purtroppo l'avvento del cristianesimo interruppe violentemente il percorso del pensiero e della stessa filosofia classica che si basava principalmente sul pensiero dei grandi filosofi greci, fiore all'occhiello di tutta la cultura di allora ! 
Si ritiene che la letteratura pseudo-clementina, elaborata, secondo un nuovo orientamento esegetico, in ambienti dell'ebionismo della diaspora, contenga i "germi" di tale elaborazione panteistica: soprattutto per ciò che concerne le "Homilies".
L'altra Chiesa, infatti, aveva caratteristiche che l'avvicinavano più al mondo politeista che al monoteismo ebraico. La stessa differenza che esisteva tra gli esseno-nazareni di Palestina ed il mondo giudaico che ruotava intorno al Tempio dei sommi sacerdoti. 
La matrice degli ebioniti (dalla quale essi stessi si svilupparono) fu quella degli esseno-nazareni: un'antichissima comunità la cui origine si fa risalire alla stessa comunità di Mosè. Questa comunità era chiamata  dei "b'nei Amen o Amon" cioè "figli di Amon" (il dio egiziano adorato dall'egiziano Mosè). Dal momento che Amon era il loro Dio, essi erano detti anche "figli di Dio": ovviamente con il significato di essere dei buoni fedeli, osservanti e rispettosi delle leggi mosaiche: molto spesso non coincidenti con quelle insegnate dal clero giudaico del Tempio, soprattutto per quanto concerne il sacrificio degli animali ed il consumo di carne. (in pratica, i b'nei Amen, e quindi i nazareni che da tale matrice ebbero origine, accusavano i sacerdoti di aver introdotto il sacrificio degli animali, non contemplato dall'originale Legge mosaica che essi affermavano di custodire, al solo scopo di poter usufruire, per le loro private cucine, di gran parte della carne degli animali sacrificati !)

"secondo punto”: Mia risposta,
Nel primo secolo dell'era comune il panorama gnostico era tutt'altro che omogeneo, andando dallo gnosticismo ellenico dei neopitagorici, allo gnosticismo orientale, spesso sintesi di echi delle filosofie indù e buddiste, allo gnosticismo delle varie scuole di Alessandria d'Egitto che, a loro volta, risentivano degli influssi dell'antica cultura egizia, sino ad arrivare a forme di gnosticismo frutto di elaborazioni sincretiche "locali", su base nazarena o giudaica: è il caso dei "nasurei", setta nata a partire dalla matrice nazarena nella quale vennero introdotti elementi dello gnosticismo
"orientaleggiante", abbastanza diffuso allora nell'area "assiro-siriana" e nella stessa Fenicia. (Maria Magdalena, la madre di Gesù, era stata per lungo tempo sacerdotessa di Astarte nel relativo
tempio di Sidone.
Si trattava, molto probabilmente, di un tipo di gnosticismo sincretico scaturito dalla fusione di elementi dello gnosticismo "classico" ellenico con elementi dello gnosticismo orientale, in cui spiccava prepotentemente la filosofia dualistica tipica dello gnosticismo zoroastriano. 
Basta osservare la filosofia religiosa dei moderni Mandei, eredi degli antichi gnostici nasurei (la cui setta venne fondata da Giovanni il Battista e da Maria Magdalena, al secolo Mariamne degli erodi: la madre di Gesù il nazareno) per rendersi conto della forte incidenza in tale dottrina religiosa dei principi dualistici. Sicuramente essa, nel III secolo, servì quale base di partenza dell'elaborazione manichea, dal momento che gli studiosi ritengono Mani provenire dalle file dei "sabei" cioè i moderni Mandei/nasurei.
Un cenno particolare va fatto per lo gosticismo di Simon Mago, al secolo Gesù il nazareno. Sebbene la formazione gnostica di Gesù/Simone avvenne in ambiente "nasureo", cioè sotto la scuola di Giovanni il Battista e di sua madre, Maria di Magdala, ad un certo punto egli si separò dalla comunità per elaborare una forma di gnosticismo "personalizzata", tendente a fare di lui stesso un Dio o un semidio.
All'uopo egli imbarcò elementi della mitologia classica ellenico-romana (Zeus/Giove, Minerva, Elena, Dioniso) e della mitologia orientale (Astarte/Iside e, forse, lo stesso dio Adonis della mitologia assira)

I moderni Mandei, forti delle tradizioni che si tramandano da tempi immemorabili, ritengono Gesù un traditore: forse ciò potrebbe essere un riferimento alla svolta gnostico-mitologica che lui impresse alle proprie dottrine iniziali. (si pensi che Gesù partì dall'insegnamento classico nazareno, il quale non era affatto gnostico; tuttavia, la realtà esseno-nazarena lo confinava ad una vita di povertà ed indigenza, mentre le sue performance di "mago" gli consentirono una certa agiatezza).
By Elio

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GESU il NAZARENO era VEGETARIANO ?
Dal Vangelo della Pace (pergamena ritrovata in Medio Oriente, sulle pendici del Mar Morto nella zona di Qunram ed appartenente quasi certamente agli Esseni di cui Gesu' il nazareno fu un loro seguace-rabbi-maestro, per un certo tempo)
"Maledetto colui che con l'astuzia ferisce e distrugge le creature di dio. Si maledetti i cacciatori, perche' saranno cacciati, e per mano di uomini indegni riceveranno a stessa misericordia che hanno mostrato alle loro prede innocenti !".
Cosi ci riferisce questo antico scritto di circa 2.000 anni fa.
Nella Bibbia il Vecchio testamento contiene molte affermazioni a favore del vegetarianesimo, fin dalla Genesi nella quale un verso dice: "e vi ciberete di ogni erba e di ogni frutto della terra" - e' evidente che il testo si riferisce a frutta, verdure, cerali, leguminose, radici, ecc..
Nel Nuovo Testamento, nei vangeli vi sono 19 citazioni nelle quali si parla di "carne", ma ristudiando l'antico greco, trascrizione dall'aramaico, lingua nella quale alcuni dei primi vangeli furono redatti, si evince che le varie parole utilizzate, ad esempio la parola  "carne", deve essere intesa come cibo = dal testo greco broma, e' utilizzata in quei versi  4 volte; la parola brosimos = cio' che si puo' mangiare, usata una volta soltanto; la parola brosis =l'atto del mangiare del cibo e' utilizzata 4 volte; la parola prosphagion = qualsiasi cosa da mangiare, utilizzato una volta; trophe =nutrimento, e' utilizzato 6 volte; phago = mangiare, e' utilizzato 3 volte.
Cosi quando ad esempio in Giov. 21:5 si legge "avete della carne", si dovrebbe rileggere cosi: "Avete qualcosa da mangiare ?" oppure quando nei vangeli si legge che i "discepoli di Gesu' andarono a comperare della carne", la ritraduzione letterale suonerebbe cosi: "i discepoli andarono a comperare da mangiare". 
Il greco originale nei vangeli, parla di cibo in generale e non necessariamente della sola carne.
E cosa dire del "miracolo dei pani e dei pesci" con il quale Gesu' avrebbe sfamato centinaia di persone...
Ritraduciamo il testo e scopriamo che. la parola "pesci" fossero delle polpette, fatte con una pianta marina (appunto, pianta del pesce), cibo ancora diffuso in medio oriente; queste piante marine vengono seccate al sole, ridotte in farina in un mortaio ed infine cotte al forno come polpette.
Nell'antica Babilonia queste polpette preparate con l'albero del pesce (una specie di alga), erano uno dei piatti principe della popolazione ed i Giudei che ritornarono dalla cattivita' babilonese, importarono anche quel tipo di cibo che rimase uno dei piatti della popolazione povera del medio oriente, per cui e' un cibo ben noto ai tempi di Gesu' il nazareno; persino i musulmani la utilizzano ancora oggi.
Poi esiste una logica considerazione da farsi a proposito di quel riferimento dei vangeli su quel miracolo; e' noto che la carne di pesce in zone calde putrefa' nel giro di poche ore...era molto piu' probabile che si conservassero nelle loro ceste delle polpette vegetali che non del pese, specie con le interiora dentro che lo fanno putrefare molto in fretta e rovinando qualsiasi altro cibo che avessero avuto nelle loro ceste...
Ed ora consideriamo la festa di Pasqua nella quale si sacrificava l'agnello che doveva essere mangiato dalla famiglia.
L'ultima cena non si riferisce solo alla pasqua ebraica nella quale si mangiava l'agnello e nel vangelo di Giovanni cap. 13: 1-4, ci riferisce che: "ora, prima della festa del passaggio (la Pasqua ebraica), Gesu' sapendo che era giunta la sua ora, si alzo' da tavola, lascio' cadere i suoi vestiti prese un asciugamano e con esso si cinse la vita...".
Da queste considerazioni e' possibile pensare ed affermare che Gesu' se e' esistito, essendo stato esseno (gli esseni erano vegetariani e si nutrivano con i loro orti) abbia mantenuto, quasi sempre questo atteggiamento nei confronti del cibo e lo abbia consigliato, ma non possiamo essere assolutisti nell'affermare che egli NON mangio' mai della carne, in quanto i testi dei vangeli, che sono gli unici testi che parlano di questo personaggio, che pare sia solo una ricostruzione ad arte fatta dai cristiani, ci riferiscono solo questi pochi versi sul comportamento alimentare di Gesu il nazareno !

>>>>>>>>>>>>>>>> Continua


[Modificato da ReteLibera 15/06/2014 03:21]



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15/06/2014 03:22
 
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IL DIO-LOGOS della GNOSI - By Antonio Bruno, per Edicolaweb
La Gnosi e lo Gnosticismo acquisiscono oggi un rinnovato interesse agli occhi di coloro che orientano la propria ricerca epistemologica o che sono volti a uno specifico e più soggettivo percorso di crescita spirituale.
 È indubbio che lo Gnosticismo - anche alla luce dei recenti ritrovamenti casuali o archeologici di scritti pergamenacei o d'altra natura che sembrano gettare una luce radicalmente diversa e tratteggiare diverse angolazioni dalle quali osservare la vita politica, sociale e religiosa delle terre in cui visseGesù detto il Cristo - costituisca un forte richiamo in un'epoca come la nostra, contrassegnata da un'apparente quanto marcata dicotomia. Da un lato, cioè, assistiamo ad una pressante, a volte disordinata, richiesta di recupero di un passato più o meno vago, in cui la nostra intera cultura e struttura sociale affondano le radici (e, qui, includiamo senz'altro il famoso "senso del magico", il recupero delle tradizioni, ecc...) e dall'altro non possiamo più ignorare le pressanti istanze di "rinnovamento", innegabili richieste di un progresso "esegetico" e di conoscenza che rifiuta la cristallizzazione tipica delle religioni. 
Potrei dire, con un'espressione forse un po' retorica, che "vogliamo sapere la verità" e che una separazione netta, indiscutibile, fra fede e verità storica, benché rispettabile, ci va sempre più stretta.
In quest'ottica, la riscoperta della Gnosi e dello Gnosticismo acquisiscono un ruolo preminente.
Già nel 1900, "G.R.S.MEAD", l'oscuro autore di "Fragments of a Faith Forgotten", affermava:
"Il compito dello studioso dovrebbe ora consistere nel trovare termini adatti alle tecnicità della Gnosi, nel porre i vari ordini di idee in giusto rapporto tra loro e mostrare che il metodo della Gnosi, la quale considera i problemi della Cosmogonia e dell'Antropogonia dall'alto, può essere tanto razionale nel suo dominio quanto lo sono i metodi delle moderne ricerche scientifiche, le quali considerano tali problemi interamente dal basso".

Un po' come dire "cosmogonia metafisica in contrapposizione ad una cosmologia che non può uscire dai suoi ambiti puramente fisici".
Ma cosa affermano gli Gnostici, ovvero i "conoscitori", dato che "gnosis", in greco, significa "conoscenza" ?
Non è una facile impresa descriverne esaurientemente i postulati epistemologici poiché dobbiamo ricordare che la Gnosi costituisce una vera e propria religione, con le sue strutture gerarchiche ed i suoi dogmi. Nient'altro che una religione in più, allora ? 
Mi si dirà. Sì, ma non solo. 
La Gnosi, se è una religione, porta con sé anche una parte di verità, come le altre religioni. Probabilmente, una parte piuttosto importante e "scomoda", se il Cristianesimo ufficiale, quello emerso a partire dal II secolo d.C. in contrapposizione ai saldi sistemi religiosi giudaici, si è tanto affannato, nel corso dei secoli, a sopprimerne culto e diffusione anche fisicamente, come si vedrà drammaticamente in pieno Medioevo, quando si assisterà a veri e propri stermini fisici di tutti coloro che se ne faranno attrarre.
Come scrissi tempo fa, la Verità è un caleidoscopio mentre le religioni ed i vari percorsi conoscenziali rappresentano i numerosi vetrini colorati che possono sempre stupirci con nuove combinazioni di colori che riflettono il fulgore del sole.
In questa sede, vista la vastità delle dottrine gnostiche, posso solo provare a tratteggiarne un aspetto sperando, così facendo per inevitabili limiti espositivi, di non accrescere unicamente confusione in chi mi legge, ben consapevole che le estrapolazioni sono sempre pericolose. Credo, comunque, che valga la pena di rischiare, se non altro come stimolo per eventuali, ulteriori approfondimenti.
Rifacendoci, pertanto, ad un testo gnostico dei nostri tempi non molto conosciuto ma ben chiaro nelle sue esposizioni ("La Santa Gnosi", di Fugarion e Bricaud, Sovrano e Patriarca Gnostico e Gran Maestro dell'Ordine Martinista ed. Atanor, 1922), proviamo a delineare sinteticamente cosa lo Gnosticismo afferma a proposito di Incarnazione e Liberazione.

Innanzitutto, viene fatto rilevare come il Salvatore atteso non fosse altri che "Mithra", antica divinità dionisiaca detta "Il Buon Pastore", e si ricorda che lo si invocava come "Colui che forma la nostra gioia e la nostra felicità, Colui nel quale sono riposte tutte le nostre speranze".
Poi, si precisa la reale esistenza di un uomo che si chiamò Jeoshua e che si presentò come Salvatore.

Nel testo citato leggiamo:
"Gesù nacque in una regione magnetica - la Palestina - e nella parte nordica di questa regione, in Galilea, contrada che ne forma il polo positivo o espansivo, mentre la Giudea ne è il polo negativo o concentrativo, nel centro del circolo in cui sono comprese tutte le nazioni che collaborarono all'istituzione della Civiltà. E nacque nell'epoca in cui, dopo la spedizione di Alessandro, si faceva la sintesi di tutto il pensiero di Oriente ed Occidente".

Più sotto leggiamo:
"Gesù era uno spirito illuminato e misericordioso del Regno del Cielo Circumterrestre disceso sopra la Terra ed incarnatosi espressamente per salvare l'umanità degenerata e per reintegrarla fisiologicamente, spiritualmente e sociologicamente nel suo stato primitivo".
Ma un'idea più chiara del concetto gnostico di Gesù ce la possiamo fare dove si legge: "Egli possedeva tutta la Scienza Divina, tutta la Gnosi, tutta la Sapienza del Logos: e il Logos abitava in lui, si manifestava in Lui, ed egli era l'incarnazione del Logos. (Dio è presente ovunque ma in Gesù si è manifestato in maniera eccezionale e speciale). Gesù fu dunque un Cristo, un uomo unito a Dio".

Esistono, per gli Gnostici, due Cristi: un Cristo Universale ed un Cristo Terrestre il quale, proiezione e riflesso del primo, si è presentato sulla Terra in forma umana con tutti i caratteri dell'uomo "primitivo".
Cosa significa quel "primitivo"...?
"Come uomo terrestre, vestito di un corpo carnale, il Cristo del nostro pianeta ha dovuto subire una involuzione ed un avviluppamento, una specie di annientamento, come dice S. Paolo. Facendosi uomo terrestre, innestandosi cioè sullo psycholon di un humanimale, il Cristo, per incarnarsi, dovette involversi in una molecola-germe. Quando poi questa molecola-germe, una volta incarnatasi, si risvegliò, allora il Cristo si evolse: ma questa evoluzione non poté giungere fino alla perfezione del Cristo-Spirito, bensì fino ad un certo limite che le condizioni terrestri non permettono di oltrepassare".

Ancora, nel testo gnostico citato, troviamo queste parole:
"Gesù fu sulla Terra un focolare vivente di luce intellettuale e morale. In tal modo Dio-Logos si trovò incarnato sulla Terra col suo organo di riflessione, senza che per questo Egli abbia mai lasciato il punto centrale dell'Universo dove risiede".

Lo Gnosticismo, insomma, presenta una sua "genesi" del Cristo basata su quelle conoscenze mitriache e misteriche da cui chiaramente derivava. Si parla di "Logos", di "psycholon", di "avviluppamenti nella materia" e di "molecole-germi". Si parla di umanità in evoluzione e si definisce il Cristo, praticamente, un "organo di riflessione" del Dio-Logos. Il concetto evolutivo-esoterico c'è ancora tutto e lo si ritrova in tutto quel Cristianesimo Gnostico che, probabilmente, sarebbe stata la nostra religione odierna (a scanso di inconvenienti storici e politici d'altra portata), se il Cristianesimo dei primi Padri non si fosse peritato con ogni mezzo di sopprimerne ogni ricordo relegandolo ad un culto segreto, coltivato da circoli e movimenti destinati per lungo tempo a rimanere nell'ombra.
L'istanza, per cui questi primi Padri della Chiesa ritennero indispensabile cancellare ogni traccia del concetto del Dio-Logos "riflesso" sulla Terra nell'Incarnazione Cristica, è, probabilmente, di carattere politico, ovvero di "potere".

È una conclusione altre volte dichiarata da me in quanto la ritengo la più ovvia e la più evidente.
Si doveva costruire un sistema religioso che fosse, al contempo, l'erede spirituale e materiale dell'Impero Romano e che consentisse l'instaurarsi di una fede "leader" sulla galassia di sette e movimenti fideistici esistenti allora sulla Terra.
Di un Dio-Logos riflesso, tutti si potevano "impadronire", tutti potevano dire di esserne una parte. La nuova religione avrebbe dovuto avere dei caratteri di sacra investitura, dei dogmi indiscutibili che ne sancissero la diretta discendenza da Cristo. Di qui la mistificazione leggendaria di un Cristo che definisce l'apostolo Pietro la "pietra" su cui avrebbe edificato la "sua" Chiesa... Questa era la fondamentale istanza. Un nuovo sistema dominante stava nascendo; la civiltà dell'Occidente, per 2.000 anni, ne sarà profondamente condizionata, coinvolta, e trascinata.
Peccato che la verità abbia il brutto difetto, prima o poi, di tornare sempre a galla...







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